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Autore: Alkimia    21/05/2013    5 recensioni
[CONCLUSA]
«Stanotte ho sacrificato la verità e la mia anima per il tuo futuro, Loki. E ti giuro che farò tutto quanto è in mio potere perché questo futuro sia il più radioso che un individuo possa ottenere».
Il bambino fece uno sbadiglio e chiuse più volte gli occhi, come se volesse dormire. Lei gli posò un bacio sulla fronte liscia e pallida poi se ne andò.

Ogni storia ha un “prima”. Prima del male, prima della caduta, prima della sconfitta c'erano i due figli di Odino e la loro precettrice.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Thor, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sesto episodio

"... state a sentire sulla porta
la nostra ultima canzone
che vi ripete un'altra volta:
per quanto voi vi crediate assolti,
siete per sempre coinvolti."


«Di cosa parlano le nostre storie, lady Snotra?».
Snotra era sempre stata brava con i ricordi, possedeva la naturalezza del talento per la conoscenza.
Dalla notte in cui Loki era tornato, prigioniero nella propria casa che non era più tale, i ricordi della sua lunga vita al servizio della famiglia di Odino si erano manifestati con la prepotenza di una valanga, aprendo squarci sanguinanti sulla sua anima. La donna si era sentita come se fosse l'imputata ad un processo dove la sua stessa mente era giudice, difensore e carnefice.
I suoi ricordi non l'avevano né assolta né condannata, infine, così come Loki le aveva mosso delle accuse e le aveva ritrattate nel semplice gesto di sedersi accanto a lei e raccontare ciò che gli era accaduto mentre Asgard lo aveva creduto morto.
Loki, una voce graffiante nel buio della cella, la domanda e la risposta ad ogni cosa e nessuna soluzione al rompicapo che era stato per tutta la vita della sua maestra.
Quel loro colloquio aveva ancora un sapore onirico nei ricordi di Snotra, e non valeva tutti i suoi sogni e tutti i suoi incubi. Le restava solo la sensazione del suo viso premuto contro le sbarre e delle sue labbra posate sulla fronte di Loki nell'estrema tacita promessa di un affetto che nessun crimine e nessuna ombra avrebbe mai potuto spegnere.
Le restava quello e la consapevolezza di non avere più lacrime da versare.
Non sapeva neppure se a Loki importasse, se gli era mai importato.
Sì, certo che sì.
La biblioteca sembrava un cantiere in costruzione. Con l'intento – fallito – di svuotarsi la mente, la dea della saggezza si era dedicata a un monumentale lavoro per risistemare i volumi e le pergamene. Casse di documenti antichi erano disposte in disordine contro le pareti, libri dalle copertine lucenti erano impilati sul pavimento o sugli scrittoi più lontani dall'ingresso.
Snotra pensava a come sarebbe stato tutto più ordinato e pulito quando avrebbe finito, ma per adesso quel caos precario non faceva altro che ricordarle che, in qualche modo, il suo mondo stava andando in pezzi.
«Di cosa parlano le nostre storie, lady Snotra?».
La bambina, una tra i tanti suoi allievi, era la figlia di un alto ufficiale della guardia di Odino. Una bambina bellissima, con fluenti riccioli biondi e occhi grigi, come i più splendidi figli di Asgard.  
La piccola teneva la mano posata su un grosso volume che odorava di polvere e troppo tempo trascorso. I bordi di pelle della rilegatura erano lisi e in qualche punto la decorazione dorata si era scrostata, interrompendo la regolarità del disegno geometrico sul frontespizio.
Snotra avrebbe riconosciuto quel volume tra mille e le parve un caso quasi doloroso che la bambina fosse incappata proprio in quel libro, proprio quella mattina: le cronache della Campagna di Jotunheim, redatte da lord Alcuin, il suo maestro, tanto e tanto tempo prima, nel freddo e nel buio di una tenda al margine di un accampamento di soldati.
«Di cosa parlano le nostre storie, lady Snotra?».
La piccola allieva ripeté la domanda con cortese insistenza, con la caparbietà tipica dei bambini. A Snotra sembrò di rivedere un giovanissimo principe Thor, sempre affamato di racconti di eroi e battaglie.
«Parlano di guerra» le rispose, con voce atona.
«E le storie di Midgard, sono diverse?».
Midgard. Se ne parlava parecchio in quei giorni, da quando era stato annunciato che ci sarebbe stato un processo per stabilire la condanna per il principe Loki, per i suoi crimini contro il mondo degli uomini che adesso, agli occhi degli asgardiani, appariva come una terra esotica e lontana, anche se molti di loro l'avevano ignorata per secoli.
Il giorno del processo era quello.
«Di cosa parlano le storie di Midgard?» insistette la bambina.
Snotra sorrise tristemente. «Spesso parlano d'amore».
La piccola annuì, in un dondolio di onde dorate. La maestra la congedò con una carezza sul capo e ascoltò i suoi passi trotterellare via e poi lasciare il posto a un silenzio enorme, impossibile da riempire.
Snotra restò seduta tra i suoi libri, cercando di concentrarsi sull'idea di quando quel posto sarebbe tornato in ordine. Pensò che quello poteva essere il suo ultimo lavoro, prima di chiedere al re il permesso di ritirarsi a vita privata nella casa che un tempo era appartenuta a suo padre, al di là dei campi fuori le mura dorate della capitale. Lontano, via da lì...
Pensò che non aveva più nulla da fare lì a palazzo e che quello che aveva fatto non era stato davvero nulla di speciale. La solidità di quel pensiero la colse di sorpresa: nella caduta di un singolo individuo c'era la caduta di tutto ciò in cui lei aveva creduto e questo perché lei, la saggia e brillante Snotra, non aveva saputo tenere fede a una promessa.
Aveva fatto tutto il possibile per riuscirci, pensò. E forse era vero, ma non bastava a darle la pace che aveva perso nello stesso istante in cui aveva varcato i cancelli di Asgard tenendo tra le braccia un bambino affamato al quale si era tentato di imporre un destino non suo.
