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Autore: didi93    25/05/2013    1 recensioni
La mano di Maria scivolò sul polso sinistro di Altair. Senza dargli il tempo di capire cosa stesse per fare, fece scattare la lama celata e se la portò alla gola mentre lui sgranava involontariamente gli occhi. Fu la prima volta che vi scorse qualcosa di molto vicino alla paura.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad, Maria Thorpe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi, dopo tempo immemore, ad infastidirvi di nuovo con un altro capitoloXD  se avrete la pazienza di leggere, magari fatemi sapere se vale la pena continuare, o se ho commesso errori. Ciao:)

La verità

Maria aprì gli occhi. Faceva caldo e l’aria era afosa. Il dolore le consentiva poca lucidità e non aveva neppure il coraggio di esaminare la ferita. Si alzò faticosamente in piedi. Il piccolo abitacolo era completamente illuminato dai raggi del sole che provenivano dall’apertura sul muro. Aveva dormito troppo e sarebbe stato difficile allontanarsi da lì in pieno giorno e con le sentinelle in giro. Non era neppure sicura che i turni di guardia fossero rimasti invariati dopo i tumulti della sera precedente. La vista le si annebbiò di colpo e dovette appoggiarsi alla parete per evitare di cadere a terra. Con cautela spiò all’esterno. L’area sembrava deserta. Uscì e si sporse dalle merlature per guardare in basso. La ferita non le avrebbe permesso di calarsi dal muro di cinta, doveva trovare un altro modo per andarsene. Si avviò lentamente nell’unica direzione possibile. Avrebbe usato il percorso principale che conduceva alla scale e, da lì, si sarebbe allonatanata sperando di non essere vista. Nessuna guardia. La città sembrava deserta. Sgattaiolò in fretta giù per le scale e percorse i soliti vicoletti poco frequentati, fino a quella casa dove era stata tante altre volte, sempre per motivi poco piacevoli. Sentiva che da lì a poco avrebbe perso del tutto le forze. Barcollava quando arrivò a destinazione. Diede un forte colpo alla porta di legno, poi cadde in ginocchio. Il buio l’avvolse e nessun suono poté più giungerle all’orecchio.
 
Lentamente Maria si svegliò, la testa le faceva male, ma il dolore che aveva provato fino a qualche ora prima era quasi scomparso. Pian piano mise a fuoco la stanza. Era sdraiata su un vecchio e malmesso tavolo di legno con i vestiti imbrattati di sangue, in un ambiente senza finestre.
-Bene, vedo che sei ancora viva.-
Si voltò lentamente in direzione del suono e, in piedi alla sua destra, vide Hashim.
-Non pensavo che ce l’avrei fatta ad arrivare qui, per un attimo ho creduto che sarei morta.- disse con un filo di voce.
-Per quante volte tu abbia rischiato la vita, per quante ferite io abbia dovuto curare, non ti avevo mai vista in questo stato.-
Si rese conto solo in quel momento di non aver mai detto grazie ad Hashim. Era sempre stato pronto ad aiutarla. L’aveva incontrato subito dopo la sua fuga dall’Inghilterra, poi si era unita ai Templari e, nonostante questo, lui si era dimostrato sempre un buon amico. -Ti ringrazio per tutte le volte che mi hai salvato la vita.-
Un sorriso sarcastico passò veloce sul volto di Hashim. –Non è da te dire grazie a qualcuno…neanche in punto di morte.-
Anche Maria sorrise.
-Posso sapere chi ti ha ridotta così? Sono curioso.- continuò Hashim con lo stesso tono tra l’ironico e il sollevato.
L’espressione di Maria si indurì di colpo e, di nuovo, sentì la rabbia crescere dentro di lei.
-Qualcuno che ha avuto solo fortuna.- rispose a denti stretti.
-L’Assassino di cui tutti parlano?-
-Chi ne parla?-
-Mi è giunta voce…-
-Sarà morto a quest’ora! E se non lo è, lo sarà presto!-
Hashim spostò il cappuccio del lungo mantello grigio che indossava sempre, lasciando scoperto il volto e la guardò con indecisione mentre cercava le parole giuste.
Quel gesto la rese più inquieta ed un terribile pensiero le offuscò la mente. Scattò a sedere ignorando la fitta di dolore al fianco e l’indolenzimento.
-Di cosa ti è giunta voce?-
-Si dice che…- Hashim si bloccò per un attimo, poi riprese –che Roberto di Sable sia morto.-
-No! Non è possibile! Non può essere vero.-
-Mi hanno riferito che l’Assassino l’ha ucciso.-
Maria rimase in silenzio per qualche secondo, come nel tentativo di assimilare quella verità sconcertante ed inaspettata.
-Quell’Assassino ha distrutto la mia vita. Deve pagarla.- fece per alzarsi ma ricadde subito a sedere.
-Non puoi andare da nessuna parte in queste condizioni.-
Senza prestare attenzione alle parole di Hashim si alzò con cautela dal tavolo e, un po’ barcollante, si rimise in piedi. -Riesco a stare in equilibrio, posso andare. Devo trovarlo.- disse fin troppo sicura di sè.
Hashim le lanciò un’occhiataccia.
-So per esperienza che non potrei fermarti, ma almeno porta questo con te.- disse infine rassegnato. Estrasse da una tasca un sacchetto di stoffa marrone e glielo porse. –Sono erbe curative, ti allevieranno il dolore.-
-D’accordo.-
-Lì ci sono dei vestiti puliti. Io vado di sopra.- le indicò un mucchio di abiti piegati su una sedia poco distante e uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Con cautela Maria si sfilò i vestiti lacerati ed esaminò la ferita. Era stata ricucita con cura ed era ricoperta da una poltiglia verde. Sospirò di sollievo, mai come quella volta aveva creduto davvero di morire. Rimise a posto la fasciatura e indossò i vestiti puliti che le aveva lasciato Hashim, una camicia bianca e un paio di pantaloni di stoffa grigia. Calzò gli stivali, poi si coprì con il suo mantello nero, prese la sacca che portava sempre con sé e uscì dalla stanza. La porta si apriva su un piccolo vano che ospitava esclusivamente una rampa di scale. Salì al piano superiore ed entrò in una camera scarna, arredata solo da un tavolo e da un braciere. Hashim era accanto alla porta. Lo raggiunse.
 -Allora buona fortuna Maria.- le disse lui rivolgendole un ultimo sguardo preoccupato.
-Ne avrò bisogno.- si tirò su il cappuccio  e sparì nella notte.

 
  
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