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Autore: aki_penn    12/05/2013    6 recensioni
“Fare il bagno nel sangue delle vergini mi mantiene giovane” disse, guardandosi le mani dalle dita lunghe e affusolate, sporche di rosso. “Quella ragazza che ti sei portato appresso quando sei arrivato a Rosenrot, è vergine?” domandò poi, guardandolo. Tinkerbell strabuzzò gli occhi e balbettò “Ru-Ruthie? Io non…non so…non ho mai chiesto…” incespicò, preso alla sprovvista, per poi accigliarsi e sbottare “E comunque non ho alcuna intenzione di farti dissanguare la mia assistente, se permetti!”
Genere: Azione, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Make a wish-
Capitolo due-
La parete dei visi -

 
Il campanellino suonò quando Tinkerbell aprì la porta nel piccolo locale dagli interni in legno, sull’insegna sbiadita c’era scritto Schneider . Era il primo che avevano trovato arrivando in paese e, probabilmente, era anche l’unico, dato che si trattava di un borgo di poche case. Sulla collina c’era una rocca, appartenuta a qualche ricco signore, secoli prima.
Era mattina presto e il sole non era ancora sorto, ma nel piccolo bar c’erano già due o tre vecchietti che bevevano caffè e latte. Si voltarono tutti a guardarli, turisti, in quel borgo di tre case, non se ne vedevano quasi mai, anzi, non era chiaro come andasse avanti il Bed & Breakfast dei signori  Schneider. “Buongiorno” disse Tinkerbell, Ruthie sapeva che la lingua che parlava lui non era tedesco, probabilmente non era nessuna lingua realmente esistente, eppure le sue parole risuonarono chiare nella sua testa come in quella dei nonnini presenti, che risposero con un laconico Guten Morgen. Aveva studiato lingue e quindi sapeva che quella era una risposta pertinente al saluto di Tinkerbell, che avanzò attraverso la saletta ricoperta di legno chiaro fino ad andare a sedersi al bancone del bar, con un sorriso. Il barista, che stava asciugando una tazzina, lo guardò “Due caffè, per favore!” ordinò. Il barista annuì, mentre una ragazzina, che poteva avere undici anni, gli passò affianco di corsa  e s’intrufolò dietro al bancone, portando un vassoio di bicchieri lavati, appena usciti dalla lavastoviglie.
Ruthie si avvicinò al ragazzo strascicando i piedi, non vedeva l’ora di andare a dormire, aveva passato tutta la notte sveglia ad aspettare che Tinkerbell tornasse all’hotel.
Si era risvegliata tutta bagnata senza una scarpa poco distante dal molo, il cellulare doveva essere finito in acqua, non si sapeva come, o in una siepe, o chissà dove. Aveva finito per recuperare lo zaino con la sua roba, l’aveva nascosto in un capanno da pesca poco lontano dal luogo dove si era risvegliata, era corsa a comprare un altro cellulare e a scrivere il proprio numero su un muro, in modo che Tinkerbell non potesse fare a meno di vederlo e poi si era trovata una stanza nell’hotel più costoso della città, per mettersi ad aspettare. Probabilmente era stata colpita alla testa, non aveva ritrovato nessun bernoccolo, ma era l’unica spiegazione plausibile. Una delle tante notti da dimenticare, insomma, lei non era come lui, le occhiaie mica le donavano!
Mise tre bustine di zucchero di canna nel caffè lungo che il barista le mise davanti, mentre Tinkerbell si guardava intorno, dopo avene usate altrettante. Una cosa sulla quale si trovavano d’accordo era quella che lo zucchero è sempre una buona cosa.
Il barista si mise ad asciugare i bicchieri appena arrivati, senza badare troppo a loro, lei aveva l’aria di chi si sarebbe addormentata sul bancone da un momento all’altro, mentre lui si guardava in giro curioso. Il barista non notò né la cicatrice che gli spaccava a mezzo il sopracciglio né i due braccialetti che sembravano manette d’altri tempi.
