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Autore: Rain_bow    19/05/2013    2 recensioni
E se Twilight non fosse stato scritto, ma gli eventi si sarebbero comunque sviluppati nello stesso modo? Ed ora, i Cullen dopo 5 anni se ne sono andati da Forks lasciando la cittadina al suo quieto vivere?
Quieto fino all'arrivo di Lola, che porterà scompiglio e il ritorno di chi se ne era andato.
Tratto dal racconto:
Il silenzio è amico di chi lo abita, per gli altri è un'eterna tortura.
C'è chi si ciba di quegli attimi di silenzio della vita, chi invece preferisce vivere l'attimo, chi se ne ciba di ogni singolo attimo presente e chi invece si ciba di vita.
In casa, quella sera vi erano tre presenze. Una non la si poteva definire umana, una non la si poteva definire del tutto viva dato che con la sua tazza ancora fumante di caffè fissava un punto vuoto nella sua mente.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward, Jacob/Renesmee
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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NOTA DELL'AUTORE:
Spero che questo capitolo vi piaccia.
Questo, vi prometto, è l'ultimo capitolo prima dello sconvolgimento degli eventi.
Aspetto solo che mi dite cosa ne pensate e le vostre critiche.


Il dolore fa dimenticare la logica degli eventi, in punto di morte c'è chi giura d'aver visto qualcosa di impossibile, un angelo forse o una persona morta. Ebbene, colui che lo afferma non mente, crede solo in una verità sbagliata e corrotta dal dolore.
Così, nel mezzo del dolore, non sapevo se credere a ciò che vedevo davanti a me.
Eppure l'immagine sembrava così nitida da sembrare reale. O ero pazza o stavo per impazzire del tutto.
Perchè di fronte a me, c'era lui, non uno sconosciuto qualunque, ma Lui.
Nell'agonia del momento, non riuscivo a trovar logica al mio pensiero. Quel ragazzo era davvero bello. Più bello del dolore che stavo provando.
Anche questa volta aveva indosso i pantaloni lunghi e scuri, indossava solo quelli, senza maglie o scarpe.
Nella sua immobilità sembrava a suo agio con sè stesso. Apparve all'improvviso, semplicemente prima non c'era e poi era apparso.
Ma ora che lo avevo davanti agli occhi si muoveva con gesti studiatamente lenti. 
Mi stava guardando con i suoi occhi mostruosi dall'alto verso il basso. Mi si accucciò vicino e avvicinò una mano al mio viso.
Ebbi come un flah, ricordandomi di quando ero in aereo e desideravo toccare la pelle dello strano tipo cipolla. L'uomo dalla pelle marmorea, accompagnato da quella ragazzina dal colorito cadaverico. Sussultai. Forse esistevano più mostri di quanti me ne potessi immaginare, forse ne avevo trovati a centinaia durante la mia vita, ma i miei occhi erano troppo appannati dall'illusione per potermene rendere conto. 
Ma loro non mi avevano fatto del male, e i loro occhi non erano così mostruosi. Forse non tutti erano veramente mostri, forse alcuni sapevano provare pietà e sapevano piegare la loro natura per assecondare la vita.
Mi riscossi improvvisamente dal buio che circondava i miei pensieri. Lui mi stava toccando delicatamente, ma non era quello che mi aveva fatto sussultare. La sua pelle era ghiacciata e lasciò una scia di brividi dietro di sè.
Forse se ne rese conto, perchè allontanò la mano bianca, ora macchiata da una punta del mio sangue. Avvicinò il dito alla bocca e cancellò la macchia rossa. 
Rabbrividii ancora da quel gesto innaturale come i suoi occhi.
Poi mi sentii sollevare, e come era già successo, dei miei sensi la vista fu l'ultima a comprendere. Mi sentii sollevare da terra, circondata dal ghiaccio del suo torace. Quando mi resi conto del momento fulmineo provai un senso di vertigine. Cosa voleva farmi?
