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Autore: Alkimia    15/05/2013    4 recensioni
[CONCLUSA]
«Stanotte ho sacrificato la verità e la mia anima per il tuo futuro, Loki. E ti giuro che farò tutto quanto è in mio potere perché questo futuro sia il più radioso che un individuo possa ottenere».
Il bambino fece uno sbadiglio e chiuse più volte gli occhi, come se volesse dormire. Lei gli posò un bacio sulla fronte liscia e pallida poi se ne andò.

Ogni storia ha un “prima”. Prima del male, prima della caduta, prima della sconfitta c'erano i due figli di Odino e la loro precettrice.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5° Episodio

“Quello che non ho è di farla franca,
quello che non ho è quel che non mi manca.
Quello che non ho sono le tue parole
per guadagnarmi il cielo, per conquistarmi il sole”


I giorni si erano susseguiti nella parvenza di una normalità forzata.

Per timore di turbare la suscettibilità dei sovrani, nessuno faceva mai menzione dell'accaduto ma tutti ormai sapevano che c'era un prigioniero nelle segrete del palazzo e che questo prigioniero era Loki, il secondogenito di Odino, miracolosamente tornato dalla morte.
Il nome del dio degli inganni non veniva mai pronunciato, il suo stesso ricordo sembrava essere ammantato di una paura superstiziosa, come fosse un fantasma che se invocato avrebbe attirato sciagura su tutta Asgard.
Malgrado non fosse mai stata divulgata la verità sulla distruzione del Bifrost e sull'incidente a cui era seguita la scomparsa di Loki, la corte degli Æsir sapeva che non c'era da aspettarsi nulla di buono da lui e dal suo ritrovamento – altrimenti perché Odino, invece di rinchiuderlo in una cella, non lo aveva accolto a braccia aperte e non aveva dato una festa per celebrare il suo ritorno? Cos'era accaduto a Loki nel lungo periodo in cui lo avevano creduto morto?
Anche Snotra si era imposta di continuare normalmente con la sua vita di sempre. Teneva in ordine la biblioteca, aiutava i membri della corte nelle loro ricerche e i più giovani nei loro studi, presenziava ai consigli di corte e a tutti gli eventi ufficiali. Fingeva che non fosse accaduto nulla, fingeva di aver dimenticato il volto di Loki per metà coperto da quel bavaglio metallico, i suoi capelli scuri cresciuti in disordine, i lividi e i tagli sul suo viso. Fingeva di essere come gli altri, di non avere a cuore la sorte del principe tornato dalla morte.
Ma di notte, nel silenzio e nel buio della propria stanza, le sembrava di sentire il respiro di Loki fare eco nella cella vuota, i colpi sordi delle sue mani che battevano contro le pareti spoglie, le sembrava di vedere i suoi occhi troppo azzurri scrutare febbrili l'unica apertura alla ricerca di uno spiraglio di luna.
Era certa che Loki non facesse nulla di tutto ciò, che neppure se lo avessero torturato fino all'anima avrebbe mai ceduto alla disperazione... Loki aveva già ceduto alla disperazione, in che altro modo potevano altrimenti spiegarsi le sue azioni? Semplicemente non avrebbe dato a nessuno la soddisfazione di vedere la sua pena. Loki era capace di soffrire in silenzio, come un fiore reciso, abile a morire petalo dopo petalo senza emettere il minimo suono.
Snotra sapeva che i respiri spezzati e i gemiti e i pugni contro le pareti erano solo spiragli dei suoi incubi ad occhi aperti, così come sapeva che se avesse preso sonno quegli incubi sarebbero diventati ancora più mostruosi, popolati da colombe morte e feste da ballo senza allegria, e ombre, ombre altissime, e lame di ghiaccio e neve così fitta da far mancare il fiato.
Notte dopo notte, la donna era diventata sempre meno capace di distinguere gli incubi dalla realtà.
Doveva essere trascorsa una settimana dal ritorno di Loki quando quella notte priva di stelle Snotra si alzò dal letto, con il cuore che le pulsava dolorosamente facendole sentire il sangue rombarle nelle orecchie.
Era davvero come un incubo troppo intrecciato alla realtà, le sue percezioni erano distorte, il buio sembrava far stringere le pareti attorno a lei, e nel buio la donna si mosse, come una sonnambula, perfettamente consapevole della direzione che stava percorrendo, anche se non poteva vederla.
Attraversò la sua stanza da letto e l'anticamera, i piedi nudi che non facevano alcun rumore sul pavimento dorato e freddo, uscì nel corridoio e intravide scorci della città addormentata tra le tende smosse dalla brezza notturna.
Faceva freddo lungo quelle scale e lei sentì il crespo della pelle d'oca sulle braccia lasciate nude dalla veste da camera.
«Lady Snotra?...». La guardia all'ingresso del corridoio delle celle la fissò con un misto di perplessità e imbarazzo.
Quasi certamente sembrava una folle in preda al delirio in quel momento.
«Devo vedere il prigioniero» asserì. Doveva, davvero, non era un desiderio nato da un capriccio, era una vera e propria necessità.
«Non ho ricevuto ordini al riguardo» replicò la guardia. «E voi... vi sentite bene?».
La scosse il capo in uno scatto stizzito. «Hai forse ricevuto ordini che vietano espressamente che io lo veda?» esclamò, ignorando la domanda sul suo – evidentemente precario – stato di salute.
«Io non... no, non ho...» la guardia cominciò a farfugliare sempre più in imbarazzo. «Forse dovrei... attendere il parere del Padre degli dei».
Snotra annuì. «Certo, va' pure a svegliarlo, io attendo qui».
La guardia strinse nervosamente le mani attorno alla lancia, forse chiedendosi fin dove potesse spingersi per fermarla e pensando che nessuna minaccia sarebbe stata credibile.
Alla fine si fece da parte per lasciarla passare.
«Se accade qualcosa, la responsabilità è solo vostra» borbottò alle sue spalle.
«Non sai quanto è vero» rispose lei.
Il buio del corridoio sembrava un'enorme ragnatela e Snotra aveva l'impressione di rimanervi sempre più impigliata passo dopo passo.
Dalla cella di Loki non giungeva alcun rumore. Neppure il suo regolare del respiro durante il sonno.
Loki era come lei, non era uno a cui piacesse dormire, che apprezzasse l'immobilità e il riposo.  
La luce della luna combatteva faticosamente una battaglia persa in partenza contro tutta quella oscurità, riducendosi a una sottile striscia argentea sospesa dalla piccola finestra a un punto imprecisato del pavimento.
Loki era una sagoma nera, seduta diritta come un fuso su una sedia nell'angolo.
«Il sonno dei giusti non arriva al tuo letto, Snotra?». Loki era una voce irridente e un po' arrochita che sembrava emanare dal buio stesso.
«Nemmeno al tuo, a quanto vedo».
La donna sfiorò la spessa grata, ma le sbarre non si dissolsero per lasciarla passare e si trovò a tastare la loro solida consistenza, il metallo freddo e un po' ruvido impossibile da smuovere.
