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Autore: Rain_bow    22/05/2013    1 recensioni
E se Twilight non fosse stato scritto, ma gli eventi si sarebbero comunque sviluppati nello stesso modo? Ed ora, i Cullen dopo 5 anni se ne sono andati da Forks lasciando la cittadina al suo quieto vivere?
Quieto fino all'arrivo di Lola, che porterà scompiglio e il ritorno di chi se ne era andato.
Tratto dal racconto:
Il silenzio è amico di chi lo abita, per gli altri è un'eterna tortura.
C'è chi si ciba di quegli attimi di silenzio della vita, chi invece preferisce vivere l'attimo, chi se ne ciba di ogni singolo attimo presente e chi invece si ciba di vita.
In casa, quella sera vi erano tre presenze. Una non la si poteva definire umana, una non la si poteva definire del tutto viva dato che con la sua tazza ancora fumante di caffè fissava un punto vuoto nella sua mente.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward, Jacob/Renesmee
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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NOTA DELL'AUTORE:
Allora, ciao ragazzi, spero che vi piaccia questo nuovo capitolo. Se volete potete lasciare un commento in fondo alla pagina per dirmi cosa ne pensate, se vi piace o meno. Fatemi sapere :)

L'aria sembrava danzare attorno a me, il vento mi accarezzava il viso e il sole rischiarava la via.
Stavo bene. Sotto di me il Suo pelo morbido e caldo mi solleticava le gambe, cullandomi e facendomi stare ancora meglio.
Ormai erano trascorse due ore dalla nostra partenza.
La Chiamata era arrivata all'alba.
Io ero sveglia già da un bel po', stavo giocando a scacchi insieme a papà. 
Non ero mai riuscita a batterlo e insieme a mamma cercavamo di trovare la mossa vincente. 
"Muovi la torre" mi suggeriva.
Io e papà ci eravamo messi a ridere. 
"Non la puoi muovere se ha davanti la pedina, vedi?" le avevo poi spiegato pazientemente.
A quel punto anche lei si era messa a ridere e mi aveva abbracciata forte.
Era proprio un bel momento e papà ci guardava con occhi liquidi di gioia.
Quasi sobbalzammo quando il telefono squillò.
Lo sguardò di papà si fece subito serio; di solito se qualcuno ci voleva ci faceva visita, non chiamava. 
Prima che qualcuno si fosse alzato entrò rumorosamente Jake nella stanza.
"Vado io!" aveva detto.
Poi aveva preso al volo la cornetta.
"Ciao, perdonami se ti disturbo" stava dicendo una voce femminile e vagamente familiare.
"Ciao Sue, dimmi" la voce di Jake era gentile.
Certo, Sue, mi ricordavo di lei. Era la mia nonna acquisita, cioè il padre di mia mamma alla fine si era risposato con lei. 
Io le volevo bene e quel che più mi piaceva di lei era che non dovevo nasconderle niente. 
Rammentavo della mia infanzia ogni sua carezza, ed i bambini di solito non si ricordano della loro infanzia, ma io, come spesso mi dicevano, ero speciale. Ogni volta che me lo sentivo dire non potevo fare a meno di avvampare e sorridere.
Non avevo mai capito se quell'essere speciale mi piacesse oppure no; sapevo solo che il modo unico in cui mi faceva sentire Jake quando me lo diceva era speciale. Ogni volta il suo viso irradiava luce e faceva risplendere perfino la mia pelle.
Nonna Sue la ricordavo nonostante non ci vedessimo ormai da troppo tempo. Lei, come ogni altra cosa di Forks mi piaceva.
Solo che eravamo stati costretti ad andarcene: la gente aveva iniziato a chiedersi come fosse possibile che io crescessi a quella velocità. E non ha tutti evidentemente piace che io sia così diversa dalla massa.
Insomma, la mia infanzia come la mia adolescenza era stata breve, ma talmente intensa che ricordavo perfettamente ogni singolo giorno. Nonostante fosse durata solo sette anni, io mi vedevo già adulta e questo non mi pesava affatto, era la mia natura.
Mi riscossi improvvisamente dai miei pensieri. Avevo continuato ad ascoltare la telefonata.
"dovete tornare, è urgente" aveva detto preoccupata Sue.
Non l'avevo mai sentita parlare con quel tono.
Jake aggrottò la fronte, gli occhi nella penombra dalle folte sopracciglia. 
"Ne sono arrivati alcuni?" chiese.
"Si" 
"Ok, sapevo che questo momento sarebbe arrivato". Lo guardai con la fronte aggrottata. Non me ne aveva mai parlato di questo timore.
