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Autore: Jay_Myler    10/05/2013    1 recensioni
Diciamo che è una romanzata su questo gioco, partendo dal primo giorno di scuola della protagonista.
La coppia è ovviamente la protagonista e Castiel, il rosso che ha fatto impazzire noi ragazze che amiamo i ribelli; ma oltre a raccontare le vicende della scuola, racconterò anche la storia che nasconde questo misterioso ragazzo - e quella della nostra protagonista, che manco ci scherza- (Ovviamente tutta a fantasia mia)
N.d.A. Per romanzata si intende una ricamatura intorno alla storia originaria, a cui vengono aggiunti momenti inediti del tutto inventati.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dolce Flirt mania'
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Nathaniel le andò vicino e le alzò il volto con la mano, facendo incontrare i loro sguardi; alla ragazza stavano scendendo delle lacrime, senza riuscire a trattenerle.

«Ma allora perché hai bruciato il tuo fascicolo prima di trasferirti qui? Pensavi che non ce ne fossero altre copie anche non scritte?»

Quel ragazzo continuava a non capire.

«Non sono stata io! E' stata quella ragazza, mi odiava; era dalle elementari che continuava a farmi i dispetti, e in tutti questi anni solo una volta le ho messo le mai addosso, quando ci siamo picchiate, e non di certo per spingerla giù per le scale.»

«Non ti ho chiesto questo» le disse con la solita espressione che aveva quando la risposta non gli piaceva.

«Mi odia, e l'ho vista con i miei occhi dare fuoco a quel fascicolo, ci stavo per lasciarci le penne, per colpa di quella stupida. Stavo aspettando che il mio tutore venisse a scuola, visto che era stato convocato, e anche se sapevo che sarei stata giudicata colpevole da tutti, non c'erano le prove che fossi stata io, nessuno mi aveva vista spingerla, era stata lei, imprudente, ad essere caduta.»

Davanti ai suoi occhi le ritornò in mente quel giorno, e come se stesse vedendo un film raccontò nei minimi dettagli tutta la storia a Nathaniel.

 

'' Stavo nel solito ufficio, sulla solita sedia sulla sinistra, aspettando che i miei carcerieri mi venissero a condannare una volta per tutte; sapevo di non essere stata io, ma come al solito a nessuno sarebbe importato. Mentre aspettavo notai che tutto era stranamente silenzioso e sembrava che fossero scomparsi tutti dal liceo; probabilmente avevano messo tutti gli studenti nella sala conferenze, per annunciargli che c'era una pazza a piede libero nel loro liceo, e di fare attenzione.

Vidi il mio tutore correre verso la presidenza, ma mentre stava per varcare la soglia dell'anticamera, la ragazza bruna che rispondeva al telefono gli andò incontro e lo portò da un'altra parte; dopo di che arrivò l'impensabile. Vidi arrivare Cindy – la ragazza bionda con la quale avevo avuto la zuffa – venirmi incontro con un braccio fasciato. Da una parte ero sollevata di vederla in sana e salva, ma mi chiesi come mai stava già in piedi invece di restare a letto.

La vidi venire verso di me, e prontamente mi nascosi tra due archivi dell'ufficio, che si trovavano sulla parete opposta della scrivania in modo che non potesse vedermi ma che io potessi vedere lei; non so perché lo feci, ma istintivamente sentivo che era la cosa giusta da fare.

Con in mano un pacchetto di fiammiferi, Cindy si avvicinò alla scrivania ed immediatamente trovò quello che stava cercando; sfregò tre volte il fiammifero, prima che si accendesse e poi diede fuoco al mio fascicolo. Immediatamente presero fuoco anche tutti i fogli vicini, e come avevo sospettato era un po' troppo presto perché potesse già stare in piedi; infatti cadde a terra.

La prima cosa che cercai di fare fu di soccorrerla, ma mi ero incastrata tra i due mobili e non riuscivo più ad uscirne; intanto il fuoco iniziava a prendere piede e il fumo si alzava sempre di più. Ma l'allarme antincendio ancora non partiva, nessuna sirena, nessun getto d'acqua, nulla di nulla; ero terrorizzata e sentivo il calore della stanza che lentamente aumentava e quasi non tremavo più, pietrificata dalla paura che quella sarebbe stata l'ultima cosa che avrei visto.

