The
Seventh:Winter
· PART
5: Keepin’
·
Chapt 13: Born from
Silence.
I know how to search your mind and
find your secrets.
Natasha cerca di
muoversi ma ha braccia e gambe immobilizzate. Apre gli occhi per ritrovarseli
feriti da un'intensa luce bianca.
"Non
ti agitare." le suggerisce bruscamente in russo una voce profonda e Natasha ruota gli occhi per evitare il fascio diretto che
proviene dalla grossa lampada sopra al tavolo a cui è immobilizzata. Ci sono delle
figure, attorno a lei, le vede sfocate ma indovina camici bianchi e mascherine.
Una di loro si avvicina al suo
braccio con qualcosa in mano che Natasha non riesce a
mettere bene a fuoco. Quel qualcosa punge la pelle ed irrora liquido caldo
nelle sue vene.
Brucia, Natasha
trattiene un gemito. "Non ti
agitare." ripete di nuovo la voce di prima con un tono più duro.
Sente un rumore ronzante e continuo
dietro la sua testa, ed una ciocca di capelli rossi che le passa davanti al
viso le suggerisce che la stanno rasando a zero.
Improvvisamente la luce non le da
più fastidio, come se una patina appena più scura le fosse calata sugli occhi.
Una delle figure si china su di lei e allarga le palpebre con le dita
affermando che il riflesso pupillare si è bloccato:"Ottimo." A parlare è la stessa voce di prima. Il rumore
ronzante cessa, qualcuno si alza dietro di lei, ed intuisce che sia il
possessore della voce profonda. "La
numero 64 ci riserva sempre piacevoli sorprese."
"Il
suo cristallino ora è modificato: la sua velocità e capacità di adattamento
alla luce è aumentata del 175%." Spiega la figura che le ha
analizzato l'occhio. Segue un breve applauso dei presenti: "Se anche l'impianto craniale andrà a buon fine, direi che
potremmo addirittura darle un nome."
Ci sono mormorii di approvazione;
qualcuno nota che non è mai accaduto prima. L'uomo dalla voce profonda ritorna
a sedersi dietro alla sua testa e da ordini all'anestesista e al chirurgo di
procedere."Evitiamo di cantar
vittoria troppo presto."
Il buio è soffocante.
I polmoni reclamano ossigeno
disperatamente quando si alza a sedere si scatto, uscendo dall'acqua. L'aria
gelida le entra dolorosamente nella bocca spalancata e graffiandole la trachea
con minuscoli aghi.
Natasha si
stringe nella sua canotta bagnata, piccoli cristalli ghiacciati scivolano lungo
le spalle a solcarle le braccia nude e livide, i capelli corti ispidi e pungono
la nuca.
Trema visibilmente sotto un cielo di
stelle gelide e lontane, immersa nella tinozza di metallo al centro un cortile
innevato, screziato da segni di pneumatici pesanti e macchie di morchia.
Tutto attorno, il cemento armato ed
anonimo di costruzioni basse e regolari. Natasha fa
per alzarsi ed uscire dalla tinozza ma una delle finestre si illumina ed una
voce pesante le intima di non muoversi:"Sono
le ore 03 e 57, Elemento 64, il test finisce alle ore 5:00. Ritorna nella tua
posizione" potrebbe essere morta per quell'ora, ma per lei
l'obbedienza cieca è l'unica strada percorribile, così si piega sulle ginocchia
e torna a sedersi.
Segue con lo sguardo la ronda del
soldato sul tetto e pregusta il momento in cui avrà il permesso di correre e
riscaldarsi.
Il buio punge.
L'Uomo dalla Voce Profonda è in
piedi contro la finestra e le rivolge le spalle. Ha corti capelli talmente biondi
da sembrare bianchi e lei sa, anche se continua a darle la schiena, che ha una
stempiatura fortemente marcata e le sopracciglia talmente rade che rendono il
suo sguardo algido quasi folle.