Si chinò per mettersi a sedere a terra, con le spalle poggiate contro il muro nel quale affondava il ferro della grata e il capo chinato su una sbarra orizzontale.
«Che ci fai qui?» chiese Loki con voce atona.
«Ho supposto che non ci fosse nessun altro sveglio con cui parlare».
Attimo di silenzio. Al buio i silenzi sono più fitti, più definitivi.
Dopo qualche istante Snotra sentì il respiro di Loki contro la sua tempia. Si era avvicinato alla grata e si era chinato accanto a lei senza emettere il minimo rumore. La voce del principe caduto a un palmo dal suo orecchio la fece sussultare.
«Una volta mi dicesti che non sarebbe mai cambiato niente» sibilò Loki nell'oscurità. Era a pochi centimetri da lei, ma la donna non poteva vederlo. «Non sentirti in dovere di perpetuare anche quest'altra menzogna».
Snotra si scostò dalla grata con il fiato corto per lo spavento di quella vicinanza improvvisa.
«Non muovere accuse che non merito, Loki» protestò, indignata. «Se pensi che ferirmi sia un modo come un altro di vendicarti, puoi anche smettere, sono già ferita abbastanza. Lo siamo tutti».
«Mi sarà di grande consolazione quando Odino mi farà tagliare la testa» sputò lui con astio.
Avrebbe voluto dirgli che il re non avrebbe mai fatto nulla del genere, ma di colpo non ne fu così sicura. Di certo i crimini di cui il dio dell'inganno si era macchiato non sarebbero rimasti impuniti.
«Cosa ti è accaduto?» chiese semplicemente.
«Thor non te lo ha raccontato? O forse ti riferisci a tutte quelle cose che hai finto di non vedere in tutti gli anni in cui mi hai fatto da maestra, in cui mi hai mentito?»
«Mi riferisco a quello che è successo dopo che sei caduto dal Bifrost».
La risata di Loki fu un rantolo febbrile e acuto, tanto che Snotra fu grata che l'oscurità le impedisse di vederlo in viso in quel momento.
«Non risponderti e lasciarti alla tua curiosità: questa sì che sarebbe una vendetta!» esclamò il dio, tra le risate.
Snotra serrò le palpebre, imponendosi di restare ferma dov'era, come davanti a un animale che ringhia e che ti inseguirebbe se tu provassi a scappare.
La risata scemò nel silenzio e dopo qualche istante, la donna sentì il rumore di Loki che si spostava, mettendosi seduto proprio accanto a lei, nella medesima posizione, come se fosse il suo riflesso contorto su uno specchio invisibile. Ora c'era solo la grata a separarli e nello spazio tra le sbarre le loro mani poggiate sul pavimento si sfioravano. Erano entrambe gelate.
Nel buio freddo di un infinito incubo a occhi aperti, Loki cominciò a raccontare.
Le parlò del vuoto in cui era precipitato, della consistenza di quel vuoto che ti entra dentro mentre lotti per respirare e ti fa sentire sul punto di implodere. Le raccontò di essere precipitato all'infinito, i muscoli tesi aspettando il dolore dell'impatto che non arrivava mai.
Alla fine era giunto nella più buia desolazione della galassia e lì aveva incontrato qualcuno che lo aveva accolto, accolto per scelta e non per insulsi secondi fini diplomatici – o almeno, Loki sembrava assolutamente convinto di ciò, sembrava aver assoluto bisogno di esserne convinto.
«Si chiama Thanos. Mi ha fatto da maestro. È stato un grande maestro» disse il dio, poi si interruppe, la sua voce esitò un istante. «Certo, non come te» concesse infine.
Poi parlò delle molte cose che Thanos gli aveva mostrato, mondi, stelle, soli... fino a quando i suoi sogni non erano diventati così grandi da togliergli il sonno e invadere ogni anfratto della sua anima, fino a quando nella sua mente non era rimasto più nient'altro se non un'accecante luce azzurra.
«Il Tesseract, ce ne parlasti una volta... la gemma più preziosa della corona di Asgard, nascosta su Midgard perché era troppo potente e il suo potere era così sconfinato da poter corrompere anche il cuore indomito del più potente degli dei».
Loki picchiettò le dita contro il pavimento e sospirò. Doveva essere stata una liberazione per lui poter raccontare ciò che gli era accaduto. Raccontarlo e basta, non gli serviva altro, non voleva alcuna assoluzione.
«Ciò che è seguito te lo avrà raccontato Thor» concluse. «Midgard e quei fenomeni da baraccone dei suoi paladini...».
Snotra tacque mentre cercava di assimilare il racconto del principe caduto. Era stato Thanos di Titano a insegnargli l'odio? Avrebbe voluto chiederglielo, era certa che quando si erano verificati i fatti tremendi che avevano portato alla distruzione del Bifrost, l'anima di Loki non fosse corrotta sino a quel segno.
«Hai scelto Midgard solo perché era lì che si trovava il Tessercat?» domandò invece.
«Oh, adesso vuoi che ti parli di Thor»
«Tu lo amavi, Loki. Lo hai sempre amato... posso essermi sbagliata su molte cose, ma non su questa»
«Se lo dici tu...».
Snotra si aggrappò alla grata, stringendo i pugni attorno alle sbarre così forte che si tagliò un palmo contro un'imperfezione del metallo.
«Non riuscirai a ingannarmi su questo, Loki! Anche quando hai complottato contro di lui, non hai mai davvero attentato alla sua vita»
«No, infatti. Non ho mai voluto ucciderlo, non voglio la sua morte ma la sua distruzione. Le due cose non devono necessariamente coincidere».
La ferma convinzione e la calma con cui il dio aveva pronunciato quell'affermazione fece sentire Snotra come se tutto il sangue le fosse fuggito via dal cuore. Si staccò dalla grata e si lasciò cadere sul pavimento, sentendosi debole, svuotata.
«E quella volta... quella volta su Nornheim?» domandò con un filo di voce e le parole che si spezzavano in singhiozzi privi di lacrime.
«Oh, quella volta, la nebbia, giusto» cantilenò Loki, divertito. «Decidi tu cosa pensare di quell'episodio, io ho risposto già a troppe domande queste notte».

***

Alla fine era successo. Una volta, due, tante... troppe per un cuore solo.
I figli di Odino erano partiti a combattere le battaglie per la gloria di Asgard e per la giustizia dei Nove Regni.
Alla fine, i figli di Odino erano diventati uomini.
Snotra non aveva potuto fare altro che rivolgergli parole incoraggianti prima di ogni partenza, vederli stemperare la tensione scambiandosi battute sarcastiche sulla forma dei loro elmi o sul colore dei mantelli, come se fossero ancora ragazzi con niente di gravoso di cui preoccuparsi.
Lo spazio per lei nelle giornate dei due principi era sempre più esiguo e mentre loro erano via, restava semplicemente alle spalle della regina, condividendo con Frigga l'attesa sempre troppo lunga del loro ritorno.