Forse, se avesse lasciato per sempre quel luogo, i ricordi sarebbero sbiaditi e avrebbero fatto meno male.
Sì, la casa della sua famiglia era davvero abbastanza lontano da lì, si disse, un attimo prima di ricordare che nessun luogo sarebbe mai stato abbastanza lontano.
Ma intanto, quello era il giorno del processo. E anche se ora progettava di fuggire dalla sua stessa vita pur di attutire il dolore, non era codarda al punto da mancare a quell'evento.
Attese, nel silenzio e nella troppa luce che filtrava dalle finestre, che giungesse l'ora prestabilita. Attese circondata dai suoi ricordi, come se fossero colombe trattenute in una gabbia prima di lasciare che prendessero il volo. Colombe, o forse avvoltoi...  
Alla fine, semplicemente, lasciò la biblioteca e si diresse verso la sala del trono.
«Thor vi cercava, lady Snotra». Sif la raggiunse quando stava per entrare nella sala gremita.
Lo so, lo posso immaginare, ma non volevo che mi trovasse.
«Vi chiederei se state bene, ma immagino sia una domanda sciocca» mormorò la giovane guerriera, titubante. Sembrava volesse abbracciarla o prenderle la mano o offrirle un qualsiasi tipo di conforto ma forse si rendeva conto che il suo stato d'animo in quel momento andava ben oltre qualsiasi tentativo di consolazione.
«Nessuno voleva che si arrivasse a tanto» disse ancora Sif.
Snotra provò una rabbia dolorosa che le vibrò dentro, in un battito troppo forte del suo cuore stanco. «Nessuno ha fatto niente per evitarlo» commentò laconica. Era un'accusa a tutti e a nessuno allo stesso tempo.
La sala del trono era gremita, un mare di volti e occhi puntati nella medesima direzione.
Il ricordo che si affacciò nella mente di Snotra a quello spettacolo fu il più doloroso di tutti. Più del volto di Loki deluso e arrabbiato la notte in cui le aveva mostrato la magia, più dei suoi occhi indignati e furiosi la sera del ballo in cui lady Sigyn aveva danzato con Thor, più di lui bambino che cercava risposte che non sarebbero mai arrivate. Il ricordo del giorno in cui ogni barriera che tratteneva Loki dal cadere era definitivamente crollata. Il giorno in cui il giovane principe aveva scelto la sua strada e aveva cominciato a percorrerla.
Lo scenario che ora la donna aveva davanti a sé era come un'immagine speculare di quella stessa sala del trono, altrettanto gremita di gente dall'aria impaziente, con quel medesimo sole caldo e la brezza che faceva ondeggiare le tende. Ma in quel ricordo la gente non era così silenziosa e tesa, era felice ed esultante, e non attendeva un traditore, ma un re...

***

Snotra non riusciva a stare ferma.
Quella mattina si era vestita con cura, aveva indossato persino i propri gioielli, cosa che non faceva quasi mai. Si era lasciata pettinare dalle ancelle ma aveva proibito loro di acconciarle i capelli in qualche modo astruso: non voleva mal di testa quella giornata, quel vago senso di vertigine che aveva per l'agitazione e l'euforia era già bastevole, insieme a quella sensazione di vuoto nello stomaco che aveva identificato come pura e semplice felicità. Aveva lasciato i capelli sciolti, con un fermaglio a forma di libellula su un lato. Aveva approvato la propria immagine allo specchio – si era costretta ad ammettere che era il meglio che riuscisse a fare – e aveva lasciato le sue stanze.
A metà del corridoio era tornata indietro e si era tolta il fermaglio e cambiato gli orecchini, indossandone un paio di più vistosi.
Non capiva molto di quel genere di cose e la vanità non era mai stata una sua caratteristica, sapeva solo che in certi frangenti un paio di orecchini vistosi sono meglio, per principio.
Il palazzo di Asgard era deserto: tutti erano accorsi alla sala del trono già da ore. La corte degli Æsir e tutti i cittadini della capitale che l'enorme sala poteva contenere, erano disposti in due grandi ali di folla lungo la passerella dorata che immetteva nella stanza dall'entrata principale e l'attraversava tutta fino al rialzo del trono di Odino, in cima a due serie di gradini semicircolari. Oltre il colonnato, su una balconata a perdita d'occhio, c'era ancora altra gente, un mare di volti accesi di curiosità.
Il brusio delle tante voci raccolte in quell'unico luogo sembrava spingersi fino alla torre più alta del palazzo. Snotra si soffermò ad ascoltarlo, lo sentì vibrare dentro di sé come una musica piacevole.
Aveva atteso quel giorno con trepidazione e solo ora si rendeva conto di quanto trovasse emozionante quello che stava per accadere.
Quello era il giorno in cui Thor sarebbe diventato re.
Mentre raggiungeva la sala dove si sarebbe tenuta l'incoronazione, ricordi caldi come raggi di sole le scorrevano nella mente. Ricordava ogni cosa dell'infanzia e della fanciullezza di Thor, la sua ingenuità che celava un cuore grande come una delle lune di Asgard, la sua fierezza e il suo animo battagliero. Per certi versi, il figlio di Odino non aveva ancora perduto del tutto quell'ingenuità da ragazzo e troppo spesso il suo carattere fiero rivelava un orgoglio testardo e persino una certa arroganza, ma lei era certa che il tempo avrebbe temperato quei difetti con l'esperienza e la saggezza, e con il peso della responsabilità di portare una corona.
Da questo punto di vista, Snotra seguitava a pensare che salire al trono fosse una condanna, che ci fosse qualcosa di assai sgradevole nell'essere re, ma quel giorno era stato tanto sospirato e appariva troppo perfetto perché le sue remore la turbassero davvero. Thor aveva la sua famiglia a spalleggiarlo e aveva lei, avrebbe imparato ad essere un buon re e sarebbe certamente diventato un grande re, questo lei lo sapeva, se lo sentiva dentro, anche se aveva impiegato tempo a comprenderlo.
