Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: Sarah Shirabuki    15/05/2013    2 recensioni
TUTTI I DIRITTI VANNO AI RISPETTIVI AUTORI NATURALMENTE
Un demone del passato viene risvegliato nell'anima di un giovane ignaro, la chiave di un piano diabolico progettato nell'oscurità degli inferi...
Riuscirà la nuova generazione di guerrieri, con gli ormai più adulti mezzosangue e gli indimenticabili eroi del passato, ad evitare la fine del mondo?Questa storia narra le vicende accadute dopo dragon ball GT. Spero che vi potrà piacere.
( dalla storia)
Si destò.
L’irreale giaciglio in cui aveva riposato scomparve con una lenta dissolvenza, la sua forza vitale che tornava a ripopolare quell’universo di materia plasmabile in cui sembrava costantemente di nuotare.
Non sapeva dire per quanto avesse dormito. Forse un’ora, o un giorno, forse anche per un milione di anni. Non avrebbe mai potuto usare quel metro di valutazione, giacché, nel mondo in cui si trovava, il tempo non aveva misura. Lì, in quell’universo parallelo dove le anime giungevano inconsapevoli al finire dei loro giorni, il tempo non aveva né inizio né fine, solo un’inafferrabile estensione verso l’eternità.
E lei, a cui sulla Terra era stato dato il nome di Chichi, sapeva bene che anche la sua stessa consistenza era puramente effimera,
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Bra/Goten, Pan/Trunks
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Si destò.

L’irreale giaciglio in cui aveva riposato scomparve con una lenta dissolvenza, la sua forza vitale che tornava a ripopolare quell’universo di materia plasmabile in cui sembrava costantemente di nuotare.

Non sapeva dire per quanto avesse dormito. Forse un’ora, o un giorno, forse anche per un milione di anni. Non avrebbe mai potuto usare quel metro di valutazione, giacché, nel mondo in cui si trovava, il tempo non aveva misura. Lì, in quell’universo parallelo dove le anime giungevano inconsapevoli al finire dei loro giorni, il tempo non aveva né inizio né fine, solo un’inafferrabile estensione verso l’eternità.

E lei, a cui sulla Terra era stato dato il nome di Chichi, sapeva bene che anche la sua stessa consistenza era puramente effimera, che ciò che veramente aveva portato con lei dalla sua vita precedente non era nient’altro che un’anima incorporea. E sapeva che, come tutti gli altri abitanti dell’aldilà, per mantenere un aspetto antropomorfo, per pensare ed agire tramite esso, doveva ricaricarsi periodicamente in un letargico sonno plasmante.

Attraversò la deserta e silenziosa spianata, ombreggiata da tinte blu cobalto, come fosse eternamente e costantemente immersa in un tardo crepuscolo. Il vasto Lago di lacrime si allargava, irrealmente calmo ed immobile, per buona parte della visuale, accogliendo sulle proprie acque l’elegante Hotel Limbo. Il trasparente gazebo dell’ala sud, attualmente vuoto, attendeva l’arrivo di qualche anima temporaneamente sospesa tra i due mondi, il cui destino sarebbe stato deciso da una cruciale partita a scacchi.

Lei non aveva avuto occasione di provare quell’esperienza. Quando era giunto il suo momento, il filo si era spezzato piuttosto rapidamente, senza darle il tempo di combattere.

Si affacciò appena sulla sponda del lago, ammirando la sua immagine riflessa. Lunghi capelli d’ebano, occhi scuri, pelle liscia e senza rughe, corporatura tonica e snella. Dal momento che, in quel mondo, tutto poteva assumere la forma desiderata, erano quelle le sembianze che aveva scelto per se stessa: la giovane donna che era stata molti anni prima di arrivare lì, prima che i segni del tempo si facessero vedere, quando ancora la solitudine e la malinconia erano sensazioni lontane, ed il sogno d’amore che aveva scelto di vivere sembrava solo una piacevole avventura.

Ed ecco profilarsi, dall’altra parte del limbo,il palazzo di Re Enma, maestoso in tutta la sua grandezza, quello che aveva visto comparire davanti ai suoi occhi la prima volta che aveva messo piede in quell’universo parallelo. Era un giudicatore severo e scrupoloso, Enma, signore dei morti, immane con le sue dimensioni esagerate e la sua folta barba nera, ma anche dotato di un fiuto particolare: aveva capito che alcune di quelle creature vissute sulla Terra, di cui lei era stata l’ultima arrivata, non potevano semplicemente essere spedite da una delle due parti, quella dei buoni o dei cattivi. Poiché in vita avevano avuto un ruolo nella salvezza del pianeta, adesso ne avrebbero avuto uno come shinigami, guardiani dell’oltretomba appositamente scelti dal sovrano.

