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Autore: Romanova    31/08/2013    0 recensioni
Bond/Q.
Nessuno ha dato una casa al caro James, la brutta notizia è che il suo nuovo alloggio è quello dell'essere più odioso, supponente, irritante e geniale del pianeta: Q.
[Slash qua e là!M è viva].
1.Ci sono molti modi per cominciare qualcosa!
2.Il suo animale preferito.
3.Buon Natale, Q.
4.Aspettami.
5.Our is the fury
6.Human Connections (ovvero come evitare le fatiche quotidiane; songfic; grazie, Giorgia! Sei l'amore)
7. La pensione merita un capitolo a parte.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Bond, James/Q, James/Q, Q
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ci sono poche cose che servono alla vita di un agente segreto del reparto doppio zero e senza dubbio la più importante sono dei punti di riferimento.
Basi sicure, luoghi al riparo da intrighi, spie, agenti e guerriglie internazionali.
Lentamente e fastidiosamente si è trovato ad accettare come contraltare al suo apparente mutismo e malumore perenni un ventenne mingherlino indiscutibilmente geniale e sorprendentemente paziente.
 
Mi sorprende ritrovarti 
sulle scale quando torno a casa 
sorpreso di vedermi 
come se fosse la prima volta 
e racconto senza freni 
le mie gioie e i miei dolori 
e tu mi sorridi 


Sì, ogni volta che lo vede si sorprende perché ha sempre la battuta pronta, è pieno di entusiasmo e sa sempre per istinto qual è il confine da non superare con le domande riguardo i progetti, la giornata, M e persino la politica.
Ha molta cura di lui, effettivamente.
Il loro discutere è  un piccolo rito privato di condivisione che non deve essere interrotto da nulla: uno diventa più umano, l’altro con la sua sagacia impara e cresce.
In fretta.
E gli sorride, facendolo, quasi involontariamente-spontaneamente- ricambiare.
 
Mi sorprendo ad immaginarti 
sulla porta quando torno a casa 
ansioso di vederti e di scrutare 
ogni tua movenza 
e parlarti senza sosta 
dei miei ottimi propositi 
nella vita e soprattutto verso te 



 
Quanto diamine parla quel ragazzo? Altro che ottimi propositi, l’unica cosa di cui gli fa venir voglia è di sparargli.
Irritante.
E dovrebbe piantarla pure di usare quel nomignolo.
Il loro condividere un appartamento è mutato presto in qualcosa di più profondo.
I legami umani per lui sono sempre stati come il veleno*, ma stavolta c’è stato un elemento che gli ha impedito di sottrarsi al gioco: non è solo difficile, è ... intrigante, imprevedibile.
Come giocare alla roulette o a chemin de fer.
Rischi, probabilità, superstizioni, puntate, aspettative, paura.
Può fare poche cose per il puro piacere personale e il gioco d’azzardo è senza dubbio una di queste.
Ecco, quel rapporto interpersonale nato malvolentieri, che comprende lo stuzzicare Q, litigarci e poi in qualche modo risistemare tutto è divertente come il gioco.
E’ importante.
 
io ti regalerò ogni singolo 
risveglio la mattina 
e poi lascerò i capelli 
scivolarmi fra le dita 
ti regalerò ogni singola carezza 
quando è sera 
ho imparato già 
ad amarti senza più riserva alcuna… 




