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Autore: CharlieIlvendicatore    12/05/2013    5 recensioni
"The Gate Control" o la "La teoria del cancello" è una teoria neurologica secondo la quale quando si prova dolore gli stimoli tattili, scatenati nello stesso luogo in cui esso ha sede, lo inibiscono. E' il motivo per cui sfreghiamo o comprimiamo la ferita quando ci facciamo male. E se fosse così anche per un dolore diverso? quello che viene dalla nostra testa, quello che non riusciamo a capire. Forse è per questo che ci ritroviamo mille volte a pensare e a pensare a chi ci ha ferito e che ci arrovelliamo e immaginiamo cosa sarebbe cambiato se avessimo agito in modo diverso. Forse è il motivo per cui sentiamo il disperato bisogno di parlarne. Sono i nostri modi per toccare, comprimere quel tasto dolente al fine di provare un po' meno dolore? Questo è ciò che crede Cloe, la protagonista, ma il suo imbarazzo a parlare di qualsiasi cosa di romantico, di confidarsi con qualcuno la blocca terribilmente e la porterà ad aprirsi veramente solo con un ragazzo conosciuto su internet. E se lui fosse una persona che in realtà conosce anche fin troppo bene?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- La preside è in giro per la scuola a cercare il suo cane, kiki. Per ora la sostituisco io.- Disse Melody in tono garbato. Il professor Faraize ci lasciò sole.
- Non è molto professionale, dico da parte della preside.- 
- Per niente.. Ma come mai sei qui?-
- Ho inveito contro un certo Castiel-.
- Ah allora sei qui ingiustamente. Sai lui ha una certa.... fama, diciamo.- rispose con un lieve sorriso nervoso sulle labbra, la mia presenza sembrava, ancora una volta, irritarla.
- Speriamo non sia contagioso. E' il mio vicino di banco da poco più di un'ora e sono già in presidenza!- Cercavo di distendere la tensione con una battuta, ma fallii miseramente.  MI ripropose il sorriso di prima e abbassò lo sguardo su alcuni fogli, interrompendo in nostro breve discorso. Rimanemmo in silenzio per un quarto d'ora circa. Le sue unghie tamburellavano sulla cattedra della preside mentre faceva finta di concentrarsi su alcuni fogli che probabilmente non erano neanche di sua competenza. Mi sentivo a dir poco a disagio in quella situzaione, mi guardai intorno cercando di pensare a qualcos'altro. Notai sulla parete color ocra un piccolo orologio a cucù molto kitch e una gigantesca fotografia che ritraeva una donna sulla sesantina insieme a un minuscolo cane peloso. Altre immagini del cagnolino erano ordinatamente disposte sulla scrivania in cornici d'argento, pur non avendo mai incontrato la preside pensai che quell'attaccamento verso la bestiola fosse a dir poco agghiacciante.  Provai ad aprire bocca per parlarne con Melody, ma all'idea che rispondesse ancora con quel sorriso stentato alle mie battute esitai. Ogni tentativo di trovare un argomento di conversazione che non fosse Nathaniel era a dir poco inutile. Avevo paura della risposta, ma le feci comunque la domanda che avrei voluto farle da quando l'ho incontrata e che prima aveva cercato di evitare:
- Senti, Melody... ehm... tra te e Nathaniel c'è qualcosa? voglio dire, siete fidanzati?- Alla mia domanda la ragazza trasalì e mi guardò con occhi sbarrati.
- NO... no.... nonono...- rispose agitata, diventò rossa e lo sguardo puntava contro il pavimento. Ci fu un attimo di silenzio che lei interruppe.
- Perchè lo vuoi sapere?- chiese, fortemente impaurita.
- Mi sei sembrata strana... tutto qui... Nei miei confronti, dico, quando Nathaniel era gentile con me-
- Forse perchè lo amo.- le parole le erano uscite a fatica, il suo capo era talmente abbassato che il mento le toccava lo sterno. Dietro gli occhiali da lettura che aveva addosso potei scorgere allcune lacrime, che sembrava voler trattentere. Quelle parole furono come una coltellata per me. Lei lo amava... e diciamocelo... erano praticamente la coppia più azzeccata del mondo. Chi ero io a confronto?Lei era così bella e passavano molto tempo insieme. Nascosi il mio viso sotto la sciarpa per affogare il mio dolore. Lei neanche mi guardava.
- Lui lo sa?- chiesi. La delegata si asciugò le lacrime con la manica della maglietta.
- No-  
- Devi dirglielo, per forza, fatti coraggio- non so perché la stavo incitando. Se Nathaniel voleva stare con Melody e non con me però era meglio saperlo subito, via il dente via il dolore. Con Melody e non con me? ma cosa pensavo? Nathaniel non si sarebbe mai messo con una come me, Melody o non Melody.  In questo senso non c'era nessun problema, allora perché la cosa mi dava tanto fastidio?
- Chiedigli almeno di uscire.- continuai. Il bue che dava del cornuto all'asino. Io facevo fatica a rivolgergli la parola, figurati chiedergli di uscire. Ancora una volta pensavo come se io dovessi in qualche modo aver a che fare con Nathaniel, cosa dalla quale la mia ragione cercava disperatamente di tenermi lontana.
