Anime & Manga > Pretty Cure
Segui la storia  |       
Autore: drawandwrite    19/05/2013    5 recensioni
Ryan Gray è un normalissimo studente Americano, da poco trasferito in Giappone per studi specifici.
La sua vita viene da subito turbata da un incontro particolare, che lo spaventerà e ecciterà al contempo.
Nel frattempo le vite Di Nozomi, Komachi, Karen, Urara, Rin, e Kurumi trascorrono tranquille.
E così sarà finché la loro strada non si incrocerà con quella di Ryan Gray.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Rin aprì gli occhi.
la sua mente riemerse a fatica dal sonno stordente della mattina, mentre la vista avviava pigramente i meccanismi necessari per inquadrare le assi del soffitto e appropriare il giusto limite alle indistinte macchie di colore. Quando fu certa che i suoi sensi si fossero ridestati al meglio, si issò a sedere delicatamente, senza forzare a strappi bruschi il fisico provato dal veleno.
Fu piacevolmente sorpresa di non cadere vittima di un forte capogiro nell’atto di contrarre l’addome, e la situazione migliorò quando fu in grado di avvertire chiaramente che il capo non era più pressato da una morsa frastornante. Ne dedusse che la febbre le era scesa e, forse, addirittura sbollita completamente. Ciononostante gli angoli degli occhi persistevano in un forte bruciore, mentre ogni giuntura le rendeva difficoltoso il movimento anche più millimetrico.
Sbuffando, si sostenne al comodino per alzarsi, cosa che, tutto sommato, non le riuscì particolarmente dolorosa. Ficcò un braccio nell’ammasso di vestiti accartocciati che teneva sopra quella che un tempo doveva essere una sedia ma che, col passare degli anni, aveva preso la funzione di attaccapanni. Ne estrasse la divisa scolastica ,apparentemente accettabile, giusto per rientrare negli schemi della decenza umana.
Entrò in salotto, tentando di mascherare la propria difficoltà motoria sotto una disinvoltura sciolta che contrastava nettamente con i muscoli rigidi e doloranti. Si passò una mano fra i capelli, trovando difficile riuscire a districare le dita dai nodi mostruosi che si erano creati durante la notte, e sbadigliò a mascella libera, rischiando quasi di slogarsela.
La stanza era riscaldata e l’aria aleggiava tiepida, ma il pavimento era congelato e Rin dovette spostarsi in punta di piedi, dal momento che il giorno prima si era spogliata rapidamente dimenticando le pantofole all’ingresso.
Lanciò un’occhiata stranita al tavolo vuoto e alla sala deserta. Riecheggiava ritmicamente il classico suono attutito del lavandino sgocciolante, mentre il solito profumo di detersivo al limone ,che la madre usava per i piatti, le punse le narici. Di solito, a quell’ora, il tavolo era imbandito per una colazione abbondante e arricchito dai familiari che si affrettavano per ottenere i biscotti più fragranti e il monopolio del microonde.
Rin corrugò la fronte e un dubbio gelido le strisciò sulla schiena.
Lanciò uno sguardo angosciato all’orologio.
Si sentì mancare.
Nel medesimo istante, il cigolio di una porta preannunciò l’entrata in scena del padre, pronto per il lavoro.
La ragazza si grattò la nuca, rifiutando l’evidenza. Non voleva credere che fossero arrivati a tale punto.
Si voltò furente verso il padre, il quale dapprima le lanciò uno sguardo interrogativo, poi si avviò tranquillo alla cucina, scaldando del latte e del caffè.
-Dov’è la mamma?- esordì Rin, allargando le braccia in un segno di esasperazione.
Il padre si voltò a guardarla come se avesse perso completamente il senno –è al lavoro- rispose asciutto, accompagnando il tutto con una lieve alzata di spalle.
Rin percepì un ondata di ghiaccio cingerle il corpo al pari di una doccia fredda.
-Doveva portarmi a scuola oggi!- ringhiò di rimando, percependo chiaramente il sangue aumentare il proprio circolo nelle vene pulsanti –non può essere già partita-
Lui le lanciò uno sguardo a sopracciglia alzate, facendole intendere che si stava sbagliando completamente. Scosse la testa con una risatina irritante –tua madre è al lavoro-
Rin spalancò la bocca e sgranò gli occhi –E Yu ed Ai? Doveva portare a scuola anche loro oggi- sbottò con stizza, indicando il corridoio che dava sulla stanza dei gemelli con un gesto rabbioso.
-L’ha fatto- fu la risposta. Secca. Diretta.
Uno schiaffo in pieno viso.
