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Autore: ScarletPuppet    15/05/2013    6 recensioni
Athena è riuscita a stipulare una tregua con Hades e ha riportato in vita i suoi paladini, i Generali degli Abissi e i God Warriors di Asgard. Kanon ha ottenuto il perdono di Poseidone e ha il permesso di rimanere in congedo dal suo ruolo di generale degli abissi ritornando tale in caso di guerra.
Nessuno dimenticava i suoi occhi scarlatti e la sua espressione impassibile durante situazioni come quella vissuta quattro anni prima. Lui fu l’unico a cogliere uno sprazzo di dolcezza e vulnerabilità dietro la maschera astiosa dallo sguardo truce che portava a Sparta nel momento cruciale.
Solo lui.
Kanon di Seadragon.

Tenterò di stare il più possibile IC con i personaggi (anche se penso che non ci sia un vero IC alla fine, vabbè xD), ma metto OOC per sicurezza. Enjoy!
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gemini Kanon, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Ghiaccio e del Fuoco - Linee di sangue'
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Capitolo 25

Quando Mu arrivò al Santuario di Ares, si concesse del tempo per osservarlo. Ispezionò i cinque templi, fermandosi ad osservare le cinque statue portanti. Tutte sporche di sangue e mezze distrutte meno quella del picchio. Aima, pensò ovviamente. Si diresse al tempio centrale, ovvero l’ex residenza del dio, e si fermò appena dopo l’ingresso. Gli uccelli guardiani fuori stridevano ancora, ma ormai non potevano più fare niente per fermarlo: potevano far cadere tutti i dardi che volevano, ma Mu ormai era al sicuro e, contro il suo muro di cristallo, potevano ben poco. Il tempio, oltre che distrutto, era anche mezzo carbonizzato. Il custode della Prima Casa esplorò la struttura, ma del cavallo dorato pareva non essercene traccia. L’Ariete d’Oro spostava le macerie una dopo l’altra, trattenendo sonori sbuffi ogni qualvolta la sua ricerca falliva. Cercò sotto il trono, dietro le colonne, addirittura all’interno di alcuni capitelli caduti a terra. Neanche l’ombra del manufatto. Mu si riavvicinò al trono, caparbio sul fatto che, un oggetto tanto importante, dovesse per forza trovarsi lì vicino. Spostò la pesante seduta di lato, controllando sul pavimento se vi erano eventuali botole. Niente. Spolverò il suolo pietroso fino a graffiarsi i polpastrelli, ma non emerse neanche un accenno di una botola. Rassegnato, rimise il trono al suo posto. Poi, come se la dea Nike lo avesse sfiorato, alzando lo sguardo sullo schienale notò dei contorni ricamati sulla stoffa annerita: essi, infatti, riproducevano i contorni di un cavallo rampante che sputava fuoco. Risoluto, l’Ariete affondò subito le dita nel tessuto, il quale si squarciò all’istante. La mano del cavaliere vagò per due secondi prima di afferrare un oggetto freddo e duro, ma che emanava una potente aura. Era il manufatto a forma di cavallo che stava cercando. Sotto lo spesso strato di fuliggine il Gold Saint catturò un lieve bagliore. Ripulì la piccola scultura dalla cenere. Presto il nero si trasformò in oro, finché di pece non rimase altro che il nome greco di Poseidone stampato sopra. Mu fece per uscire dal tempio, ma in quello stesso istante venne scaraventato contro una colonna, la quale cedette subito dopo sotto il suo peso.
«Chi va là?!»
L’Ariete tossì un paio di volte e si rimise in piedi, scorgendo un’imponente figura – ed il potente cosmo ad essa associato – ergersi dietro tutta la cenere che si era sollevata. Quando finalmente la fuliggine cominciò a depositarsi, il cavaliere d’oro ebbe modo di esaminare con più attenzione l’uomo in piedi a poca distanza da lui. Una lunga tunica bianca ricopriva il corpo possente, mentre un mantello – apparentemente formato da fiamme azzurre – gli copriva le spalle fino a toccare terra. Un particolare solo, però, fece sgranare gli occhi a Mu: nella mano destra, un lungo tridente di scaglie d’oro splendeva avvolto da una luce blu come il mare. Il Santo era davanti al Dio dei Mari.
«Non so cos’abbia in mente Athena» cominciò Poseidone, prendendo con sé il cavallo dorato «ma per volere un oggetto così prezioso, oltretutto senza il mio permesso, deve ritenere la situazione con Loki critica.»
All’Ariete parve di vedere il mare stesso farsi più burrascoso ad ogni parola. Poi, d’impatto, il dio si calmò. Un leggero sorriso affiorò sulle sue labbra.
«Oh, suvvia, Cavaliere di Atena. Sii ragionevole: non vorrai tentare di sottrarmi questo manufatto, vero? Perderesti la vita inutilmente. Per quanto mia nipote possa essere una debole sciocca, è tuttavia intelligente. Ti ha mandato qui con la consapevolezza che io sarei uscito da Atlantide.»
Mu non seppe cosa rispondere. Aveva intuito benissimo – e sicuramente l’estrema intelligenza di Saga era subentrata in maniera disarmante in quella decisione – le intenzioni di Athena: mandarlo a prendere un oggetto sigillato dal Dio dei Mari in modo da farlo uscire da Atlantide di sua spontanea volontà. Tuttavia, lo sbigottimento si impadronì di Mu; non aveva pensato per un solo secondo che quel piano avrebbe funzionato. Il Gold Saint era sicuro anche del fatto di non potersi opporre, benchè non si fidasse pienamente, poiché aveva a che fare con il Dio dei Mari, prima calmo e poi iracondo come le acque che egli stesso dominava. Infatti, come una scintilla, di nuovo la rabbia del dio divampò.
«Quella sciocca! Ora vedrà cosa significa profanare ciò che io stesso ho sigillato, vedrà cosa le costerà questo atto di codardia! Torna ad Atene, Cavaliere dell’Ariete, e riferisci alla tua dea che presto mi recherò al Santuario scortato dal mio miglior guerriero, ma a parlare saremo solo io e lei, faccia a faccia.»
E detto ciò, sparì com’era arrivato, e con lui la statua del cavallo. Il sole stava sorgendo.
 