- Ti va di aiutarmi?- Chiese lei con voce strozzata.
-ok.-
Passammo un'ora e mezza a parlare di Nathaniel, di come si erano conosciuti, di come c'era sempre stata intesa tra loro... Era come cadere in un pozzo senza fondo, in un buco nero.  Lei prendeva sempre più confidenza e quel peso che sentivo sul mio petto si aggravava. Era ora di andare, lei concluse con : 
- Grazie Cloe, ti conosco da poco ma sei veramente un'amica. Non mi sono mai aperta così con nessuno della scuola.- Un'amica? ero solo una bugiarda e un coniglio. Una botte d'ipocrisia. Una persona normale le avrebbe fatto la guerra.
- Figurati.- Sfoderai il migliore dei miei sorrisi. Lei non notò quanto fosse sforzato, si fidava di me.
- ma se davvero vuoi che ti aiuti oggi trova una scusa per uscire dalla sala delegati quando ritirerò il mio libretto. Così almeno indago un po'-  Dissi così, anche se non sapevo se avrei avuto il coraggio di chiedere a Nathaniel di lei. Melody annuì sorridendo. Un uccellino di legno uscì dall'orologio a cucù pigolando lo scadere della mia punizione.
- Ora devo salutarti, la lezione del professor Faraize sta per finire e non vorrei fare brutta figura anche col prossimo professore.-
- Ciao Cloe e grazie ancora.- Tornai in classe nel cambio d'ora prima dell'arrivo del professore. Feci in tempo anche a scambiare quattro chiacchiere con Ken, non volendo dire niente di Nathaniel e Melody gli parlai della ragazza bionda con cui mi ero scontrato stamattina. Lui mi disse che si chiamava Ambra e che era più di un anno che lo aggrediva e gli rubava i soldi. Mi sorprese che Ken non avesse mai detto niente a nessuno, non avrebbe dovuto farsi trattare in quel modo! Nel frattempo il rosso parlava con un ragazzo dai capelli argentei in fondo alla classe, quando arrivò la professoressa si sedette senza degnarmi di uno sguardo.  Avevamo letteratura e la signora Strauss ci fece una lezione introduttiva sul programma di quest'anno. Era una donna particolare, vestita elegante e con un mare di capelli crespi biondi che le cadeva sulla giacca. Mentre parlava giocherellava con la chioma, trovai un po' buffo il fatto che la sua voce partisse bassa e si facesse più stridula alla fine di ogni frase.  Ken la descrisse come la peggiore delle zitelle inacidite. Lui mi riferì che negli scorsi anni si era sempre accanita contro le donne e aveva sempre privilegiato i bei ragazzi, in particolare un certo Lysandre.  Castiel aveva sempre avuto la sufficienza facile con lei mentre Ken era infastidito dal fatto di avere il 6 risicato pur studiando come un matto. Finirono le lezioni e mi recai da Nathaniel per ritirare il libretto delle giustifiche e il tesserino dello studente. Melody uscì dalla sala delegati con una scusa, ma io non riuscii a chiedergli niente su di lei e me ne andai velocemente. Uscendo dall'aula sussurrai a Melody -ci vorrà più tempo.- e lei annuì in silenzio. Si, forse ci voleva più tempo per me per metabolizzare la cosa, ma non ci voleva tanto per scoprire se Melody era corrisposta.
Lasciai il liceo per tornare a casa, ma mi aspettava una brutta sorpresa: Davanti a me, nel cortile della scuola, c'era la dolce Ambra che stava parlando con Ken, non ci voleva un genio per capire di cosa discutessero. Ad un tratto la bionda afferrò il mio amico per il collo della maglietta e lo sollevò da terra. Cosa fare? stavano aggredendo Ken ma non avrei mai potuto difenderlo. Di colpo ebbi un'idea, presi il telefono e ripresi di nascosto la scena. Lui tirò fuori 10 euro dalla tasca dei pantaloni e l'arrogante bulletta li prese e lo lasciò andare, bruscamente, lanciandolo contro il cemento. Due ragazze alle spalle di lei ridevano. Come si può ridere di una tale ingiustizia? Aspettai che se ne andassero e raggiusi Ken.
- Ti va di fare la strada con me?- gli chiesi. 
- Hai visto tutto, vero?-  Di risposta annuii.
- Dai andiamo.- Si alzò da terra e scosse velocemente i pantaloni per togliere la polvere. Andammo a prendere la mia bici, che portai a mano per tutto il tragitto. Ken era silenzioso, sembrava mortificato, ma non riuscii a trovare le parole per consolarlo. Mi accorsi che eravamo appena arrivati sotto casa mia.
- Non è colpa tua.- dissi all'amico amareggiato.
- Non so difendermi, non sono un vero uomo.- rispose guardando il pavimento.
- Non è vero! Essere uomini non vuol dire ricorrere alla violenza.-
- Non mi sono mai accorto di quanto fosse umiliante, almeno non prima che succedesse davanti a te. Non avrei mai voluto che mi vedessi così, non Tu.- La sua voce tremava, sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.
- Ken, ci sono tanti modi per difendersi.- gli passai la memory card del mio telefono.
- cosa intendi?-
- Ho ripreso tutto, falle causa.-
  
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