Lo sguardo del ragazzo si fermò su una delle pareti in legno delle quali era ricoperto tutto il locale. Nella parte dove sedevano i clienti vi erano acquerelli tremuli che raffiguravano alberi e fiori (“Probabilmente di gelatina” constatò Ruthie, non appena la caffeina entrò in circolo) mentre vicino al bancone vi erano appesi, con delle puntine da disegno, dei fogli fotocopiati con delle foto in bianco e nero. Identikit. Tinkerbell schioccò le labbra, persone scomparse. “Bingo” sussurrò a Ruthie, che appoggiò il viso alla mano e lo guardò assonnata “L’unica vittoria sarebbe un letto, se proprio lo vuoi sapere”
Tinkerbell si voltò verso il barista e disse in quella sua lingua che potevano capire tutti senza saperlo “C’è un albergo dove io e la mia amica possiamo sistemarci per qualche giorno?”
Il barista smise di asciugare i suoi bicchieri per tornare a dargli udienza “Questo è un Bed and Breakfast, se vi interessa, abbiamo quattro camere e sono tutte libere”. Tinkerbell gli sorrise “Sarà perfetto allora”
“Posso chiedervi per quanti giorni pensavate di rimanere, non vorrei essere scortese, ma prendiamo pagamenti anticipati” disse l’uomo. Doveva avere più o meno quarantacinque anni e i capelli erano lunghi e raccolti in una coda bassa, la barba incolta e il viso truce. Ruthie pensò che sarebbe potuto essere un bell’uomo, se si fosse degnato di sorridere.
“Oh, ancora non lo sappiamo, volevamo trascorrere un po’ di tempo lontani dal traffico e questo paesino un po’ isolato ci sembrava assolutamente adatto. Forse staremo una settimana” spiegò Tinkerbell, affabile. “Non c’è nulla a Rosenrot” sentenziò il barista, truce e conciso. Il suo interlocutore sorrise di nuovo “Lo so, è proprio per quello che siamo qui” ribatté allegro, finendo la sua bevanda. Il barista annuì tetro e continuò ad asciugare i bicchieri, Ruthie stava ancora sorseggiando il proprio caffè, non c’era alcuna fretta.
Il ragazzo si rimise a studiare la parete degli identikit: Ada Müller, Bille Hartmann, Fiene Berger, Svea Winkler, Renette Groß, Undine Kraus, Nelda Pfeiffer, Lutwine Schneider , Milli Koch, Juthe Keller,  Landeline Klein, tutte ragazze, tutte piuttosto giovani, la più vecchia aveva ventotto anni.
“Greta” chiamò il barista, laconico, e la ragazzina che aveva portato i bicchieri ricomparve dal nulla. Portava una bandana arancione in testa e sui jeans erano ricamate delle farfalle, i capelli erano scuri come quelli dell’uomo che li aveva serviti, dovevano essere parenti.
“Potresti portare questi signori alla camera numero uno? Immagino che vorranno appoggiare i bagagli”, la ragazzina, che evidentemente rispondeva al nome di Greta, annuì, imbronciata come l’uomo, e afferrò un mazzo di chiavi da sotto il bancone, al quale era attaccato un grosso portachiavi a forma di uno.
“Potete accomodarvi, mia figlia vi porterà alla vostra camera, il caffè lo potrete pagare quando scenderete a dare l’anticipo della settimana” spiegò senza guardarli ed entrambi si erano già voltati a seguire la ragazzina.
“Ehm, signor…” il barista si fermò, rendendosi conto di non avergli ancora chiesto le generalità “Jessie Tinkerbell” terminò lui. Il barista annuì “Sì, signor Tinkerbell…la tenga d’occhio, la ragazza, non è un posto tranquillo come sembra, questo” disse, truce. Fu il turno di Tinkerbell di annuire, anche se con molta più spensieratezza “Ho visto il muro del pianto” disse, accennando al muro pieno di fogli da fotocopie con le foto in bianco e nero di tutte quelle ragazze. Il signor Schneider s’incupì, ma non rispose.
Tinkerbell si voltò con una piroetta e raggiunse Ruthie e Greta in cima alle scale. Bizzarramente la stanza numero uno si trovava infondo al corridoio. Greta si voltò a guardare Tinkerbell, mentre apriva la loro porta “Ha ragione mio padre, non dovreste essere qui. Quelli del castello si prendono le ragazze, prima o poi si prenderanno anche me…” disse, con la bocca contratta in una smorfia dolorosa. Dalla bandana  usciva solo qualche ciuffo di capelli e per un secondo tutto ciò riportò alla mente qualche ricordo doloroso, fu un po’ come un pugno inaspettato allo stomaco, ma durò solo un secondo e tutte le sue interiora si rilassarono nuovamente. Era sono una ragazzina con una bandana, nulla che avesse più legami con lui. C’era un sacco di gente che usava le bandane.