«Aima.»
La voce atona di Marin, accompagnata da una piccola ma decisa scrollata, ridestò la rossa dal sonno senza sogni in cui era caduta dopo aver pianto per l’intera notte. Scarlet aprì gli occhi, resi ancora più rossi dalle lacrime, ma non si girò verso la sua interlocutrice. L’Aquila d’argento chinò appena il suo capo fiero, mormorando un distaccato “mi dispiace”. Se la marionettista ne avesse avuto la forza, l’avrebbe presa a pugni. L’energia, però, le mancava anche per quello.
«Il Grande Sacerdote vuole vederti.»
Aima emise un flebile sospiro.
«Presumo che siate state voi ad informare il Sacerdote della mia ripresa, se così si può definire.»
Anche la voce della rossa era maledettamente atona, tanto che Marin annuì quasi titubante. Scarlet fece leva sulle braccia, tastando anche la parte umida del letto nella quale le sue lacrime erano, per così dire, perite. Appena fu in piedi, le ginocchia cedettero, e la marionettista cadde di tutto peso. L’Aquila riuscì ad evitarle una rovinosa caduta e la trascinò nel bagno della stanza, dove la fece lavare. Vestita di abiti puliti, Scarlet uscì dalla stanza della defunta allieva e si recò un momento nella sua camera. Marin rimase sull’uscio ad aspettarla. La rossa osservò intensamente le pareti tempestate di maschere. Le passò con lo sguardo una per una, ma senza osservarle veramente. Lanciò un veloce sguardo persino al viso di Marin, ma scartò l’idea di indossare un mascheramento simile. Poi, quasi per caso, l’occhio le cadde su una maschera al centro del muro: la fattura era palesemente veneziana; lo splendido oggetto di oro bianco, decorato da alcune sfumature azzurre, era completamente inespressivo. La curva delle labbra non era che una linea sottile e dritta, gli occhi vuoti coperti da della stoffa nera. Aima la prese e fece per mettersela, fermandosi a pochi centimetri dal volto. Strinse un pugno per darsi forza e, subito dopo, il metallo freddo aderì al suo volto.
 