In prossimità della sala, Snotra si imbatté in Sif e i suoi tre compagni. Thor aveva voluto che loro fossero sui gradini del trono, accanto alla sua famiglia. Aveva rivolto a lei lo stesso invito, ma la donna aveva detto che preferiva guardare da lontano.
Lei era una donna matura, apparteneva al passato, quello era il momento della gioventù che accettava l'onere di scrivere il futuro di Asgard e quindi di tutti i Nove Regni.
Sarebbe rimasta in disparte, ma non avrebbe mai staccato gli occhi da Thor. Non lo aveva mai fatto, del resto, né con lui né con suo fratello.
«Dov'è Thor, lo avete visto?» chiese ai quattro guerrieri che si erano fermati a salutarla.
«No, lady Snotra. Cominciamo a pensare che se la sia data a gambe» rispose Fandral, sorridendo sornione.
«Non sarebbe così assurdo, avete visto quanta gente c'è?» gli fece eco Volstagg, lanciando un'occhiata stranita in direzione della sala del trono.
«Non era questo che voleva? Essere acclamato e adulato da tutta la città?». Sif finse un'aria di sopportazione.
Snotra scosse il capo, divertita. Era in piedi, in mezzo all'ampio corridoio, spostando il peso da un piede all'altro, come una bambina irrequieta e il tempo sembrava essersi cristallizzato nell'impazienza dell'attesa.
«Credo sia nell'anticamera, ad ogni modo» interloquì Hogun, con il suo consueto cipiglio serioso. Fandral aveva detto che si aspettava di vederlo sorridere almeno in quell'occasione, ma non era successo.
Certo, la giornata era ancora lunga. Molte cose potevano ancora accadere.
Sif si avvicinò alla donna e le strinse una mano attorno al braccio. Gli occhi verdi della bella asgardiana tradivano una gioia luminosa come le stelle.
«Il vostro posto era accanto a noi» mormorò la giovane guerriera. «E sono certa che Thor voglia vedervi: vi deve così tanto».
«E io devo tanto a lui e alla sua famiglia, ma parlare di debiti in simili circostanze mi sembra così sciocco».
Era sciocco, sì. Lei non aveva mai fatto nulla di più di quanto il suo cuore le aveva suggerito e in cambio aveva ricevuto altrettanto affetto, non erano cose sulle quali si poteva ragionare o far di conto.
Snotra fece una carezza sul braccio di Sif accanto a lei e sorrise ai Tre Guerrieri. «Raggiungete la sala del trono, io vado a vedere se trovo Thor... e Loki, qualcuno ha visto Loki?».
I quattro giovani si scambiarono una rapida occhiata e scossero il capo.
«È tutta la mattina che manca, ieri sera non era neppure al banchetto» osservò Hogun, inespressivo.
«Starà rimuginando su qualche modo di rovinare la festa» aggiunse Fandral, sarcastico.
Sì, Loki non amava feste e banchetti, vi partecipava per quel minimo che il suo rango e la buona educazione richiedevano, ma di certo tutti sapevano che non avrebbe davvero guastato la festa di Thor.
Il giorno prima Snotra lo aveva trovato in biblioteca, intento a leggere le Cronache della campagna di Jotunheim, redatte da Lord Alcuin. Quando aveva riconosciuto il volume che Loki teneva in grembo, aveva sussultato: il vento freddo di quella notte era ancora nei suoi pensieri a gridare accuse mai del tutto taciute o smentite. La voce dei suoi ricordi e delle sue colpe sembrò riacquistare potenza come non accadeva da molto tempo.
Loki aveva poi chiuso il libro e le aveva rivolto un mezzo sorriso cordiale. Avevano parlato dell'indomani, di quanto entrambi fossero felici per Thor, e Snotra aveva scorto negli occhi del principe cadetto un'euforia e un senso di attesa che non potevano non essere sinceri. Loki attendeva quel giorno con la stessa trepidazione con cui lo attendeva chiunque altro avesse a cuore Thor e questo era bastato a zittire l'eco dei ricordi scomodi e dei sensi di colpa di cui la donna non era mai riuscita a liberarsi.
Tutti erano felici. Il cuore della dea della saggezza non poteva desiderare altro.
Raggiunse l'anticamera, una delle gallerie laterali alla sala del trono, e fu investita da un servitore che camminava a grandi passi nervosi, allontanandosi dalla stanza.
«Oh, scusate lady Snotra, vi chiedo infinitamente scusa...» balbettò l'uomo, mortificato.
Lei gli rivolse un sorriso gentile, ma notò la sua aria alterata.
«Niente di grave... almeno credo» commentò, guardandolo con più attenzione e rendendosi conto di quanto apparisse spaventato.  
Il domestico annuì, e si allontanò stringendo sottobraccio un vassoio d'argento. Da lontano Snotra lo sentì mormorare qualcosa a proposito del fatto che odiava i serpenti.
Quella giornata doveva aver stravolto tutti, pensò la dea.
La galleria era in penombra, illuminata solo dal fuoco di un enorme braciere di pietra che lasciava le ombre addensarsi contro le tende alle pareti.
Sul fondo del colonnato, Snotra scorse Loki e Thor che parlavano a bassa voce, e di istinto si bloccò, dietro al basamento del braciere, pensando che non era il caso di intromettersi in quel loro momento privato.
Non riusciva a sentire cosa si stessero dicendo, ma vide che sorridevano.
Una guardia arrivò per portare al figlio di Odino il suo elmo. Thor se lo rigirò tra le mani con espressione tesa e abbassò lo sguardo, come se tutte le sue certezze avessero cominciato a vacillare sotto l'enorme eloquenza di ciò che stava per accadere.
