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Autore: j3nnif3r    02/12/2007    3 recensioni
Una yuffientine un po' particolare, ambientata subito dopo gli eventi di "Dirge of Cerberus". Le acque si sono ancora una volta calmate, il gruppo si è ancora una volta diviso, ma riuscirà Vincent ad allontanarsi da Shelke?
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2 - Crescita

Non che fosse riuscita a dormire molto, quella notte.

Quando la luce arrivò fino al cuscino, Yuffie si girò dall'altra parte. Sentì le coperte di Tifa che venivano scostate, i suoi passi che si allontanavano leggeri sul legno del pavimento. Aprì gli occhi, e vide Shelke che dormiva ancora.

Non aveva intenzione di spiarla, ma era, beh, capitato. Si era soffermata sulla sagoma sotto il lenzuolo, composta, minuta. Il letto sembrava appena fatto. Non si era mossa molto, nel sonno. Lei si muoveva sempre, e infatti il suo letto era un campo di battaglia. Scalciando per risistemare le coperte, continuò a fissarla.

Una bambina, eh?

Forse doveva arrendersi. Forse non era davvero colpa di Shelke, tutto ciò che era successo. Forse se Vincent teneva così tanto a lei, avrebbe dovuto accettare la sua presenza.

Forse.

Si mise a pancia in su, allargando le braccia sul pavimento freddo. Certo, era così carina, Shelke. Dolce. Nessuno si era chiesto se fosse un bene, evitare di mollarla a qualcuno e non pensarci più. Dovevano provare pietà per lei, povera bimba dall'infanzia negata. E se si fosse trattato di una bambina come le altre, anche Yuffie si sarebbe impietosita.

Ma non lo era, che diamine. Possibile che non lo vedesse nessuno?

Shelke si mosse e Yuffie si sforzò di chiudere gli occhi. Dall'altra stanza iniziava a sentire le voci degli altri, Cid che imprecava per il mal di testa post-sbornia, Barret che rideva.

Forse era sbagliato, incredibilmente sbagliato, ma tutto ciò che Yuffie desiderava era che Vincent si sentisse felice.

Sentirlo ridere, per una volta. Una risata vera, non uno di quegli sbuffi strozzati.

Un altro movimento, il fruscio delle coperte. Shelke si era messa a sedere, strofinandosi gli occhi.

"...Vincent?" aveva mormorato, e si era guardata attorno. Yuffie si era morsa le labbra coprendo la faccia con il lenzuolo.

Poi, silenzio.

Aveva sporto un po' la testa, giusto per cercare di capire cosa stesse facendo quella strana bambina. L'aveva vista a sedere, lo sguardo fisso fra le sue gambe, immobile.

"Shelke...? Tutto ok?" aveva chiesto, sollevandosi.

"Sto morendo." aveva risposto lei, con voce atona. "E' successo qualcosa."

Yuffie si era alzata di scatto, facendo volare via la coperta. "Che cosa?"
Shelke l'aveva guardata, aggrottando la fronte. "Sei stata tu, non è vero?"

"A fare... cosa?"
"Sei stata tu! Come hai potuto?" Shelke si era alzata, barcollando, lasciandole vedere che il letto era sporco di sangue.

"Ma che..."

Alle sue spalle era arrivata Tifa, con in mano il vassoio della colazione. "Ehi ragazze, che ne dite di..." Aveva visto il letto, si era fermata, aveva posato il vassoio sul pavimento. "Che succede?"

"E' stata lei! Mi ha colpito mentre dormivo! Vuole... vuole uccidermi!" aveva urlato Shelke, indicando la macchia rossa sul bianco del lenzuolo.

"Io non ho fatto assolutamente niente!" aveva risposto Yuffie alzando la voce. "Non so di cosa stia parlando!"

"Shelke..." Tifa si era abbassata sul letto, l'aveva guardato meglio, poi aveva guardato lei. "Nessuno vuole ucciderti. E' tutto a posto."
"Ma non vedi? Sanguino!"
"E'... è una cosa normale."
"Normale?" Confusa, Shelke aveva fatto qualche passo indietro, aveva inciampato in una sedia ed era caduta in avanti, sulle mani.

"Il tuo corpo sta recuperando, no? Beh, questa è una cosa che succede... quando si cresce."

Yuffie aveva portato una mano alla bocca. "Oh... le è venuto il ciclo!"
"Il COSA?" Shelke aveva guardato Tifa, e gli occhi le si erano riempiti di lacrime. "Cosa state dicendo? Non capisco!"
Tifa si era alzata, trattenendo un sorriso. "Yuffie, vado a prenderle degli assorbenti. Spiegale qualcosa, su."