 
Senza che nessuno se ne accorgesse, quelle piccole abitudini rassicuranti (perché lui, come tutti i duri in realtà è un gran sentimentale) sono diventate affetto sincero.
Affetto ricambiato e poi il cambio di programma che stuzzica Bond a rischiare.
Quel cambiamento gli insegna la più grande lezione della vita di uno 007: ci sono cose che si costruiscono lentamente, come i sentimenti.
Ci sono cose che si dissolvono con gli anni, come le paure.
E poi le ultime, quelle più belle e importanti si costruiscono lentamente, diventano solide ancor più lentamente e quando meno te lo aspetti, le scopri indistruttibili.
Come la pazienza di Q, che al tuo ritorno da una missione in cui sei stato torturato in maniera brutale e raffinata ti chiude la porta di casa alle spalle, ti lascia fare una doccia senza dirti nulla e ti attende silenzioso sul divano con una tazza di tè e il fido laptop, che scosta nel momento in cui ti allunghi poco gentilmente sull’incolpevole pezzo d’arredo e poggi la testa sulle sue cosce.
Ti guarda con un’aria così falsamente critica da strapparti un ghigno.
Nonostante tutto.
“Dai, dillo”.
“Cosa? Che rischiavi con i tuoi capelli ancora umidi di rovinare il mio prezioso strumento di lavoro e ho salvato il mio piccolo tesoro appena in tempo?”
James ride nonostante qualche punto tiri ancora e le contusioni non ancora guarite gridino vendetta.
“Di sicuro avrai fatto almeno dieci backup di tutto quello che c’è nel disco fisso di quell’affare” replica l’agente.
Il moro alza gli occhi con uno sbuffo:” Sono una persona precisa, è così drammatico, plesiosauro?”
007 si sistema meglio senza dire nulla.
“E’ stato tremendo, là”.
Non importa specificare dove, quel là è di sicuro l’inferno per l’hacker, che passa una mano fra i capelli chiari del coinquilino: ha recepito chiaramente il tremito che ha attraversato il corpo di 007 a quella rievocazione.
Vuole tranquillizzarlo e il corpo dell’altro risponde a quel semplice gesto rilassandosi.
Il sottile e perfetto meccanismo del battipanni* torna a tormentarlo quando abbassa le palpebre, la notte forse è ancora troppo scura per affrontarla da soli.
James si gira e cerca istintivamente il braccio di Q che lo stringe meglio a sé, senza proferire parola e gli offre una carezza di conforto.
Forse è quello il tipo di amore che più gli manca e meno può condividere.
Respirando il profumo del suo coinquilino (suo, che lo si ricordi bene) e sotto il suo sguardo, cullato dal suo tocco regolare e delicato si addormenta.
L’informatico si stiracchia stando attento a non svegliarlo e con un piccolo scatto si allunga ad afferrare il pc messo da parte poc’anzi per posarlo su Bond e riprende a lavorare come se nulla fosse.
Getta solo ogni tanto uno sguardo all’uomo sopra di lui.
Quando cominciano a bruciargli gli occhi spegne il computer e lo lascia sul tavolo di fronte al divano e si assopisce.
La mattina dopo trova Bond in pigiama intento a sfogliare il Times e a mangiare le sue uova con davanti a sé una tazza di caffè.
“Buongiorno plesiosauro”, dice stropicciandosi le palpebre e sbadigliando mentre si alza per prepararsi un…
No, dai.
“Grazie!” trilla un po’ più sveglio notando sotto il naso quella che pare proprio essere una tazza di tè fumante.
“Non abituartici” risponde laconico e riassuntivo lo 007 senza nemmeno guardarlo.
Q sa che sta sorridendo da dietro le pagine del giornale.
“Devo inventarmi qualcosa per ricambiare? Perché oggi mi tocca restare al MI6 fino a tardi…”
Gli occhi blu dell’agente lo fulminano.
“Mi hanno riassegnato un alloggio, chiaramente la condivisione di questo appartamento è andata avanti sin troppo sia per la mia che per la tua sicurezza”.
Il ventenne annuisce mentre mangiucchia una brioche tentando di rielaborare tutte le informazioni che l’altro gli sta snocciolando con aria apparentemente indifferente.
“Okay, dunque?”
“Ho rifiutato”.
Ecco, questa è una sorpresa che fa sputare il tè dell’informatico sulla camicia pulita di James.
“Pensavo detestassi questo posto”.