Iniziai a gridare per farmi sentire da qualcuno, ma nessuno correva ad aiutarci.

«Cindy, forza apri gli occhi.. Cindy!»

Il fumo aumentava sempre di più ed avendo riempito tutta la stanza stava cominciando lentamente ad affumicare il resto della scuola, e ormai non vedevo più niente tanto che mi lacrimavano gli occhi, e mi stava iniziando a mancare l'aria.

Iniziò a suonare l'allarme antincendio, ma nell'ufficio le pompe d'acqua non si azionarono,e così continuai a gridare aiuto.

Per fortuna riuscii a liberarmi, strappandomi la maglietta, ma almeno ero libera di fuggire e di mettermi in salvo.

Presi Cindy per un braccio e la trascinai fuori in corridoio, dove l'acqua stava scendendo a pioggia sempre più copiosamente; attirati dalla sirena dell'allarme arrivarono sul posto il mio tutore ed un gruppo di insegnati, seguiti dal preside che teneva saldamente tra le braccia un estintore.

L'anziano uomo corse dentro l'ufficio per spegnere l'incendio, mentre alcune persone – che ancora non ricordo chi fossero – ci stavano chiedendo come stavamo e se riuscivamo a sentirli.

Dopo di che non ricordo più niente, tutto nero, fin quando non ho riaperto gli occhi e mi sono trovata in un letto d'ospedale attaccata ad una flebo.

Spiegai loro la situazione, anche se convinta che nessuno mi avrebbe creduto; invece mi risposero che già sapevano tutto, visto che Cindy si era svegliata prima di me.

Mi preparai ad essere incolpata dell'ennesimo reato che non avevo compiuto, invece la ragazza che tanto mi aveva odiato aveva confessato tutto; forse era stata la commozione cerebrale, o il fumo che aveva inalato che le aveva mandato in pappa il cervello, ma da quel giorno mi trattò come se fossi stata la sua migliore amica da sempre, e mi era grata per averla salvata. Nonostante tutto, a scuola giravano voci che oltre ad essere una pazza disturbata che buttava giù dalle scale gli studenti, ero anche una piromane.

I genitori di Cindy le fecero cambiare scuola, una settimana dopo, non convinti del tutto della mia innocenza.

Finalmente gli assistenti sociali mi affidarono ad una parente, una zia paterna che non vedevo da anni, ma che mi ha accolto a braccia aperte; mi ha sempre sostenuta, e ascoltando la ma storia e leggendo i vari rapporti, mi ha sempre considerata innocente. Ho perso una anno per colpa per questo evento, e invece che passarlo in un liceo lo passai da uno psicologo, e così mi ritrovo oggi, qui, a parlarti di questo. Non mi importa se mi credi o meno, ma ti prego, Nathaniel, TI PREGO, non devi dirlo a nessuno; finalmente sono riuscita a non essere al centro dell'attenzione, finalmente posso ricominciare una nuova vita, senza risse continue e senza etichette. Dammi una possibilità.»

Si sentì un rumore sordo provenire da fuori alla sala; Jay si girò di scatto, terrorizzata dal fatto che qualcuno avesse potuto aver origliato e quindi essere al corrente di tutta la situazione, ma non vide niente, tranne un'ombra che – si disse – si era creata con il calare del sole; Nathaniel si affacciò nel corridoio, incuriosito anche lui dal capire cosa avesse prodotto quel tonfo; non c'era, ma sentì un altro rumore provenire dall'ultimo piano.

«Non c'è nessuno, tranquilla, è solo il vento.» le disse mettendosi a sedere dietro la scrivania.

Jay si asciugò la lacrime con le maniche della felpa, aspettando che il ragazzo le dicesse qualcosa al riguardo alla sua decisione.

