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Autore: perlaeneve    27/05/2013    0 recensioni
un ragazzo arrogante, impulsivo, stronzo, possessivo, bello da spezzare il fiato e.. vicino di casa.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 1.



Sprofondai nella soffice imbottitura del divano e, come d’abitudine, mi strinsi un cuscino contro la pancia. –Allora, di cosa devi parlarmi?- posai lo sguardo su mia madre che, in piedi vicino allo stipite della porta, sembrava star rimuginando in cerca delle giuste parole per iniziare il suo discorso.
Dopo un minuto che sembrò interminabile si decise finalmente a parlare: -Ieri la signora Collins ha convocato l’intero palazzo per una riunione d’emergenza..- mentre ascoltavo aggrottai la fronte in una smorfia di stupore. La signora Collins, portinaia e proprietaria del vecchio palazzo in cui vivevo, era la donna più pigra che conoscessi: doveva essere successo qualcosa di davvero sensazionale per averle fatto trovare la forza di alzarsi dal divano, pulire la casa dai peli dei suoi gatti e convocare nel suo ufficio mia madre e gli altri coinquilini.
-..dobbiamo trasferirci- mi ero immaginata le cose più improbabili quando mia madre, quella stessa mattina, aveva fatto capolino nella stanza dicendo che dovevamo parlare, ma il cambio di casa non aveva nemmeno sfiorato le mie fantasticherie.
Mi rizzai in piedi e un forte capogiro fece volteggiare i muri del salotto come una macchina per centrifughe; aprii la bocca senza però riuscire a pronunciare una mezza parola. Mi schiarii la voce, intrappolai un ciuffo di capelli ribelli dietro l’orecchio e mi preparai per il secondo tentativo: -Ci vuole sbattere fuori? Forse è per la musica troppo alta?.. beh, posso scendere ad un compromesso! Accenderò lo stereo solo nel tardo pomeriggio, lei ha già finito il suo riposino e così pos..- la mia innata capacità  nel pronunciare  più di cinquanta parole in meno di un minuto venne bruscamente interrotta quando mi accorsi degli occhi bagnati di mia madre. –Mamma, forse dovrei iniziare a portarle la posta e offrirmi per andare a compararle la spesa.. magari le starò più simpatica- continuai a  sussurrare qualche altra sciocca soluzione sentendomi come una bambina che vuole un cagnolino e promette ai genitori che sarà una bravissima padrona. –Tesoro, il problema non è la musica, e nemmeno la spesa..- mia madre accennò un sorriso ma subito un’altra lacrime le scivolò lungo la pelle. Le corsi incontro, cingendoli le braccia al collo e affondando il naso tra i suoi capelli sempre profumati: non c’era mai stato qualcosa che mi avesse fatto piangere di più che vedere mia mamma stare male. Provai la stessa sensazione di quando, fingendo di dormire sotto il piumone e con la testa contro il cuscino, la ascoltavo singhiozzare per i problemi a lavoro e la separazione con mio padre.
-.. allora perché dobbiamo andarcene?- la mia voce risultò ovattata ma ero sicura che mi avesse capito; lei alzò la fronte dalla mia spalla e mi asciugò le lacrime che nel frattempo avevano deciso di farsi una bella escursione anche sul mio viso. Mi stinse forte –Lo Stato ha confiscato il terreno alla signora Collins, abbatteranno il palazzo e costruiranno una nuova autostrada..- la verità mi travolse come un fiume in piena: e così la casa dove ero nata e dove avevo vissuto per i primi sedici anni della mia vita sarebbe diventata una colata d’asfalto. Annuì senza sapere cosa rispondere, ma anche perché qualsiasi parola non ci avrebbe aiutate a migliorare quella situazione. Tirai su col naso e mi spostai dalla fronte i capelli bagnati e appiccicaticci; restammo abbracciate per diversi minuti e in quell’abbraccio ritrovai i particolari più belli di quella casa a cui purtroppo avrei dovuto dire addio: dalla lavastoviglie che non era mai funzionata e che il nostro gatto aveva riadattato come tana, alla chiazza d’olio che avevo lasciato sul muro della cucina quella volta che volevo a tutti i costi cucinare le frittelle, e ancora le piantine che riuscivamo per miracolo a mantenere in vita e il mio letto da una piazza e mezza che non avevo praticamente mai usato perchè dormire con la mamma era sicuramente più bello, anche a sedici anni.


