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Autore: Rainie    29/05/2013    1 recensioni
Una raccolta di flashfiction sul rapporto di Gilbert Beilschmidt e Elizabeta Hedervary, una vita parallela, non raccontata, un essere e non essere continuo; il tutto sulle note di una Kesha particolare.
01. [ Die Young ] : Poi, quando tutto era finito e la notte fonda stava facendo scendere sui loro occhi il velo del sonno, Elizabeta parlò.
02. [ Last Goodbye ] : Così camminarono per le strade, corsero ridendo ed incuranti del resto, in un infantile anonimato, con le vie ed i negozi come unici testimoni.
03. [ Old flames can’t hold a candle to you ] : Gli mormorò che era un gran sciocco, e lui non fece altro che grugnire in protesta.
04. [ The Harold Song ] : Sentiva il resto del mondo – troppo futile – scivolargli via dalle mani, e nella sua mente rigiravano solo quelle parole: se ne ritornava in Germania a farsi uccidere.
05. [ Past Lives ] : "Per Eliza. Ti avevo promesso un’auto piena di fiori, così non ti scorderai sicuramente di me."
Genere: Romantico, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Dall’inizio della sua amicizia (o inimicizia, dipendeva dai punti di vista) con Gilbert, l’unica volta in cui Elizabeta ricordava di essere stata grata ad averlo accanto fu quella gita scolastica in prima media.
Ricordava i profumi di quella città sconosciuta, la linea dell’orizzonte che terminava con i profili irregolari delle montagne lontane e il sole caldo che batteva sull’asfalto grigio; ricordava quanto si stesse annoiando ed il fatto che perse di vista i suoi compagni di classe.
Quando se ne accorse, si chiese come avesse fatto ad allontanarsi dal gruppo scolaresco, tuttavia non aveva avuto paura; dopotutto, era sempre stata una bambina calcolatrice e dal sangue freddo, e inizialmente non fu per niente turbata.
Si sentì davvero ansiosa solo quando, mezz’ora più tardi, avendo cercato in lungo e in largo i propri compagni, realizzò che era pur sempre una ragazzina, e che come tale non riusciva ancora a gestire le proprie emozioni e paure. Non voleva di certo mettersi a piangere, eppure più il nervosismo cresceva, più lei non sapeva cosa fare, e più il panico si prendeva gioco dei suoi sensi.
E invece Gilbert la ritrovò, proprio quando lei non ci aveva più sperato. «Era una palla stare con loro», le aveva detto, con le mani nelle tasche ed lo sguardo (che aveva l’intenzione di essere) diffidente. Lei lo aveva guardato con perplessità, per poi tirargli un calcio negli stinchi – «Sei impazzita?!» – per nascondere un imbarazzato sorriso e sollievo. «Quanto sei idiota», gli disse, incrociando le braccia al petto in un atteggiamento fiero ed orgoglioso. Gilbert, invece, fece una smorfia di dolore.
Così camminarono per le strade, corsero ridendo ed incuranti del resto, in un infantile anonimato, con le vie ed i negozi come unici testimoni. Mangiarono del gelato mentre il vento scompigliava i loro capelli, prendendosi in giro l’un l’altra per quanto ridicoli sembravano, e bisticciarono come al loro solito fino a quando non furono ritrovati dai loro maestri terrorizzati e si subirono il terzo grado.
Anche a distanza di anni, Elizabeta riusciva a rievocare quel giorno in modo vivido, come i colori di un vivace Van Gogh. Era un ricordo inchiostrato nella sua mente, che aveva girato e rigirato nella sua testa milioni di volte in sogni e cambiamenti successivi, assaporando intanto il dolce gusto di una innocenza passata, tuttavia mai più ritrovata in seguito. Quella stessa memoria l’aveva accompagnata sino a lì, nel punto in cui il sole sarebbe presto sorto su quell’assonnata città alle 4 del mattino.
Gilbert aveva deposto un bacio sui suoi capelli, e lei si strinse ancora di più al suo corpo. Sorrise ad entrambi il ricordo ed il calore emanato dall’altro, ripensando con divertimento a come, anni fa, aveva repulso l’idea di abbracciare l’albino, scivolare le dita tra l’argenteo delle sue ciocche ribelli e perdersi nel mare del suo odore familiare.
Infine sospirò, e chiuse gli occhi arrendendosi al passato ormai lontano.
 
 
 
 
 
 
[ 481 parole. ]
N/A: Avrei voluto aggiornare lunedì, ma non avevo immaginato che in questi tre giorni precedenti non avrei avuto nemmeno la possibilità di avvicinarmi al mio computer /: Chiedo venia.
Non sono mai stata una grande fan di Kesha, a dirla tutta, ma ci sono state alcune canzoni che mi hanno colpita particolarmente, ed ho deciso di scriverci qualcosa. Non sono sicura di aver colto l’atmosfera di Last Goodbye completamente in questa flash, ma spero sia abbastanza!
Ci vediamo settimana prossima, sperando di essere puntuale, questa volta.
Rainie.
   
 
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