In quel momento il barista spuntò dalla cima delle scale, era dall’altra parte del corridoio, ma la sua voce rimbombò per il disimpegno vuoto “Greta smettila di spaventare i clienti con queste storie, li ho già avvertiti io, non c’è nulla da temere se si sta attenti”
Greta lo guardò con odio, e poi si voltò verso Ruthie, che afferrò solo alcune parole “Sono quelli del castello. Rubano la gente. Lo so che sono loro!” sbottò, arrabbiata.
“GRETA!” sbraitò l’uomo, piuttosto arrabbiato, compiendo gli ultimi gradini e avviandosi per il corridoio nella loro direzione, il bar era stato lasciato allo sbaraglio, ma tutti quei vecchietti non avrebbero fatto nulla di tanto pericoloso da non poter essere lasciati soli.
“Smettila di spaventare la gente con storie senza senso!” sbraitò l’uomo. “Stai zitto, non sono storie senza senso!” gridò lei, scappando via, arrabbiata. Il barista si scansò per lasciarla correre giù per le scale, reprimendo l’istinto di rincorrerla “Scusatela” disse poi ai due che erano rimasti fermi nel bel mezzo del corridoio, Ruthie con una mano sulla maniglia della porta semi aperta.  Tinkerbell scosse la testa “Stia tranquillo, non è niente”
“Il caffè potrete pagarmelo dopo quando verrete a dare l’anticipo per la stanza, non c’è fretta, accomodatevi pure” ricordò poi, anche se l’aveva già detto, ansioso di cambiar discorso, asciugandosi le mani ancora bagnate nel grembiale macchiato che portava indosso. “Scendiamo subito, il tempo di appoggiarsi”
L’uomo annuì e fece dietrofront guardando basso e i due entrarono nella stanza, anch’essa quasi tutta in legno chiaro, sopra a un mobiletto sotto la finestra v’era un vasetto con un mazzolino di fiori di campo messi a seccare. Ruthie non fece in tempo a chiudersi la porta dietro le spalle che Tinkerbell le era già balzato quasi addosso, la ragazza trattenne un urletto e si accasciò contro la porta schiacciando lo zaino, mentre questa si chiudeva con uno schiocco.
“Che fai?” sbraitò. Tinkerbell fece un sorrisetto ebete “Abbiamo già scoperto qualche cosa, e senza bisogno di ordinare dei crauti” sentenziò allegro, prendendola per un braccio e riportandola in posizione eretta. Ruthie fece cadere il suo gigantesco zaino sul parquet e fece una smorfia “Meraviglioso” commentò, con poca convinzione “Credi davvero che la bestia per cui sei stato chiamato qui sia alla rocca sulla collina?”
Tinkerbell alzò le spalle “L’ha detto quella ragazzina, e il barista non le crede. Mi basta per pensare che sia proprio così”
Ruthie sospirò, sembrava ancora piuttosto scocciata per la notte passata in bianco “Bene, quindi entriamo lì e facciamo del casino?” domandò, stancamente. Tinkerbell scosse la testa lentamente, guardando il soffitto, con aria pensierosa “No, affatto…tu entrerai lì e non farai del casino” ordinò.
“E perché?” sbottò lei, che non se l’aspettava. Tinkerbell alzò le sopracciglia “A questa bestia piacciono le ragazze…non so se hai notato la sfilza di identikit di persone scomparse che c’era nel bar qua sotto. Quindi, beh, tu andrai là e chiederai di farti assumere come cameriera”
“A fatica mastico due parole di tedesco” ribatté lei incrociando le braccia, irritata all’idea di dover andare da sola.
“Non ti devi far assumere davvero, voglio solo che tu vada a dare un’occhiata” fece lui, appoggiandole le mani sulle spalle con aria rassicurante, ma avvicinandosi con la fronte a quella di lei, ghignando in modo molto poco carino “Perché non lo fai tu?”
Tinkerbell fece un salto all’indietro  e alzò le spalle, con aria saccente “Perché io devo trovare il mio padrone, è chiaro!”  sentenziò lui alzando le braccia al cielo. Ruthie sbuffò di nuovo, scocciata “E se mi ammazzano?” chiese, schietta.