Poi aveva continuato. "Cerca di capire quanti sono, quante vittime hanno fatto, parla con qualcuno che ne sa qualcosa, informa il branco."
Aveva assunto quel tono che me lo faceva apparire così distante da me, nonostante tutto. Il tono di chi sa cosa fa, che sa che deve combattere per guadagnare il rispetto. Il tono di chi sa di avere il compito di dare ordini.
"Va bene, mi informerò, ma è importante, non voglio che qualcuno si faccia male" 
"Arriveremo il prima possibile, tu intanto senti il branco. Sue fallo è importante."
"Si, sento gli altri anche se sono piccoli." 
"OK, noi arriveremo presto."
"Si, vi aspetto e conto su di voi. Grazie Jake" rispose.
Aveva riagganciato e aveva lanciato un'occhiata verso papà. 
"Dobbiamo muoverci" aveva risposto papà ad un pensiero silenzioso.
Mi avvicinai in fretta a Jake. Non mi piaceva vederlo così preoccupato. Gli sfiorai una guancia.
Non voglio che tu te ne vada, non avevo parlato io. Era il mio potere a parlare. Riuscivo a comunicare in un modo speciale, soprattutto con Jake. Bastava un'immagine e lui capiva.
Accarezzò la mia mano, ancora sul suo viso. "Non sopporto che tu sia lontana da me," era davvero triste. "ma dobbiamo partire. Forks è in pericolo"
Stavo quasi per mettermi a piangere. Non ero mai stata lontana da Jake per più di qualche ora. Non ci sarei mai riuscita.
"Forks in pericolo?" mamma si era alzata di scatto e aveva guardato allarmata prima Jake poi papà.
"Sì, probabilmente un clan di vampiri che si è soffermato per troppo tempo a Forks. Altrimenti non so spiegare il tono allarmato di Sue, non è da lei." aveva spiegato papà.
Forks era in pericolo, e Jake stava per andare là. Mi passò per la testa l'immagine di lui in un bosco, ferito ad una zampa. 
Senza volerlo trasmisi l'immagine a Jake. Lui mi strinse a sè. 
"Non preoccuparti Nessie, non c'è pericolo"
Lo abbracciai più forte. Non sopportavo neanche vederlo ferito, non potevo sopportare l'ignoto.
Poi però ebbi un'illumiazione, un'idea talmente ovvia che mi misi a ridacchiare. Anche io sarei andata con loro.
"Devo venire anche io se Forks è indifesa" si era offerta mamma, facendo un passo avanti. Dando così voce ai miei pensieri.
Papà stava già scuotendo il capo, spostando lo sguardo da mamma a me.
"No, non se ne parla. Tu e Ness starete qua" il suo tono era deciso.
Mi voltai verso di lui, davvero pensava che noi non li avremmo seguiti?
"Noi veniamo" avevo replicato.
Mamma mi osservò un attimo ma anche lei scosse la testa. "Ed, verrò io, Alice sarà felice di pensare a Nessie"
Mi ero sentita tradita. Ma alla fine papà si era dovuto arrendere a mamma ed entrambi avevano ceduto a portarmi.
Non volevo separarmi da nessuno di loro.
Così, nei pochi minuti che erano seguiti, papà aveva avvertito il resto della famiglia.
Rose e Emmett si trovavano in Europa per l'ennesima luna di miele. 
Alice e Jaspel se ne stavano in una casa a poche centinaia di metri dalla nostra e quando li avvertimmo furono felici di tornare a Forks.
Così andammo a cercare nonno e nonna che trovammo già pronti alla partenza, fuori da casa nostra.
Ci eravamo messi in marcia subito.
Io, avevo preferito stare con Jake. Volevo stargli vicina. Così ero salita in groppa al Mio lupo ed eravamo partiti.
 
Mi riscossi all'improvviso.
"Fermiamoci!" ci aveva detto nonno.
Ci trovavamo in uno spiazzo circolare, in mezzo al bosco vicino Forks. Ricordavo bene quella radura, era stato il nostro campo di Battaglia anni fa, quando i Volturi erano arrivati a Forks.
"Probabilmente ci fermeremo qua per un po'" aveva iniziato Carlisle. "quindi dovremo reintegrarci qua, per non destare sospetti." 
"Io ho ancora dei contatti all'ospedale, mi accetteranno di nuovo. Diremo che siamo tornati perchè Forks ci mancava."
"E' così" disse la mamma con un mezzo sorriso.
Carlisle le sorrise a sua volta. 