Il suono stridulo dell’allarme del microonde mi fece sobbalzare dalla sedia, staccai il palmo della mano dal mento e mi alzai con pigrizia. Aprii lo sportello di metallo e, dando spazio alle mie doti da giocoliere, afferrai entrambe le tazze traboccanti di latte che cinque minuti prima avevo messo a scaldare. -..e quindi dove andremo?- guardai mia madre mentre afferravo due salviette, le posate, il cacao e i biscotti e appoggiavo tutto sopra al tavolo. Lei avvolse la sua tazza, rossa con il disegno di due cuccioli di dalmata, con entrambe le mani e sospirò lentamente. In attesa di una sua risposta mi appollaiai sopra la sedia e avvicinai la bocca al bordo della tazza: ancora una volta avevo versato troppo latte e non sarei riuscita a bere senza spandere tutto sopra alla tovaglia.  –Una soluzione l’avrei anche trovata.. ma non è niente di certo!- feci segno con la testa di continuare a parlare mentre masticavo un biscotto al cioccolato appena inzuppato. –Beh, ti ricordi di Sarah, la mia ex collega della lavanderia?- mia mamma sorseggiava il suo latte con estrema lentezza e per un attimo considerai l’idea di imparare a comportarmi a tavola come un comune mortale e non impazzire  ala vista di qualsiasi forma di cibo. Riflettei però che quella era sicuramente un’occasione particolare e senza una dose di biscotti, latte, calorie e maniere selvagge sarei ricaduta nei pensieri nostalgici. –Uhm uhm..- mormorai senza però capire cosa centrasse Sarah con la nostra futura casa. –Ecco, lei vive in una casa suddivisa in due piani.. e sua zia, che viveva al pian terreno, è morta qualche anno fa! E’ pieno di mobili e scatoloni, ma una volta data una bella ripulita e sistemate le piastrelle della cucina.. beh, sarebbe perfetto-. Finii di ingurgitare anche l’ultima goccia di latte mischiato alle briciole dei biscotti e guardai mia madre –Quindi vivremo insieme allo spirito della zia di Sarah? Non lo trovi parecchio inquietante?- rabbrividii nell’immaginare il fantasma di una vecchietta per bene che osserva me e mia madre mangiare su quello che una volta era stato il suo divano. –Ma non è morta in casa, Zoey! Il suo spirito tormenterà le povere anime di una casa di riposo, mi dispiace!- mia mamma scoppiò a ridere e pensai che avrei sopportato l’idea di anche cento fantasmi, magari puzzolenti e senza denti, per riuscire a farla ridere ancora.
 
Due mesi dopo quella che fino a quel momento era stata la mia casa si era trasformata in una scatola bianca, con un’unica chiazza d’olio su una parete, traboccante di scatoloni e sacchi di tutte le misure. Avevo scoperto che la casa di Sarah distava solo qualche chilometro dalla mia scuola e ogni mattina sarei dovuta arrivare a lezione  con una biciclettata di quindici minuti alle spalle. Ma a quella tremenda notizia di quotidiana attività fisica si affiancava qualcosa che avrebbe ripagato anche la più tremenda delle sofferenze: la casa della mia migliore amica, Liza, e suo fratello gemello, Jeremy, era praticamente al lato opposto della strada, dopo un giardinetto per bambini e una stradina di sassi.

-Amore, è arrivato il camion! Inizia ad accumulare vicino alla porta gli scatoloni più pesanti.. intanto gli operai caricano i mobili- mia mamma, con una bandana intorno alla nuca e i le bretelle in jeans, si era trasformata nella copia esatta di Bob l’aggiusta tutto. Decisi di fare quello che mi aveva chiesto senza protestare: sapevo che dietro quella super organizzazione nascondeva una grande nostalgia nel dover abbandonare per sempre la casa che era riuscita a comprare con lo stipendio di sette anni di lavoro. In meno di mezz’ora avevo ordinato vicino all’entrata tutti gli scatoloni, ma gli uomini addetti al servizio traslochi sembravano aver difficoltà nel trasportare i mobili della mia camera; guardandoli con aria corrucciata ringraziai Dio per essermi ricordata di staccare e ripiegare dentro uno scatolone tutte le foto e i poster che ricoprivano il mio armadio.  Approfittai dell’ immensa impeditaggine degli operai per concedermi un’ultima perlustrazione della casa. Entrai nello stanzino che io e mia madre usavamo chiamare ‘bagno’ e guardai la mia immagine riflessa nello specchio. Venni colpita da un piacevole dejà-vox: c’ero io, avevo forse tre o quattro anni, e sempre davanti allo stesso specchio, sopra una seggiolina di plastica, mi pasticciavo le faccia con il rossetto di mia mamma. Qualche anno dopo quel rossetto si era trasformato in una lametta, il viso era quello di una piccola donna e le gambe erano ricoperte da un sottile strato di crema depilatoria. L’ultima visione di me in quel bagno risaliva alla sera della notizia del trasloco quando, con la cornetta del telefono attaccata all’orecchio e un rotolo di carta igienica riabilitata come fazzoletto, parlavo al telefono con Liza e Jeremy e sfogavo tutta la rabbia verso lo stato e i loro dannatissimi progetti di nuove autostrade.
Dopo il bagno passai alla camera da letto di mia mamma, forse la stanza più vissuta dell’intero appartamento. Chiusi gli occhi e inspirai il forte profumo di lavanda che ancora inebriava la camera: due anni prima avevo accidentalmente fatto cadere una boccetta di profumo sul pavimento e per mesi l’odore troppo intenso non aveva fatto dormire mia mamma e il suo senso olfattivo più sviluppato di un orso. Probabilmente la fragranza della boccetta era scomparsa da parecchio, ma io continuavo a percepire il profumo come fosse appena accaduto.
-devo ammettere che sarà strano addormentarsi senza quell’orrendo profumo..- mia madre entrò nella stanza e, come era sempre stato, capì immediatamente a ciò che stavo pensando. Scoppia a ridere a la guardai –ma davvero non ti piaceva?- le sorrisi vedendola asciugarsi il sudore dalla fronte. Lei fece una smorfia buffa a quella domanda per poi darmi un buffetto sulla guancia –Quel profumo me lo regalò tuo padre per il secondo anniversario di matrimonio.. e sai benissimo come è andata a finire- feci spallucce e annuii. L’argomento ‘papà’ era sempre stato un campo molto delicato: anche se ora erano rimasti in ottimi rapporti e una volta alla settimana ci trovavamo tutti insieme per mangiare la pizza, i mesi subito dopo la separazione avevano portato a mia mamma una dolorosa e lunga depressione.

  
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