L'ha chiamata con il nome che le è
stato concesso e questo per lei è fonte di soddisfazione: nessuna prima di lei
era arrivata ad essere qualcosa di diverso da un numero, e dubita che qualcuna
dopo di lei possa superare le stesse prove che le sono state imposte.
Per lo meno, non alla sua età. A proposito, qual è? Dieci, undici anni?
L'uomo si complimenta brevemente per
la missione appena svolta e le domanda che effetto le abbia fatto uccidere.
"Nessuno." Risponde,
sorprendendosi di quanto la sua voce possa suonare ovvia e dura allo stesso
momento. "Erano miei obbiettivi, andavano eliminati." L'uomo si volta
e lo sguardo la studia da capo a piedi. "Nella prossima missione non
sparerai da lontano. Probabilmente dovrai uccidere con le tue stesse mani, ma
questo dipende da te." Annuisce, la testa vaglia velocemente tutte le
tecniche che ha imparato, abbinandole alle eventualità di applicazione. Ad un
cenno dell'uomo prende il dossier appoggiato all'angolo della scrivania che li
separa e lo apre a studiare le note del suo prossimo obbiettivo.
"Ogni mese quest'uomo si ritira
per tre giorni nella sua tenuta sulle rive del lago Shartash,
presso Ekaterinburg, con la sua scorta armata di
quindici uomini. Al suo arrivo, una persona fidata gli fa trovare una ragazzina
- ogni volta una diversa - con cui lui passa il suo ritiro. Ma non è per i suoi
gusti e le sue abitudini per cui abbiamo necessità di eliminarlo. Abbiamo convinto il suo fornitore a non essere
più così fidato."
"Sarò io ad incontrarlo?"
"Affermativo. Con la difesa
posta alla tenuta, cercare di entrare dall'esterno impiegherebbe troppe
risorse. Una volta all'interno, però, potrai agire indisturbata: Fai in modo
che sembri un incidente e non lasciare che nessuno ne esca vivo. Una volta
terminato il tuo compito appicca fuoco alla casa ed allontanati nella foresta;
Provvederemo a nascondere un GPS nelle vicinanze con cui localizzarti per il
recupero."
Si è avvicinato senza quasi che lei
se ne sia accorta e quando sente la mano che passa tra i boccoli appena
ricresciuti la trova viscida e priva di calore. "L'ufficio del personale
ti istruirà su come prepararti. Dovrai tingerti i capelli, a lui piacciono
bionde."
"Sì, signore."
La mano scivola dalla nuca lungo la
spina dorsale: "Mi accollerò l'onere di una parte ancora mancante nel tuo
addestramento."
Il buio viene dall'interno e inghiotte
tutto troppo tardi.
La firma di Alexei
Shostakov è chiara e nitida, precisamente inserita
nella linea dritta dell'atto di matrimonio. E' indice di indiscutibile ordine
mentale, nessun dubbio o indecisione, ligio al dovere e preposto ad obbedire
agli ordini.
Non che questo gli sia
particolarmente ingrato.
Lei ha diciassette anni ed il
bisogno di una copertura per la sua nuova missione. Lui trentasei con una
promettente carriera militare e una promozione già in tasca, e nessun problema
a fornirgliela.
Shostakov le porge
la penna stilografica e lei appone la propria firma sotto alla sua.
L'impiegato borbotta qualcosa di
simile ad un complimento ed il modo in cui l'Uomo dalla Voce Profonda piega la
copia del documento e la infila nella valigetta assume i contorni di una
benedizione. "Domattina dovrai presentarti al Comando, ti verranno
impartite le istruzioni sulla tua copertura." dice solamente.
"Sì Signore."
Alexei la lascia
indifferente; a lui, invece, piace anche troppo. A letto è ingordo ed egoista
come tutti gli uomini, e come a tutti gli uomini non aveva regalato altro che
illusioni di brividi e gemiti simulati. Ma almeno aveva il buonsenso di non
lamentarsi del senso di dovere della moglie verso la RedRoom
e dell'utilizzo strumentale che faceva del suo corpo.