"Sicuramente la gente si ricorderà di noi, e non capirà come sia possibile che non siamo invecchiati" aveva continuato incrociando le braccia.
Tutti nella mia famiglia non dimostravano più di una ventina d'anni, quello era il motivo principale del nostro continuo spostarci.
"Io forse ho una mezza idea" aveva detto Alice sorridente. I suoi occhi d'ambra trasmettevano sprazzi di felicità.
"Scordatelo" disse papà.
"Non fate così ragazzi, dai Alice dicci" aveva detto nonna incoraggiandola.
"Carlisle e Esme, io e Jaspel, Bella e Edward, dobbiamo mostrarci più vecchi. Insomma sono passati sette anni, dovremmo avere venticinque anni e Esme e Carlisle almeno dieci di più." aveva iniziato.
"Potremmo truccare un po' di rughe, credo che riusciremo a sembrare più vecchi, io posso aiutarvi."
"Scordatelo" aveva detto di nuovo papà. Questa volta anche mamma sembrava piuttosto contrariata.
"Buona idea" aveva invece detto Carlisle.
"Ci sto" disse Esme.
Io accennai un sorriso.
Il Mio lupo non fece alcun gesto, lui sembrava più grande della sua età, non aveva problemi e poi la gente di Forks non lo conosceva bene e alla riserva non c'erano questi problemi.
Jaspel sospirò, di certo non poteva opporsi alla carica di Alice.
"Bene, non ci resta altro da fare che tornare." aveva concluso Carlisle. 
Jake si era voltato verso papà e lo aveva guardato intensamente.
"Ok, a dopo" aveva risposto. 
Con il muso peloso mi accarezzò dolcemente il fianco poi sparì dal bosco.
"Anche lui deve amministrare i suoi affari, deve parlare con l'alfa" aveva tradotto papà.
 
Nel giro di qualche secondo, eravamo arrivati davanti a casa Swan.
Il nonno ormai da cinque anni si era trasferito a La Push, vicino al mare, nella vecchia casa dei Clearwater. 
Carlisle però era andato all'ospedale. Ed Esme era tornata alla vecchia casa, per sistemare un po' le cose.
Così eravamo solo mamma, papà ed io.
Sospirammo, impazienti. Mamma suonò il campanello.
Dopo pochi secondi aprì un uomo. 
Un uomo felice, con gli occhi scuri e i capelli brizzolati. 
"Papà" disse mamma, avvicinandosi a lui e abbracciandolo goffamente.
Anche io andai ad abbracciare il nonno. 
Quando ci staccammo papà gli porse formalmente la mano.
Sapevo che tra loro non era corso buon sangue, e parlare di sangue alla mia famiglia non era mai una buona idea. Ma il nonno sembrava felice di vedere anche lui.
"Accomodatevi" aveva detto poi spostandosi dalla porta e facendoci entrare.
Ci accomodammo in un piccolo divano. Nonno dalla poltrona davanti a noi mi studiava con aria preoccupata. 
"Come sei cresciuta" aveva detto tristemente.
"Eh sì" aveva risposto la mamma al posto mio.
"Raccontatemi un po', Sue non mi vuol dire niente. Ma quanto pensate di restare?" aveva detto accomodandosi sulla poltrona.
Così mamma gli aveva spiegato in breve le nostre intenzioni.
Papà invece sembrava distratto, continuava a lanciare occhiate dietro di sè.
Gli toccai una mano, cos'hai? gli trasmisi la sua immagine pensierosa. Non che ci fosse bisogno di parlare con lui in quel modo, ma così attirai la sua attenzione.
"C'è qualcuno che non è Sue nell'altra stanza" mi aveva sussurrato all'orecchio. Nonno non si accorse del nostro scambio di battute perchè papà lo aveva detto a bassa voce, e mamma si era girata solo per un attimo.
Ora che papà me lo aveva fatto notare, avvertivo vicino a me un battito cardiaco lievemente accelerato.
Nonno e mamma continuavano a parlare, da così tanto non si vedevano, ma alla fine non avevano molto da dire.
Sapevo da sempre, che con il nonno di certe cose non potevamo discutere e questo ci aveva sempre diviso in qualche modo. Eppure gli volevamo lo stesso un sacco di bene, era solo il più fragile.
Sentimmo aprire la porta. 
"Oh eccola" aveva detto il nonno aprendosi in un sorriso.
Sue era entrata, aveva in mano delle buste della spesa e indossava un vestito lungo e scuro come la sua carnagione.