Loki mormorò qualcosa, sorrise e Thor sorrise con lui, ritrovando il suo solito sguardo limpido ancora tanto simile a quello di un semplice ragazzo.
I due principi si voltarono l'uno in direzione dell'altro. C'era una dolcezza inattesa ora sul volto di Loki e Snotra sentì gli occhi pizzicarle di commozione.
Thor posò una mano sulla guancia del fratello. I due si scambiarono ancora qualche parola, poi si voltarono verso l'apertura che conduceva alla sala del trono e Snotra non riuscì più a scorgerne l'espressione. Loki si avviò davanti a Thor, il mantello verde drappeggiato sulle spalle; il figlio di Odino attese qualche secondo, in una posa rigida, il capo sollevato a scrutare il cielo che si vedeva oltre la balconata lontana.
Snotra si fece avanti e il principe si voltò, attirato dal rumore di passi. Lei gli sorrise, raggiante.
«Potrebbero cominciare senza di te, se seguiti ad esitare» lo canzonò.
Thor ridacchiò sommessamente e scosse il capo. Nella luce incerta della sala, la sua vecchia maestra ebbe persino l'impressione che lui fosse arrossito e che voleva cercare di nasconderlo, chinandosi a prenderle la mano e portandosela alle labbra per imprimervi un leggero bacio, un ossequio tanto formale quanto spontaneo.
«A te posso dirlo: ho visto la sala, là fuori è spaventoso» ammise alla fine il figlio di Odino. «Se fosse pieno di pentapalmi sarei più a mio agio».
«Puoi sempre immaginare che siano davvero tutti dei pentapalmi...»
«Qualche vecchio lord in effetti rassomiglia a un pentapalmo»
«Thor!».
Snotra rise e gli batté un buffetto sul braccio. Thor picchiettò le dita contro il fondo dell'elmo,
«Sarò re, Snotra... è bello. Ma mi fa impressione l'idea che la gente debba inginocchiarsi al mio cospetto» mormorò.
«La devozione della gente è qualcosa che un re deve sapersi guadagnare» rispose lei, togliendogli l'elmo dalle mani e sistemandoglielo sul capo. «Ora va' e rendimi fiera di inginocchiarmi al tuo cospetto, mio principe».
Thor annuì, sorridendo. «E tu resta dove posso vederti... che se dovessi esagerare è bene che la mia maestra mi faccia un cenno per ricondurmi all'ordine».
«Sì, immagino ce ne sarà bisogno! Vai, non è questo il giorno per far spazientire tuo padre».
Thor deglutì, ingoiando un mare di parole e l'ultimo scampolo di nervosismo, poi si voltò per raggiungere la sala del trono.
Snotra si affrettò a raggiungere un'altra entrata. Camminò rasente al muro, alle spalle della moltitudine radunatasi al cospetto di Odino. Scorse le figure in piedi sulle scale che portavano allo scranno reale, i volti dei quattro guerrieri e di Frigga e Loki atteggiati in un'espressione seria e solenne. Il re sedeva apparentemente tranquillo, scrutando con aria indecifrabile la folla di presenti.
La donna si sistemò accanto ai piedi della scalinata, di fianco ad una colonna, alle spalle di Volstagg che se ne stava impettito sul penultimo gradino.
Il boato che si alzò dalle centinaia di bocche sembrò vibrare fin dentro le fondamenta. Thor era lo sbuffo rosso del suo mantello dal lato opposto dell'immensa sala, piccole lame di luce si riflettevano sulla superficie color platino dell'elmo alato.
Snotra lo seguì con lo sguardo mentre percorreva ad ampie falcate la passerella, nessuna traccia di insicurezza o timore era leggibile sul suo viso, era rimasta solo la serenità di chi si appresta ad andare in contro al proprio destino, con un pizzico di boriosa incoscienza.
Thor fece volteggiare a mezz'aria il Mjolnir e le acclamazioni dei presenti esplosero in un ruggito di entusiasmo.
Snotra guardò davanti a sé e incontrò gli occhi di Loki. Ogni traccia della dolcezza e del calore che gli aveva animato lo sguardo mentre parlava con Thor poco prima era scomparsa, come se fosse l'ennesima maschera e come se quello fosse ora, finalmente, il suo vero volto. Un volto atteggiato in una rigida espressione di muta furia. In mezzo al frastuono delle grida di incitamento, a Snotra sembrò sentire un grido rabbioso che si alzava prepotente dalla testa di Loki, salendo dal fondo delle sue viscere.
Non poteva essere vero... Snotra pensò che era stata solo una sua impressione, perché un attimo dopo il volto di Loki tornò normale e imperscrutabile e lei non ebbe più tempo di pensare a lui perché fu assorbita da quello che stava accadendo attorno a loro.
Le acclamazioni cessarono di colpo e divennero una compita cascata di applausi quando Thor giunse ai piedi del trono, si inginocchiò al cospetto di Odino e si scoprì il capo ostentando un'umiltà non del tutto genuina, liberandosi dell'elmo. Il Padre degli dei si alzò e ogni rumore si spense di colpo; nel silenzio si udì distintamente il sordo tonfo metallico del Mjolnir che veniva appoggiato contro il pavimento.
Thor fece vagare per un attimo lo sguardo sui suoi amici, si soffermò un'istante a guardare Snotra alle spalle di Volstagg, poi spostò il capo in direzione di sua madre e le strizzò l'occhio. Frigga trattenne una risata e scosse impercettibilmente la testa per ricordagli di mantenere il giusto contegno.
Poi il Padre degli dei batté l'estremità della lancia sul pavimento e per un attimo l'intero universo parve fermarsi per ascoltare le sue parole.
«Thor, figlio di Odino, mio erede, mio primogenito...».
A Snotra non sfuggì il lieve tremore nella voce del re, la vibrazione dell'orgoglio e della gioia, di un affetto che il sovrano difficilmente manifestava in pubblico.
