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Autore: thatsmylastsong    24/05/2013    1 recensioni
[Altri attori/telefilm]
Evan Peters\Taissa Farmiga.
A Taissa non importava.
Le condizioni meteorologiche non le avrebbero mai impedito di stringerlo forte tra le proprie braccia. Di essere stretta tra le sue di braccia.
Ma per Evan non era così e si chiedeva quanto ancora, avrebbe aspettato.
In eterno, forse.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Che... che ci fai qui?" chiese Taissa, in preda al panico.
La Roberts la fissò qualche istante con astio e alterigia, prima di darle una effettiva risposta.
"La domanda giusta sarebbe, che ci fa il mio fidanzato, qui in casa tua".
La giovane Farmiga si guardò per un momento le scarpe, riflettendo.
La verità, era che nemmeno lei sapeva il motivo della visita di Evan e di certo non era intenzionata a scoprirlo, visto che le cose si stavano mettendo piuttosto male e lei lo ha sempre saputo.
Alle ragazze come lei, certe cose, certi ragazzi, certi momenti, non posso capitare.
Nonna Izzie fissava la nipote con intensità, come se avesse indirettamente capito cosa stesse capitando.
Prima che Taissa potesse dare una risposta sclonclusionata, spuntarono Vera e Evan da dietro la figura della Roberts.
Appena la giovane biondina lo vide, capì quello che doveva fare.
"Era venuto qui per ripassare le battute del primo episodio. I nostri personaggi interagiranno molto ed è difficile ricordarsi tutto sul set".
Le stavano capitando troppe cose e tutte in un giorno.
La Roberts si voltò verso Evan.
"Amore, sta dicendo la verità?".
Il ragazzo guardò Taissa per qualche istante, per poi posare lo sguardo nuovamente sulla sua ragazza.
"Sì, è così. E' la verità".
Ci fu un silenzio improvviso che nonna Izzie spezzò senza tanti giri di parole.
"Ma tu, piuttosto, che cosa ci fai qui?".
Glielo chiese con una spruzzata di veleno, perché raramente aveva visto la nipote così a pezzi.
"Beh, nonnina, stavo andando ad un party organizzato da mia zia, quando vidi la targa della macchina del mio ragazzo parcheggiata qui".
"Stupendo. Chiamami nonnina un'altra volta e giuro che ti spezzo tutte e due le braccia".
Tutti rimasero senza parole e Taissa si sentì protetta.
"Bene, direi che per questa sera è tutto" esordì Vera, perché non ce la faceva più a vedere la sorellina in quello stato.
Appena la Roberts si tolse dalla porta d'ingresso, la giovane attrice si precipitò in casa senza salutare nessuno.
Lo sguardo di Evan l'accompagnò fino a quando non scomparve al piano di sopra.
Stava accadendo di nuovo.
Il ragazzo stava sentendo tutto ciò che sentiva Taissa.
E gli faceva male.
Anch'essa senza salutare, la Roberts prese il suo ragazzo per il braccio destro, trascinandolo via.
Nonna Izzie fece cenno a Vera di correre dalla sorella per vedere come stava, anche se era chiaro.
Vera si precipitò in camera di Taissa, ma ancor prima di entrare, sentiva i singhiozzi rimbobare dentro la stanza.
"Tai..." si limitò a sussurrare la sorella maggiore, appena vide gli occhi della piccola gonfi e traboccanti di lacrime.
La giovane era sdraiata sul suo letto, a pezzi.
Vera si sdraiò dietro di lei, avvolgendola in un abbraccio pieno di tenerezza.
Taissa strinse le mani della sorella che si erano posate sul proprio stomaco.
Tra le lacrime e i singhiozzi insistenti, riuscì a pronunciare qualcosa, di sbieco.
"Non ce la faccio più. Non lo voglio più amare. Basta. Non voglio più sentirmi così. Mi sta facendo troppo male".
Udendo quelle parole dette con una tale innocenza, gli occhi di Vera si inumidrono e la strinse ancora più forte.
Voleva tanto consolarla, dirle qualcosa che l'avrebbe fatta sentire meglio, ma non c'erano parole per guarire una tale ferita.
Solo quella sera, Vera capì che la sua piccola sorellina, stava amando il pugnale che la triggeva.
Taissa amava il proprio carnefice.


Mentre la Roberts ed Evan stavano tornando a casa con la macchina di lei, non si erano rivolti ancora la parola.
Emma era furibonda per il trattamento che aveva ricevuto in casa Farmiga e lui si odiava.
Sì, odiava sé stesso per come aveva lasciato Taissa.
Avvertiva il dolore della ragazza come se fosse il suo di dolore.
E forse, lo era.
"Quelle sono tutte matte. Hai sentito come mi ha parlato la vecchia? Davvero scortese".
Evan strinse i pugni, tanto da far diventare le nocche bianche come la neve di Dicembre.
"Tesoro?" lo richiamò alla realtà la sua ragazza.
Emma posò la propria mano su quella del ragazzo, ma non ebbe alcun effetto.
Il suo pugno era sempre più stretto.