"Sono felice che siete già arrivati" sembrava molto preoccupata, ma ci sorrise lo stesso, poi si rivolse al nonno.
"Caro, puoi mettere a posto queste buste? Sono così stanca.. almeno ho il tempo di spiegare il motivo per cui la nostra camera degli ospiti è già occupata" 
Nonno le sorrise, sussurrò tra sè qualcosa tipo: "tutto così Top Secret", poi si era spostato rumorosamente in cucina.
Sue sembrava la stessa dei miei ricordi. Aveva ancora i capelli corti e somigliava tanto a Leah.
"Come sta mia figlia?" aveva chiesto per prima cosa.
Leah, era venuta insieme a noi, quando avevamo deciso di andarcene.
Voleva essere libera, ma allo stesso tempo era destinata ad avere un branco. Così il Mio Jake le aveva proposto di venire con noi sapendo quanto a Leah non piacesse stare nel branco di Sam. Lei non si era mai avvicinata molto a me, mi lanciava continuamente occhiatacce. Con il passare del tempo, man mano che il mio rapporto con Jake era cambiato, l'avevo scoperta a guardarmi in modo più interessato.
Jake non mi aveva mai spiegato cosa lei pensasse di me ma diceva che lei non mi odiava.
Un po' a dir la verità mi dispiaceva per la sua fine. Segregata in un branco che un branco non era. Dentro ad un corpo che odiava. 
Ma poi tutto era cambiato. 
Per qualche giorno, ci eravamo stabiliti nella foresta pluviale, a trovare certi nostri amici.
Jake era venuto con noi perchè voleva starmi vicino e Leah che si era rifiutata aveva fatto visita ad un villaggio vicino.
Là aveva incontrato Ian, un ragazzo dalla carnagione scura come la sua e dagli occhi chiari. Da quel momento era scattato qualcosa, l'imprinting era chiamato. Un amore, un colpo di fulmine ancora più forte dell'amore carnale. Lo stesso legame che univa me a Jake, qualcosa di così intenso che finisci di essere un felice succube.
Il nostro periodo dalle Amazzoni si era prolungato. Leah non voleva lasciare Ian, ma non poteva staccarsi così tanto dal suo alfa. Finchè un giorno, la rabbia l'aveva investita e lei era riuscita a non trasformarsi. 
L'imprinting le aveva dato l'energia necessaria che le occorreva per non diventare ciò che lei odiava.
Così era rimasta là, a vivere il suo lieto fine.
Sue lo sapeva, ed era felice per sua figlia. 
Leah ogni tanto ci veniva a far visita con Ian. Aveva stretto un bel rapporto incredibilmente anche con le Amazzoni, ed un giorno era arrivata con un sorriso splendente, Amazzoni al seguito, e un bel pancione coccolato dall'amorevole Ian.
Quando le finimmo di raccontare le ultime novità sul piccolo Harry, papà chiese più informazioni sull'ospite.
Sue si fece subito seria, ed asciugò le lacrime del precedente racconto.
"Non sappiamo molto" iniziò, "ma il branco è riuscita a salvarla dall'attacco di un vampiro. La ragazza dorme ancora ma preferirei sapere cosa lei sa, e se il segreto di tutti noi è al sicuro" 
"Posso parlarle io" si offrì papà.
"Sì, sarà utile sapere ciò che pensa." confermò Sue. "Aspettiamo che si risvegli, poi potremmo raccontare tutto a quella povera ragazza." disse triste.
"Non preoccuparti, Sue, si risolverà tutto" fu mamma a parlare.
Sue aveva di nuovo gli occhi lucidi. 
"Sai Bella, quella ragazza mi ricorda tanto te."
Papà sorrise. "La stessa strana amicizia con un lupo appena trasformato" poi si incupì, "peccato che non sia allo stesso modo amica di vampiri".
Il silenzio si dilatò nella stanza, fin quando sentimmo dei movimenti nella stanza degli ospiti.
"Si è svegliata, confermò papà" si alzò e si diresse lentamente verso la stanza.
"Nessie, vuoi venire?" chiese voltandosi.
Sorrisi, "Si papà ne sarei felice" corsi da lui.
Papà lanciò un occhiata a mamma. Appariva molto concentrata, me la immaginai mentre spostava il suo scudo per far leggere a suo marito i suoi pensieri. Entrambi annuirono.
Percorremmo a velocità umana il piccolo corridoio. Papà mise la mano sul pomello della porta.
"Sei pronta?" mi sussurrò.
Feci segno di sì con la testa.
La porta si aprì lentamente, rivelando una ragazza seduta sul letto.
  
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