In questo, pensava, non era dissimile da tutte le altre donne della Patria Eterna che imparavano a dare un nome alle stelle, notte dopo notte, aspettando di veder comparire il bagliore del Bifrost che annunciava il rientro delle truppe.
Snotra aveva studiato le stelle di ogni cielo, non aveva nomi da inventare per loro.
«A cosa pensi?». La voce di Frigga suonò gentile, come sempre.
Erano sedute attorno a un tavolo rotondo, su una terrazza. Ancelle solerti servivano vino aromatico in piccole coppe di bronzo.
Penso che la campagna di Nornheim stia durando troppo a lungo.
«Al nuovo catalogo della biblioteca che sto tentando di redigere» rispose Snotra, riscuotendosi.
Non era sua abitudine mentire alla sovrana, ma non voleva turbarla né cominciare alcuna discussione penosa.
Ma era vero, la campagna di Nornheim stava durando anche troppo, più del solito. Un re tiranno e malvoluto non voleva saperne di deporre la corona, malgrado gli ordini di Odino, e l'esercito di Asgard era dovuto intervenire per liberare il popolo dalla morsa di quel sovrano iniquo.
Thor e Loki erano partiti, assieme a Lady Sif e i Tre Guerrieri e a un grande contingente di soldati valorosi.
Le stelle avevano lasciato il posto a molte albe e molti tramonti si erano inanellati sul filo del tempo, ma di loro non giungevano ancora notizie.
«Ai tempi delle grandi guerre combattute dal Padre degli dei, il saggio di palazzo seguiva l'esercito per redigere la cronaca delle battaglie in modo da mantenere vivo il ricordo delle nostre vittorie» commentò Frigga, rigirandosi la coppa di vino tra le mani senza vuotarla.
Snotra accennò un sorriso triste. «Poi il tempo ha insegnato che le guerre non sono atti da celebrare, in nessun caso» replicò.
Il tempo era passato e le cose erano cambiate. Asgard era progredita: nella sua eterna immobilità, quel mondo era andato avanti. Il rincorrersi folle delle stagioni aveva trasformato gli dei in leggende, le leggende in echi lontanissimi, sussurrati a stento in mezzo al continuo respiro elettrico dell'universo, quasi lavati via dalla memoria degli umani che un tempo li avevano temuti e venerati. Le grandi guerre appartenevano al passato, come le grandi minacce e i grandi pericoli. Quelli che un tempo erano atti eroici e grandiosi ora erano favole e la pace e l'equilibrio erano diventati i nuovi valori da difendere.
Il tempo dei mostri era finito.
Ogni battaglia combattuta, ogni goccia di sangue versata, ogni lacrima era, agli occhi di Odino, una sconfitta. Ma in tutti i Nove Regni sempre ci sarebbe stato bisogno del male per stabilire l'equilibrio, un equilibrio precario che si stava ancora delineando nel drappeggio di luci e ombre dell'infinito nascere e morire delle stelle. A chi sarebbe toccato il compito di regolare con il male l'asse della bilancia? Chi era destinato, in futuro, ad aprire di nuovo la porta ai mostri? Solo le Norne forse conoscevano la risposta, e le tre streghe erano gelose del loro sapere.
«Tu ami i miei figli quanto me». Frigga parlò ancora, mentre un soffio di vento faceva frusciare la stoffa delle tende e il tessuto damascato della tovaglia. «Immagino sia giusto che tu sappia...».
Snotra guardò per un attimo il proprio riflesso cupo e sbiadito nel cerchio del bicchiere. Doveva essere davvero cupa e sbiadita quanto la sua immagine sulla superficie del vino, altrettanto facile da far dissolvere.   
Il pizzicare di agitazione e curiosità le fece contrarre il cuore nel petto.
«Sapere cosa, mia regina?».
Frigga si alzò dalla sedia con un unico movimento fluido ed elegante. C'era qualcosa nel portamento della regina, nei suoi gesti precisi e compiti, che ricordava Loki. Forse, alla fine di tutto, non era così estraneo a quel mondo come gli eventi suggerivano. Lui e Thor erano impegnati nelle stesse guerre, fianco a fianco, come fratelli.
Snotra pensò che queste sono cose che non si possono cancellare, né possono ritenersi soggette all'interpretazione o al caso.
O forse lei vedeva solo ciò che voleva vedere. Era un dubbio che l'aveva tormentata tutta la vita, ma non era quello il momento di pensarci.
Frigga si allontanò verso la balaustra di muratura e scrutò il cielo immobile per qualche istante.
«Odino ha scelto colui che sarà il suo successore» annunciò.
Snotra ebbe un tremito; aveva ancora la coppa tra le mani e il vino dondolò nel recipiente facendo accartocciare il suo riflesso.
«Ma non ha voluto condividere la sua scelta neppure con me. Tu cosa pensi?».
Snotra sentì un gran bisogno di bere d'un fiato il vino che aveva nel bicchiere e vuotarne un altro e un altro ancora, ma non lo fece.
«Penso che Thor e Loki siano entrambi, per motivi diversi, ancora inadatti a diventare re» ammise. Le sue stesse parole le suonarono come uno schiaffo in pieno viso. «Tuttavia, il Padre degli dei e saggio ed è ancora con noi per guidare il futuro sovrano di Asgard» aggiunse con un accenno di sorriso.
Frigga annuì, la fronte corrugata dai pensieri le si distese.
«Immagino sia tardi persino per noi» disse poco dopo, ostentando una certa tranquillità.
Snotra si alzò, obbediente, lisciandosi la stoffa dell'abito. Non sapeva quanto tardi fosse, ma era certa che non avrebbe chiuso occhio quella notte.
Odino aveva scelto il suo erede. Perché? Come mai così presto?
C'è sempre un disegno, in ogni decisione che il Padre degli dei prende, tentò di ricordarsi. Ma ora quel disegno le appariva solo un insieme di linee contorte. Che fosse tutto deciso per mettere alla prova i due principi? O, più semplicemente, forse in cuor suo, il re di Asgard aveva sempre saputo a quale dei suoi figli avrebbe lasciato il regno.
Snotra camminava verso le sue stanze, tormentandosi l'orlo delle maniche a losanga, pensando alle reazioni che sarebbero seguite all'annuncio della decisione di Odino. Pensando alle reazioni dei due principi, soprattutto, di quello scelto per salire al trono e di quello destinato a rimanere per sempre in disparte. Come aveva detto a Frigga, nessuno dei due era pronto, né per salire al trono né per sopportare di rinunciarvi.
«Lady Snotra!» la voce trafelata di una guardia spezzò il silenzio quieto della notte. «Il Bifrost si è attivato, stanno tornando!».
La donna prese un lungo respiro e non poté fare a meno di sorridere mentre si voltava a guardare il messaggero. «Un meraviglioso tempismo!» esclamò.