Il discorso di Odino fu lungo e solenne e lei quasi non riuscì a seguirlo per intero, perché la commozione le confondeva i pensieri. Lacrime le velarono gli occhi, rendendo la sala e l'ambiente attorno una macchia indistinta di dorato e ritagli di cielo.
«... giuri di sorvegliare i Nove Regni?» chiese infine il Padre degli dei, pronunciando la formula di rito.
«Lo giuro»
«E giuri di preservare la pace?»
«Lo giuro»
«E giuri di mettere da parte qualunque ambizione egoista e di prodigarti per il bene dei Regni?». Odino pronunciò quest'ultima richiesta con particolare enfasi, e con particolare enfasi Thor rispose.
«Lo giuro!» esclamò il dio del tuono quasi in un ruggito, sollevando il Mjolnir nel pugno.
«In questo giorno...». Odino riprese la formula. Ad ogni sua parola il cuore di Snotra batteva un po' più forte, ogni suo battito era un passo in più verso il futuro. «... io, Odino, Padre degli dei...».
Il cuore le era arrivato alla gola, tanto da farle mancare il respiro. La donna deglutì e inspirò profondamente. Tutte le sue emozioni le martellavano nelle tempie. Probabilmente, alla fine di quella cerimonia, si sarebbe sentita sfiancata come dopo una tremenda corsa, ma sarebbe stata una stanchezza piacevole.
Thor sembrava assorbire le parole di suo padre e illuminarsi sempre di più, come una stella che attira verso di sì l'energia dell'intera galassia.
«... ti proclamo...».
Sì, che l'esplodesse pure il cuore nel petto! Tutto era come doveva essere e lei era felice, la sua vita sarebbe potuta finire in quell'istante e non le sarebbe importato.
Ma il cuore di Snotra parve bloccarsi, si contrasse dolorosamente in un istante di silenzio troppo prolungato, l'istante di silenzio che avrebbe dovuto contenere l'ultima parola che separava Thor dal trono di Asgard.
Il sorriso del principe si spense, sfumando rapidamente in un'espressione attonita.
Quella parola non giunse mai. Ne giunsero altre, tremende e pronunciate con una visibile nota di sgomento nella voce di Odino.
«I giganti di ghiaccio» esclamò, deglutendo e serrando il pugno attorno all'asta della sua lancia. La lama di Gungnir emanò un riflesso plumbeo, lo stesso che sembrava passare nello sguardo del re.
Un brusio spaventato cominciò a serpeggiare tra la folla e parve come se si stesse innalzando un muro di paura, l'eco di un terrore antico fece vibrare l'aria. Snotra si sentì raggelare.
Il dorato della sala e il calore dei fuochi scomparve, risucchiato dalla violenza del ricordo. Con la sua mente, la donna era lì, nella pianura di Jotunheim, sotto la pioggia di cristalli di ghiaccio, le braccia strette attorno a un neonato che piangeva per la fame.
Indietreggiò, piegata dal peso di quelle emozioni tremende che troppo in fretta si erano sostituite alla gioia della cerimonia; indietreggiò fino a quando non andò a urtare contro il muro, vi appoggiò le spalle e tentò di calmarsi.
Guardò verso il trono. Si accorse che le guardie stavano facendo uscire i presenti, e sembrava un'impresa impossibile riuscire a sgombrare tutta quella folla, specie ora che cominciava a essere intontita dalla sorpresa e dalla paura. Sui gradini c'erano Thor e Loki, stretti attorno a Odino.
Loki era di spalle e Snotra non poté vederlo in viso.
Non era davvero importante, pensò, gli Jotun non sapevano di Loki e lui non sapeva di essere uno di loro. Lui non era uno di loro! Lei lo aveva portato via da quel mondo e dal suo gelo, tantissimo tempo fa!
«Lady Snotra!» esclamò Fandral con voce concitata, afferrandola per un braccio. «Abbiamo ricevuto ordine di scortare voi e la regina via di qui e di farvi da guardia».
Lei notò il balugino della lama che il guerriero aveva sfoderato, come se fosse un riflesso lontano di un lampo all'orizzonte. Odino e i suoi figli già non c'erano più.
«Non vi dovete preoccupare, lo Sterminatore avrà già provveduto agli intrusi, questa è solo una misura cautelativa» aggiunse Fandral, credendo forse che il suo sguardo smarrito fosse dovuto alla paura dei Giganti.
La dea della saggezza non disse niente e si lasciò condurre via senza neppure badare a dove stavano andando, trascinando meccanicamente un piede avanti all'altro nella direzione in cui il guerriero la pilotava. Solo quando si ritrovò chiusa in una stanza riccamente arredata, seduta di fronte a Frigga riuscì a riaversi.
«Non c'è nulla da temere, vero?» domandò la regina con un sospiro.
«No, mia signora» rispose lei, meccanicamente.
«Un'intrusione... con un tempismo odiosamente perfetto. Thor sarà furioso e deluso»
«La sua incoronazione è solo rimandata, immagino. Potremo continuare la cerimonia domani».
Frigga annuì e si passò una mano sul viso. «Naturalmente. Ma oggi sembrava tutto così perfetto».
Snotra stirò con i palmi delle mani le pieghe sul tessuto della gonna di broccato. Ora che ci faceva caso, sentiva anche male ai lobi delle orecchie per quei tremendi orecchini. Come l'era venuto in mente di indossarli?
La regina aveva ragione, l'intrusione dei giganti di ghiaccio aveva avuto davvero un pessimo tempismo, come se...
La donna sentì un groppo alla gola.
come se qualcuno l'avesse programmata.
Era un'idea sciocca. Se qualcuno avesse complottato un simile tradimento, Heimdall lo avrebbe scoperto, e nessuno può giungere su Asgard senza l'ausilio del Bifrost.
Snotra si massaggiò le tempie. Questo non era del tutto vero, lo sapeva, lei stessa aveva insegnato a Thor e a Loki...
Loki.