“Non ti ammazzano”
“Non lo sai”
“Non sappiamo nemmeno se il seme d’ortica si trova davvero lì”
“Se mi ci stai mandando ne sei quantomeno sicuro”
“Non morirai Ruthie” fece lui, l’aria si era leggermente addolcita, ma pareva proprio che il suo unico scopo fosse quello di mettere fine al discorso.
“Tu non preoccuparti, prenditi uno strudel e vai alla rocca a fare un giro. Io vado a pagare il conto e a cercare il mio uomo” fece un sorrisetto e aperta la finestra vi ci si buttò giù.
“Quando la gente noterà un deficiente che salta dalle finestre e corre sui tetti sarai nei guai, Tinkerbell!” strillò, irritata, uscendo dalla porta giusta per tornare al bar a prendersi lo strudel.

 
***

Ruthie s’incamminò lentamente sulla rocca battuta dal vento. Aveva chiesto qualche informazione in più al barista, mentre mangiava il suo strudel caldo. Lui aveva avuto la buona creanza di parlarle in inglese e le aveva spiegato che la famiglia Böhm possedeva quel castello da secoli, ma solo negli ultimi cinquant’anni erano tornati a viverci. La rocca era stata dichiarata patrimonio dell’umanità, recentemente, probabilmente avrebbero avuto delle rogne legali, abitando lì, ma a Ruthie quelle cose non importavano. Pareva che vivessero in tre in quel posto abnorme,  dei Böhm erano rimaste solo le due figlie, ormai adulte, i genitori erano morti anni prima, ormai anziani, e un vecchio domestico. La sorella minore non si vedeva da anni, il domestico  aveva spiegato che la ragazza soffriva di attacchi di panico e non voleva uscire di casa, quella maggiore ogni tanto si faceva vedere, vestiva elegante e portava grandi cappelli, ma per lo più se ne stavano chiuse nella rocca. A Ruthie suonava come una vecchia storia, sembrava tutto così losco, quasi una storia di fantasmi.
Avrebbe voluto chiedere qualche cosa, ma fu come se il barista le avesse letto nel pensiero perché si mise a dire “So cosa vi ha detto mia sorella, che sono loro a rapire le ragazze, sono tutte donne giovani” aggiunse, indicando il muro “ma sono state fatte parecchie indagini su questa storia, il caso è ancora aperto. Insomma, tutti sono stati interrogati e perquisiti, non hanno ritrovato i cadaveri…hanno setacciato tutta la zona, anche il castello…lo sappiamo tutti che sono loschi, ma credo che non ci sia davvero motivo di dubitare di loro…non possiedono nemmeno un’automobile con cui muoversi…”
Ruthie annuì, mentre il barista tirava su col naso “E’ una brutta storia” aveva potuto solo commentare, aveva già dovuto, in passato, parlare con qualcuno che si era trovato così vicino a una bestia, ma a certe cose non ci si abituava mai.
Ogni tanto si chiedeva come diamine le fosse venuto in mente di seguire Tinkerbell nel suo terribile lavoro di cacciatore di bestie. Una vita tranquilla e noiosa, fatta di solitudine e rancore non sarebbe stata meglio? E così pensando si trovava a risalire la collina, la strada era asfaltata, ma probabilmente nessuna auto saliva più lì da anni, l’asfalto era mal messo e tra le crepe cresceva l’erba.
Arrivò in cima col fiatone e si guardò intorno finché non trovò un citofono installato su un cancello nuovo, che stonava col vecchio palazzo. Chissà quanto spendevano per il riscaldamento.
Una voce roca la fece rinsavire e si ricordò che avrebbe dovuto parlare in tedesco “Bu-buongiono. Volevo parlare con la signorina Böhm…”
Diversamente dalle aspettative, data la pessima presentazione, in cancello automatico si aprì, lasciandola entrare. 

 
***

 
Tinkerbell si sedette al tavolo con due vecchietti che giocavano a scacchi. “Buongiorno” esclamò ancora, i due si voltarono a guardarlo di sbieco, per poi riportare gli occhi sulla scacchiera, ma Tinkerbell non si perse d’animo “E’ una bella giornata vero, cosa ne pensate di tutte queste persone scomparse” cominciò con un discorso del tutto privo di logica e tatto.
Dietro al bancone il barista asciugava bicchieri, c’era da chiedersi quanti ne avessero e, soprattutto, quanti ne usassero.