Pensava che li avrebbero fatti
divorziare dopo l'esito della missione, ed invece il comando ha intenzione di
mantenere quel matrimonio di comodo per future eventualità.
C'è una missione nata male e finita
peggio, con Natasha finita in mani nemiche che non le
risparmiano nulla pur di strapparle informazioni segrete. Ma l'Elemento 64 è forgiata nel gelo e nel
dolore, spezzarla è impossibile. Una volta liberatasi, però, il Comando la
richiama alla base della Red Room, dove tutto era
iniziato anni prima, e lei si ritrova sul tavolo della sala operatoria con il
ronzio del tosatore nelle orecchie.
Al suo risveglio Alexei
le spiega che il grosso taglio che ha nella nuca pelata è stato causato
dall'operazione urgente a cui è stata sottoposta per elimanere
l'ematoma del trauma cranico. Alla sua domanda su come sia successo, lui
risponde sicuro che era caduta dal palco durante le prove di Giselle e ha sbattuto violentemente la
testa. "Hai rischiato davvero grosso, tesoro"
aggiunge fingendo spudoratamente preoccupazione e rammarico, prima di lasciarla
sola in quella stanza d'ospedale piena di mazzi di fiori indirizzati a 'Natalia Romanova,
étoile del Bolshoi' e ricordi di passi sulle
punte e volteggi aggraziati, appalusi del pubblico e
rose sul legno del palcoscenico, a domandarsi perché il suo corpo sia cosparso
di lividi e ustioni e la mano destra fratturata in più punti.
La rendono nuovamente operativa in
una notte di Novembre, quando le ossa si sono rinsaldate e lei scalpita per
tornare a ricoprire il suo ruolo di ballerina.
Forse hanno pasticciato un po'
troppo con il suo impianto craniale, perché ai ricordi del Bolshoi
si accavallano quelli dell'addestramento e delle missioni e quando lei ci pensa
non riesce mai a scindere le due versioni.
Alza un piede appoggiandolo al piolo più alto della
spalliera della palestra e piega il busto sino a farlo aderire alla gamba. Addison, diciannove anni e soli tredici mesi
d'addestramento in attivo, si lascia sfuggire un 'Wow' ammirato. "Hai
studiato danza?"
Natasha risponde affermativamente: "Sono stata prima ballerina
al Bolshoi."
"Davvero? E sei riuscita a studiare danza e a diventare
un agente del tuo livello contemporaneamente? Accidenti, come hai fatto?" Addison è genuinamente curiosa e pone un quesito lecito che
Natasha non sa realmente spiegare
"Impegno." risponde solamente, dissimulando l'imbarazzo
dell'incertezza.
Si accorgere di essere incinta una
mattina di Gennaio. Che fosse di Alexei non c'erano
dubbi, quale sarebbe stato il suo destino invece un'incognita che suo marito
non azzarda: Si limita a stringersi le spalle e ad accompagnarla al comando:
"Pensavo fossi sterile" è il suo solo commento: "Anche io"
asserisce lei.
Gli scienziati della base hanno
decretato che il suo è un interessante fenomeno: i trattamenti migliorativi a
cui era stata sottoposta avrebbero dovuto renderla sterile, o quantomeno
impedire il proseguire di una gravidanza. Dopo un'accesa discussione a cui non
aveva partecipato, le comunicano la decisione di lasciare che la natura faccia
il suo corso: dato che quello è il primo caso conosciuto, studiarne gli effetti
è considerato utile.
Come ogni missione, Natasha accetta con un cenno del capo.