«Si è fatto tardi, ora ti accompagno a casa.» le disse facendola alzare dalla sedia e prendendole la tracolla da terra per poi mettergliela delicatamente sulla spalla.
«Aspettami all'entrata io chiudo la porta.»

«Ma..» balbettò la ragazza, chiedendogli con lo sguardo di mantenerle il segreto.

«Ho le mani legate.»

Il ragazzo la guardò soltanto e lei indispettita se ne andò via correndo.

«Non hai capito proprio nulla!» gli gridò mentre scappava via.

Nathaniel rientrò nella saletta, prese il fascicolo della ragazza ed invece di rimetterlo al proprio posto lo mise sul fondo dell'ultimo cassetto della sua scrivania, che era sempre chiuso a chiave; una chiave che possedeva solo lui.

Poi chiuse la porta ed uscì di corsa per inseguire Jay che era scappata via, esasperata; una volta fuori al cortile sentì come se qualcuno lo stesse fissando.

Non era rimasto più nessuno, tranne il custode, ed in giro non si vedeva nessuno; si girò verso l'edificio e guardò verso la terrazza che c'era in cima, senza alcun motivo preciso; poi iniziò a correre per continuare la ricerca della ragazza, temendo per la sua incolumità.

Non ci mise molto a trovarla, stava camminando a passo svelto lungo la strada che portava al suo quartiere.

«Non mi devi accompagnare, tranquillo, so farcela da sola.» le disse senza neanche fermarsi a guardarlo in faccia.

«Non ti sto seguendo sai, anche io devo andare di qua.» le disse in modo calmo e controllato.

Nathaniel la seguì a distanza fino a quando non la vide entrare in casa.

«Grazie di a vermi accompagnato lo stesso, anche se ti avevo detto di non farlo.» gli urlò senza alcun tono, affacciandosi dall'unica finestra che dava sul davanti.

Non aveva più voglia di continuare a vivere la vita di prima, quando per un niente reagiva facendo a botte e facendo bravate; le ci erano voluti mesi di terapia per imparare a controllarsi, ed ora che aveva il pieno controllo su di sé e sulla sua vita non voleva che il suo passato potesse impedirle di continuarla a gestire in questo modo.

Andò a dormire piena di collera e di rancore per la 'vecchia' lei, che le aveva procurato tutti questi stupidi ed inutili problemi.

Non era finita ancora la sua sofferenza?

*******

 

La mattina dopo aveva pensato di non andare a scuola, ma vedendo che a casa i pensieri iniziavano ad affollarsi nella sua mente, decise di andarci nonostante non avesse chiuso occhio tutta la notte.

Si avviò con largo anticipo, e completamente distrutta dopo la notte insonne che aveva passato; si era deliziata di questa nuova vita solo da pochi mesi, e già le stava cadendo tutto il suo nuovo mondo addosso; l'unica cosa che poteva sperare era che la notizia non si diffondesse più di tanto e che smettesse di girare il più velocemente possibile.

Arrivare in anticipo, aveva i suoi vantaggi: il liceo ancora semi deserto, le concedeva di camminare per i corridoio senza dover temere di incappare in qualcuno di indesiderato. Andò al suo armadietto a prendere l'orario ed i libri che le sarebbero serviti per la prima ora, e mettendoli nella tracolla, si avviò verso il cortile per andare a leggere un po' sotto la grande quercia.

Ma appena prima di poter mettere un piede fuori, si trovò faccia a faccia con una personaggio del tutto nuovo, che non aveva mai visto; dall'aspetto lo catalogò decisamente come un professore, ma sicuramente non era uno dei suoi.

«Signorina, mi fa piacer vedere qualcuno! Sono nuovo di qui e vorrei visitare questo liceo» disse pieno di vita e di buoni propositi.

Convinta di non voler tornare alle cattive abitudini dandogli un calcio nel sedere, decise di perdere il suo poco tempo a disposizione per scortare il nuovo professore – che si chiamava Faraize, come le disse due minuti dopo – nel fare un giro completo della scuola.

Ritornati al punto di partenza il professore le sorrise e la ringraziò, dicendole che un giorno le avrebbe ricambiato il favore.