“Non ora, saremmo impegnati, ragazzino” borbottò uno dei due abbastanza irritato, e probabilmente lo sarebbe stato anche se Tinkerbell non avesse esordito parlando di cose macabre. Il ragazzo succhiò la cannuccia del succo alla pesca che aveva ordinato al bar prima di sedersi e afferrò il cavallo bianco sopravvissuto facendolo finire proprio su una casella che avrebbe incastrato il Re nero. “Scacco matto signori, immagino che ora non sarete più così impegnati!” esclamò gioioso e irritante allo stesso modo. I due vecchi si voltarono verso di lui, entrambi piuttosto scocciati e con le mandibole contratte “Sentiamo ragazzino” concesse quello che aveva ancora una folta chioma bianca, a differenza dell’altro, quasi calvo “Spero che faremo in fretta. Mi irrita anche la tua bevanda da donnina”
“Le chiedo scusa signor Müller” si scusò Tinkerbell con una canzonatoria riverenza, l’uomo non fece caso al fatto che lo stesse prendendo in giro, ma si irrigidì sentendosi chiamare per cognome.
“Lei e Ada vi somigliate. È suo nonno?” avrebbe dovuto direera, ma ebbe l’accortezza di non farlo. L’uomo  barbuto lo guardò con gli occhi stretti “Cosa cacchio vuoi da noi?” sputò, allontanandosi da lui, di poco, seppur rimanendo seduto dov’era. Tinkerbell non parve preoccupato e sorrise “Sono molto fisionomista”
In realtà l’aveva sentito chiamare così da un  tizio che aveva chiesto una brioche e per sua grande fortuna si era ricordato il nome di Ada Müller. In realtà i due non si somigliavano per nulla, ma il paese era piccolo, non potevano esserci troppe persone con lo stesso cognome.
I due uomini al tavolo lo squadrarono e a Tinkerbell ricordarono un po’ Buddy Gilmore e James Ford che lo guardavano male prima di ridere di lui e ficcargli la testa nel water. In quel caso, però, probabilmente nessuno sarebbe finito con una parte del corpo nel gabinetto.
“Prima di tutto, mi chiamo Tinkerbell, credo che non sia carino rompervi le scatole senza essermi presentato” cominciò lui, da grande oratore, mentre il vecchio senza i capelli, bisbigliava all’altro “Che nome effemminato”
“Lo so” ribatté Tinkerbell senza scomporsi e proseguendo “Io e la mia amica siamo venuti in questo paese per rilassarci, non mi fa sentire tranquillo vedere quel muro”
Il vecchio barbuto rimbalzò sulla sedia, grugnendo, e accennò a un sorriso di scherno “Allora non dovresti lasciare la piccoletta passeggiare da sola, mentre tu ti bevi dei succhini di pera” commentò un po’ acido.
“E’ pesca” puntualizzò Tinkerbell sbattendo le palpebre “E comunque Ruthie ha una revolver con sé” aggiunse, come se se lo fosse ricordato solo in quel momento.
“E allora!” esclamò il barbuto perdendo la pazienza, e ci mancò poco che non ribaltasse la scacchiera. Tinkerbell sorrise e alzò lo sguardo al cielo. Il vecchio senza capelli soffocò una risatina e l’amico batté il pugno sul tavolo “Non sono cose su cui scherzare” sbottò, e perfino il barista alzò gli occhi dal suo lavoro, cosa che accadeva di rado.
“Scusi” boccheggiò Tinkerbell abbassando lo sguardo e grattandosi il collo.
“Immagino che non sia mai successa una cosa del genere a qualcuno che conosci” sbottò, Tinkerbell lo guardò di nuovo, rimanendo serio “Dipende dai punti di vista, signor Müller”
Il signor Müller soffiò irritato guardando da un’altra parte, in realtà Tinkerbell si sentiva di essere stato sincero a rispondere in quel modo, non era la prima volta che si trovava davanti a una bestia del genere, ma di certo nessuno gli aveva mai ammazzato la nipote, o qualcuno di caro, ecco. Dopo anni che faceva quel lavoro quella parte rimaneva sempre piuttosto imbarazzante, per sua fortuna il vecchio barbuto aveva voglia di chiacchierare “E’ iniziato tutto due anni fa” cominciò, e il ragazzo smise anche di respirare per essere sicuro di non interromperlo “La prima fu proprio Ada, o almeno credo, la prima di cui si è parlato al telegiornale, almeno” Tinkerbell annuì, ma l’uomo non lo guardava, sembrava perso nei suoi pensieri.