Il lampo di luce trafisse il cielo di Asgard, cadendo perpendicolare sull'orizzonte al limitare della città. Fu come un'alba improvvisa che destò l'intera capitale.
Non c'era più posto per il sonno, il mattino sarebbe stato atteso a suon di canzoni.
Snotra scese le scale, saltando i gradini due a due, rischiando di inciampare nei diversi strati di gonne e sottovesti, ma quasi ridendo ogni volta che era sul punto di perdere l'equilibrio.
Nella sala d'ingresso del palazzo vide le guardie schierate per accogliere i principi tornati dalla battaglia e i loro valorosi compagni. Si aspettava di scorgere un corteo di soldati, con Thor e Loki in testa, ma mentre si avvicinava alle grandi porte spalancate si accorse quasi subito che qualcosa non andava.
Non giungevano grida di esultanza dal gruppo di soldati che avevano appena varcato la soglia. Né la voce di Thor né quella di Loki si era alzata al di sopra del silenzio della sala, un silenzio che ora sembrava gelido e carico di preoccupazione.
Snotra si avvicinò a grandi passi. La visuale di ciò che stava accadendo dinnanzi all'ingresso le era preclusa dalle file di guardie schierate.
Quando fu abbastanza vicina fece appena in tempo a udire la voce di Odino lanciare un ordine con tono palesemente turbato. «Portatelo nella Camera della Guarigione, ORA!».
Il cuore di Snotra sembrò arrestarsi, come trafitto da una freccia che aveva viaggiato sul campo di battaglia, oltre il Bifrost, nella scia delle truppe che erano tornate.
Chi era stato ferito così gravemente da dover essere condotto con tanta fretta nella Camera della Guarigione? Uno dei due principi, di certo, a giudicare dalla reazione del re.
Una voce, un respiro venefico e maligno si fece strada nei suoi pensieri.
Quale dei due preferiresti sapere in salvo? Domandò la voce, impietosa, irridente. Il figlio di Odino dal cuore puro o il tuo allievo prediletto con l'anima piena di ombre che fingi di non vedere? Se dovessi scegliere la vita di uno solo, chi sceglieresti?
Quei pensieri erano privi di logica, inopportuni e decisamente non le appartenevano. Forse era colpa del vino che aveva bevuto poco prima, forse era l'agitazione a renderla così poco lucida. E poi, lei le conosceva le ombre dell'anima di Loki, le conosceva bene...
Chi sceglieresti, dall'alto della tua insensata saggezza?
Snotra scosse il capo stizzita per mandare via quella voce e si fece largo tra le guardie allineate davanti alla porta, spingendole via bruscamente.
«Loki!» esclamò. Quel nome sembrò accartocciarsi alle sue orecchie, come una pergamena gettata nel fuoco.
Loki era in piedi sotto la grande arcata del portone principale, un braccio stretto attorno alle spalle della regina, il volto pallido atteggiato in un'espressione contrita sotto l'elmo con le sporgenze appuntite. Sulla stoffa verde che spuntava dalle placche dell'armatura c'erano macchie scure di sangue rappreso, sangue non suo.
Il principe si voltò verso di lei, gli occhi chiari velati, si staccò delicatamente dalla regina tese le braccia verso la sua maestra.
Snotra affondò il viso nel suo petto, inspirando l'odore della guerra: sangue, terreno e sudore.
«Cosa è accaduto a Thor?» chiese, disperata.
Loki le accarezzò una guancia, tergendole una lacrima con il palmo della mano. Aprì la bocca come per parlare, ma le parole faticavano a prendere forma sulle sue labbra.
La donna seguì con lo sguardo dei soldati trascinare una barella di fortuna verso la Camera della Guarigione; Sif camminò nella loro scia per qualche metro assieme a Odino e Frigga, poi il re voltò l'angolo, allontanando con un gesto imperioso la giovane guerriera che rimase in piedi a guardare Thor ferito che scompariva dalla sua vista nella penombra di un corridoio.
«Io... io forse dovrei andare con loro» farfugliò Loki, ritrovando finalmente la voce. Sembrava così stravolto e confuso che per un attimo Snotra pensò che il suo abbraccio fosse l'unica cosa che gli impediva di rovinare al suolo. «Se Thor non... se non dovesse farcela...».
«Non dirlo neppure. È forte, ce la farà» esclamò lei, prendendogli il viso tra le mani.
Sif era ancora impietrita all'imbocco del corridoio. La donna si chiese se non fosse il caso di andare da lei, ma non aveva il coraggio di separarsi da Loki.
Lo amava così tanto che per un attimo si chiese se i pensieri di poco prima non fossero stati più sensati di quanto era disposta ad ammettere. Si disse che no, non avrebbe provato più pena se ci fosse stato lui su quella barella al posto di Thor, ma non riusciva a trovare un solo modo per dimostrare questa verità a se stessa.
Un'altra lacrima capitolò oltre le ciglia.
Fandral, Volstagg e Hogun si avvicinarono con passo stanco e strascicato.
«Noi gli dobbiamo la vita...» mormorò Fandral, stringendo nervosamente l'elsa della sua spada, come se ancora non si fosse abituato all'idea di essere a casa, di essere al sicuro.
«È grazie a Thor che siamo vivi, è stato lui a portarci in salvo in quella pianura» aggiunse Hogun.
Loki guardò i suoi compagni senza dire nulla.
«E anche quella cosa... quel fumo, non è stata una brutta idea» commentò Volstagg con un cenno di approvazione alla volta del principe. «Anche se...».
«Ho fatto ciò che dovevo» rispose Loki, laconico, poi abbassò lo sguardo sul pavimento e i suoi occhi si rabbuiarono. «Eppure non abbastanza» disse infine, in un soffio di voce appena percettibile.
Si stava colpevolizzando per non essere riuscito a proteggere Thor? Snotra stava per dirgli che era una cosa ridicola e che non doveva prendersi alcuna responsabilità per l'accaduto, ma per un attimo scorse un moto di rabbia sul viso provato del principe.
Lui strinse un po' più forte Snotra tra le braccia e la guardò, e lei si sentì tremendamente piccola e inadeguata.
«Se dovesse accadere qualcosa a Thor» mormorò Loki, guardandola negli occhi, come a volersi assicurare che lei capisse perfettamente le sue parole, «non potrei mai perdonarmelo».
Dunque davvero si sentiva responsabile? Lei non capiva, ancora una volta i pensieri e i sentimenti di quel giovane uomo erano come serpi, inafferrabili e troppo veloci, capaci di sgusciarle via dalle mani e dalla mente ancora prima che lei riuscisse a comprendere.
«Non devi sentirti in colpa. E Thor starà bene» concluse la donna. «Ora va' da tua madre e tuo padre, sono certa che ti vorranno avere vicino».
Loki annuì debolmente, strinse per un attimo le dita attorno a quelle della sua vecchia maestra e si allontanò. Si fermò un istante accanto a Sif, a guardarla con un'espressione che Snotra non riuscì a interpretare, poi sparì anche lui verso il fondo del corridoio.