Bella consolazione!

Avrebbe preferito non incontrarlo proprio e non aver nessun favore da ricevere; ma ormai si era decisa a voler leggere quel dannato libro e anche a costo di saltare la prima ora, uscì fuori all'entrata.

Stranamente la scuola sembrava essere ancora priva di vita, nonostante le ore otto fossero già passate da dieci minuti; meglio così, almeno poteva finalmente iniziare a leggere il libro in pace, senza essere disturbata da nessuno.

«Il liceo è pieno di studenti intellettuali che si dedicano alla lettura dei libri anche in orario extra scolastico!» esordì una voce pimpante alle sue spalle, facendola trasalire.

Quel libro doveva avere una specie di maledizione, perché ogni volta che provava a leggerlo succedeva qualcosa; doveva decisamente sbarazzarsene.

«Un titolo scadente.. nulla di che insomma, ma mi serve un articolo da mettere in prima pagina.» disse la stessa ragazza che le aveva strillato nell'orecchio un secondo prima.

«Mi chiamo Penny, e sono una delle giornaliste che scrive sul giornaletto scolastico!»

«Bene Penny, sappi che non sono proprio il tipo da ispirazione letteraria... se cerchi un qualcosa da scrivere perché non vai a vedere in mensa? I distributori hanno prezzi decisamente alti..» le disse cercando di farla appassionare a qualche altro argomento.

«Questo scoop c'è già stato, è uscito circa tre settimane fa l'articolo, mi serve qualcosa di fresco, di nuovo, che attiri l'attenzione della gente!» disse con gli occhi che le brillavano dalla smania.

«Capisco, penso che troverai qualcosa di interessante da scrivere sul liceo, se magari ENTRI nel liceo.. che dici?» le disse con tono suadente.
«Si, suona sensato, andrò in cerca di scoop immediatamente! Fammi gli auguri!»
«Auguroni..» le disse contenta di stare da sola con il suo dannatissimo libro.

Abbassò lo sguardo sul libro ed incominciò a leggere tranquilla e serena.

Qualcuno glielo strappò dalle mani.
«Che cosa stai leggendo? Oddio, ma è un libro!» esclamò disgustata Ambra davanti a lei tenendo il libro con due dita.

«Sono sempre più stupita dalla tua arguzia.» le disse alzandosi per riprendersi ciò che era suo.

«Ma noi siamo qua per altro; oggi mi mancano i soldi per il pranzo, 10 $ possono andare bene» le intimò mettendole avanti la mano come se si aspettasse che le regalasse i soldi.

Jay non si scomodò neanche a risponderle e tornò con la testa nel libro; ma Ambra era decisa ad avere quei soldi e senza tanti problemi mise la mano nella borsa della ragazza e se li prese.

Jay scattò in piedi.

«Razza di..»

Le amiche della strega, ai due lati, le diedero una spintonata facendola tornare a sedere, mentre Ambra le lanciava ai suoi piedi la tracolla.

«Grazie mille per i soldi!» sogghignò facendole l'occhiolino prima di andarsene.

Solo questo ci mancava!

Era dal giorno prima che tutto andava storto, che prendeva un brutta piega senza un vero perché, e nonostante cercasse di prenderla con positività, cercando un po' di pace e tranquillità, tutti quanti si erano uniti contro di lei per infastidirla in ogni modo possibile.

Alzò le bracca in alto, lanciando il libro a terra e gridando, attirando l'attenzione di tutti i presenti.

«Allora, non c'è più nessuno che vuole chiedermi, dirmi, darmi o farmi qualcosa? Avete finalmente finito?»

Neanche il tempo di terminare la frase che qualcuno la prese per il braccio, trascinandosela dietro.

«Dimmi che sei venuto ad uccidermi e non a parlarmi, ti prego Castiel.» gli disse con aria implorante mentre il ragazzo la trascinava dietro di sé senza alcun ritegno dietro la palestra.

«Fallo in fretta e non troppo dolorosamente.» concluse chiudendo gli occhi.

Castiel la prese e la mise spalle al muro, mettendosi quasi addosso per non darle modo di andarsene.