Rin ci rimase di stucco. Fissò il padre con una maschera di granito che le alterava il viso, mentre le braccia si stringevano convulsamente su sé stesse. Non ci poteva credere. Non ci voleva credere.
-E io?- fece in un flebile sussurro, lasciando che un breve brivido le cavalcasse la spina dorsale, monito di un’ormai imminente crisi di nervi.
-Non ti svegliavi, tesoro- Rispose lui, dandole la schiena, intento a rimescolare lo zucchero all’interno della sua tazza.
Rin rimase in silenzio. Impalata nel bel mezzo del salotto, le braccia strette al petto e l’incredulità fredda che sfumava lentamente, sostituita da una crudele concretezza dei fatti che prendevano consistenza e si mostravano in tutta la loro insensibilità.
Percepì le papille gustative immerse nell’amaro gusto della delusione.
Ignorata.
Ignorata.
Ignorata.
-Perché non l’avete fatto voi?- ringhiò in un esplosione d’ira, senza più riuscire a frenare la violenta tensione che spronava ogni centimetro del suo corpo ad urlare di strazio e di rabbia. Era stata ignorata. Era stata dimenticata. Volutamente lasciata indietro. Una rabbia cieca le cacciò uno scossone convulso fra le membra e le chiuse la bocca dello stomaco.
Il padre la guardò con severità in risposta al forte sfogo emotivo che si era lasciata sfuggire. Nuovamente alzò entrambe le sopracciglia –Pensavo fossi in grado di farlo da sola- rispose tagliente, lo sguardo affilato e l’espressione seria, protesa all’offensiva nei suoi confronti.
Rin avvertì le viscere rimescolarsi fra lo sterno e l’addome, il respiro farsi più corto e l’ira trasfigurarle i tratti, mentre lo sguardo si apriva su un sipario cieco, abbagliato unicamente dall’irrefrenabile desiderio di sparire.
Inutile.
Inutile.
Inutile.
Era lo sfondo costante della sua vita. Un sapore amaro e pungente che la travolgeva. Una minaccia perenne che le puntava contro la lama, che approfittava dei suoi momenti di debolezza per assaltarla, sbranare la sua personalità, la sua autostima, strappandole di dosso pregi e difetti, spezzando la sua indole come un ramo secco. Non voleva essere diversa. Non voleva essere ciò che le chiedeva la famiglia. Non voleva personificarsi in uno stupido automa inanimato, pronto ad assecondare gli ordini assegnati.
Ignorò il padre, le sue parole affilate, il suo sguardo dal disprezzo amaro, il muto messaggio che le scoccava.
Senza più tollerare la sua presenza nella stanza, uscì sbattendo con violenza la porta, sfogando la sua rabbia in quel patetico gesto, superfluo, inefficace perché riuscisse a dissipare l’incendio di rabbia che le dilaniava il petto.
Si infilò le scarpe da tennis e uscì afferrando la cartelletta di scuola abbandonata, dal giorno precedente, a far compagnia alle pantofole. Si avviò con lunghe falcate brusche verso la più vicina fermata del pullman.
Percepiva i contorni degli occhi inumidirsi, le labbra tendersi e la rabbia annodarsi nella gola in un soffocante groppo.
No.
Si arrestò nel bel mezzo del marciapiede, passandosi una mano sul viso.
Non voleva sprecare le proprie emozioni, per quanto negative fossero. Non avrebbe permesso a nessuno di costringerla a versare lacrime vane.
Strinse i pugni.
Il padre aveva scelto di sfidarla.
E lei avrebbe reagito.
 
Nozomi alzò lo sguardo annoiato alla lavagna, riportando ciò che tracciava il gesso  sul suo quaderno in inchiostro blu Appoggiò il capo al palmo della sua mano, fissando di sbieco il banco vuoto di Rin alla sua sinistra. Sospirando fece per tornare alla lezione di matematica, ma incrociò lo sguardo di Ryan.
Nemmeno lui riusciva a darsi pace per l’assenza di Rin. Molto probabilmente i medesimi pensieri sfioravano le loro menti, e la preoccupazione assaliva entrambi allo stesso modo.
Kokoda aveva detto loro che sarebbe stata questione di un paio di giorni, giusto il tempo per espellere il veleno ed eliminare le tossine dal fisico.
Eppure Rin non si faceva vedere.
Forse la febbre non le era scesa. Forse preferiva riposare un altro giorno prima di tornare alla quotidiana routine frenetica.
Forse.
Nozomi chiuse la questione nella sua testa. Era inutile torturarsi con pensieri negativi e speranze contrastanti. Non aveva motivo di preoccupazioni: Rin era forte ed era perfettamente in grado di combattere contro il veleno. Si sarebbe ristabilizzata in fretta.