Quando era uscita dalla stanza, Yuffie si era rivolta verso Shelke che aveva sollevato una mano, come per fermarla. "Non provarci nemmeno."

"Eh?"

"Non voglio spiegazioni da te."
Yuffie si alzò, con le mani sui fianchi. "Beh, penso che una spiegazione ti serva, signorina. E visto che ci sono io, qui..."
Shelke si era messa le mani sulle orecchie, ancora seduta sul pavimento. Indispettita, Yuffie cercò di toglierle e ne venne fuori un parapiglia in cui entrambe si trovarono a gambe in aria.

"Lasciami!"

"Uff..." A guardarla così, con gli occhi lucidi, sembrava quasi una bimba come tante. "Senti, Shelke..." disse, sedendosi sui talloni. "Non possiamo proprio farla funzionare, questa cosa?"

"Quale... cosa?"
"Di me e te. Io voglio bene a Vincent, proprio come gliene vuoi tu. Non possiamo evitare di litigare? Per lui... ok?"
"No." Shelke tirò al petto la coperta, imbronciata. "Hai detto che mi odi. Non vedo perchè dovrei far finta di essere tua amica."

"Oh, santa pazienza..." sbottò Yuffie mentre Tifa rientrava nella stanza, con in mano un pacco di assorbenti.

"Eccoci." Ne porse uno a Shelke, con un sorriso un po' imbarazzato. "Ti mostro come si mettono?"

Lei si lasciò prendere per mano, si sollevò e seguì Tifa verso il bagno, senza voltarsi.

"Ah, Yuffie... potresti risistemare i letti, per favore?" disse Tifa scomparendo dietro la porta.

Certo, come no. Con gesti pieni di rabbia iniziò a togliere le coperte, ammassandole di lato.

Ci aveva pure provato, ad essere gentile.

 

"Buongiorno!"
Vincent sbattè le palpebre nella luce accecante che era esplosa nella stanza, quando Yuffie aveva spalancato le finestre.

"Unh... ‘giorno..."

"Sei rimasto l'ultimo, a letto! Così ho pensato di portarti la colazione... Per farmi perdonare." Gli posò sulle gambe un vassoio, con sopra delle fette biscottate, della marmellata e un caffè. "Cioè, ha preparato tutto Tifa... ma ciò che conta è il pensiero, no?"

"Yuffie..."
"Sì?"
"...Non mi piace il caffè."
"Oh..." Sollevò la tazzina, bevve in un solo sorso, e con una smorfia gli rivolse un sorriso. "Fa lo stesso. A me sì."

Vincent si mise a sedere lentamente, e lei si sedette a lato del letto. "Certo che non è giusto... Tifa ti ha riservato il posto migliore! Noi abbiamo dormito sul pavimento..."
"Come mai sei qui?"
"Te l'ho detto, no? Volevo farmi perdonare." Iniziò a giocherellare con le mani. "Sai... penso di essere stata troppo dura con Shelke. Voglio provare a diventare sua amica."

Vincent spinse il vassoio ai piedi del letto. "Dubito che accadrà. Oggi ce ne andremo."
"Non penso, Vin."
"Yuffie... ti ho già detto che..."
"A Shelke è venuto il ciclo, poco fa."
"Cosa?"

Yuffie rise, coprendosi la bocca con le mani. "Adesso è con Tifa, le sta spiegando tutto lei. Non preoccuparti, non dovrai fare la parte del paparino."

"Ah..." Vincent scostò le coperte e si alzò. "Allora ci fermeremo finchè non starà meglio."

"Già." annuì lei, con un sorrisetto trionfante. "E la marmellata? Non la vuoi?"

"Vado a fare una doccia."

Facendo spallucce, Yuffie tuffò un dito nella marmellata e lo succhiò.

 