«Voi state bene, siete feriti?» domandò la donna, osservando i quattro giovani asgardiani alla ricerca di qualche danno. La guerra era ancora nei loro occhi, sui loro visi contratti.
Fandral scosse la testa. «Solo graffi e niente che un bagno caldo non possa sistemare».
«Ma Thor ce la farà, come avete detto, vero lady Snotra?» incalzò Volstagg.
Lei sentì su di sé lo sguardo di Sif, occhi verdi che pungevano come aghi di pino. Annuì con convinzione: anche se così non fosse stato, non c'era motivo di farli disperare. Più li guardava e più non le sembravano affatto dissimili dai giovani ragazzi ancora un po' ingenui e inesperti che erano giunti a palazzo tanto tempo prima per diventare i compagni d'armi dei figli di Odino. Solo che ora tornavano da una battaglia, quei ragazzi avevano sentito ardere i fuochi della guerra, avevano rischiato le loro vite e ne avevano spezzate altre... anche Thor e Loki, avevano combattuto e ucciso. A Snotra sembrava un pensiero così surreale, l'idea del sangue sulle mani dei suoi due allievi che aveva conosciuto fin dalla culla. Pensò a ciò che le aveva detto la regina Frigga, al fatto che presto Odino avrebbe proclamato il suo successore, pensò che non ci può essere alcuna innocenza nel potere e sotto al peso di una corona.
In qualche modo, l'idea che uno dei due principi salisse al trono, le sembrava sgradevole, come se fosse una condanna terribile e non un onore, una conquista o un diritto di sangue.
Era un pensiero sciocco, se ne rendeva conto. Asgard e l'importanza del suo ruolo nel destino dei Nove Regni poggiavano sulla solidità di quel trono e di quella corona, sulla giustizia e la saggezza del re, e forse c'era un che di criminoso nel soffermarsi a pensare per più di un attimo a uno scenario diverso, nell'attribuire a quella corona un valore che fosse meno alto di quanto era.
Snotra si massaggiò per un attimo la fronte e si disse che no aveva alcuna importanza indugiare in quel tipo di riflessioni. Uno dei due figli di Odino sarebbe asceso al trono e così avrebbero fatto i suoi figli e i figli dei suoi figli, perché quella era la natura delle cose.
Uno dei due figli di Odino...
Odino ha un figlio soltanto.
No. Gli eredi del re erano due, entrambi cresciuti con lo stesso diritto su quel trono.
Ma tu chi dei due preferiresti? Quale sceglieresti?
Di nuovo la voce, malefica, insistente, come il calore venefico di una febbre nelle vene. Snotra provò un tremendo senso di vertigine e barcollò, appoggiandosi al muro.    
Quale dei due ami di più?
«Lady Snotra, vi sentite bene?». Sif le posò una mano sulla spalla e la scosse gentilmente.
Si sentì ridicola: non era lei che stava tornando da una battaglia durata troppo a lungo. O forse la sua era una battaglia che durava da tutta una vita, da quella tremenda notte nevosa su Jotunheim.
«Sono solo un po' scossa» rispose Snotra, riprendendosi e tentando di sorridere. «Comincio a essere vecchia per tutte queste emozioni in una sola sera».
Cominciava a essere vecchia, cominciava a essere stanca. Una vita di segreti e di timori, di tentativi di mantenere una promessa tradita già in partenza, l'avevano consumata dentro, svuotata, resa codarda dal vivere costantemente nella paura che qualcosa andasse troppo storto perché lei potesse porvi rimedio.
Accompagnò i quattro guerrieri al piano superiore e si assicurò che la servitù si prendesse cura di loro, poi tornò nelle sue stanze ad attendere il mattino, sperando che l'alba portasse con sé buone notizie sulla salute di Thor.
Ma l'alba giunse troppo lentamente e in silenzio. Asgard aveva cantato, durante la notte, senza che la notizia del ferimento del principe Thor si diffondesse, Odino non aveva voluto privare la gente dei festeggiamenti, allarmando inutilmente il popolo.
Snotra sentiva la notte pesarle nello sguardo, gli occhi pizzicavano per la stanchezza e la luce del sole che cominciava a farsi sempre più decisa li faceva quasi lacrimare.
Voleva vedere Thor, andare a rincuorare la regina, magari. Certamente Frigga era rimasta al capezzale del figlio tutta la notte e doveva aver bisogno di riposo.  
La Camera della Guarigione era un'ampia stanza ovale chiusa da porte con intarsi di madreperla e priva di finestre per conservare all'interno delle pareti una fresca penombra e un totale e immobile silenzio.
Sif, vestiti puliti e capelli sciolti sulle spalle, era seduta a terra accanto alla porta e puliva con un panno il suo scudo, con gesti nervosi e meccanici. Da quanto tempo era lì?
«Dicono che si riprenderà» esclamò la giovane guerriera, vedendo Snotra avvicinarsi. «Come avevate detto voi».
«Avere sempre ragione è uno dei miei difetti migliori» scherzò la donna, lieta di apprendere buone notizie sulla salute di Thor. Persino Sif si concesse una mezza risatina.
«Avete... parlato con Loki, lady Snotra?» domandò poi la ragazza, decidendosi finalmente a mettere via lo scudo d'argento.
«No, non ne ho avuto occasione dopo il vostro rientro. C'è qualcosa in particolare di cui dovrei sapere?».
A Snotra non sfuggì il velo di rossore che salì a coprire le guance di Sif. La guerriera distolse lo sguardo e fissò il disegno di una runa sul pavimento.
«Abbiamo avuto una lite, io e Loki, prima del nostro ritorno, per la nebbia. Non so se ho fatto bene a prendermela con lui, ero preoccupata per Thor e lui... alle volte sa essere così... non si capisce che diamine gli passi per la testa!».
Snotra si accorse di essersi morsa le labbra a sangue, si passò una mano sul viso e spostò più volte lo sguardo tra la porta chiusa e la giovane seduta a terra. Non avrebbe neppure dovuto fermarsi a parlare con lei, avrebbe dovuto essere lì per vedere Thor!
Sospirò pesantemente e scosse la testa, poi si mise a sedere in terra, accanto a Sif.  
Adesso che Loki era un uomo e che le ombre delle quali si era circondato erano visibili a tutti, lei sapeva che tutto ciò che aveva sempre fatto per lui, ogni suo tentativo era solo un enorme fallimento. Il destino di Loki era scritto nel suo sangue, in quella carnagione troppo pallida e in quegli occhi troppo azzurri che gridavano una storia che lei e Odino inutilmente avevano tentato di tacere. Forse Loki non avrebbe mai scoperto le sue vere origini, ma ormai era evidente che la consapevolezza di essere in qualche modo diverso gli apparteneva, lo sentiva come lo sentivano tutti gli altri asgardiani; non aveva importanza quante volte avrebbe combattuto accanto a Thor, quante volte avrebbe aiutato lui e i suoi compagni, tutti avrebbero sempre percepito nel giovane principe una distanza incolmabile e, per alcuni forse, persino spaventosa.
