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Autore: Jay_Myler    30/05/2013    1 recensioni
Diciamo che è una romanzata su questo gioco, partendo dal primo giorno di scuola della protagonista.
La coppia è ovviamente la protagonista e Castiel, il rosso che ha fatto impazzire noi ragazze che amiamo i ribelli; ma oltre a raccontare le vicende della scuola, racconterò anche la storia che nasconde questo misterioso ragazzo - e quella della nostra protagonista, che manco ci scherza- (Ovviamente tutta a fantasia mia)
N.d.A. Per romanzata si intende una ricamatura intorno alla storia originaria, a cui vengono aggiunti momenti inediti del tutto inventati.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dolce Flirt mania'
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Maledizione!

Alla fine quella che ci era andata per sotto era stata proprio lei, che era costretta – tra l'altro con una delle migliori amiche di Ambra – a passare la serata a scuola, in punizione, a pulire tutti i tag del sottoscala, per colpa della sua stupida bravata, convinta di dare una volta per tutte una lezione a quella antipatica; ora invece si ritrovava a cercare per ogni dove nel liceo, qualcosa con cui pulire quegli stramaledetti tag. Non era di certo stata lei a farli, né tanto meno Li, ma la preside aveva 'decretato' che visto la loro presenza sulla 'scena del crimine' – sarebbe a dire l'armadietto mezzo imbrattato di Ambra – erano colpevoli anche di tutti gli altri atti vandalici che erano presenti nella scuola. Erano ormai venti minuti che vagava avanti ed indietro cercando qualcuno che le potesse dirle dove trovare detergenti, spugne e magari un secchio, per togliersi davanti quella faticaccia; ma nessuno sembrava avere tempo da dedicarle e quando le serviva Nathaniel non si trovava in giro, ma era l'unico che poteva sicuramente darle una mano, quindi cambiando priorità, mise in cima alla sua lista di cose da fare di trovare quel ragazzo. In un certo senso, però, ce l'aveva anche un po' con lui: in fondo era stata la sua stupida idea di mettere dei ragni finti nell'armadietto a farle perdere tempo e quindi a farsi trovare con le mani nel sacco; ma la vera idea che l'aveva portata a farsi punire era stata quella ancora più geniale del tag, gentilmente offertale dal suo pseudo-ragazzo Castiel.