"Il programma di assicurazione sanitaria S.H.I.E.L.D. comprende anche la contraccezione. Se lei lo
desidera, posso impiantare il chip sottocutaneo a rilascio graduale. Ha una
durata di tre anni, è molto affidabile." La dottoressa compila le ultime
formalità circa la sua salute fisica inserendo i dati sul sistema interno
dell'Organizzazione. Lei è ancora piuttosto sorpresa da tutto questo interesse
che lo S.H.I.E.L.D. sembra mostrare verso la salute
dei propri agenti - è abituata ad essere responsabile del proprio corpo, finché
non ci sono evidenti ferite profonde da richiedere l'intervento di un medico -
"Ovviamente questo è facoltativo" aggiunge la dottoressa. "Ma è
prassi che io informi tutti gli agenti delle possibilità sanitarie che
l'organizzazione offre." Natasha apre la bocca
per riferire che non ne ha bisogno. Tuttavia, avverte una sensazione scomoda
dentro di sé che la convince ad accettare.
Un feto di venti settimane è così
piccolo che può essere contenuto nella scatola di latta dei biscotti di cui Alexei ne è ghiotto. In una mattina di primavera è
svegliata tra atroci dolori e si è trascinata in bagno. Ha partorito da sola ed
è rimasta sul pavimento insanguinato per ore: non sa bene cosa stia provando: è
un misto di rabbia e paura, gli occhi le pungono e lei non sa bene perché.
E' una bambina ed è leggera come un
foglio di carta appallottolato. Ha la pelle rossa e fragile ed i capillari
esposti, una leggera peluria e mani e piedi che sembrano miniature.
Ha gli occhi chiusi - sarebbero
stati azzurri? - e le sue labbra: Natasha neppure si
accorge che ne sta seguendo il contorno con la punta del mignolo. Avrebbe
almeno voluto sentirne il vagito, percepirne la vita prima che questa le
scivolasse via di dosso.
Invece erano giorni che non la
sentiva muoversi ed aveva evitato di avvisare il comando che ormai la natura
chimica del suo fisico aveva posto fine al problema.
Per una volta, aveva sentito il bisogno che il suo corpo servisse solo sé
stesso: il perché di questa decisione non sapeva spiegarselo.
Quando l'emorragia si arresta e
recupera le forze ripulisce tutto, si riveste e avvolge il corpicino in un
foulard bianco. Poi vuota la scatola di biscotti dal suo contenuto e vi adagia
delicatamente quel fagottino fragile, chiudendo delicatamente il tappo
ermetico.
Infine, guardando la bara
improvvisata di sua figlia, decide che deve almeno regalarle un nome, visto che
non era stata neppure in grado di poterle offrire un alito di vita. Si mette a
cercarlo tra brandelli di ricordi e le poche riviste che ha in casa, senza
risultato, così accende una vecchia radio transistor Vilnis,
uno dei suoi pochi contatti con il mondo esterno: le stazioni russe non
forniscono nessun suggerimento e solo dopo che aggancia un'emittente di Mosca
che passa anche musica straniera trova il nome giusto per la sua bambina.
Sussulta impercettibilmente nel sedile del passeggero, ma
che non passa inosservato a Coulson, alla guida, che
le rivolge un breve sguardo: "Tutto bene, Romanoff?"
"Sì, sì, certo.
E' solo che ho già sentito questa canzone, ma non ricordo dove. Che
cos'è?"
"E' Bette Midler!"
Risponde lui con voce ovvia. "Questa è The Rose, è tratta da un film
ispirato alla vita di Janis Joplin. La conosci,
vero?"
Ha un significato, ma Natasha non
riesce ad afferrarlo. Così scuote la testa ed alza le spalle, dedicandosi al NotePad che contiene tutte le informazioni sulla nuova
missione.
Aveva scavato la tomba di Rose
vicino ad un ruscello, tra le radici di un abete dalla resina profumata. Aveva
camminato per quasi un'ora con la scatola di latta tra le mani e la melodia in
testa, prima di arrivare al bosco fuori dal sobborgo ucraino in cui è
alloggiata e trovare un luogo che adatto a custodire quel segreto. E' tutto ciò
che può darle.
Al ritorno a casa, aveva infine
chiamato il comando e aveva mentito dicendo che il feto era uscito
completamente smembrato e lei se ne era disfatta. L'Uomo dalla Voce Profonda la
preleva poche ore dopo per condurla alla più vicina pista di decollo e
riportarla nella base della Red Room. Si stende sul
tavolo operatorio e la macchinetta torna a ronzare dietro la sua testa.