Le due settimane che seguirono furono un calvario per il giovane attore.
Taissa non lo degnava di uno sguardo, tranne quando dovevano girare delle scene assieme.
Tutte le volte che lui le rivolgeva la parola, lei lo ignorava completamente, intenta a leggere un buon libro.
Giorno dopo giorno, durante le pause sul set, Evan non mangiava nemmeno, tanto era preso dalla giovane collega.
Aveva scoperto che era una grandissima lettrice e variava ogni giorno: amava autori come Sylvia Plath, James Joyce, Fitzgerald, Dumas.
Un giorno, però, Ryan sbucò alle spalle di Evan, facendolo sobbalzare, dal momento che stava, come da quotidiano, osservando Taissa.
"Allora, giovane Romeo, sarai felice, spero".
"Di che cosa?".
"Come di cosa? Ah, capisco, sei così preso da lei che ormai ignori noi poveri mortali".
"Ma di che parli?".
"Del ritiro in montagna, mio caro. Ve ne ho parlato ieri. Tra due giorni, tutti voi vi prenderete una piccola vacanza. State lavorando sodo, ve lo meritate".
"No, io... non verrò".
"Perché mai?" chiese Ryan, deluso.
"Non voglio rovinare il soggiorno in montagna a Taissa".
Murphy sfoggiò un sorriso, che somigliava più a un ghigno.
"Dalle tempo. Io non so' cosa sia successo tra voi due, ma mi sorprende che dopo 2 anni, tu ancora non abbia capito".
"Dio, sei così enigmatico oggi che faresti concorrenza alle parole crociate del New York Times. Cosa c'è da capire?".
Ryan lo guardò con tenerezza.
Naturalmente, non avrebbe mai rivelato il "segreto" che celava nel cuore di Taissa, perché era una cosa che lui doveva comprendere da solo.
"Apri gli occhi, Evan".
Dette quelle parole, l'uomo si allontanò piuttosto lentamente.



Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, entro l'ombra e l'anima.
T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sè, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.
T'amo senza sapere come, nè quando nè da dove,
t'amo direttamente senza problemi nè orgoglio:
così ti amo perchè non so amare altrimenti
che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.

Era questo che Taissa stava leggendo in quel momento, dopo che Ryan ed Evan avevano avuto quella criptica conversazione.
"Neruda. Hai degli ottimi gusti, piccola" esordì una voce di donna alle proprie spalle.
La ragazza si voltò e vide la figura slanciata di Jessica Lange, sorridente.
"Ti ringrazio".
"Allora, almeno con me, te la senti di rompere il sigillo? Mi vuoi dire cos'è successo tra te e il ragazzo che non fa altro che fissarti ossessivamente da due settimane?".
Taissa rimise gli occhi sulla pagina di quella poesia, ignorando la domanda posta da Jessica.
La donna si mise davanti alla giovane, che ignorava la sua presenza come nulla fosse.
"So' che sei spaventata, Taissa. Ma ricorda che amare significa vivere".
"Io non sono spaventata" intervenne la giovane, togliendo lo sguardo dalla pagina, posandolo su Jessica.
"Sì invece, lo sei. Lo ami così tanto che ti fa' paura, perché lui ha un potere su di te. Tu puoi continuare ad ignorarlo come nulla fosse, ma sappi che prima o poi dovrai affrontarlo".
Taissa scoppiò in una rista senza gioia, scuotendo la testa, mostrando la proria disapprovazione.


Quella mattina, il sole splendeva, spandendo i raggi caldi contro i vetri appannati di quella casa di città.
"Quand'è che tornerai?" chiese Emma.
"Tra soli tre giorni. Saremo io, Ryan e il resto del cast".
"Questo lo so'... solo che non mi piace l'idea che tu passi del tempo con quella".
"Già, nemmeno a me".
Negli ultimi giorni, le cose tra lui e la Roberts si erano fatte piuttosto tese e la ragazza non riusciva a capirne il motivo, ma una cosa la sapeva: non voleva lasciarlo.
"Mi mancherai" disse lei, posando le proprie piccole mani sulla gote colorite di lui.
"Mi mancherai anche tu. Ti amo, Emma" concluse, baciandola con dolcezza.
Quelle parole la rassicurarono.
Non lo avrebbe mai perso.
Mai.
Sarebbero stati insieme per sempre, perché si amavano, si sono sempre amati.


"Sei sicura di voler andare?" chiese nonna Izzie.
"Certo che lo sono. Sto molto meglio e poi qui a New Orleans fa caldo. Non vedo l'ora di godermi la brezza di montagna.
"E, dimmi, verrà anche quel gran bel pezzo di manzo che ti ha accompagnata a casa due settimane fa?".
"No, Gregory ha avuto un imprevisto e non può venire, ma sta' tranquilla nonna. Passerò il tempo...".
"... a leggere, lo so" continuò la nonna.
"Hai solo 19 anni, amore. Sei troppo giovane per soffrire così".
Taissa le sorrise con tenerezza.
"Ma io non sto soffrendo, dico davvero. Sto bene e stanca che tu e Vera mi trattiate come se fossi appena evasa da una clinica per tossico dipendenti".
La nonna scoppiò a ridere.
"Allora, meraviglia, cerca di divertirti".
Le due si abbracciarono, e appena Taissa, avvertì un bisogno ben preciso.