No. questo era sciocco e insensato. Loki poteva anche conoscere le vie che legavano Asgard agli altri mondi, ma di certo non possedeva l'energia oscura sufficiente ad aprirle. Il talento magico di Loki era vasto, ma non arrivava a tanto, se così fosse stato, lo avrebbero saputo. L'idea che lui avesse finto di essere meno potente di quanto era in realtà era stupida, oltre che estremamente macchinosa. A Loki piaceva veder riconosciuti i propri meriti, gli piaceva dar sfoggio delle sua abilità, e comunque, non aveva alcuna ragione per introdurre giganti di ghiaccio su Asgard.
Snotra si prese la testa tra le mani. Perché mai stava pensando a Loki in quei termini? Poteva aver nutrito dei dubbi su di lui, sul fatto che la sua rivalità con Thor lo avesse reso più maldisposto di quanto fosse opportuno, ma questo era ingiusto. Del resto, il più giovane dei due principi era un uomo adulto adesso, ed era ovvio ritenere che certi problemi si fossero risolti ormai naturalmente, con il tempo.
Il silenzio e l'inattività le parvero insopportabili in quel frangente, la confondevano, la portavano a farsi domande prive di logica. Quando la porta della stanza si aprì e comparve Sif con un mezzo sorriso incoraggiante, Snotra si sentì grata che fosse tutto finito.
«Gli intrusi sono stati eliminati» annunciò la guerriera. «Erano un numero assai esiguo, si erano introdotti nella cripta per rubare lo Scrigno degli Antichi Inverni, pare. Il pericolo è cessato, comunque».
Frigga annuì e ricambiò con gentilezza il sorriso di Sif. «Immagino che il re avrà bisogno di me, ora» disse congedandosi, e avviandosi frettolosamente fuori dalla stanza.
Snotra scambiò con Sif una lunga occhiata eloquente.
«Thor si starà strappando i capelli, come una femminuccia isterica» disse la bella asgardiana, tentando di dissimulare quanto le stava a cuore la situazione.
«Di certo è un peccato per tutto il vino che era stato fatto arrivare per i festeggiamenti. E per il banchetto...» osservò Volstagg, con estrema convinzione.
«Dobbiamo solo pazientare. Forse domani questa situazione sarà chiarita e Thor potrà essere incoronato» concluse Snotra. Salutò i quattro guerrieri e lasciò anche lei la stanza.

Ora il mal di testa era pressante, una massa di dolore al centro del cranio. Il pizzichio ai lobi delle orecchie era diventato troppo fastidioso e la dea della saggezza si tolse gli orecchini con un gesto brusco, reprimendo a stento l'impulso di lanciarli contro una colonna della galleria.
Dal fondo del corridoio, scorse Loki andarle in contro e ne fu quasi sollevata.
Stava andando da lei, voleva parlarle, aveva bisogno del suo sostegno forse, di certo voleva fare qualcosa di buono per quella spiacevole situazione che si era venuta a creare.
L'aria angustiata del principe fece sentire Snotra tremendamente in colpa per aver anche solo minimamente sospettato di lui.
«Thor ha... ha combinato un disastro! Io stento a crederlo!» esclamò Loki.
Snotra lo fissò basita. Sembrava davvero turbato per suo fratello.
«Ha fatto infuriare nostro padre» spiegò il principe, massaggiandosi la fronte. «E ora credo che lui non sia più tanto in animo di proclamarlo re. A volte mi chiedo cos'abbia in testa, mio fratello. Sa essere veramente stolto nel momento e nel modo meno opportuno!».
La donna spalancò la bocca in un'espressione stupita. Quelle parole le stavano facendo male: possibile che alla fine Thor si fosse rivelato così deludente?
«Loki, pensavo di averti insegnato molto tempo fa che è ingiusto inveire contro tuo fratello» osservò lei in tono bonario, cercando di alleggerire un po' la situazione.
«Sì, hai ragione... è che sono in pena per lui. Ha insistito con nostro padre per andare su Jotunheim e vendicarsi della sortita dei Giganti di Ghiaccio; Odino è andato su tutte le furie, hanno avuto una brutta discussione e io... davvero, questo giorno doveva essere perfetto e felice, e invece...».
Snotra posò una mano sulla spalla del giovane uomo. «Parlerò con Thor...»
«No, lo farò io» disse Loki, e parve quasi spaventato. Era giusto, naturale, che fosse turbato per la sorte di suo fratello e per la tensione tra lui e il re; come poteva essere altrimenti? Loki amava davvero Thor, di questo lei era certa.  
«Cosa ti preoccupa, caro?» gli chiese.
«Temo che possa fare una sciocchezza, contravvenire agli ordini di Padre e andare comunque su Jotunheim. Cosa pensi che accadrebbe, se succedesse una cosa simile?».
Lo sguardo di Loki era velato e pregno di impazienza.
«La punizione per chi disobbedisce agli ordini diretti del re è l'esilio, nella migliore delle ipotesi, lo sai bene» asserì Snotra.
Lui scosse il capo e si massaggiò la nuca. Non era da lui quell'atteggiamento così scomposto, e da tanto tempo sembrava aver sviluppato l'abilità di mostrarsi impermeabile a qualsiasi emozione, in molti dicevano che era troppo insensibile, quasi spietato, sempre pronto a godere delle disgrazie altrui. Ora Snotra poteva rendersi conto con sollievo che non era affatto così.
«Quindi non pensi che nostro padre adotterebbe misure più... drastiche?» domandò.
«L'esilio mi sembra abbastanza». Perché diamine ne stavano parlando?
«Sì... sì, è abbastanza». Loki mormorò a voce così bassa che sembrò solo un pensiero sfuggitogli per sbaglio dalla testa.
«Ma sono supposizioni sciocche» si affrettò a precisare la donna. «Thor non farebbe mai niente di tanto grave».
Il principe scosse il capo e mise insieme un sorriso cupo. «No, certo che no».