Tifa aveva un tocco dolce, e un sorriso materno. Qualcosa che Shelke ricordava appena, come se le immagini provenissero da un altro pianeta. Come se non avesse mai vissuto il legame sottile con una madre. Le aveva mostrato come sistemare quel rettangolo di plastica, l'aveva aiutata a ripulirsi senza smorfie di disgusto, senza commenti che sarebbero stati fonte di vergogna.
Shelke l'aveva fissata tutto il tempo, limitandosi ad annuire quando era necessario. Non voleva sembrare stupida e non voleva mostrarsi troppo interessata, anche se questa strana novità era terribilmente interessante.
Nessuno le aveva mai detto che un giorno avrebbe iniziato a sanguinare.
"Ecco, è tutto a posto. Sei fresca e pulita. Dovrai cambiarlo spesso, a seconda dell'intensità del ciclo. Hai capito bene tutto?"
"Sì."
"Se hai bisogno di altri assorbenti, o di un consiglio... Vieni pure da me, ok?"
"Certo."
"Bene." Tifa si era lavata le mani dandole le spalle, e a Shelke era venuto da piangere. Così, senza una valida ragione.
Le capitava spesso, ultimamente.
"Ah." aveva aggiunto Tifa, continuando ad insaponarsi le mani. "Magari sentirai di avere qualche piccolo sbalzo di umore, in questi giorni. Anche quello è normale. Non preoccuparti."
Normale.
Era strano, pensare di esserlo.
"Perchè succede?"
"Il ciclo, intendi?"
"Sì. Perchè?"
"Vuol dire che sei diventata donna." Tifa si voltò verso di lei, si chinò per accarezzarle i capelli. "E' un evento importante, nella vita di una ragazza."
"Io... sono una ragazza?"
"Beh... Visto che hai il ciclo, diciamo che non puoi più essere considerata solo una bambina."
Shelke l'aveva guardata con i suoi occhioni chiari, con uno sguardo che sapeva di supplica. "E cosa cambia?"
Tifa aveva ricordato, in modo vago, le urla e i pianti e i pugni dati al muro quando era capitato a lei. Quando il seno aveva iniziato a diventare ingombrante. Quando aveva smesso di accettarsi, e tutti le dicevano con gioia che era, finalmente, diventata una signorina.
In un certo senso, diventare donna significava iniziare a odiarsi. Era stato così per lei, ma non poteva raccontarlo a quel piccolo essere tremante che aveva davanti. "Quando viene il ciclo... significa che puoi avere dei figli, ad esempio."

"Io?" Shelke guardò il proprio corpo, passò le dita sui piccoli seni doloranti e lungo i fianchi ancora troppo stretti. "Io posso avere dei figli?"
"Non lo so, Shelke. Non so che effetti abbia il Mako su questo..." Tifa le aveva circondato le spalle con le braccia e aveva sorriso. "Ma è una cosa che scoprirai, prima o poi. Non pensarci adesso, ok?"

"Tifa?" aveva detto Vincent, da dietro la porta.
"Oh, siamo quasi pronte! Usciamo subito!" Rivolgendosi verso Shelke, Tifa le aveva riavviato i capelli con un gesto veloce e le aveva sollevato il viso. "Pronta?"
"Sì."

Avvicinandosi un po' di più, le aveva sussurrato: "Dillo anche a lui. Sarà contento di sapere che stai crescendo davvero."
Prima che avesse il tempo di rispondere, e voleva assolutamente sottolineare come non le sembrasse il caso di gridare ai quattro venti che aveva iniziato a sanguinare, la porta venne spalancata. Il viso di Vincent, in un misto di preoccupazione e perplessità, le comparve davanti.

"Tutto bene, Shelke?"
"Sì." Abbassò gli occhi, si strinse nelle spalle. "Mi ... mi è venuto il ciclo. E' una cosa normale."
"Lo so."

"Io..." Le sfuggì un singhiozzo, e con terrore cercò di non scoppiare in lacrime come una frignona. Non poteva. Doveva mantenere un certo contegno, davanti a tutti. "Io non sapevo che succedesse una cosa simile."
"Mi dispiace, avrei dovuto parlartene. Ma... non pensavo che ..."
"Non è colpa di Vincent." disse Tifa. "E' una cosa da donne, Shelke."

"Ma... ci sono altre cose che non so?"

Nella stanza accanto, continuando a mangiare marmellata, Yuffie seguiva il discorso.

"Probabilmente, molte. Le scoprirai man mano." le rispose Vincent, in tono paziente.

"Cosa sono questi comizi, di prima mattina?" esclamò Cid sullo sfondo, accendendosi una sigaretta. "Io avrei mal di testa!"
"E' vero che posso avere dei figli?" chiese Shelke, e nell'aria fu percepibile un irrigidimento generale. "Come si fa?"
Cid diede una lunga boccata alla sigaretta e si allontanò lentamente, retrocedendo, verso il corridoio.

"Sarà meglio parlarne in un altro momento, quando saremo tutti più calmi." disse Tifa, guardando Vincent. Lui annuì. "Se volete restare qui per un po', non ci sono problemi. C'è spazio per tutti."

Yuffie aveva esultato in silenzio, lasciandosi cadere sul letto di schiena.

"Dai, ora lasciamo che Vincent si sistemi." continuò Tifa, e con gentilezza prese Shelke per mano e la condusse nell'altra stanza. "Ti rifarò il letto, così potrai riposare ancora un po'."

 

Forse aveva davvero sottovalutato la situazione.

