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Autore: Romanova    29/05/2013    0 recensioni
Bond/Q.
Nessuno ha dato una casa al caro James, la brutta notizia è che il suo nuovo alloggio è quello dell'essere più odioso, supponente, irritante e geniale del pianeta: Q.
[Slash qua e là!M è viva].
1.Ci sono molti modi per cominciare qualcosa!
2.Il suo animale preferito.
3.Buon Natale, Q.
4.Aspettami.
5.Our is the fury
6.Human Connections (ovvero come evitare le fatiche quotidiane; songfic; grazie, Giorgia! Sei l'amore)
7. La pensione merita un capitolo a parte.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Bond, James/Q, James/Q, Q
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno di San Valentino è una particolare disgrazia soprattutto se ti capita di vivere con un James Bond single e di ritorno da una missione piuttosto lunga.
James Bond odia Natale,Pasqua, San Valentino e qualunque altra festività se non può trascorrerla in compagnia di una donna o in missione.
E anche in quel caso la odia lo stesso.

“Giorno?”
“Sprecato”.

“Buongiorno Bond”.
Tutto quello che il povero Q riceve in risposta è un mugugno.
“Immagino che oggi sia uno di quei giorni in cui un giovane che ha ancora l’acne e un plesiosauro tremendamente scazzato e piuttosto amareggiato si trovano nella stessa situazione.” soffia l’informatico da sopra la sua tazza di Earl Grey mattutina guadagnandosi un’occhiata gelida da Bond.
“Q, cosa c’era di poco chiaro nella mia occhiata?”si costringe a parlare James servendosi una tazza dello stesso tè con poca grazia e ancor meno entusiasmo prima di accomodarsi sul divano di casa.
“Non vuoi parlarne, quindi chi è morto questa volta?”
L’uomo lo squadra da capo a piedi.
“Il fatto che condividiamo un tetto e occasionalmente un letto non significa che tu abbia diritto di saperlo” replica volutamente cattivo.
“E’ quella italiana?”
Lo 007 fa solo un cenno col capo.
Ogni tanto si domanda cosa diavolo gli succeda quando si ritrova a battibeccare, punzecchiarsi, discutere, collaborare e persino a convivere con quel genietto infernale.
Con lui sente che può rilassarsi un attimo, l’aria è un po’ più respirabile e gli riesce persino qualche risata spontanea alternata al solito ghigno con cui fa strage di cuori femminili.
Oppure riesce a essere semplicemente più umano.
“San Valentino non è una buona giornata per nessuno, specie se siamo di riposo” asserisce con convinzione il ventenne mentre conclude la colazione sotto lo sguardo ciano di Bond.
James termina il pasto e si concede una dose di liquore piuttosto generosa.
“San Valentino è un giorno perso” sentenzia Bond.
Il moro gli sfila il bicchiere di mano, annuendo.
 “Sei così fan del trapianto di fegato?” domanda tentando di alleggerire l’atmosfera che si era appena fatta di una pesantezza a cui era sì abituato, ma dalla quale era difficile riemergere.
Il plesiosauro deve adorare il mugugnare, lo fa così spesso…
“Sono orgoglioso di come sto servendo il mio paese”.
Quello Q lo ha afferrato praticamente subito.
Improvvisamente, sotto la luce fioca della lampadina a risparmio energetico, nota una cosa che lo colpisce con la forza di un calcio nello stomaco.
“Sei stanco”.
Nessun dubbio, nessun colore particolare della voce, una semplice e arida, matematica e logica constatazione.
Sa benissimo di avere addosso lo sguardo di James(quanto poco lo chiama così…), ne sente la pressione, come avere un ago alla base del collo.
La mano gli trema di nuovo: da dopo Skyfall ogni tanto capita, ma è bravo a mascherarlo.
A casa non è mai successo, Q gli afferra il polso e attende che passi.
Prima o poi tutto passa, anche la stanchezza, che scorre via come l’acqua su una roccia di fiume.
James resta immobile per qualche secondo, poi scosta gentilmente la mano di Q dal suo avambraccio.