“Ada era una brava ragazza, non capisco come si possa farle del male. Vero, Albwin?” chiese poi, un po’ malinconico. Il vecchio amico, che non si aspettava di essere interpellato in un momento così delicato, sobbalzò. “Sì, sì, certo” Tinkerbell fu sicuro che lo fosse, non avrebbe voluto fare altre domande, ma non era lì per consolare due vecchietti appassionati di scacchi “Quante persone saranno sparite da allora?”
L’uomo non sembrò troppo colpito dalla sua domanda e si mise a pensare “Direi…direi una cinquantina, in tutta la regione, il nostro paese è stato il più colpito però”
“Un serial killer davvero prolifico” aggiunse poi il vecchio Albwin, con un sorrisetto amaro, Müller lo guardò male, come a voler dire che magari la sua adorata nipote non era davvero morta.
Era assolutamente morta, per quanto ne sapesse Tinkerbell, e, solitamente, ci azzeccava.
“La ragazzina…” iniziò il ragazzo, per poi venire interrotto “Greta?”
“Lei. Dice che c’entrano qualche cosa le persone che abitano nel castello” disse poi lui, lasciando la frase senza una vera e propria conclusione e il vecchio fece un altro sorrisetto “Sono strani. Non piacciono nemmeno a me, ma, ad essere sinceri, non abbiamo…la polizia intendo, chiaramente, non hanno prove per dirlo, non è un crimine vivere in una vecchia rocca e sembrare un po’ strani, no?” disse con l’aria di uno che credeva proprio il contrario. Il vecchio amico sospirò, incrociando le braccia e appoggiandosi con la schiena allo schienale della sedia “Renette Groß era la loro domestica, è sparita da dentro al castello. Non trovi bizzarro che nessuno se ne sia accorto?”
“Ada è sparita dalla sua camera, pensi che l’abbia rapita io?” sbottò Müller, punto sul vivo. Albwin abbassò la testa, sentendosi in colpa. Tinkerbell fece lo stesso e Müller lo guardò, non aveva un’aria astiosa e sbuffò, come se toccasse a lui consolarli in quel momento “Davvero la ragazzina ha un revolver?” chiese poi, Tinkerbell annuì senza guardarlo. “E lo sa usare?”
Tinkerbell fece un sorrisetto divertito “Direi di sì”
 

***

 
Ruthie non poté fare a meno di pensare che il domestico della rocca fosse uscito da un libro, era elegante e barbuto, c’era da chiedersi perché non fosse ancora in pensione, ma dato che quello era un colloquio non le sembrò il caso di domandare. Era elegante e portava una barba folta e bianca, anche i capelli erano folti, nonostante l’età, Ruthie era convinta che dovesse essere vecchio.
Non si erano parlati granché, lei gli aveva presentato il suo curriculum scritto in tedesco, completamente falso, dove si diceva avesse lavorato per vari hotel, quando viveva in Connecticut, e poi si era complimentata per le lucine colorate sulla porta, non c’era nient’altro che desse segno che in Natale era in arrivo.
Il vecchio le aveva sorriso e le aveva detto che era contento che qualcuno venisse a chiedere lavoro lì, c’era davvero bisogno di una domestica, dato che in quel vecchio castello vivevano solo lui e le due signore. Purtroppo una delle due era molto introversa e usciva da camera sua molto raramente. Ovviamente non occupavano tutta la rocca, sarebbe stato uno spreco di riscaldamento, e poi chi la pagava la bolletta del gas? Ridacchiò e aggiunse che le signorine Böhm non erano ricche come si poteva pensare vedendo la loro residenza.
Il tutto venne recepito cercando di tradurre alla meglio il tedesco stretto del vecchio maggiordomo.