Il viaggio in aereo fu' tranquillo e privo di strane sorprese.
Il cast atterrò a Sidka, in Alaska.
Quando scesero dall'aereo, tutti iniziarono a contemplare lo splendido paesaggio; ne rimasero letteralmente incantati.
Il pullman li condusse tutti ad una meravigliosa baita, come quelle che si vedono nei film.
Taissa, durante il viaggio, passò tutto il tempo a parlare Lily, ascoltando musica e scambiandosi un sacco di immagini sul telefonino.


Arrivati alla baita, tutti si sistemarono nelle loro rispettive stanze singole, tutte magnificamente arredate.
Quel posto era il paradiso in Terra.


Stranamente, Taissa si sentiva stanca e volle rimanere in camera propria, nonostante gli altri se ne andarono tutti fuori a fare un giro per esplorare il luogo.
Dopo un po', uscì dalla camera, senza però volersi allontanare dalla baita.
Fu' un grosso errore.
Quando mise piede nella sala principale, vide un mucchio di bottiglie di birra ancora sigillate e la ragazza avvertì nuovamente quel bisgono.
Doveva bere.
Così, aprì una bottiglia e la bevve per metà.
Era completamente sbronza ed era solo mezzogiorno.
Fu così che passò la giornata, fino al tardo pomeriggio.
L'essere sbronza, tirò fuori tutto quello che aveva represso nelle ultime settimane.
Il cast non era ancora rientrato e lei si sentiva così libera.
Avrebbe potuto bere tutte quelle birre, andare in coma etilico e...
No, non sarebbe arrivata a tanto, anche se lo avrebbe tanto voluto.
Così, mentre iniziò a parlare da sola, qualcuno rientrò dal giro di perlustrazione.
"Taissa? Ti senti bene?".
La giovane si girò di scatto e appena vide chi la stava interpellando, sorrise felicemente.
"Evan! Io? Beeeeenissimo! Mi sento davvero... volteggiante. Ma esiste questa parola? Ah, ma chi cazzo se ne frega, giusto?".
Il giovane si precipitò da lei, stringendola verso di sé.
"Ma sei ubriaca! Che diavolo ti è saltato in mente?".
Taissa scoppiò a ridere.
"La bottiglia era lì, che mi chiamava, capisci? Sarebbe stato scortese non berla, ti pare? E poi... a te non frega un cazzo! Ti senti solo in colpa perché sei una persona di merda e sai una cosa? Fai bene".
"Basta, ti porto in camera tua".
"NO! Lasciami stare, brutto stronzo! Sparisci e fammi restare qui. Da sola".
"Non ci penso nemmeno".
Ma più lui cercava di prenderla in braccio, più lei si ribellava.
"Oh, come sei dolce. Sei dolce come... la torta al Rabarbaro che prepara mia mamma! Sì, tu sei così. Ecco perché.... noooo, ssshhhh".
Ella scoppiò nuovamente a ridere e vedendola così felice, anche se era una forma illusoria di felicità, anche lui rise.
Rivedere quel sorriso... era meraviglioso.
Le era mancato.
Le era mancata.
"Tai, coraggio, non sei in te...".
"Ti sbagli, ciccio, io sono così in me che potrei dirti tutto, lo sai? Tuuutto! Ma se lo facessi, tu rideresti di me".
"Non lo farei mai" rispose Evan, continuando a stringerla verso di sé, per non farla cadere.
Improvvisamente, gli occhi di lei si riempirono di lacrime.
Senza nemmeno pensarci, ella poggiò la propria fronte sul petto di Evan, piangendo ancora più forte.
Il ragazzo sentì ancora tutto il dolore, ma ora ne era sicuro.
Era il proprio, di dolore.
Evan la strinse, posando le proprie labbra sulla fronte della ragazza, che non riusciva a smettere di piangere.
Ad un certo punto, il ragazzo staccò di pochi millimetri le labbra dalla fronte di Taissa.
"Mi manchi" le sussurrò.
La giovane attrice, però, era in preda ad una crisi di pianto e tutto quello che voleva era stare ancora tra le braccia del giovane.
Evan, così, inizò ad accarezzarle i capelli molto delicatamente.
I singhiozzi della ragazza si controllarono e riprese a respirare con regolarità.
Vedendo che si era calmata, egli la prese in braccio, come fanno i principi quando vogliono mettere in salvo le principesse.
La portò in camera e la sdraiò sul letto.
Era ormai sera e gli altri erano rientrati, senza accorgersi di nulla.
Taissa si addormentò e Evan si rese conto di non aver mai visto qualcosa di più perfetto.
Così, prese una sedia, si sedette accanto al letto e la guardò dormire per tutta la notte, con il viso di lei illuminato dalla luce del caminetto scoppiettante.






 
  
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