“Grazie, Q”.
Ecco, sono quelle piccole cose che riescono a spiazzarlo ogni volta che entrano in contatto.
Sì, deve dire che spiazzato è il termine giusto per identificare la confusa sensazione di stomaco chiuso e incredibile calore che avverte ogni volta che succede qualcosa di simile: gli hanno detto che ha pianto quando è morta M, ma vedere certe cose coi propri occhi è molto diverso dal sentirsele raccontare.
“Andiamo a far due passi, plesiosauro?”
“Piove” fa notare l’uomo indicando l’acquazzone che sta dando il meglio di sé fuori dalla finestra.
“Allora ti va di  raccontarmi qualcosa?” domanda il ventenne spostandosi sul divano di casa.
Il racconto consente di esorcizzare le paure, le angosce, le implicazioni emotive.
Quando racconti non c’è più nulla intorno a te, solo chi ti ascolta e il mondo che per lui stai creando.
Per tutti questi motivi il narrare è diventato un modo di comunicare consolidato per Q e Bond: quando la tensione diventa alta e son vicini al punto di rottura uno dei due comincia a raccontare qualcosa, non importa se reale o di fantasia, attinente o no all’argomento iniziale della discussione.
“Sai come ho scoperto di non soffrire di claustrofobia?”chiede l’agente, accomodandosi meglio sul divano.
Il moro nega ma è decisamente curioso di scoprirlo.
“Quando ero piccolo, mi sono nascosto per due giorni in un tunnel scavato ai tempi della Riforma,  sotto casa mia”.
Skyfall.
L’informatico è perplesso.
“E non sei uscito da quel cunicolo fetido e umidiccio per due giorni?Come hai fatto? Qualunque bambino o ragazzino sano di mente sarebbe decisamente morto di paura”.
“Diciamo che non ero in vena di vedere nessuno ”.
Nessun tono nostalgico, nessun rimpianto, dispiacere o rimorso.
Quelle son cose per principianti, per bambini.
Q si pulisce gli occhiali, riflettendo in silenzio.
“E cosa hai fatto due giorni nel ventre della madre Terra?”
“Ho riflettuto, per quanto un bambino possa riflettere su certe cose” conclude James.
Non osa chiedere ancora quale sia stato l’oggetto dei pensieri del Bond bambino.
“Beh, è decisamente un qualcosa che rende certi di non essere claustrofobici” conviene il ventenne.
L’uomo annuisce.
“Sai perché la missione è stata classificata come Skyfall?”
“Immagino abbia qualche riferimento con l’oggetto del tuo incarico…” tenta Q.
La luce negli occhi dello 007 è cambiata di nuovo: l’informatico è un buon osservatore e ha imparato a decifrare quei segnali abbastanza presto.
“Skyfall era casa mia”.
Questa sì che è una sorpresa.
“Sei di nobili natali, dunque”.
“Lo stemma di famiglia è il cervo, se questo stuzzica la tua passione per il ficcanasare”.
Sul viso del giovane compare un sorrisetto.
Ecco, l’atmosfera è tornata distesa, la storia può proseguire.
“E’ interessante: se non sei nobile sei decisamente ricco, più ricco di quanto immaginassi io, perlomeno”.
Lo 007 tace, vuole capire dove le contorte elucubrazioni del coinquilino lo porteranno.
“Perché sei diventato un agente segreto?”.
Ahia.
La risposta a questa domanda è stata calibrata bene.
“La vendetta è un buon motivo”.
“Our is the fury, eh?”
“Ficcanaso”.
Lo ha messo nel sacco, ma figuriamoci se deve pure discolparsi per aver fatto una microscopica ricerca su internet.
All’hacker viene da ridere a quella replica e persino Bond si lascia sfuggire, in un sussulto di umanità, un risolino, contagiato dall’ilarità del coinquilino.
Pare abbia smesso di piovere.
“Sei mai stato in Scozia?”
Q nega.
“Dovresti andarci, prima o poi”.
“A casa tua mi ci porti tu, plesiosauro” risponde il più giovane alzandosi per sistemare le tazze della colazione, un po’ più allegro.
Ha smesso di piovere.
La luce del sole filtra dalle finestre, Bond da un bacio al ragazzo.
“Ci sono già, ficcanaso”
   
 
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