«Milady, è sicura di voler ricevere Poseidone sola?», domandò Mu una volta riferiti gli avvenimenti di Sparta.
«Non ti crucciare per me, nobile cavaliere. Il mio scopo era proprio questo. Il mio potente zio cambia da un momento all’altro come il mare. Se siamo soli, la possibilità ch’egli mi dia ascolto è più alta.»
«Io resterò nelle stanze private. Interverrò immediatamente in caso di bisogno.» proferì freddamente Saga. Stranamente, Athena non si oppose.
«Sei congedato, Grande Mu. Fai entrare Aima, è da molto che aspetta fuori.»
«Come desidera, Mia Signora.»
Mu chinò rispettosamente il capo, poi si alzò e si diresse verso il grande portone dorato. Quando lo aprì, dentro di sé lo stupore si manifestò d’impatto: Aima aveva indossato una maschera. Lei, che faceva della sua pelle una maschera stessa; lei, l’incrollabile attrice, alla fine era caduta.
«Athena è pronta a riceverti.»
L’avvisò pacato Mu, salutando con un movimento della testa Marin. La rossa non rispose e superò l’Ariete entrando nel tredicesimo tempio e lasciando dietro di sé il Cavaliere e la Sacerdotessa. Avanzò con passo lento e sicuro per la Sala del Trono, finché raggiunse la dea e si inginocchiò al suo cospetto.
«Di cosa volevate parlarmi Athena?» la voce atona di Aima non rimbombò neanche nella sala, sembrava troppo vuota persino per riecheggiare.
«Voglio darti la possibilità di lasciarti alle spalle i tristi ricordi che ti legano alla Terra e di rimediare, seppur non totalmente, alla morte di Nym.»
Saga, silenzioso al fianco della dea della giustizia, poté notare l’impercettibile scatto verso l’alto del volto della marionettista. Era stata appena una vibrazione, ma fu sufficiente al Grande Sacerdote per capire che l’attenzione della rossa pendeva dalle labbra di Athena.
«Loki, sicuramente, non attaccherà da solo. Siamo convinti che si alleerà con qualcuno. Dal momento che non possiamo privare il Santuario dei nostri cavalieri, ho deciso di mandarti ad Asgard per scoprire se tuo padre ha formato nuove alleanze. Parti al più presto.»
La dea rimase seria tutto il tempo, ma alla fine un dolce sorriso affiorò sulle sue labbra. La rossa, sotto l’impassibile maschera, rimase in silenzio per alcuni istanti. Quando parlò, la sua voce atona sembrava davvero vuota, come se a parlare non fosse lei ma l’oggetto di metallo che le copriva il volto.
«Mandarmi ad abbandonare i miei ricordi proprio dove tutto è cominciato..», cominciò.
«Questo è il volere della tua dea, non hai il diritto di replicare.», intervenne gelido Saga.
«Odino è il mio Dio. Io ho semplicemente deciso di servire Athena. Comunque sia, accetto la missione.»
Per un breve istante Aima era riemersa. Rossa e ardente come i suoi occhi, come i suoi capelli. Poi, di colpo, si era spenta di nuovo.
«Vi consiglio di non abbassare la guardia.», riprese la rossa nuovamente con tono vuoto «Mio padre potrebbe stringere alleanze anche qui sulla Terra. Oltremodo, non è detto che io torni viva.»
«È proprio per questo che abbiamo recuperato il manufatto dove Ares è sigillato.» intervenne nuovamente il Grande Sacerdote.
«Athena è con te, Aima. Non morirai, hai la mia parola. Sei congedata.»
La dea troncò il discorso con voce soave e gentile, ma di nuovo lo spirito della rossa riemerse.
«Per ora.»
Sibilò dura, uscendo dal tempo.
 
«Oh figlio mio, sai che tutto questo non ti porterà a nulla di buono, vero?»
Un’altra martellata colpì l’acciaio caldo adagiato sulla grossa incudine scura, rimbombando nell’aria. La donna guardò fiera l’arma che stava forgiando, decorandone la lama ancora calda. Dopo aver immerso il metallo nell’acqua, si rivolse nuovamente al figlio.
«Accetto.»
 
Mentre Aima scendeva le scale passando per i vari templi, la sua mente rimaneva fissa sulle parole di Athena. È proprio per questo che abbiamo recuperato il manufatto dove Ares è sigillato, aveva detto. Che avessero intenzione di liberarlo? Oppure volevano solo trattenerlo nel tredicesimo tempio per evitare che Loki stringesse un patto con il Dio della Guerra? Probabilmente doveva essere la prima opzione: la lancia di Ares doveva pur essere usata. Scarlet aveva attraversato l’inferno per recuperarla. I pensieri della rossa, però, si bloccarono all’interno della terza casa.
«Solitamente si chiede il permesso al custode prima di passare.»
Kanon fermò così l’avanzare della marionettista. La ragazza girò appena il capo, continuando a dargli le spalle.
«Ho ottenuto il permesso per andare al tredicesimo tempio, non vedo perché non dovrei averlo anche per il ritorno.»
Stranamente il tono della ragazza non era superbo come al solito. Era spento, quasi abbattuto. E, altrettanto stranamente, il Cavaliere di Gemini non infierì.
«Il Corvo, messaggero di morte, sta andando egli stesso dall’Oscura Signora?»
«Probabilmente è così.»
La Silver Saint riprese a camminare, ignorando la costante presenza del custode.
«Forse è meglio che tu muoia là, sai?» riprese il cavaliere d’oro.
«Lo so.», rispose atona la ragazza.
«Dubito tu possa capire, figlia del nord.»
«Non prendermi per stupida, Kanon.» Aima si girò «Tralasciando la brama di potere di mio padre, io sono una delle cause principali della guerra. Finché non mi avrà dalla sua parte tenterà di piegarmi al suo volere eliminando chiunque possa contrastare la mia resa. Athena mi ha solo dato la possibilità di non essere uccisa qui, da uno di voi.»
Scarlet interruppe il suo spento monologo e diede ancora le spalle al Gold Saint, il quale socchiuse gli occhi.
«Aima.. sono io che ho il compito di ucciderti se tornerai viva da Asgard.»




Note di Moonie:
Capitolo un po' corto, lo so, ma un po' di sostanza comincerà ad arrivare nel prossimo chap! Spero vi sia piaciuto e, soprattutto, di non aver scritto eventuali cavolate.
Ringrazio come sempre la mia beta silvermoon74 e tutti coloro che seguono/hanno fra i preferiti/recensiscono la storia. il vostro supporto è sempre importantissimo!
Alla prossima!
  
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