Al bancone dell’immerso archivio, intenta a scrutare con attenzione lo schermo di un computer, sedeva concentrata la Bulma dei suoi ricordi più lontani: luminosi capelli azzurri, occhi chiari e perspicaci che un tempo erano appartenuti alla donna più ammirata del pianeta, labbra morbide e rosse su un viso giovanile dai tratti perfetti. Unica differenza, una rotonda e luminosa aureola sospesa magicamente sopra la sua testa, simbolo della sua meritata beatificazione.

Come poteva, il grande Enma, non aver scelto lei come archivista dell’enorme libro dei morti, il cui contenuto era ora stato efficientemente trasferito in un più moderno software, più velocemente consultabile e aggiornabile?

“Salve, Chichi” la salutò, sollevando appena gli occhi dalla tastiera, ma accogliendola con un aperto sorriso. “Sei in piena forma! Il riposo deve averti ricaricato bene!”.

“Ne avevo proprio bisogno, dopo che la tua dolce metà mi ha ridotto ad uno straccio!” sbuffò Chichi, incrociando le braccia al petto. “Doveva essere solo una simulazione di rissa negli inferi, un modo per allenarsi a domare queste situazioni, ma il principe ha pensato bene di approfittarne per impartirmi una lezione massacrante! Mi era rimasta così poca forza vitale che i miei vestiti si stavano quasi dissolvendo!”.

Bulma rise di gusto, i denti bianchissimi che riflettevano la luce chiara della stanza e gli occhi che scintillavano come perle d’acqua, pensando al suo Vegeta nelle vesti inusuali di mentore dalla pazienza limitata e privo di senso della moderazione.

Chichi, guardandola, a volte aveva l’impressione di tornare indietro nel tempo, quando erano entrambe ancora sulla Terra. Il tempo di una Bulma migliore, quella che, dall’alto della sua presunzione e testardaggine, caratteristiche che Chichi non aveva mai mancato di criticare, si era trovata a dare un senso alla sua vita tramite l’amore di quel burbero individuo venuto dalle stelle. Un tempo sicuramente migliore di quello in cui il destino glielo aveva strappato via, inaspettatamente come glielo aveva mandato.

Era ancora in vita, quando era successo. L’aveva vista cadere in un irreversibile stato depressivo, fino ad abbracciare la completa follia, facendo intorno a lei tabula rasa di chi, rimasto, avrebbe voluto più di ogni altro aiutarla. L’aveva vista infine tendere la mano verso il suo principe, ansiosa di abbandonare quel mondo, che ora non più le apparteneva, per ricongiungersi finalmente a lui, dove avrebbe ritrovato la pace.

Chichi, invece, non aveva avuto bisogno di lasciarsi morire. Le sue già precarie condizioni di salute ed il suo povero cuore malandato le dicevano che non avrebbe dovuto aspettare molto. Bastava attendere pazientemente, così come aveva atteso per tutta la vita i fugaci ritorni dell’uomo che amava, perché presto, finalmente, sarebbe stata lei a raggiungerlo.

Ma così non era stato, perché il suo Goku, questa volta, non era mai giunto al cospetto di Enma.

“Come procede oggi il lavoro?”.

“In realtà, non ci sono molti nuovi arrivi, in questo periodo!” rispose Bulma, mettendo in pausa il computer. “Sembra che ultimamente non muoia più nessuno!”.

“Non mi stupisce, con tutto il progresso di oggigiorno, sulla Terra ci sono sempre più comodità e la gente campa per più di cent’anni! Tutta quella roba tecnologica non è affatto per me, fortuna che me ne sono andata già da un po’!”.

Bulma sorrise, anche se adesso lavorava da guerriera, chi aveva davanti restava sempre la Chichi tradizionalista di un altro tempo e di un altro mondo.

“Non posso darti torto” ammise. “Ma si dà il caso che per noi qui nel Limbo è crisi, visto che oggi non ho da registrare nessun morto mi sono addirittura messa a cambiare stile di scrittura ai file, tanto per ammazzare il tempo! Di questo passo Enma mi manda in cassa integrazione!”.