Prima che potessi solo pensarlo, sentii il vento sulla mia faccia e intorno a me macchie indistinte di vegetazione. Eravamo fuori e stavamo volando in mezzo al bosco. I suoi piedi sbattevano in terra senza rumore a malapena visibili.
Stavo piangendo, sapevo che la mia fine era vicina ma prima mi aspettava ancora una lunga tortura. Non c'era altra ragione per cui mi allontanasse da casa mia prima di uccidermi.
"Cosa vuoi farmi?" sussurrai. Non volevo sapere la risposta, la temevo ma desideravo avere almeno una certezza in quella notte.
"Il tempo ricompensa tutti, perfino gli impazienti" sentii quelle parole volare nel tempo e mi ci aggrappai sperando che il tempo potesse ricompensare perfino me.
Il viaggio sembrava interminabile, forse perchè il vento che mi colpiva la faccia che inizialmente mi rinfrescava le ferite ora mi faceva piangere dal dolore che mi causava e poi c'era quell'enorme punto interrogativo che era diventata la mia vita. Cosa dovevo sperare dal mio futuro? Che mi torturasse o che mi uccidesse subito? Odiavo ogni possibilità, volevo non essere niente, o essere polvere ed essere poi portata via dal vento che invece si prendeva gioco di me e mi feriva ancora più nel profondo.
Finalmente la corsa finì, mi sentii sollevata nonostante sapevo cosa mi aspettasse dal futuro.
Mi guardai attorno. Eravamo finiti in un enorme radura circolare. L'erba era bassa e scorreva un lungo braccio d'acqua in mezzo al prato. 
Forse di giorno sarebbe stato anche un bel posto, invece ora mi sembrava il luogo perfetto per un omicidio, il mio.
Lui mi posò a terra e si allontanò da me ad una velocità innaturale. Scomparì dalla mia vista per pochi secondi.
Cercai di muovermi e guardarmi attorno, mi sentivo osservata e avevo una gran voglia di rifugiarmi in me per scappare da tutto, ma non potevo dovevo stare vigile.
"Vattene mostro!" tentai. Ormai il mio destino era giunto e niente avrebbe potuto cambiare ciò che era stato scritto. Ero giunta all'ultimo capitolo e volevo che la mia fine fosse coinvolgente, non volevo passare gli ultimi attimi da codarda.
Lui mi apparì all'improvviso davanti agli occhi. Riuscii a non apparire sorpresa, neanche il mio cuore accelerò i battiti, ero calma e pronta.
Mi prese la testa con delicatezza tra le mani e come aveva già fatto una volta, iniziò a fissarmi intensamente.
Da quella distanza potevo osservare bene i suoi occhi mostruosi. Dopottutto non erano così diversi dai miei. La forma almeno era semplice e comune, e poi il colore era limpido. Mi immaginai per un attimo quel volto, se invece avesse avuto degli occhi chiari. Dopotutto era attraente.
I capelli scuri, forse bruni, erano spettinati dalla corsa ma apparte questo il mostro non sembrava affaticato. Sembrava tranquillo, solo concetrato.
I miei pensieri furono interrotti da una forte fitta alla testa, a bruciare non erano le mie ferite, ma qualcosa di più profondo, la mia anima.
"Smettila!" urlai, sperando che cessasse quella tortura
Sorprendentemente il dolore sparì, lasciandomi svuotata.
"Perchè fai questo?" gli chiesi quando mi ripresi.
Lui continuò a fissarmi, con la fronte aggrottata e la bocca schiusa. 
Chiuse per un attimo gli occhi e riuscii a vedere in lui quel suo lato di umanità.
"Io non.." stava dicendo. Tenendo ancora gli occhi chiusi.
Ma d'improvviso si zittì e voltò lo sguardo verso destra. Mi guardò per un'ultima volta, con la voce che tremava mi disse solo. "Devo andare" 
Non potevo crederci davvero, ma sparì.
Qualcosa mi diceva che non sarebbe tornato. 
In quel momento allora mi sentii sprofondare nell'oscurità, tutto era finito o chissà cosa stava per accadere. La mia vita era così incerta ora che mi sentii mancare. L'ultima cosa che vidi furono due occhi scuri nell'oscurità.
 