Tutte le volte che Snotra aveva tentato di raccontarsi il contrario – come la notte appena trascorsa – aveva mentito, perpetuato quella menzogna, lucidandola a specchio per farla apparire simile alla verità. Ma la migliore imitazione di una verità resta pur sempre una bugia.  
«Sono certa che Loki si sarà già dimenticato del vostro diverbio, lui...» azzardò Snotra.
Lo sguardo di Sif si indurì. «Ma io non lo dimentico» borbottò, accigliata. «Thor ha lottato come una furia per portarci in salvo, è per questo che ha riportato così tante ferite. Quando credevamo di avercela fatta, sono arrivate altre truppe dei ribelli e Loki ha usato la magia per far calare una nebbia che ci nascondesse alla vista dei nemici»
«Non capisco, qual'è il problema?»
«Thor era ferito, era rimasto indietro! Con quella nebbia abbiamo rischiato di perderlo, se lo avessimo perso, sarebbe morto, vulnerabile com'era. Ma a questo Loki non ha pensato».
Snotra sentì la testa pensante, forse era solo colpa della stanchezza, ma i pensieri cominciavano ad addensarsi nella sua mente e a farsi di piombo. Grandi masse di idee e preoccupazioni e ipotesi, troppo enormi per poter essere elaborate.
Sentì parole trattenute nel respiro si Sif, cose che la giovane guerriera non osava dire. Si massaggiò le tempie, cercando qualcosa di appropriato da replicare, ma c'era una sola domanda che adesso le martellava il capo come pioggia battente.
«Credi che Loki lo abbia fatto di proposito?». Lo chiese chiudendo gli occhi, non voleva vedere il volto di Sif per paura di leggerle negli occhi pensieri che non era in grado di sopportare.
«Io... credo che abbia sbagliato, e non mi piace il modo stolido con cui si rifiuta di ammetterlo. Come possiamo fidarci di lui se commette simili errori?» concluse la guerriera, aggrottando le sopracciglia.
Osservazione maledettamente giusta.
«Gli parlerò» promise Snotra.
«E credete servirà?»
«Ho cresciuto io quei ragazzi, li conosco, so come trattare Loki». Ora la voce della donna suonava piccata, con una nota di testardaggine fin troppo infantile.
Sif la guardò senza dire niente. Quello sguardo e quel suo silenzio furono più eloquenti di qualsiasi parola.
La migliore imitazione di una verità resta pur sempre una bugia.  
Snotra si lasciò la giovane alle spalle e sgusciò nella stanza con enorme cautela. La penombra e il fresco dell'ambiente la travolsero come un'improvvisa folata di vento. Il silenzio della Camera della Guarigione sembrava consistente come una lastra di vetro e sembrava far mancare l'aria.
Frigga era seduta sul bordo del grande letto, sistemato come un altare al centro della stanza. Quel luogo non le era estraneo, visto che passava lunghe giornate al capezzale di Odino, magari proprio in quella stessa posizione, ogni volta che il re cadeva nel Sonno degli dei.
Snotra credeva di essere pronta a sopportare quella vista, ma il tremore che la colse diceva il contrario.
Thor, figlio di Odino.
Dio del tuono.
Guerriero implacabile.
L'unico in grado di impugnare il Mjolnir.
In tutti i Nove Regni si tessevano storie su di lui, su Midgard i vecchi miti erano resisti al tempo e il suo nome era famoso più di quello di qualsiasi altro dio tra gli Æsir.
In quella stanza troppo buia e troppo silenziosa, Thor era solo un ragazzo ferito, un bellissimo giovane uomo addormentato sotto una cupola di luce dorata.
Frigga teneva una mano appoggiata su quella del figlio e ne scrutava il viso, concentrata come se da un momento all'altro lui avrebbe potuto apparire gli occhi e sorprenderla con un solo sguardo, come  se fosse appena venuto al mondo.
Snotra pensò che la regina neppure si fosse accorta di lei, poi Frigga parlò, in un sussurro morbido, senza distogliere lo sguardo dal volto di suo figlio.
«Dicono sia solo questione di tempo» asserì con un sorriso stanco. «Come se non avessi aspettato abbastanza per riabbracciarlo».
La donna si sentì a disagio, quasi un'intrusa in quella stanza. Si chiese se non avesse fatto male, se non avesse osato troppo intromettendosi in quella bolla di silenzio e pena credendo di poter essere utile. Restò a qualche metro di distanza dal letto, immobilizzata da uno strano pudore che non credeva avrebbe provato. Non era forse parte di quella famiglia? No, non lo era. Ne condivideva le gioie e i dolori e i segreti, ma questo non bastava.
Spiò con circospezione il corpo di Thor. Le lenzuola lo coprivano fino alla vita, i solchi rosa di troppe cicatrici gli coprivano il petto nudo. La luce dorata stava curando quei tagli e presto forse non ne sarebbe rimasta più traccia; Snotra si chiese quanto tremende dovessero apparire quelle ferite la notte passata, prima che il processo di guarigione cominciasse.
«La consapevolezza di poterlo riabbracciare vi aiuterà a sopportare meglio l'attesa, mia regina» mormorò Snotra.
«Dicono sia stato valoroso»
«Lo è stato di certo»
«Odino dice che le guerre sono finite, che ora più che mai si adopererà per mantenere la pace e per evitare i conflitti» aggiunse Frigga dopo qualche secondo, la voce e lo sguardo che tradivano la grandezza della sua speranza.
Snotra non aveva parole da aggiungere, avrebbe voluto cercarne ma fu interrotta dal rumore sordo della porta che veniva aperta e poi richiusa con cautela.
Un servitore era entrato ed era rimasto rispettosamente sulla soglia, attendendo che la sovrana si decidesse a notarlo. Frigga lo guardò per un istante senza dire niente, ma di certo c'era un motivo valido se si era azzardato ad interrompere la sua veglia.
«Il Padre degli dei chiede la vostra presenza, mia regina» squittì l'uomo, in evidente imbarazzo.
«Non può attendere?»
«Mi ha detto di dirvi che ha chiesto di voi».
Le richieste di un re non sono mai richieste, sono ordini. Anche per la sua consorte.
Frigga sospirò, angustiata. Snotra le sia avvicinò,
«Resterò io con vostro figlio, mia signora» le disse. «Non sarà solo, se dovesse svegliarsi mentre conferite col re».
La sovrana esitò ancora qualche secondo, prima di alzarsi. «Mio marito comincia a manifestare l'impazienza delle persone non più giovani» commentò, scuotendo il capo.
Era per questo che il re di Asgard aveva deciso di lasciare il trono a uno dei suoi figli? Perché sentiva che stava invecchiando?
Snotra sentì il suono leggero dei passi di Frigga che lasciava la stanza e la porta che veniva richiusa piano. Quando restò sola, si accorse di non riuscire a fissare l'immagine del ragazzo ferito, della cupola di luce e denso pulviscolo dorato che gettava riflessi innaturali sulla pelle del giovane principe ancora rovinata da lividi e tagli.