Chichi la salutò velocemente, recuperando poi il trasparente scouter che posizionò accuratamente davanti agli occhi come un paio di occhiali. Un altro stupido aggeggio tecnologico, ma indispensabile per la comunicazione tra shinigami in quell’infinito mondo dell’aldilà.

Fu il volto di Crili, infatti, incorniciato da bizzarri capelli scuri ma privo del paio di baffi che avevano caratterizzato i suoi ultimi anni, che apparve rapidamente sul piccolo schermo, l’espressione lievemente sottomessa e gli occhi che scrutavano intorno a lui timorosi.

“Scusami, Chichi, ma volevo avvisarti che Vegeta si sta chiedendo dove eri finita” le disse, mortificato. “Dice che il settore tre del quinto girone è rimasto scoperto, ha già assegnato a me, a Yamcha e a Ten dei turni doppi e la mia 18, che ha provato a protestare, è stata mandata a presidiare il penultimo!”.

“Ma che impertinente! Arrivo subito!” esclamò, chiudendo la comunicazione.

Quel maledetto Vegeta. Aveva sempre fatto il despota durante la vita, e adesso pretendeva anche di giocare al capo shinigami. Se non fosse che aveva necessariamente bisogno delle sue lezioni, gliene avrebbe dette di santa ragione!

Arrivò finalmente all’incrocio del Limbo, davanti a cui il destino delle anime si divideva per sempre, ma non quello degli shinigami, che avevano pressoché libero accesso in ogni luogo al fine di poter svolgere il loro lavoro.

Si girò distrattamente verso l’imboccatura destra, al termine della quale un grosso portone azzurro recava, incise d’oro, parole piacevoli ed invitanti:

SALVE, OH BEATI, CHE AVETE MERITATO DI RIPOSARE NELL’ETERNO GIARDINO.

Davanti ad esse v’era una giovane Lunch nata dalla bizzarra fusione delle sue due identità, i capelli e gli occhi diventati una bicromia dei colori che le caratterizzavano, unendosi finalmente e consapevolmente in quella sola figura femminile, che ora, beatificata, aveva avuto l’onere di portiera del paradiso.

“Ciao Chichi, devi entrare per il giro di routine?” le chiese, vedendola volta in quella direzione.

“No, il dovere mi chiama nel quinto girone!”.

Non poteva fare a meno, ogni volta che passava di lì, di gettare un’occhiata verso quell’imponente portone, immaginando i vivaci colori di quell’infinito prato coperto di fiori e irrigato da sonnolenti ruscelli, sotto quel fittizio cielo costantemente sereno.

Le era permesso di varcare quella soglia, in fondo era una shinigami, ma lì, in quelle verdi e pacifiche vallate, non avrebbe mai riposato. Non perché le fosse stato negato il paradiso, ma perché lei stessa aveva scelto di far parte dell’oscuro regno degli inferi. Era per questo che, al posto di una dorata aureola, ai due lati della sua testa spuntava un temibile paio di corna.

Si diresse verso l’altra imboccatura, quella di sinistra, dove un serioso Junior presiedeva un altro alto portone, questa volta tetro ed oscuro nel suo inquietante messaggio:

ENTRATE SVELTI, DANNATI INFERNALI, LA VOSTRA PENA ETERNA VI ATTENDE!

Non aveva mai provato eccessiva simpatia per quell’austero e indecifrabile namecciano, nonostante, sulla Terra, fosse stato un amico prezioso per il suo Gohan e avesse fatto da maestro ad un piccolo Goten. Ma adesso, inevitabilmente, se lo sarebbe ritrovato davanti ogni volta che avrebbe attraversato quella soglia, passaggio che, per i normali dannati, avveniva solo una volta ed in una sola direzione.

“Mi sembra che tu abbia una certa fretta” notò il namecciano, senza scomporsi. “Dovresti deciderti ad usare il teletrasporto come tutti noi, invece che costringermi ad aprire il portone ogni volta, è piuttosto rischioso”.

“Oh, quante storie!” brontolò lei, ansiosa di passare. “Fosse per te, dovrebbe essere in arrivo una catastrofe ogni santo giorno!”.

“Non sono storie” affermò solenne. “Se permetti, io sono qui da più tempo di ognuno di voi e so bene che, anche nell’oltretomba, non c’è mai da fidarsi di nessuno”.