“Quindi lei si occupa di tutto?” chiese Ruthie, seguendolo a passo svelto per il corridoio dalle pareti scure. L’uomo si voltò verso di lei, per annuire e aggiunse “Avevamo una domestica… Renette, è stata una vittima del serial killer che agisce in queste zone. Immagino ne abbia sentito parlare, signorina”
Ruthie annuì. Il vecchio sospirò “Sono sparite tante ragazze negli ultimi due anni, ma Renette sparì dal nostro castello e tutti ci additarono come i colpevoli. Glielo sto dicendo, signorina, perché non voglio che lo venga a sapere da altri. Io e le signore non abbiamo nulla a che fare con questa storia, solo perché viviamo in una rocca isolata”
Ruthie annuì e si chiese se, effettivamente, fossero loro i colpevoli, sembrava abbastanza sincero nel suo dispiacere, alla fine che prove avevano per credere che fossero loro i colpevoli? Sospirò e incrociò la braccia, continuando a seguirlo, allo stesso tempo la preoccupava che Tinkerbell l’avesse mandata lì, non era tipo da fare cose a caso, forse, semplicemente, il domestico non ne sapeva niente.
L’uomo si voltò nuovamente verso di lei “Non fraintendermi, ma non ci interessa molto che tu sappia bene il tedesco, devi fare solo la domestica, per me è un sì, ma dobbiamo chiedere alla signora” sorrise ancora e si apprestò a farla entrare nel salotto dove la signorina Böhm prendeva il tea.
 

***

 
Greta stava spazzando le foglie nel cortile quando Tinkerbell le arrivò alle spalle, lei fece un urletto e per poco non inciampò cadendo per terra. Tinkerbell alzò le braccia in segno di resa “Scusami, non volevo spaventarti” disse, dispiaciuto e divertito allo stesso tempo.
Greta grugnì, era una ragazzina piuttosto seria. Portava un paio di jeans con ricamate delle farfalle e una bandana in testa che lasciava sfuggire solo qualche ciuffo di capelli scuri, come quella mattina.
“E’ per la sparizione di tua sorella che sei sempre così cupa?” chiese lui e Greta sobbalzò, boccheggiando “Su, non fare la stupita, il Bed & Breakfast cita Schneider come insegna, tu ci lavori, e sul muro delle persone scomparse spicca una certa Lutwine Schneider. Schneider non è mica un cognome così diffuso!”
Greta batté le palpebre qualche volta “A dire il vero sì, è tra i dieci più comuni in Germania”  lo corresse lei, serafica. Tinkerbell arrossì e aggiunse “Beh, non sarete mica in tanti in questo paesino, no?”
Greta scosse la testa “No, te lo concedo, Lutwine è mia sorella. E non è per lei che sono triste. Cioè…sì, ma sono sempre stato un tipo dispotico” aggiunse, ricominciando a spazzare, serenamente.
“Tra un po’ nevicherà”
“Credo di sì” e si fece silenzio di nuovo. Sperava che tirando fuori la questione Lutwine Schneider la ragazzina si sarebbe messa a parlare.
“Da quando va avanti questa storia?” lo sapeva già, ma non gli veniva in mente nessun modo per iniziare. Greta alzò le spalle “Due anni? Più o meno due anni. Non dovresti lasciare andare in giro la tua amica da sola”
Tinkerbell sbuffò “Non ti preoccupare per lei, ha un revolver. Non avrei ragione di preoccuparmi per me, invece?”
Greta alzò la testa dal suo lavoro e lo guardò, appoggiandosi alla scopa che stava usando. “No, il serial killer prende solo ragazze”
“E se mi mettessi una parrucca bionda?” fece lui, cercando di scherzare “Non saresti per nulla credibile” sentenziò Greta, con nessuna voglia di ridere, ricominciando a spazzare. Tikerbell s’accigliò “Non mi sottovalutare sai, quando avevo tredici anni mio padre se ne andò in Thailandia. Al momento è fidanzato con un uomo e si fa chiamare Joanna” fece lui. Fu il turno di Greta di accigliarsi “Non è vero!” sentenziò, non aveva voglia di farsi prendere in giro.
“Giuro!” fece lui, spalancando gli occhi e a Greta sembrò che lui la stesse prendendo ancora in giro, ma lasciò perdere e lui continuò “C’è un motivo per cui credi che siano loro, dico quelli che abitano alla rocca, i colpevoli? Mi hanno detto che sparì un sacco di altra gente”
Greta si strinse nelle spalle “Lutwine era in camera sua quando sparì, come Ada Müller e probabilmente molte altre ragazze. Non c’è un motivo, neanche il fatto che abitino in un castello, hanno setacciato il loro podere in lungo e in largo, dopo la sparizione di Renette, lo penso e basta” fece con un sospiro, per poi concludere “Se fossi in te mi preoccuperei davvero di non perdere d’occhio la tua amica piccoletta”

   
 
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