In quel momento si udì il rombo di un tuono in lontananza e il rumore della porta della sala del banchetto che veniva aperta di colpo. Il ruggito furioso di Thor risuonò per tutto il piano.
Loki e Snotra si scambiarono uno sguardo allarmato.
«Vado a parlargli!» esclamò frettolosamente il principe. La donna lo guardò allontanarsi, quasi correndo, verso la sala dove si sarebbero tenuti i festeggiamenti per l'incoronazione.
Chissà per quanto tempo quell'evento sarebbe stato ancora rimandato.  

Snotra tornò nelle proprie stanze e si cambiò d'abito, indossando qualcosa di più comodo. Pensò che quella sarebbe stata una lunga giornata e si rammaricò ancora una volta che non fosse più la giornata che tutti avevano atteso.
Sperò che prima o poi Thor venisse a parlare con lei.
«Verrà?...» domandò al proprio riflesso nello specchio davanti al quale era seduta.
Lo sperava davvero, ma sapeva che il principe ormai si riteneva al di là dei suoi consigli e sapeva anche che era naturale, che i suoi due giovani allievi non sarebbero rimasti né giovani né suoi allievi per sempre. Era una consapevolezza agrodolce, forse simile a quella che comincia a serpeggiare nei cuori delle madri il giorno in cui si accorgono che i figli non necessitano più di essere tenuti per mano.
«Arrivo tardi» disse ad alta voce, scambiando con se stessa un sorriso di autocommiserazione. «Quei due hanno smesso di tenermi per mano molto tempo fa...».
Eppure, ora che il tempo stava iniziando a chiedere il suo tributo al suo volto di donna, ancora una volta Snotra si ritrovò a pensare che non aveva alcun rimorso per la vita che aveva scelto. Se pure alcune sue azioni passate le avevano tolto il sonno molte notti e la tranquillità per molti giorni, non riteneva di doversi pentire di ciò che aveva scelto di diventare.
Era una questione sulla quale si era interrogata più volte nel corso dei lunghi anni che si erano rincorsi sotto il cielo della Patria Eterna. Ogni volta si era data sempre la stessa risposta, ed era qualcosa che almeno in parte poteva farla sentire in pace.
Qualcuno bussò alla sua porta, un'ancella entrò per avvisarla che c'era un messaggero per lei che l'attendeva al piano inferiore.
Snotra non aveva idea di chi potesse averle inviato un messaggio, né come mai qualcuno si fosse preso il disturbo di giungere a palazzo appositamente per lei in una simile giornata.

Il messaggero aveva tutta l'aria di essere un contadino, se ne stava in piedi, rigido e composto come se cercasse di occupare il minor spazio possibile, in fondo alla grande scala che saliva dall'atrio principale della casa di Odino, guardandosi attorno con aria frastornata e sorpresa.
Doveva venire da molto lontano se l'atmosfera della reggia lo aveva tanto colpito.
L'uomo fece un goffo inchino e si torse nervosamente le mani, schiarendosi la voce.
«Lady Snotra, ehm... io vengo da parte di vostro padre...» disse, sforzandosi di mantenere la voce ferma.
Certo. Veniva da veramente lontano, dunque. Le terre della famiglia di Snotra erano parecchio distanti dalla capitale, erano più che altro un piccolo appezzamento di campagna per una famiglia dal piccolo nome, seppure appartenente all'antica nobiltà fin dall'inizio dei tempi.
«È accaduto qualcosa di grave?» domandò la donna, preoccupata. Quella giornata non poteva che peggiorare, pensò, ma il suo interlocutore scosse la testa.
«No, signora. Giungo a portarvi una lieta notizia: vostro fratello convolerà a nozze a breve. La vostra famiglia richiede la vostra presenza»
«Oh. Quale dei miei fratelli?»
«Il primogenito maschio, naturalmente».
Naturalmente, certo. Nelle missive che suo padre le spediva regolarmente non veniva fatta alcuna menzione della cosa. Snotra sperò che non fosse un matrimonio arrangiato in tutta fretta per qualche astruso gioco di dote ed eredità o, peggio, per rimediare a qualche errore poco cavalleresco che suo fratello aveva potuto commettere.
La donna sospirò. Era sempre un piacere poter tornare a casa e riabbracciare la sua famiglia, anche se non viveva nella casa di suo padre da quando era poco più che fanciulla, da quando aveva cominciato la sua vita da studiosa, approdando a palazzo come allieva di Lord Alcuin. Ma non era sicura che quello fosse il momento migliore per lasciare la capitale.
«Dovrò chiedere al re il permesso di partire» disse. Stava per aggiungere che non era del tutto certa che Odino le avrebbe accordato il permesso di lasciare il palazzo, poi si ricordò che non aveva alcun ruolo nei disastri di quella giornata e che Thor aveva preferito scaricare la sua rabbia sulle suppellettili della sala del banchetto piuttosto che cercare il suo supporto e che sì, non toccava a lei farlo ragionare o sollevargli il morale, era un compito di cui si era – giustamente – fatto carico Loki e di sicuro un fratello vi avrebbe potuto adempiere meglio di una vecchia maestra.
Quando Snotra raggiunse il salotto privato del Padre degli dei e chiese alla guardia di turno di annunciarla al sovrano, si sentì persino in colpa al pensiero di dover disturbare Odino per una simile faccenda, in un tale frangente. E a lei i matrimoni neppure piacevano.
Dalla finestra vide l'azzurro del cielo di Asgard scurirsi appena per il passaggio di qualche nuvola portata dal vento. E poi, all'improvviso, il lampo di luce opalescente del Bifrost accendersi come un lampo foriero di tempesta.
Perché il Ponte dell'Arcobaleno era stato aperto? Forse che Thor aveva deciso di disobbedire a suo padre e recarsi su Jotunheim? No, era impossibile. Loki aveva detto che se ne sarebbe occupato e Loki era sempre capace di convincere Thor, in qualche maniera, a volte con un'abilità manipolatoria fin troppo acuta, ma il minore dei due fratelli era anche quello più posato e riflessivo, era normale che si adoperasse per far ragionare il primogenito.