La campanella suonò, stabilendo il termine dell’attuale lezione e l’inizio della successiva.
La professoressa di matematica racimolò il suo materiale nella borsa, firmò sul registro e fece per alzarsi dal posto di cattedra, quando la porta della classe si spalancò inaspettatamente, facendo trasalire gran parte dei presenti.
Nozomi sgranò gli occhi.
Sulla soglia della classe si appoggiava allo stipite della porta Rin, affannata e in pieno scompiglio; a partire dalla divisa scolastica, piegata in più punti da grinze sottili e accartocciata come un foglio di carta rovinato, all’espressione stravolta, sfiorata dai capelli in completo subbuglio che si contorcevano sul suo collo, sfidando qualsiasi legge della fisica.
La professoressa in questione, una volta ripresa dallo sfiorato infarto, la rimbrottò per i suoi “modi di fare”, quindi pretese la giustifica per il ritardo scolastico.
A quel punto Rin aveva sfoggiato una delle sue migliori occhiatacce seccate, aveva incrociato le braccia al petto e aveva risposto asciutta–Non ce l’ho-
Gli occhi severi della docente guizzarono su di lei con un’espressione acida, quindi  prese fiato per ribattere e, molto probabilmente, per sbatterla fuori dalla classe, ma una voce familiare interruppe la breve discussione fra le due.
-lasci stare, me ne occupo io-
Dalle spalle di Rin comparve Kokoda, munito di materiale scolastico e di un sorrisetto inflessibile stampato in volto.
La collega alzò un sopracciglio, quindi puntò il capo della sua penna contro Rin, con un espressione grinzosa piuttosto simile a quella che assumeva nel momento delle interrogazioni.
-La ragazzina ha un ritardo non giustificato- insisté con voce arcigna.
Il sorriso di Kokoda non diede segni di morire, ma il suo sguardo si fece duro, velante una muta sfida fredda.
-la sua ora è terminata- mise una mano sulla spalla di Rin – me ne occupo io- sillabò, giusto per essere certo che la docente afferrasse il concetto in fretta.
Lei alzò il mento con pieghe acide fra gli angoli della bocca, quindi afferrò in malo modo la borsa e uscì dalla stanza borbottando un saluto formale e puramente professionale.
Nozomi riprese a respirare. Rin aveva rischiato grosso sfidando la terribile docente di matematica. Fortunatamente Kokoda aveva preso in mano la situazione e aveva riportato tutto alla normalità. Disse a Rin di portare la giustifica l’indomani, ma Nozomi lo conosceva: sapeva perfettamente che avrebbe riportato sul registro la giustificazione di Rin: quella era solo una recita formale perché gli alunni non si montassero la testa con lui e decidessero di riportare uscite, ritardi e assenze ingiustificate.
Rin rispose con un cenno del capo al saluto timido di Ryan, quindi si sedette pesantemente al fianco di Nozomi, estraendo quaderno e astuccio.
-Cavolo, Rin! L’hai spuntata per un pelo, questa volta- le sussurrò, assestandogli una lieve gomitata di intesa al braccio.
Lei si ritrasse bruscamene al contatto, tentando di sopprimere un’espressione infastidita e di sorridere di rimando.
Nozomi si maledisse. Evidentemente Rin non si era ancora ripresa del tutto e il veleno aveva reso sensibili alcune zone del suo corpo. Si impose di non toccarla da quel momento, onde evitare che le procurasse del dolore.
-Come stai?- sussurrò.
Rin scrollò le spalle.
E Nozomi si cucì le labbra. Aveva imparato a decifrare i movimenti e i modi di fare dell’amica, a cogliere i messaggi muti che solo i suoi gesti lasciavano trasparire. I sentimenti e le emozioni di Rin erano sempre barricati dietro uno spesso guscio dotato di spine aggressive, pronte a respingere chiunque cercasse di entrarvi senza il suo consenso.
Ma Nozomi, col tempo, era riuscita a studiare la personalità di Rin e aveva lentamente ricominciato a capirla, anche dopo il forte sbalzo di personalità che aveva subito da un paio di anni.
Nozomi era in grado di leggere il suo umore.
E quella mattina Rin era di pessimo umore.
 
Urara si sedette al tavolo della mensa, in attesa che le compagne la raggiungessero per pranzare insieme. Chinò il capo verso destra, giocherellando distrattamente con le ciocche dorate che danzavano sulle sue spalle come molle.
Non dovette aspettare molto: la raggiunsero in fretta Karen e Komachi, seguite dai soliti sguardi curiosi e ammiranti. Le si sedettero affianco accennando un saluto composto e appoggiando al tavolo i vassoi riccamente decorati di pietanze varie.