 
Quando tornai in me, sentii la testa dolorante. Continuai a tenere gli occhi chiusi, cullata dagli altri sensi e nascosta in parte dal dolore.
Il mio corpo sembrava andare in fiamme, ma non osavo muovermi avevo paura che si accorgessero di me. Sentivo un odore invitante come di un dolce appena sfornato mischiato a legna da tagliare, era un odore familiare che mi tranquillizzava, forse ero tornata a casa mia. La mia vera casa. Dove me ne stavo felice in mezzo alla campagna e alle colline toscane, nella mia casa isolata tra due colli a poca distanza dalle mura della vera e propria città. Quell'odore mi ricordava tanto il dolce che faceva mia madre nei giorni estivi, quando mi chiamava felice per farmi rincasare per la merenda e con tono affettuoso mi diceva: "Amore mio, guarda che ti ho fatto" e come un mago faceva apparire da sotto il tovagliolo la fetta soffice. Quel pensiero mi rattristò. Mi mancava la mia vecchia vita, quella senza dolore. Insieme ai miei genitori nella mia casetta isolata poco fuori le mura di Volterra.
Nel silenzio i miei orecchi si fecero più acuti. Riuscivo a sentire dei sussurri che dovevano provenire da un punto indefinito fuori dalla stanza.
"Si riprenderà?" chiedeva una voce che ormai mi era familiare.
"Certo" a parlare doveva essere una donna. Il tono lo ricordavo vagamente.
"Chi pensi sia stato?" chiedeva di nuovo la voce, ora preoccupata.
"Oh.." quel tono era inconfondibile, ma non lo riuscivo ad associare a nessuna persona. "Penso che gia sai che non è stato qualcuno. E' stato qualcosa" Disse l'ultima parola con puro disgusto.
"Io credo che.." aveva iniziato in replica il ragazzo.
"Si, ormai è inevitabilmente chiaro. Quella è la strada giusta" aveva concluso la donna.
Poi c'era stato quell'attimo di silenzio. 
Cercai di aprire gli occhi, ma sentii di nuovo il forte dolore che mi avvolgeva la testa. Vidi nella semioscurità il volto di quella donna.
I lineamenti decisi e scuri, i capelli d'argento. Ma la mia memoria era segregata in un angolo della mia mente lacerata di dolore, irraggiungibile.
"Riposa Lola" mi aveva detto e così io ero tornata nel mio mondo pieno di pace.
 
 
Mi sentivo mancare il fiato, a dir la verità non ricordavo come respirare. Così aprii la bocca ed espirai l'aria che mi circondava. Mi sentii strozzare, ma poi riuscii ad aspirare con il naso e nel giro di poco riuscii a calmarmi.
Nel momento di terrore, senza pensarci avevo aperto gli occhi, ed ora per la prima volta mi guardai intorno.
La stanza era di legno, proprio come mi ero immaginata a sentire quell'odore di legno. Le finestre erano abbassate e intorno a me era buio, nonostante fuori doveva essere ancora giorno, perchè le tapparelle non riuscivano a bloccare del tutto la luce che rischiarava la stanza.
Mi trovavo su un letto, in mezzo alla stanza, coperta da uno spesso piumone. La stanza era semplice e poco arredata. L'unico oggetto degno di nota era un grande acchiappasogni appeso al muro di fronte a me. Era scuro come la parete e i suoi tratti, nella luce soffusa, sembravano mischiarsi al buio. 
Intorno a me regnava il silenzio, in quell'ambiente il suono sembrava impenetrabile, ma all'improvviso sentii un rumore sinistro, come di passi silenziosi che però nel silenzio rimbombavano.
Poi un respiro profondo, vicino a me, forse non nella stessa stanza ma al di là della porta.
"Ciao, perdonami se ti disturbo" disse la voce, fuori dalla mia stanza. Non stavano parlando con me, quindi me ne stetti in silenzio.
"dovete tornare, è urgente" nessuno aveva risposto al saluto, e la voce aveva continuato a parlare, supposi che stava parlando al telefono. Perchè prima di rispondere attese qualche secondo.
"Si" silenzio. Ci fu una pausa più lunga.
"Va bene, mi informerò, ma è importante, non voglio che qualcuno si faccia male" la sua voce era ferma e piena di autorità.
"Si, sento gli altri anche se sono piccoli." quella frase non la compresi, ma io stavo ascoltando solo metà della conversazione ed era chiaro che non potevo capire ogni passaggio.
Di certo, però l'ultimo passaggio lo capii appieno.
"Si, vi aspetto e conto su di voi. Grazie Jake"
Era ovvio, qualcuno, di nome Jake stava arrivando.
 
 
 
  
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