Forse il passaggio era stato aperto per consentire a qualche ospite giunto per l'incoronazione di far ritorno a casa.
Quando le fu dato il permesso di entrare, Snotra trovò Odino seduto scomposto su una grande poltrona, il braccio mollemente a penzoloni oltre il bracciolo intarsiato, con la mano che reggeva una coppa di vino mezza vuota. La preoccupazione in lui ora era ben evidente, come se fosse stata dipinta in ogni ruga del suo nobile viso. Ma non era solo preoccupazione, era anche stanchezza, un senso di spossatezza che doveva venire da dentro.  
Il re era invecchiato davvero, pensò Snotra con una punta di malinconia.
«Lady Snotra, cosa posso fare per te?» domandò Odino con voce appena impastata, come se fino a un attimo prima fosse stato assopito.
«Mi duole disturbarvi per una simile facezia, maestà, ma è appena giunto a palazzo un messaggero da parte della mia famiglia» spiegò lei. In passato aveva creduto che quella di arrossire davanti al suo re fosse una cosa che non le sarebbe mai più capitata, ma si sbagliava. «Mio fratello, il primo figlio maschio di mio padre, si sposa ed è richiesta la mia presenza. Sono venuta a chiedervi il permesso di poter lasciare il palazzo».
Il Padre degli dei annuì, aggrottando le sopracciglia.
«Ma, mio signore, se ritenete che debba restare...».
Odino la zittì con un cenno e posò la coppa di vino sul tavolino accanto alla poltrona. «Vorrei che ci fosse qualcosa da fare, per mio figlio, intendo» borbottò. «Ma credo che, a me tanto quanto che a lui, non resti che attendere che metta più giudizio. È quel tipo di attesa che a un padre piace pensare abbia fine... io l'ho pensato con troppo ottimismo e troppo prematuramente».
Snotra si mosse il labbro e abbassò lo sguardo. Era certa di stare ancora arrossendo.
«Il principe Thor ha cuore, mio re, e non è stolto. Forse, semplicemente, le sue lezioni ancora non sono finite, ma non dovete rammaricarvi al pensiero di non avergli insegnato a sufficienza... o suppongo che quello debba essere un mio, di rammarico».
Odino accennò un sorriso e fece un vago gesto con la mano, come per invitare Snotra a cancellare quel pensiero.
«Mi dicevi che devi partire, per un... uhm, matrimonio. Sei libera di andare, naturalmente» concesse infine, con un cenno di assenso.
«Vi ringrazio, mio re».
Snotra accennò una riverenza e uscì dalla stanza. Mentre si allontanava lungo il corridoio, vide una guardia correre trafelata verso il salotto del re e picchiare frettolosamente alla porta.
La donna si bloccò, voltandosi a guardare la scena, chiedendosi cosa fosse successo ancora, ma il messaggero mandato da suo padre le si avvicinò timidamente.
«Dobbiamo partire prima che faccia sera, mia lady, altrimenti dovremo rimandare la partenza a domattina e non faremmo in tempo a giungere per le nozze» osservò.
«Come mai un matrimonio così precipitoso, si può sapere?».
L'uomo si torse di nuovo le mani, mortificato. «Non lo so, non mi è stato detto... sono solo un messaggero, signora...».
Snotra imprecò tra sé e sé e tornò nelle sue stanze dove un paio di ancelle l'aiutarono a preparare i bagagli.
Avrebbe voluto salutare Loki e Thor prima di lasciare il palazzo, ma quando chiese dove fossero nessuno seppe cosa rispondere e il tramonto cominciava a incombere nel cielo per cui non poté fare altro che salire sulla carrozza che il re le aveva fatto mettere a disposizione, assieme a una piccola scorta, e partire alla volta delle terre di suo padre.
Il sole stava calando all'orizzonte del mare, alla fine del Ponte dell'Arcobaleno e le ombre si stavano incupendo ai margini della strada.
Snotra si sporse dal finestrino della vettura per guardare il palazzo del re, già lontano, stagliarsi in fondo al sentiero e riflettere in tetri bagliori la luce del giorno che si andava spegnendo.
Quell'immagine le fece salire dal cuore alla testa strani pensieri, paure fumose e inafferrabili, senza volto né nome. Si lasciò cadere sul sedile, sentendo il cuore martellarle nel petto, provò a pensare che era solo colpa della tremenda giornata che aveva vissuto, delle troppe emozioni contrastanti che si erano susseguite troppo repentinamente. Arrivò quasi a convincersene, ma il suo cuore non volle saperne di riprendere un ritmo meno agitato.
Quando, due giorni dopo, Snotra giunse alla casa di suo padre scoprì che non c'era alcun matrimonio e quando si voltò per indicare il contadino messaggero che era venuto a prenderla, questo era sparito.  
E allora, la dea della saggezza comprese. E capì di essere stata stolta e cieca fino all'ultimo istante.






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Note:

Spero che la ripresa (il più preciso possibile) delle scene del film non vi abbia annoiato. La scena prima dell'incoronazione è la stessa che ho citato e linkato nel precedente capitolo.
Io, che sono fondamentalmente stupida, l'ho presa molto a cuore la cosa e ho tirato fuori questa
Sì, quando tutto questo sarà finito dovranno internarmi.

Naturalmente la storia non finisce così. C'è un epilogo tutto ambientato al “presente” a cui manca l'ultima pagina e che pubblicherò appena sopporterò l'idea di mettere il punto di conclusione a questa storia che, per varie ragioni, ho amato tantissimo scrivere e mi “pesa” l'idea che sia finita.
Intanto, grazie a tutti quelli che hanno letto e commentato **

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Il brano da cui è tratta la citazione è Nella mia ora di libertà.
   
 
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