Camminò in circolo attorno al grande letto, fissando ora il fuoco delle lanterne, ora il suo stesso riflesso opaco sul pavimento. Solo dopo lunghi, interminabili minuti, si costrinse a fermarsi accanto al bordo del materasso e a guardare il volto di Thor.
Sembrava quasi una scultura commemorativa su un sarcofago, come nelle usanze di popoli antichi che il tempo aveva cancellato. Un brutto paragone da fare.
Eppure la donna ammirò per un attimo l'espressione seria, solenne, del viso immobile; i capelli biondi e i lineamenti nobili e decisi sotto la barba da guerriero che da qualche tempo il figlio di Odino si era lasciato crescere.
Thor era fatto per essere un re. La rivelazione si accese nei pensieri di Snotra come una cometa. Ora se ne rendeva conto, non poteva essere che lui. Certo, non era pronto, ma era scritto nel suo destino a chiare lettere, un destino che lei aveva avuto davanti agli occhi tutta la vita, una fiamma che si era accesa e che si era espansa, che un giorno sarebbe diventata un incendio, un solo maestoso e bellissimo nel cielo di Asgard e di tutti i Nove Regni.
Non era una questione di legami di sangue e di discendenze, era una questione di cuore e anima, e l'idea fece salire alla gola di Snotra un gemito di commozione.
Si piegò in avanti, chinandosi in ginocchio accanto al letto e allungò una mano verso il polso di Thor. Quando attraversò la cupola di luce sentì una sensazione di calore umido ma curiosamente la pelle del principe era fresca.
Mi dispiace, Thor, pensò, per quello che ti è accaduto e se ho mai avuto dubbi su di te o se ti ho messo in disparte, ma tuo fratello aveva bisogno di me, ha ancora bisogno di me, di te, del bene di tutti noi... ma non ho mai amato uno di voi due più dell'altro...
Ora capiva l'impazienza di Frigga, anche lei adesso era ansiosa che il principe si svegliasse, si sentì come se avesse moltissime cose da dirgli, anche se non sapeva bene cosa.
«È angosciante vederlo in questo stato». La voce di Loki spezzò bruscamente il silenzio.
Snotra si voltò con un sussulto, chiedendosi quando era entrato, da quanto tempo fosse lì, com'era possibile che non lo avesse udito arrivare.
Lo guardò dal basso. Era alto quasi quanto suo fratello, da bambino aveva una corporatura esile quanto quella di una fanciulla, adesso aveva un fisico asciutto, un viso magro e affilato eppure riusciva ad apparire maestoso non meno degli altri membri della famiglia reale.
Loki forse non era destinato ad essere un re, ma era comunque cresciuto come tale.
Lo sguardo del principe assunse una sfumatura strana mentre abbassava gli occhi sulla sua maestra, come a volerla biasimare per quella posa così poco consona: non sei un'ancella o una sguattera, sembrava volerle dire, che ci fai in ginocchio?
Loki le tese la mano e Snotra restò a fissare per un istante il palmo aperto verso di lei. Una mano bianca dalle dita affusolate, una mano che difficilmente si sarebbe potuta immaginare coperta di sangue. La donna l'afferrò e lasciò che lui l'aiutasse a rialzarsi; osservò immobile il principe guardare il fratello in silenzio, con la mascella contratta e lo sguardo imperscrutabile.
Le parole scambiate con Sif poco prima le parvero frasi lontane di una favola. Forse Loki era stato maldestro e precipitoso nell'usare la magia della nebbia per coprire la loro fuga, nel non pensare al rischio per Thor, ma mai, in nessun universo possibile, il suo errore sarebbe stato intenzionale, per nulla al mondo lui avrebbe messo a rischio la vita di suo fratello.
Snotra se lo ripeté più volte, mentre la sua mano si sollevava nell'impulso di accarezzare la guancia di Loki, il solco appena accennato di occhiaie livide. Ma qualcosa fermò quell'impulso.
La migliore imitazione di una verità resta pur sempre una bugia.
Il dubbio aveva il sapore del sangue in bocca, come in una terribile malattia, ed era altrettanto stomachevole e persistente.
Dubbio? E da quando?
La mano di Snotra si sollevò sulla sua stessa tempia, per sistemarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Da sempre...
La donna deglutì e fece un lungo respiro per schiarirsi la gola. Gli occhi di Loki erano ancora fissi su Thor.
«Spero che tu e Sif vi siate chiariti» mormorò Snotra con finta leggerezza. Quello non era né il luogo né il momento, ma se voleva mettere Loki con le spalle al muro e prenderlo alla sprovvista, difficilmente avrebbe avuto un'altra occasione.
Se lui si sentì davvero preso alla sprovvista, non lo diede a vedere. La maschera di gelo e imperturbabilità ora era ben calata sul suo bel viso e sembrava impenetrabile.
«È corsa a piagnucolare da te perché non ha il coraggio di affrontarmi?». Loki non si diede neppure la pena di spostare lo sguardo.
«Forse pensa che io abbia la strana abilità di capirti, che sciocchezza».
Qualcosa, forse fastidio, forse malinconia, trapelò dalla superficie uniforme della maschera, attraverso gli occhi azzurro ghiaccio. Loki voltò piano il capo verso la sua interlocutrice e, incredibilmente, sorrise. Lo stesso identico sorriso di quando era fanciullo, quella curva perfetta a metà tra la più candida innocenza e la più contorta malizia, come l'espressione peculiare di un attore che ha passato tanto tempo davanti allo specchio nel tentativo di perfezionare quella singola espressione per la sua battuta ad effetto. Occhi, sorriso, maschere... un labirinto in cui era impossibile rintracciare la sincerità ed era altrettanto impossibile dare per scontato che non ve ne fosse traccia.
Dubbio, pesante come una tempesta sopra le sue spalle: Snotra ebbe quasi la sensazione di venir spinta contro il pavimento.
«Il tuo discernimento è impossibile da offuscare» sentenziò Loki. «Quindi, dimmi, cosa crede lady Sif? Che io abbia di proposito fatto qualcosa per nuocere a Thor?»
«È quello che hai fatto?»
«Siamo tornati tutti sani e salvi perché io ho fatto in modo che riuscissimo a fuggire. Thor si riavrà a breve. Dove sarebbe la mia mancanza?».
Lucido, inflessibile. La sua voce non si era incrinata neppure un secondo per la rabbia di essere stato anche solo lontanamente sospettato di una colpa tanto grave come quella che Sif aveva insinuato.
Lucido, inflessibile, freddo. Fin troppo lucido.
Le reazioni più istintive sono quelle più genuine e sincere. Ma Loki non aveva avuto altra reazione se non quella di proporre un ragionamento logico, perfettamente misurato e inappuntabile.
Logica, non istinto. Lucidità, non rabbia.