«Perché ieri sera ti sei vista con Nathaniel?»

Un pugno nel muro terminò la frase.

Jay non poté far a meno di mettersi una mano sulla fronte, proprio come faceva Nathaniel, visto che per la quarta volta qualcuno interrompeva la sua lettura mattutina per inondarla con altri problemi; non aveva avuto mai giornata più stressante di quella, e non era neanche iniziata; sentiva che stava crescendo sempre di più una rabbia che stava covando da poche ore, che non provava da moltissimo tempo.

«Tu come lo sai?» gli chiese guardandolo perplessa e con la paura che quel rumore della sera prima potesse essere venuto dal ragazzo mentre origliava.

«Vi hanno visto! Vi hanno visto anche tornare a casa insieme!» continuò Castiel alzando sempre di più la voce.

Non ce la faceva più, doveva sfogarsi con qualcuno, ma non voleva ricadere negli eccessi d'ira di una volta, così prendendo Castiel per il colletto della maglia se lo avvicinò ancora di più al viso ed iniziò a cantargliene quattro.

«Prima cosa, io non mi vedo con nessuno; anzi, se dovessi dire se mi sto vedendo con qualcuno direi che lo sto facendo con te, ma il signorino Castiel continua a fare l'altalena degli umori, e una volta si, e cinque no, mi tratta male.

Seconda cosa, ieri, io e il signor delegato ci siamo incontrati nel corridoio e mi ha chiesto di restare cinque minuti per parlare di stupida burocrazia e carte da firmare per completare la mia iscrizione a questo liceo di matti. Ti consiglio di cambiare informatore, perché non siamo affatto tornati a casa insieme, anzi! Gli ho chiesto di lasciarmi perdere ed evitando di mandarlo al diavolo me ne sono andata prima di lui; ma mister Perfezione lo conosci anche tu, no?! Ha voluto comunque seguirmi, per paura di vedermi schiacciata sotto una macchina forse, chi lo sa! So solo che arrivata a casa, l'ho completamente ignorato e se n'è andato. Ora..» gli disse lasciandogli il colletto e prendendolo per le spalle per poi girarlo e dirigerlo verso il corridoio di strada che portava di nuovo sul davanti dell'edificio scolastico. «... se vuoi puoi anche andare a picchiare a sangue chi ti è venuto a riferire in maniera così stupida ed errata l'accaduto!» concluse la sfuriata dandogli una pacca non molto leggera sulla spalla, proprio come si fa con i cavalli quando si vuole farli camminare.

Castiel si girò verso di lei, in un misto di divertimento ed incredulità.

«Hey, fai male..» disse arrossendo.

«Scusa, non volevo di certo sfogarmi su di te..» o forse si..?

Iniziarono a camminare vicini, tornando alla panchina dove aveva abbandonato le sue cose per seguiore Castiel

«E' una giornata di.. una di quelle. Da sta mattina non ho avuto una attimo di tregua e sta notte non ho chiuso occhio...»

Nonostante Jay gli avesse assicurato che la sera prima avesse mandato via Nathaniel in maniera brusca, il suo cervello non poté fare a meno di ricollegare un paio di cose che aveva visto quella mattina: aveva incontrato Nathaniel per il corridoio che stava cercando da tutte le parti Jay , arrivando anche a chiederlo a lui se l'avesse vista perché doveva dirle una cosa davvero importante; la ragazza lamentava di non aver dormito tutta la notte, e la sera prima erano tornati a casa inseme...

Non le diede neanche il tempo di realizzare che se ne fosse andato via correndo come una furia per andare a chiarire un paio di cose in sospeso che voleva assolutamente capire, e come un lampo si fiondò nel liceo.