Nel buio, questa volta, trova quasi un senso di sollievo.
L'Uomo dalla Voce Profonda ha un
nome che finalmente le è nemico, ora che la Red Room
si è sciolta ed è stata smantellata. Alexei è rimasto
fedele al suo comandante e lei si è presa la briga di vincere l'indifferenza
nei suoi confronti e fargli saltare la testa con un paio di proiettili. Ma
l'Uomo dalla Voce Profonda si è nascosto bene, mandando al macello i suoi
sottoposti. Natasha neppure sa perché lo odia così
tanto da volerlo distruggere né da dove sia nato quel sentimento che sente suo
in ogni fibra.
Ora lavora per chi offre la cifra
più alta e non copre più le spalle di chi cerca di indottrinarle qualche
ideale. Con la morte di Alexei ha cessato di essere
l'Agente Shostakova o l'Elemento 64, ora è la Vedova
Nera e questo soprannome che si è guadagnata le piace molto. Spezza colli
per soldi e caccia Dreykov, l'Uomo dalla Voce
Profonda, per diletto, godendo nel saperlo fremente di paura per l'avvicinarsi
della sua vendetta.
Ha fiutato la pista sino a trovare
qualcosa di interessante. Per uccidere un albero occorre staccargli le radici,
ma per avvizzirlo ed annientarlo con sofferenza è meglio tagliargli i rami
verdi, quelli rigogliosi e giovani su cui fa affidamento per trarre nutrimento
e crescere.
La pozza di sangue sotto la bambina
si allarga sul marmo del pavimento bianco: Il proiettile le ha perforato la
schiena e le ha spaccato il cuore, probabilmente non si neppure resa conto di
essere stata colpita.
Natasha abbassa
la pistola con il silenziatore e si avvicina di qualche passo. Quanti anni deve
aver avuto? Dieci, undici?
Natasha si piega
su di lei, bocconi con il viso semicoperto dai lisci capelli scuri e gli occhi
azzurrissimi spalancati. Ne scosta una ciocca, l'attaccatura più chiara rivela
una tinta.
La bambina
era bionda, come suo padre.
Non le dispiace averla uccisa così
come non se ne compiace. Non prova nulla, neppure un briciolo di euforia o di
soddisfazione.
Un rivolo di sangue segue il bordo
del gradino sino all'orlo del ballatoio ed inizia a gocciolare dalla tromba
delle scale.
Meglio. Che Dreykov entri subito nell'incubo appena varcata la porta di
casa.
Quando si rialza e volta le spalle
per andarsene, però, sente gli occhi della bambina fissi su di lei.
L'incubo è
il suo, e non potrà mai uscirne.
Il buio è soffocante.
"Natasha, tutto ok?"
"Sì. Avevo voglia di sgranchirmi le gambe."
"Sventrando un sacco da boxe alle tre del
mattino?"
"Ti ho svegliata?"
"Vedi tu, pensavo di avere Rocky Balboa come vicino di
casa..."
"Domando scusa. Non sono abituata ad avere
coinquiline."
"Sei sicura di star bene? Hai una faccia..."
Ferma il sacco che dondola appeso al gancio sul soffitto e
si terge il sudore dalla fronte con il dorso della mano. "Sì, tutto ok.
Solo non riuscivo a dormire."
Incubi di urla e sangue. E una scatola di latta chiusa che
non sapeva cosa contenesse.
L'odore di carne bruciata le è
rimasto appiccicato alle fibre della tuta. Natasha se
la sfila e la getta a terra, poi la cosparge di benzina e ci da fuoco.
Doveva uccidere tre obbiettivi che
erano sfuggiti miracolosamente ad un precedente attentato del suo committente.
Il caso ha voluto fossero ricoverati nell'ospedale in cui lavoravano tre
neurochirurghi con nomi famigliari che associava al ronzio di una macchinetta
tosatrice.