Subito dopo videro comparire, in coda per riempire i vassoi, Ryan e Nozomi, la quale aveva assunto l’importante compito di sorvegliare sul ragazzo fortemente a rischio, dal momento che si trovavano nella stessa classe.
Urara li seguì con lo sguardo mentre si avvicinavano chiacchierando distrattamente del più e del meno, Nonostante l’ansia di Ryan fosse ancora palese nelle occhiate spaventate che, di tanto in tanto, si lanciava alle spalle, come se si aspettasse di vedere comparire una belva famelica pronta a divorarlo.
Ryan esitò qualche secondo, trovandosi davanti il tavolo con le Pretty Cure riunite, e rimase indeciso sul da farsi, impalato sotto gli sguardi curiosi delle ragazze, mentre Nozomi si sedeva con piena naturalezza, prendendo a raccontare animatamente del diverbio – spassoso, a detta sua- fra la professoressa di matematica e Kokoda.
Urara gli sorrise allegramente – siediti, Ryan- lo invitò, indicandogli la sedia vuota al suo fianco. Il ragazzo ubbidì, visibilmente teso. Era palese che non si trovasse a proprio agio fra di loro, in fondo non le conosceva appieno ed era stato costretto ad avere contatti e rapporti piuttosto stretti improvvisamente. La ragazza fece del suo meglio per farlo integrare nel suo discorso e per non farlo sentire troppo in soggezione, ma il ragazzo si chiudeva in sé stesso e svincolava dalle domande personali che gli porgeva Urara, giusto per dare via ad una conversazione spensierata.
La ragazza dovette rinunciare, quindi permise al ragazzo si mangiare in silenzio, senza trascinarlo forzatamente al centro dell’attenzione: non voleva gettarlo in una situazione più scomoda di quella attuale.
Ad un tratto un curioso brusio attirò l’attenzione del gruppo, Nozomi si sporse, dondolandosi sulla sedia, per riuscire a scorgere uno sprazzo di ciò che stava accadendo.
Urara cercò di penetrare il muro di folla, ma la coda per la mensa era folta, compatta e le impediva di vedere oltre.
Con sua grande sorpresa scorse Rin avvicinarsi a passo sostenuto al tavolo, seguita da sguardi basiti e addirittura spaventati. 
La ragazza posò con violenza il vassoio al tavolo, facendo trasalire le compagne e, catturata una sedia dal tavolo vicino, si avvicinò per trovare uno spazietto fra le amiche. Nozomi le sorrise, scostandosi un poco con la sedia per fare spazio all’amica e facendo segno a Ryan di fare lo stesso. Il ragazzo, con la stessa scioltezza e disinvoltura di una lastra di marmo, si spostò verso sinistra,  chiudendosi in un agitazione man mano più evidente dal momento in cui Rin incastrò la sedia accanto alla sua.
-Che succede, Rin?- fece Komachi, lanciando uno sguardo curioso alla folla ancora in subbuglio.
La ragazza fece un gesto di noncuranza con la mano, conficcando la forchetta nella carne del suo piatto impugnandola come fosse un pugnale.
-Niente- rispose con tono burbero –solo un imbecille di atletica che non accetta la sconfitta da parte di una donna- continuò sibilando di rabbia.
-Ahia- gemette Nozomi.
Rin era fortemente femminista e non accettava la minima insinuazione sul “sesso debole”. Era capace di perdere le staffe per una semplice battuta a tema.
-fammi indovinare- interloquì Karen –quella donna sei tu-
Rin alzò lo sguardo, inarcando le sopracciglia –ovvio- rispose, secca.
-Ahia- gemette ancora Nozomi, rendendo il suo tono più disperato.
Urara posò forchetta e coltello e la guardò ad occhi sgranati. Era abituata al carattere ribelle di Rin, ma si era accorta facilmente dell’aggressività crescente che acquisiva la ragazza col passare dei giorni, fatto che non rientrava minimamente con la semplice indole caratteriale dell’amica.
-Rin, non lo hai toccato, vero?- chiese con angoscia.
Lei ingoiò il boccone e scrollò le spalle.
Pessimo segno.
-Gli ho solo mollato un pugno- rispose con naturalezza, come se quel “solo” potesse giustificare la sua azione.
 
Ryan lanciò uno sguardo incredulo a Rin.
-Gli hai solo … - lasciò morire la frase in gola mentre la ragazza gli lanciava un occhiataccia di fuoco.
Quella ti rivolta come un calzino.
Ryan sbiancò. 
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pretty Cure / Vai alla pagina dell'autore: drawandwrite