Jay non notò subito che il ragazzo, con cui stava parlando, se ne fosse andato, ma solo dopo due minuti che non sentiva nessun commento sarcastico di Castiel si girò e vide che non c'era più a camminare alle sue spalle; non le servì neanche un secondo per capire dove si era andato a cacciare. Quel testone non voleva proprio capire, doveva per forza fare di testa sua anche se gli aveva assicurato che non si stava vedendo con nessuno, in particolar modo con Nathaniel e che la loro conversazione della sera prima non fosse altro che per la sua iscrizione. Senza neanche raccogliere le sue cose da vicino la panchina corse verso l'entrata, spalancando la porta e seguendo le grida di Castiel che stava discutendo con Nathaniel; arrivò davanti alla sala delegati e si mise a discuter con i due cercando di farli zittire entrambi; ma i ragazzi continuavano a discutere, anche se questa volta era riuscita a non farli arrivare alle mani stando nel mezzo.

Si mise istintivamente davanti al rosso irascibile, che la preoccupava di più in fatto di scatti d'ira; infatti rimanendo vicino a lui riuscì ad evitare più volte che, senza ragionare, si lanciasse contro il segretario per iniziare una scazzottata.

Nathaniel perse la pazienza e prendendo qualcosa dalla sua scrivania, la lanciò davanti al ragazzo che era venuto ad accusarlo di avergli rubato la ragazza, e alzando la voce gli disse:
«Ecco, è per questo che siamo rimasti ieri sera.»

E lasciando tutto come stava andò a chiudere la porta per evitare che alunni esterni alla discussione venissero a curiosare, e cercando di minimizzare il rumore per non attirare l'attenzione della preside.

Jay guardò la pila di fogli sul tavolo... era la stessa che aveva visto la sera prima; era il suo dossier.

«Ora sta a te fare quello che credi! Ma guardala, è qui, non hai bisogno di altro, basta che le chiedi. Se ora leggerai questo, sappi che sia tu che io andremo nei guai, che Jay mi odierà per tutta la vita, perché le avevo promesso di non dirlo a nessuno ed in particolar modo a te.. e vuoi sapere perché? Perché te lo avrebbe voluto dire lei, ma aveva paura che non ti interessasse; come darle torto? A quanto ne so non le hai mai detto niente, e nonostante non sappia cosa ci sia fra di voi ora - come ho detto anche ieri a lei – siete sulla buona strada per combinare qualcosa, ma se non vi fidate l'uno dell'altro e non vi dite niente... lasciate perdere che è meglio!»

La ragazza non sapeva se gettarsi sui fogli per portarli via dalla loro portata, gettarsi addosso a Nathaniel perché stava sventolando ai quattro venti il suo dossier e le confidenze fatte, o gettarsi addosso a Castiel perché era un completo idiota.

Poi il segretario fece un respiro profondo e si calmò.

«Ascoltami, non andiamo d'accordo, lo sappiamo entrambi, ma sai anche che so mantenere la parola data; non posso dirti quello che ci siamo detti ieri sera qua in ufficio, ma non è successo niente di quello che tu pensi né durante né dopo.»

Castiel aveva sentito la stessa versione da entrambi i ragazzi, e li aveva guardati negli occhi mentre gli dicevano e confermavano che non c'era niente tra di loro, intuendo la loro sincerità; ma ormai aveva portato avanti questa storia e non poteva lasciar correre.

Con tutta la consapevolezza di star commettendo un errore, ma convinto di non volersi rimangiare la parola, fece un passo verso Nathaniel per tirargli un pugno come si deve una volta e per tutte.

«La volete finire?!»

Disse alzando per la prima volta la voce e facendo fermare Castiel a metà strada con la mano serrata ancora a mezz'aria mentre manteneva Nathaniel per il colletto della camicia.

«Parlate di me come se non fossi presente, ma ci sono, eccomi!» disse gesticolando vistosamente come se dovesse farsi vedere da qualcuno che si trovava a metri di distanza.

Prese il fascicolo in mano, mentre il segretario teneva lo sguardo fisso e vigile su di lei, per misurarne ogni movimento e possibile sbaglio, condizionato da quello che aveva trovato scritto dalle precedenti scuole dove era stata.