Ha manomesso l'impianto di ossigeno
del comparto operatorio e scatenato l'esplosione.
Doveva uccidere tre persone per
compenso e tre per suo desiderio: alla fine ne ha spedite all'altro mondo
trentasei in un colpo solo, senza distinzione di sesso o età.
Sono torce umane quelle che la inseguono. La circondano e la
bloccano tra le fiamme, la spingono a terra e la soffocano con l'odore acre e
il fumo. La pelle di Natasha si scioglie come cera e
ricopre la scatola di latta su cui cade.
Il buio brucia.
San Paolo è stata una trappola da
cui la Vedova Nera è sfuggita per un soffio. Riesce a confondersi tra la folla
che assiste alla partita della nazionale brasiliana da un maxischermo in Praça
de Luz. La mitragliatrice nemica la reputa troppo
importante per lasciarsela scappare e falcia una fila di spettatori pur di
colpirla: è il caos.
Natasha individua
i suoi inseguitori e preme il grilletto. Uno di loro cade a terra, l'altro
spara ma la schiva, colpendo però un uomo che aveva la sventura di esserle
passato vicino in un tentativo di fuga.
E' braccata e fuggire sembra ormai
impossibile. Decide che aumentare il caos e il panico tra la folla per
confondere meglio gli inseguitori.
Sfila due granate dalla cintura, ne
toglie la sicura con i denti e le lancia alle spalle.
Aveva sentito menzionare il sole del Brasile, ma lei aveva
vissuto San Paolo solo di notte, ed ora il cielo è coperto da una cortina
grigia che proviene dal fumo che esce dalle vetrine sventrate.
Rivoli di sangue screziano la piazza. Tra resti umani e
corpi senza vita, Natasha trova una scatola di latta.
Il buio è lacerante.
"Conosci questo posto?" Le
ha domandato Clint vedendola guardarsi attorno con aria pensierosa. Sono nella
periferia di Charkiv, ad ispezionare sotto copertura
l'interporto degli armamenti di cui la città è la prima produttrice dell'Est
Europeo. Natasha fissa la strada, dritta tra le
recenti costruzioni di cemento armato, scuotendo piano la testa: "Questa
zona è stata costruita solo quattro anni fa, è impossibile che l'abbia visitata
prima." "Ha ragione" gli fa eco il collaborazionista ucraino che
ha fornito la copertura. "E prima c'era un bosco, nulla di interessante.
Fino all'anno scorso era rimasto aperto il ruscello là a destra, ma poi l'hanno
incanalato in una copertura di cemento. E' un'ottima via di fuga se..." Il
collaborazionista seguita a parlare, e Natasha si
libera dalla sensazione di angosciante familiarità che le suggerisce quel posto
per concentrarsi sulla missione.
È nell'appartamento ucraino, spoglio
da qualsiasi mobilio, con i vetri delle finestre talmente sporchi da far
penetrare solo una tenue luce grigia che disegna ombre sui muri macchiati e
incrostati di sudiciume.
Non c'è nessuna traccia del
passaggio di qualcuno nella polvere che ricopre uniformemente il pavimento, ma
piccole gocce di sangue fresco attraversano in linea retta il corridoio sino
alla stanza dalla parte opposta.
Il bagno.
Natasha percorre
il corridoio lentamente, il legno che scricchiola sotto i passi incerti.
Si ferma sulla soglia della stanza:
a pochi passi, appoggiata sul pavimento, c'è la vecchia Vilnis
nera e argento. Quando Natasha la riconosce questa
cade all'indietro sul dorso e si accende nel basso ronzio della ricerca di
segnale.
Natasha alza lo
sguardo e il cuore le manca di un battito, mentre la radio trova un'emittente
su cui sintonizzarsi e la musica riempie la stanza attraverso il segnale
disturbato.