Forse portarsela semplicemente dietro, senza domandarsi cosa lei volesse, cosa pensasse, in che modo riuscisse a percepire un mondo che le si mostrava per la prima volta, non era una grande idea.

Da egoisti, probabilmente.

Da idioti.

Quello che, dopotutto, era sempre stato.

Forse Yuffie aveva ragione, e lasciarla lì con loro sarebbe stato meglio. Avrebbe potuto crescere. Normalmente.

Dimenticare.

Posando i pantaloni con cui aveva dormito sulla sedia, accanto alla doccia, Vincent sospirò.

Era esattamente ciò che non voleva.

Che dimenticasse.

 

Rimasta finalmente sola, Shelke si era seduta sulla panca. L'ingombro nuovo dell'assorbente fra le gambe la faceva sentire goffa. Tifa le aveva chiesto, con quella gentilezza esagerata, se avesse bisogno di qualcosa, e lei aveva risposto di no. Voleva solo un po' di silenzio, e rimase ad osservare i saluti e gli abbracci quando Cid e Barret andarono via.

Tutte quelle persone appartenevano ad un gruppo di cui lei non faceva parte.

In un certo senso, comprendeva come mai Vincent non volesse fermarsi troppo. Nemmeno lui era adatto alle riunioni fra amici, e di certo non si sentiva davvero del gruppo.

Nemmeno lei si era mai sentita a suo agio, in queste cose. Anche... prima. Ma era triste notare come tutti, lì, la trattassero con distacco.

Tifa era dolce perchè pensava che ne avesse bisogno, non perchè voleva esserlo.

Provavano pietà, non interesse.

Vincent era l'unico che poteva capirla. Che aveva scelto di starle vicino, solo perchè lo desiderava.

"Ciao." Yuffie la sorprese mettendo il viso di fronte al suo, strappandola alle riflessioni. "Che fai?"

"Aspetto che Vincent sia pronto."
Le si era seduta accanto, e Shelke si era scostata verso il muro.

"Ci metterà un po', credo. Mi sono sempre chiesta quanto ci metta ad asciugare i capelli... o se usi del balsamo..." Non ottenendo risposta, Yuffie le si era avvicinata. "I tuoi capelli sono cresciuti. Stai molto bene."
"Perchè fai così?"

"...Come?"

"Perchè fai finta di voler essere mia amica?"
"Io non faccio finta, Shelke. Non è proprio possibile andare d'accordo?"

"No."
"Uhm..." Yuffie aveva appoggiato le spalle al muro, guardando il soffitto. "Beh, pensavo... Visto che dovremo vivere qui insieme per un po', magari potremmo smettere di darci addosso in continuazione, ecco!"

"Non è necessario."

"Dici? Pensi che a Vincent non farebbe piacere?"
"Penso che non gliene importi per niente."
Yuffie rise. "In effetti... Ma sai, lui non è così barboso come sembra. Secondo me gli importa. Siamo entrambe sue amiche, no?"

"Tu non lo conosci."
"Non lo conosco? Veramente lo conosco da molto più tempo di te..."

"Non conosci certe cose di lui."
"Ehm... certe cose?"
"Sì."

"...Ad esempio?"

Ad esempio, c'era l'espressione con cui la guardava, alcune volte.

Ammirazione e paura.

Il fremito delle mani che si avvicinavano.

I sorrisi timidi e il calore degli sguardi appena accennati.

Il modo in cui l'aveva pregata di non farlo.

Le parole che aveva scelto per giustificare un pisolino al sole.

I gesti con cui le faceva capire come ogni momento con lei era importante.

Tutte cose che, Shelke lo sapeva benissimo, non le appartenevano. Ma c'erano.

E non le conosceva nessuno, se non lei.

"Ti riferisci ai ricordi?" chiese Yuffie.

"Sì."

"Io... non penso che tu possa dire di conoscerlo solo per quello."

"Era diverso." Dicendolo, Shelke aveva provato un'enorme tristezza. Rimorso. Brandelli di sensazioni che pensava fossero ormai scomparse. Senza che se ne accorgesse, aveva iniziato a piangere. In silenzio.

Yuffie le aveva tenuto le mani, e Shelke aveva deciso di non ritrarsi.

"Non possiamo... parlarne? Credo che ti sentiresti meglio."

"Tu non sei affatto interessata a parlarne con me."

"Se non lo fossi, starei guardando la tv!"

Shelke le aveva lasciato le mani, e si era voltata dall'altra parte. "Sai benissimo cosa voglio dire."

"Oh, non puoi semplicemente spiegarmelo?"

Senza rispondere, era scivolata via da sotto il tavolo e si era precipitata fuori, di corsa.

Non le interessavano quelle attenzioni false.

Non ne aveva bisogno.

 

   
 
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