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Autore: Rain_bow    18/05/2013    2 recensioni
E se Twilight non fosse stato scritto, ma gli eventi si sarebbero comunque sviluppati nello stesso modo? Ed ora, i Cullen dopo 5 anni se ne sono andati da Forks lasciando la cittadina al suo quieto vivere?
Quieto fino all'arrivo di Lola, che porterà scompiglio e il ritorno di chi se ne era andato.
Tratto dal racconto:
Il silenzio è amico di chi lo abita, per gli altri è un'eterna tortura.
C'è chi si ciba di quegli attimi di silenzio della vita, chi invece preferisce vivere l'attimo, chi se ne ciba di ogni singolo attimo presente e chi invece si ciba di vita.
In casa, quella sera vi erano tre presenze. Una non la si poteva definire umana, una non la si poteva definire del tutto viva dato che con la sua tazza ancora fumante di caffè fissava un punto vuoto nella sua mente.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward, Jacob/Renesmee
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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NOTA DELL'AUTORE:
Se qualcuno legge questo capitolo, vorrei subito preannunciare una cosa.
A dir la verità non sono troppo convinta di come si sta svolgendo la situazione della storia, mi sembra un po' troppo dolorosa e credo che questo capitolo non sia proprio il massimo. 
Lasciatemi un commento e ditemi che ne pensate, se devo cancellarlo e riscriverlo o continuare per questa strada non so che fare.
 
 
 
Il silenzio è amico di chi lo abita, per gli altri è un'eterna tortura.
C'è chi si ciba di quegli attimi di silenzio della vita, chi invece preferisce vivere l'attimo, chi se ne ciba di ogni singolo attimo presente e chi invece si ciba di vita.
In casa Tanner, quella sera vi erano tre presenze. Una non la si poteva definire umana, una non la si poteva definire del tutto viva dato che con la sua tazza ancora fumante di caffè fissava un punto vuoto nella sua mente. 
In casa Tanner, quella sera vi erano tre presenze, due delle quali si cibavano di vita. Se ne cibavano come di una droga, che viene assunta per scopi curativi che per puro piacere. 
In casa Tanner, quella sera, una persona si cibava di vita come i malati di cure; Lola aveva capito ormai da tempo che vivere era il miglior rimedio di ogni male, si cibava di ogni attimo passato che era riuscita a colmare con un ricordo.
Ma nella stessa casa, c'era chi della vita ne abusava. Colui che aveva piegato la natura stessa e il normale svolgersi degli eventi tramando un semplice ma letale patto con il male. Chi prendeva possesso delle vite altrui, per continuare un'esistenza impossibile nell'equilibrio del mondo.
Ma Lola, quel momento non lo poteva definire vita, nonostante sapeva che se ne sarebbe sempre ricordata. Quello per lei era il poco tempo che le mancava alla morte. Ormai lo aveva capito e non riusciva più a trattenere il lamento che si sentiva salire dal petto. Il cuore le batteva all'impazzata, ma i muscoli le sembravano immobilizzati. 
Il silenzio è amico di chi lo abita, ma a Lola sembrava un'eterna tortura.
L'amico del silenzio, colui che oltre a piegare la vita al suo volere era riuscito a comandare il suono saliva con studiata lentezza le scale. Era ormai da qualche tempo che assaporava quel momento, e finalmente era giunto.
Aveva dovuto aspettare, e per una volta il tempo non era stato suo alleato. Ma era stato paziente ed ora era finalmente stato ricompensato.
Giunse finalmente alla porta, si bloccò per un istante. Assaporò l'aria e quell'odore dolciastro che gli fece bruciare la gola. Sorrise tra sè: quel fuoco presto si sarebbe spento.
Lola serrò gli occhi, qualcosa nel suo cuore le diceva che l'ora tanto temuta era giunta. Non pensava al futuro, non pensava affatto. Voleva solo fuggire lontana dal suo corpo, ma si sentiva intrappolata e stava impazzendo. Ma un qualunque sono che potesse arrivare come conferma alle sue paure non arrivò e si decise ad aprire gli occhi.
 