It's the one who won't be taken
Who cannot seem to give
And the soul afraid of dyin'
That never learns to live
Nell'angolo più lontano,
rannicchiata tra le piastrelle annerite dall'incuria, c'è una bambina nuda. La
pelle bianca è sporca di sangue rappreso, nerofumo e sudiciume, mentre la
testa, china tra le ginocchia che si stringe al petto, mostra solo una rossa
peluria di rasatura e la cucitura gonfia di un taglio sulla nuca.
Quando sente Natasha
entrare alza gli occhi gelidi cerchiati da occhiaie nere e dopo un lungo
sguardo assente si alza in piedi. C'è del sangue che scivola tra le gambe
livide, ed è quello che macchia il pavimento di piccole gocce scarlatte e fa
stringere lo stomaco di Natasha in una morsa atroce.
Tra le mani sudice di terra tiene la
scatola di latta. E' arrugginita e ammaccata, i caratteri in cirillico della marca
quasi cancellati.
When the night has been too lonely
And the road has been too long
And you think that love is only
For the lucky and the strong
Era tutto,
ed era nascosto dentro di lei. Anni di manipolazioni cerebrali avevano confuso
ricordi veri ed imposti. Avevano creato un mostro e l'avevano addestrato a
mordere e sbranare a comando; lei lo aveva liberato e quando aveva esaurito la
sete di sangue ne aveva addomesticato la ferocia per servire uno scopo dettato
dalla sua volontà.
Eppure
tutto quello che aveva vissuto era rimasto occultato nella sua mente. Ora che
la porta era stata spalancata si trovava davanti ad un bivio: lasciarsi
distruggere dalla consapevolezza di ciò che le era stato tolto e le era stato
fatto, o accettare tutto il fardello e perseverare nell'intento di costruirsi
una vita secondo le proprie regole.
Dopo un istante di esitazione, con
gli occhi che pizzicano e le gambe che tremano, Natasha
avanza verso la bambina che la guarda con occhi meno gelidi e più limpidi.
C'è un barlume di speranza sul suo
volto sporco, quando Natasha tende le mani verso di
lei: "Accetto. Tutto."
Just remember, in the winter
Far beneath the bitter snows
Lies the seed, that with the sun's love
In the spring, becomes the Rose
Le labbra secche e spaccate della
bambina si stendono in un debole sorriso. Porge la scatola di latta e
l'appoggia sui suoi palmi apparentemente puliti.
Natasha guarda la
bambina un'ultima volta e le sorride. Poi apre il coperchio della scatola e
tutto viene avvolto da una luce bianca.
Ed eccoci arrivati al ‘Capitolo che
non C’entra una Mazza’ con la storyline. Perché l’ho
scritto? Perché era da un po’ che avevo in mente un breve scorcio sulla vita di
Natasha. Non dev’essere
stata piacevole e non dev’essere stata rose e fiori,
anzi.
Per scrivere questo capitolo ho
studiato anche la miniserie fumetto Vedova Nera. Consiglio, assolutamente. Rose
viene da lì, anche se ho adattato la storia secondo le mie condizioni.
Shostakov
è, secondo il canon dei fumetti, il suo primo marito
(Ovvero il Guardiano Rosso), mentre le altre tre vicende (figlia di Dreykov, Incendio all’Ospedale e San Paolo) sono quelle che
Loki le ricorda simpaticamente durante la sua
prigionia nell’Helicarrier.
Insomma, so che questo capitolo è
una piaga, ma a Nat lo dovevo (Scusa, Nat) e ci tenevo tanto a scriverlo, per quanto difficile
sia stato farlo.
Come sempre, vi invito a farmi
sapere i vostri pareri, i vostri commenti o le vostre critiche. Per eventuali
domande: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos
e vi lascio anche il mio tumblr: (http://evilcassy.tumblr.com/)
Grazie, Grazie, come sempre per
esservi fermate un attimo a leggere anche questo capitolo!
Alla prossima, vostra
EC
PS: citazione iniziale da Inception e titolo tratto da ‘Death Boy Poem’
dei Nightwish