La migliore imitazione di una verità resta pur sempre una bugia.
Snotra serrò i pugni in un moto di quella che per un attimo le parve paura. Loki era sempre stato così, del resto, fin da bambino, non aveva mai ecceduto con reazioni rabbiose, non era da lui alzare la voce per farsi ascoltare o pestare i piedi o piangere. Tranne che per quell'unica volta... il ricordo investì la sua mente tanto da far addensare le ombre della stanza: piume candide imbrattate di sangue, l'innocenza screziata di macchie scarlatte come il talamo di una vergine. E quella rabbia, quella notte, era stata vera, sincera viscerale.
Come poteva Snotra essere certa che non ci fosse altra rabbia dentro il cuore di Loki? Come poteva essere sicura che non ci sarebbero state altre conseguenze... altro sangue?
Come poteva aver ignorato queste domande così a lungo?
Ma forse era tutta colpa della stanchezza e dell'agitazione, colpa del tempo, dei troppi anni trascorsi che le avevano reso i pensieri sempre meno lucidi, che avevano instillato in lei sentimenti e idee distorte che si erano ammassate deformando il meccanismo della sua mente.
E al di là di ogni paura e di ogni dolore, restava tuttavia una certezza inconfutabile. Amava Loki con tutta se stessa, era un affetto enorme e solido, come granito, immutabile e impossibile da appannare o da scalfire. I dubbi su di lui non facevano altro che renderlo più forte: più credeva che Loki stesse smarrendo la via, più si sentiva in dovere di amarlo e aiutarlo.
Forse era per questo che sembrava preferirlo a Thor, ma non era una preferenza, semplicemente lei era consapevole del fatto che Loki necessitava di più attenzioni e cure perché era più fragile e anche più pericoloso, per se stesso almeno, se non per gli altri.
E adesso muovergli accuse impossibili da provare non sarebbe servito a nulla. Snotra sentì di nuovo il peso del dubbio quasi come una sferzata imprimersi dentro di lei e bruciare, e di nuovo sentì che, per adesso, quello era un peso che doveva portare da sola.
«Di certo Thor non avrebbe avuto alcuna remora a sacrificarsi per voi» concluse la donna. «Ma io non sono più giovane e ho bisogno di sapervi al sicuro, entrambi».
Loki fece un vago cenno di assenso. «Nostro padre ha detto che non ci saranno più guerre. Ha parlato di una nuova era, sai cosa significa?».
Sì, Snotra lo sapeva. Si limitò ad annuire.
«Non cambierà nulla, vero? Qualche che sia la decisione di Padre Tutto, non cambierà nulla?» domandò Loki dopo qualche secondo.
La donna alzò il capo per guardarlo in viso. Le sembrò che fosse di nuovo il bambino che cercava in lei la conferma della propria bravura, che cercava nel suo sguardo la luce per dissipare le ombre e le insicurezze che lo tenevano frenato, che gli facevano male.
Snotra scosse la testa, una ciocca di capelli rossi le scivolò davanti agli occhi. Alcune cose erano già cambiate, per sempre, altre non sarebbero cambiate mai.
Si sforzò di sorridere, grata tra sé e sé per l'espressione che ora aleggiava sul volto di Loki, che le rimandava solo i ricordi migliori del loro passato. Il peso del dubbio si fece un po' meno vessante.
«Casa, famiglia, affetto non sono cose che una corona può cambiare, mio giovane principe» concluse.
«Snotra...». Loki lanciò uno sguardo in direzione del letto.
La cupola di luce dorata si stava dissolvendo, sbiadiva secondo dopo secondo, si assottigliava portando via con sé quel riverbero innaturale dalla pelle di Thor ora del tutto priva di cicatrici.
Il figlio di Odino aprì gli occhi e voltò piano la testa sul guanciale.
«Voi due, sempre a ciarlare!» esclamò con una punta di sarcasmo, la voce impastata e fioca.
Loki e Snotra lo fissarono muti e immobili per un istante.
«Oh, sta' zitto, torna a dormire!» lo rimbeccò la donna cercando di essere ironica, ma la voce le si spezzava per la contentezza e le parole uscirono a scatti.
Un attimo dopo era già saltata sul materasso, le braccia al collo di Thor. Il battito del cuore accelerato per l'entusiasmo copriva ogni cosa, ogni pensiero ombroso di poco prima.
«Non sarete stati in ansia per me?» chiese il principe, inarcando un sopracciglio.
«Neppure per un istante» rispose Loki, enfatizzando un'espressione di superiorità.
I due fratelli si guardarono in viso con un'intensità che sembrava rendere l'aria più rarefatta, e un attimo dopo stavano ridendo.
Snotra spostò lo sguardo tra i due giovani uomini, le loro bocche schiuse per la risata leggera, i loro occhi sereni. Come poteva essere una menzogna, un inganno tutto ciò?
La migliore imitazione di una verità resta pur sempre una bugia.
No, no, no! Non quei sorrisi, non quegli sguardi. C'era amore in quegli occhi, un amore forgiato da anni trascorsi assieme, pur con tutti i conflitti dati da caratteri differenti, pur con tutte le incomprensioni, pur con lo spettro di una diversità evidente che aleggiava su Loki come una condanna. Era amore, ed era vero, e come ogni amore era nonostante tutto.
Snotra baciò la fronte di Thor, annunciò che sarebbe andata ad avvisare il re e la regina e lasciò la stanza.
Dalla porta socchiusa arrivavano le voci dei due fratelli che commentavano con foga alcuni eventi della battaglia. Voci che suonavano per lei come il primo vento d'estate dopo il lungo inverno.
Snotra sorrise mentre imboccava le scale.  









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Note:

Snotra sorride ed è la quiete prima della tempesta. La “tempesta” in questione la conosciamo tutti: è quello che poi succede nel film. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, e prometto che non impiegherò anni a scriverlo. :D

Il riferimento a Nornheim e tutto quello che ci ruota attorno viene da una scena eliminata presente nel dvd, è famosissima nel fandom, ma per chi non la conoscesse: QUI CON TANTO DI SOTTOTITOLI (tra l'altro odio che sia stata tagliata, perché diceva molto del rapporto preesistente tra Loki e Thor e lasciava anche pensare che, in condizioni di – quasi – normalità, Loki fosse persino un tipetto gradevole).
La storia del re tiranno di Nornehim, il motivo per cui Thor&Co. sono andati a combattere lì, viene dalla mia serie di fanfiction nel fandom di The Avengers, ma questa storia e quella serie non sono in nessun modo collegate.
Nel mio headcanon c'è tutto un mondo di roba sul rapporto tra Loki e Sif, forse un giorno ne scriverò, per ora diciamo solo che tra qualche particolare seminato nel film e l'episodio mitologico del taglio dei capelli non posso fare a meno di pensare che tra loro i rapporti siano burrascosi.

Per domande e curiosità: Profilo Ask

La citazione iniziale è dal brano Quello che non ho.

   
 
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