Il tempo ricompensa i pazienti. 
Ed ora il compenso era stato davvero meritato. La ragazza aveva un sapore davvero buono, non che facesse tanta differenza, per lui il cibo era sempre cibo, ma doveva ammettere che l'idea di possedere in qualche modo quella ragazza lo affascinava. 
Era davvero felice, ma dopo tutto quel tempo voleva assaporare il bel momento per un bel po' prima di assaporare il suo desiderio. Voleva godersi la vincita prima di assaporare la vittoria, così procedette con calma.
"Tu devi essere Lola" disse sospirando, come se lo dispiaceva.
La ragazza non rispose. Teneva gli occhi sbarrati immobile nella sua espressione di orrore.
"Oh.." si chiuse la porta alle spalle, e iniziò ad esplorare la cameretta, con movimenti estremamente lenti. "Chi tace, acconsente. Così si dice dalle mie parti, e quindi devo dedurre che sei tu" sorrise leggermente, quel tanto che bastava perchè fosse sicuro di mostrare i denti.
"Mi sembra di parlar da me" disse triste, voleva che la sua preda partecipasse al suo gioco. "Sai non mi piace fare monologhi, quindi..." si avvicinò all'orecchio della ragazza ancor prima che l'idea lo avesse sfiorato. "parla" le sussurrò piano. Annusò ancora l'aria. Da quella posizione, avrebbe impiegato neanche un sessantesimo di secondo ad affondare i denti nel collo della ragazza. Ma voleva divertirsi ancora un po'.
Ma la ragazza continuava a starsene zitta, e lui si stava stancando di ascoltare solo i battiti impazziti del suo cuore.
"Parla!" ordinò di nuovo, questa volta alzando la voce e facendola sussultare.
Ma lei continuava a starsene zitta, e la sua pazienza era al limite.
Il bruciore alla gola gli annebbiava il cervello, non sarebbe riuscito a controllarsi ancora a lungo, era da molto che non si cibava e il dolore gli ricordava di dover far in fretta. Per lui era una lotta tra dolore e piacere, ma a vincere fu il suo impeto di dolore. Con uno scatto repentino prese la ragazza per il collo, la fece volare fino al muro, vicino alla finestra, dove la tenne sollevata a qualche centimetro da terra.
La ragazza cercò furiosamente di liberarsi, iniziò a muovere e sbattere contro lo spigolo della scrivania. Non sapeva molto di difesa, anche se sapeva che sarebbe stato vano tentò un calcio al cavallo del mostro. Non capì bene cosa accadde, ma dalla spinta della sua mossa urtò contro il computer spento. Ora aveva il collo libero, ed era distesa sulla scrivania. Respirava a fatica e non riusciva a tossire. Era appena stata gettata come una penna su un banco.
"Parla e se ne avrò voglia potrai vivere qualche secondo di più" disse il mostro, che ora l'aveva afferrata per la mascella e l'aveva gettata a terra. Sentì la fitta di dolore alla testa prima di capire cosa fosse successo. Aveva sbattuto nello spigolo del letto.
Cercò di gridare, ma dalla gola le uscì un suono strozzato e tossì.
Il mostro si era accovacciato su di lei ed ora la afferrava di nuovo per la mascella.
"Dimmi cosa è successo" le stava urlando contro il mostro, a pochi centimetri dal suo viso.
"Io non so niente" finalmente dopo giorni aveva parlato e quell'enorme sforzo le fece capire dell'intensità del suo desiderio di rimanere stretta alla vita.
"Che cosa gli hai fatto?" gridò ancora, stringendo nuovamente le mani attorno al suo collo.
Non riusciva a respirare, si sentiva morire ogni parole in gola. Il mostro allentò la presa perchè potesse replicare. "Non so di cosa parli"
Fece un mezzo sorrisetto, si avvicinò alla sua faccia e le strinse i capelli. Con un gesto fluido la scaraventò addossò alla parete bianca che si ruppe e la fece cadere oltre il muro.
"Mio fratello, gli hai tolto il potere. Lui mi serve" 
La ragazza continuava a non capire, ma ora nella sua mente annebbiata dal dolore iniziarono ad affiorare due occhi rossi e innaturali che la fissavano.
"Non so di cosa parli" 
Ma forse stava iniziando a capire l'impensabile, non esisteva solo una creatura ma ne esistevano molte di più. Una di quelle la stava per uccidere, ma prima aveva bisogno di un'informazione. Informazione che non aveva, ma che doveva fingere di possedere per continuare a vivere ancora un po'.
"Tu non lo sai, sei un umana, ma sei la causa. E io le cause adoro eliminarle." si guardò intorno, distratto per un attimo da qualcosa di impercettibile.
Non riuscì a trattenere le lacrime che le rigarono il viso, ora coperto da sottili sgraffi. "No non lo so, ma non ho colpe, non ho fatto niente, lasciami stare" stava cercando di implorarlo ma sapeva che era impossibile.
Si avvicinò in un attimo ai suoi occhi. "Oh.. tanta fragile perfezione umana. Lo capisco." ora sembrava davvero dispiaciuto, un dispiacere falso malamente nascosto dall'ardore degli occhi impazienti.
 
Tutto accadde in pochi secondi. Sentì un dolore fortissimo alla gamba, tentò di urlare ma non ci riuscì. Aspettava un ultimo colpo, forse peggiore di quello che l'avea sbattuta nuovamente verso il muro. Invece il dolore rimaneva concentrato alla sola gamba riempito da un suono di guerra. Davanti a sè, quasi impercettibili due figure si muovevano a una velocità impossibile, si contorcevano e sembravano scoppiare. Una macchia marrone ed una più scura, nera. Poi, una delle due ebbe la meglio e gettò i due corpi contro la finestra che si infranse. I corpi caddero dal secondo piano, troppo lontani dalla visuale di Lola.
Il dolore alla testa e alla gamba sembrava peggiorare, solo l'adrenalina le dava la forza di rimanere attiva. Non poteva permettersi di svenire, altrimenti sarebbe stata la fine, questo era certo.
Era lì che pensava incessantemente un modo per fuggire dalla casa, ma tutto sembrava irraggiungibile. Poi un'altra certezza la colpì profondamente. Anche suo zio era in casa, lui come stava?
Cercò di alzarsi, per mettersi a sedere, ma le forze le mancaronò e ripiombò giù, ancora più vicina alla via che l'avrebbe portata al buio.
"Non devo cedere" si disse, e riuscì a strisciare con i gomiti, muovendo per quanto riuscisse la gamba dolorante
Il rumore di lotta che aveva sentito fino a poco prima sembrava sparito, ma non poteva sperare che non tornasse il mostro. In quel momento non poteva neanche sperare che la macchia marrone fosse davvero un salvatore se non un'altra minaccia.
Riuscì a raggiungere la porta. Poi però dovette arrendersi e tentò di urlare. 
"Sono qui!" e nel silenzio, mentre aspettava una qualunque risposta sentì lo squillante scampanellio della porta.
Non sapeva chi potesse essere, ma era abbastanza sicura che non fosse arrivato ancora un altro mostro. 
"Aiuto! Sono qua, venite ad aiutarmi!" continuò a gridare.
Il campanello continuò a suonare per qualche minuto, poi smise e dopo un tempo che sembrò infinito ci fu un botto assordante.
Lola urlò ancora, e dei passi rumorosi preannunciarono che il suo salvatore stava salendo le scale.
  
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