“Se bisogna tener fede alla mia cartella psichiatrica soffro di un rifiuto patologico dell’autorità ”.
Oltre a quello per chi ti sputa il tè bollente sulla camicia, ma questo non è importante ora.
“Quindi l’hai fatto per coerenza?”
L’uomo nega.
“E…?”
“Perché se fossi rientrato in una casa vuota, ieri sera, mi sarei ucciso” dice senza mezzi termini 007.
Il ragazzo lo trova piuttosto semplice da immaginare viste le condizioni del collega, anche se il suo sguardo si mantiene duro e la voce ferma.
“Avevo bisogno che qualcuno facesse quello che hai fatto tu”.
Chissà quale immenso sforzo gli è costata l’ammissione di essere stato debole e vulnerabile, di aver dei sentimenti e un io spezzato sotto la scorza dura.
L’hacker sgrana gli occhi e sorride mentre lo osserva andarsene senza dire una parola, senza attendere una risposta.
Tipico di lui.
Lo raggiunge.
“Mi dispiace per la tua camicia”
“Quella si cambia”
“Sono tutte in lavatrice”
“Dannato ragazzino, non potevi lasciarne fuori almeno una? Lo sai che le tue non mi vanno bene e le t-shirt mi repellono”.
“Plesiosauro, quante tragedie!”
Bond alza gli occhi al cielo domandandosi cosa ha fatto di male per meritarsi un simile compagno di disavventure.
“Oh, è per il nomignolo?”
“No, per la tua innata simpatia”
“Grazie, so di essere estremamente affascinante”
“Sparati”
“No”
“Perché?”
“Mi sporcherei la camicia, plesiosauro”
Ecco, l’equilibrio è tornato, l’aria si è fatta respirabile e nessuno si è fatto male anche quella volta.
Q ha saputo capire il momento di fragilità di James e 007 ha capito che ogni tanto avere un coinquilino non è poi questa gran disgrazia.
Lo diventa solo quando insiste con quell’animale giurassico e coi nomignoli stupidi e la pignoleria .
Gli scompiglia affettuosamente i capelli, ama fare quel gesto quasi quanto Q ama poi staccargli quella dannata mano troppo curiosa, rifilargli l’ennesima dotazione e raccomandargli di riportarla integra.
“Quante ne ho già distrutte?”
“Otto”
“Ah, così poche?”
“Sì, e se questa non torna in condizioni quantomeno decenti provvederò a defenestrarti dal piano più alto dell’MI6…” lo avverte l’informatico restando ormai a un millimetro dal suo naso.
“Ma se non riesci ad ammazzare nemmeno le zanzare…”  commenta Bond ghignando.
Toh, pare che abbia vinto un’altra volta lo 007 più famoso del Servizio Segreto.
“Non è vero! Quello non è un lavoro in cui le mie doti sono necessarie, per questo non mi riesce”.
L’ultima affermazione scatena l’ilarità di Bond.
Il cuore di Carlton perde un battito.
Quel suono è tanto raro quanto bello da udire.
“E’ la scusa più patetica e la cosa più contorta che abbia mai sentito”.
“Uffa. Possiamo andare a lavorare, Mister Bond?” lo richiama all’ordine un Carlton che come già detto non stava cercando di non soffocare nella sua saliva, proprio no.
“Andiamo”.
E così ricomincia un’altra serie di lunghe e sonnacchiose giornate passate a punzecchiarsi, sino a quando 007 dovrà partire per un’altra missione e tornerà distrutto e pericolosamente fragile e vicino all’orlo del baratro.
Perché succederà e il giovane informatico lo sa bene.
Di certo quando gli avevano prospettato quella convivenza si è immaginato che si sarebbero in qualche modo adattati a una condivisione forzata di tempi e spazi, ma non pensava che sarebbe finito a litigare per le zanzare sulla macchina di un agente brontolone che lo schernisce sfrecciando per le strade di Londra.
Sospira pulendosi gli occhiali.
Probabilmente in tutto quel casino qualcosa di positivo c’è.
Potrebbe pensare che ha aiutato un uomo a riprendersi.
Che ha ricevuto in cambio un sorriso.
Che si è dimostrato più adulto di quanto ricordasse di essere.
Si ritrova a guardare nello specchietto il sorriso di James, che fa saettare lo sguardo cilestrino dai retrovisori al lunotto.
Quei maledetti occhi sono in grado di fondergli il cervello.
E pare proprio che sia così, perché l’unica cosa che riesce a pensare è assolutamente idiota.
Ha evitato la metropolitana.
 
   
 
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