Chichi lo superò, le porte ora finalmente spalancate, entrando infine in quel cupo mondo che era l’inferno. La visibilità era piuttosto limitata, anche a causa delle alte pareti rocciose che delimitavano ogni girone, le quali proiettavano sotto di loro un’inquietante ombra sfaccettata, ma ormai, anche grazie agli scouter, aveva imparato ad orientarsi senza problemi.

Avrebbe potuto raggiungere il quinto girone attraverso la scoscesa scarpata che collegava ogni cerchio a quello sottostante, ma preferì, in questo caso, far uso della piattaforma quadrata che si trovava all’ingresso, attivabile tramite il sigillo di Enma. In un attimo il veloce teletrasporto la proiettò nel settore prescelto, dove la sua figura venne rapidamente ricomposta.

Davanti ai suoi occhi, mani incrociate al petto e sguardo tagliente e accusatorio, il principe dei sajan l’attendeva in silenzio, le due terrificanti corna puntate in avanti, quasi a volerla infilzare.

“Non dire niente!” lo anticipò Chichi, puntando il dito verso di lui. “Avevo bisogno di ricaricarmi dopo il tuo maledetto allenamento! E’ colpa tua se hai voluto divertirti a farmi quasi morire un’altra volta!”.

“Che vergogna” commentò stizzito il sajan. “Con che esseri mi sono ritrovato a lavorare…una donna intrattabile e chiassosa…tre emeriti buoni a nulla…per non parlare poi di quella cyborg, peccato che, quando si è disattivata i circuiti per raggiungere il tappetto, la sua anima non l’abbia seguita nella discarica di macchine usate!”.

“Ma come ti permetti, presuntuoso di un sajan che non sei altro! Pretendi di impartire ordini e di criticare gli altri, quando tu, tra di noi, sei quello che ha più colpe da scontare, laggiù nel fuoco perpetuo!”.

Vegeta la fissò per qualche secondo, mentre un sorrisetto tagliente compariva sulla sua faccia mascolina:

“Oh, giusto, sai che quasi dimenticavo…” approvò sarcastico. “Anche tu sei perfettamente pulita, potevi avere l’aureola proprio come il tappetto, l’inetto predone e l’irritante triclope, ma allora perché mai hai scelto di finire in questo luogo di peccato e di chiedere al sottoscritto, a cui sei sempre stata a debita distanza, di insegnarti i segreti del mestiere?”.

Chichi allontanò gli occhi corvini, sostenere lo sguardo fermo del principe era una bella sfida anche per una come lei, senza contare che, senza volerlo, quella conversazione stava dannatamente degenerando.

“Ah, forse ci sono!” esclamò infine Vegeta, fingendo di esserci arrivato solo allora. “Non sarà mica perché, arrivando qui, non hai trovato chi ti aspettavi, decidendo così di fargliela pagare?”.

La donna sospirò arresa, di fronte all’esplicita evidenza. Aveva sempre affermato di aver fatto quella scelta perché, senza il suo Goku, il paradiso sarebbe stato solamente un luogo triste e noioso. Ma tutti sapevano, in realtà, che il vero motivo era un altro. Che si era unita al mondo dei dannati per semplice, infantile ripicca verso il sajan che aveva amato in vita e che purtroppo continuava disperatamente ad amare, giacché quel sajan l’aveva di nuovo tradita.

“Ogni occasione è buona, vero Vegeta, per portare in ballo le pecche del tuo rivale!” era riuscita a dire, risentita.

“Io non ho più niente contro Karoth, volevo solo riuscire a sfidarlo un’altra volta, sei tu l’unica che gli serba rancore!” osservò. “E comunque, il tuo tono di voce mi ha già infastidito abbastanza, torna nel limbo, qui ci penso io!”.

Chichi lo guardò sorpresa, ma si affrettò senza discussioni a tornare rapidamente sui suoi passi. Mai non approfittare delle rare concessioni del principe.

Usò di nuovo il teletrasporto, questa volta proiettandosi direttamente nella Residenza, la spaziosa costruzione limbica dove gli shinigami trascorrevano le loro ore libere in una critica, precaria convivenza. In quel momento, per suo grande sollievo, era l’unica occupante, senza quel solito martellare di perenni voci in disaccordo.

Si sedette sul candido divano, adesso piacevolmente vuoto, per poi attivare con un pulsante il grande schermo a parete, unica finestra verso quel fuggevole mondo che aveva ormai lasciato da molti anni.

 

Continua…

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Sarah Shirabuki