«Tu non mi credi!» disse indicando Nathaniel «O comunque non abbastanza; non ho intenzione di fare niente a questo fascicolo, e non ne ho mai avuta, ma sappi che le seconde occasioni vanno date nella vita perché le persone dai loro sbagli crescono e si correggono. E tu..» disse girandosi verso Castiel, mentre Nathaniel abbassava lo sguardo, preso dal dispiacere di non essersi comportato da esempio quale voleva essere per tutti.

«Tu neanche mi credi, in altro contesto, per un'altra storia, ma continui a non credermi, nessuno mi crede! Tieni.» gli disse lasciandogli in mano il suo voluminoso fascicolo.

«Leggilo tutto e non tralasciare niente, mi eviterai di doverti dire cose imbarazzanti e stupide che mi riguardano; a quanto pare le mie sole parole non bastano per convincerti, spero che almeno dei documenti scritti possano farti capire che l'unica persona con cui avevo intenzione di frequentarmi non era di certo Nathaniel...»

Poi si girò andandosene a passo svelto verso la porta, respirò profondamente per evitare di piangere dal nervoso.

«Castiel, leggilo. Non scherzo, Nathaniel ha deciso di rischiare di passare un guaio per fartici dare un'occhiata e per finire.. voi non mi avete visto, oggi sono assente e non ho intenzione di sentirvi né di vedervi!» e se ne andò sbattendo la porta.

Nathaniel si allentò il nodo della cravatta mettendosi a sedere sulla scrivania, con le gambe a penzoloni, deluso di sé stesso e della reazione che aveva avuto, guardando cosa avrebbe scelto di fare Castiel, che dal canto suo era rimasto per la prima volta senza parole e senza sapere cosa fare; l'aveva spiazzato del tutto.

Non gli voleva nascondere una relazione con il segretario scolastico, ma qualcosa del suo passato... la capiva meglio di chiunque altro, anche lui custodiva gelosamente dei segreti che avrebbe preferito tener nascosti al mondo intero. Di lei si poteva fidare, aveva passato più tempo in sua compagnia che con chiunque altra persona avesse conosciuto in tutta la sua vita, e nonostante volesse tenerla stretta a sé non ci stava riuscendo, anzi, stava avendo proprio l'effetto contrario. Si stava comportando come uno stupido nei suoi confronti, confondendola trattandola in maniera sempre diversa, solo per non perdere la sua reputazione in ambito scolastico; ma che cos'era una reputazione rispetto a quello che poteva avere – e che aveva – ogni volta che le stava accanto.

«Pensaci bene. Tutto quello che ti serve, è appena uscito dalla porta... ti invidio sai.” gli disse Nathaniel con lo sguardo basso.

“Persone come lei non si incontrano spesso; non so tutta la sua storia, ma ha avuto una vita difficile, un po' come te... sarà per questo che andrete d'accordo forse, ma io darei di tutto per avere una persona che ci tiene così tanto a me come lei ci tiene a te. Il fascicolo ce l'hai, sta a te ora decidere.» gli disse incrociando lo sguardo con il suo, mostrandogli per la prima volta la stessa faccia dolce e disponibile che mostrava agli altri.

Non poteva di certo lasciar andare le cose così questa volta...

Non poteva permetterselo.

Non voleva farlo.

Doveva parlarle.

Doveva dirle tutto, della sua vita, dei suoi atteggiamenti, di chi fosse la famosa lei per la quale l'aveva piantata il primo giorno che l'aveva conosciuta.

Cercò di ricordare ogni singola parola che le aveva detto quella ragazza fin dal primo giorno che si erano incontrati e stranamente si accorse di ricordarsi tutto quello che la riguardava, ogni singola parola, ma non sapeva niente del suo passato, della sua famiglia, di quello che le piaceva o meno.. non glielo aveva mai chiesto, e dei fogli di carta non gli avrebbero detto un bel niente riguardo alla sua storia.
Doveva sapere tutto su di lei, il prima possibile.

Lasciò la presa del fascicolo, che cadde a terra, spargendo tutti i fogli al suo interno contenenti la storia di quella strana quanto meravigliosa ragazza, sul pavimento.

Doveva sentirla pronunciare dalle sue labbra; solo così avrebbero avuto veramente un senso.


 


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