Castiel era decisamente la persona che voleva evitare di vedere in quel momento, sia perché aveva voglia di tirargli un bel cazzotto dritto sul naso, sia perché sapeva che l'avrebbe presa in giro fino alla fine dei tempi per essere stata colta in flagrante; si stupiva di come più spesso del previsto volesse evitare di incrociare quel ragazzo, non che le dispiacesse stare in sua compagnia, ma nonostante si fosse addolcito – se così si può dire – nei suoi confronti, sapeva che era il solito sbruffone e ribelle. Sapeva ogni sua reazione ancora prima di vederla, sia perché aveva imparato a conoscerlo almeno un poco, sia perché anche lei era stata la bulletta della scuola; che razza di situazione. Nathaniel era proprio introvabile, non si trovava come al suo solito in mezzo alle sue scartoffie, e non si vedeva neanche in giro per i corridoi, poteva essere a lezione, ma era davvero la sua unica salvezza, non poteva far altro che aspettarlo da qualche parte prima che l'ultima campanella suonasse, ma mancavano ancora una ventina di minuti, e visto che ormai l'ultima ora l'aveva persa per fare lo scherzetto ad Ambra, decise di godersi questi ultimi in santa pace, lontano da tutto e tutti prima di iniziare a sgobbare seriamente; non si aspettava di certo che la sua compagna di disavventure, Li, si mettesse con spugna alla mano ad aiutarla a ripulire i muri. Quale posto migliore per prendersi qualche minuto e stare tranquilli se non la terrazza scolastica, ma non quella dove andavano spesso gli studenti all'ora di pranzo per prendere un po' d'aria, ma la terrazza dove l'aveva portata Castiel il suo primo giorno di scuola. Le sembrava fossero passati davvero dei secoli da quel giorno, mentre invece si trattava a mala pena di qualche mese; in pochi mesi la sua vita si era ben inserita con questa sua nuova identità di studentessa qualunque, e anche se non aveva particolari amicizie aveva deciso che quella sarebbe stata la strada giusta per rimettersi sia con il fisico che con la mente dai brutti anni precedenti che aveva passato. Non le rimaneva nessuno su cui appoggiarsi se non sua zia - l'unica zia paterna che aveva - che l'aveva accolta dopo tanto tempo in cui aveva girato di tutore in tutore con scarsi risultati affettivi e scolastici; suo padre era lontano da lei, e non aveva modo di contattarla da dove si trovava, ma era meglio così, non era nelle condizioni di mantenerla e crescerla, doveva solo pensare a sé stesso e guarire dalle sue malattie; non ci contava più di rivederlo, ma la cosa non la tangeva di molto, in quanto non lo aveva conosciuto mai veramente, visto che era stato ricoverato quando lei era molto piccola. Non aveva sue notizie da anni, e le uniche cose che le avevano riferito era che suo padre era ricoverato in una clinica per tossico dipendenti, e che sarebbe stato molto difficile che ne uscisse visto la sua allarmante situazione; ma nessuno dei suoi tutori legali l'aveva mai portata a conoscerlo, e non le avevano mai dato l'opportunità di saperne qualcosa in più in merito; era sempre troppo piccola per capire, per sapere, per avere un padre. Sua zia le aveva detto che ogni mese andava a trovarlo in clinica e le aveva detto che se avesse voluto avrebbe portato anche lei con sé per conoscerlo dopo tutti quegli anni di lontananza. Ma non se la sentiva ancora di conoscere una persona che avrebbe dovuto avere un ruolo così importante nella sua vita, ma che, per forza di causa, non era stato presente e per lei non aveva nessuno valore affettivo. Non si sentiva davvero una bella persona quando pensava queste cose, ma non riusciva a giustificare il padre di nessun modo, non tanto perché non l'aveva cresciuta, ma per l'aver abbandonato sua madre per dedicarsi completamente a questa sua dipendenza; sapeva che ormai era entrato in un tunnel che non aveva via di uscita, ma non sapeva proprio come cercare di mitigare quel sentimento di rabbia ed odio che aveva nei suoi confronti. Non era semplicemente un caso di dipendenza da droghe, ormai quella sua malsana abitudine gli aveva bruciato la maggior parte dei neuroni, e da quello che aveva saputo dai medici della clinica, quando li chiamò la prima ed unica volta, il danno era così esteso che suo padre a mala pena aveva concezione di sé stesso e la maggior parte del tempo lo passava a delirare nella sua stanza, alternando con brevi momenti di lucidità in cui chiedeva di sua moglie e di sua figlia; ma nessuno aveva mai il coraggio di dirgli la verità, e quei pochi momenti in cui riusciva a ragionare veniva liquidato con qualche sciocca frase di circostanza che gli dava una risposta che lo poteva soddisfare momentaneamente, senza però togliergli mai del tutti i suoi dubbi e i suoi turbamenti; nessuno aveva mai il coraggio di dirgli che la sua famiglia, per come riusciva a ricordarsela, non esisteva più e che sua moglie era venuta a mancare molti anni prima. Jay cercava di pensare al suo passato il meno possibile, cercando di concentrarsi sul presente e sulla strada che voleva intraprendere, fingendo di essere una persona come tutte le altre. Fingere. Solo questo poteva fare, perché nella sua vita tutto era stata, tranne che una persona normale. Le sarebbe piaciuto discutere con le amiche di quale rossetto mettere e quali vestiti indossare, ma non erano certo suoi problemi principali, tanto meno suoi interessi; da piccola era sempre stata considerata come un maschiaccio e le cose decisamente femminili non l'attiravano per niente: il rosa, i fronzoli e i vari ninnoli che interessavano a tutte le altre non erano di certo nei suoi pensieri; anche il trucco che per le donne è così essenziale per lei era una cosa del tutto superficiale, usando giusto un filo di correttore e l'immancabile mascara. Ma i vari interessi femminili, come i ragazzi, le uscite o il vestirsi alla moda non erano i suoi hobby preferiti. Era andata sulla terrazza con l'intento di liberarsi la mente per qualche minuto ed aveva finito per sfociare nei pensieri che più al mondo avrebbe voluto evitare che le affollassero la testa; così si mise appoggiata con le braccia sulla ringhiera, volgendo lo sguardo a quella vista mozzafiato, che mostrava tutta la città ed anche uno scorcio di campagna. Lo stare lassù, le dava, per qualche strano motivo, una sensazione di tranquillità e di controllo, che le faceva riacquistare un po' di ottimismo per il suo fine giornata.

Sentì il cigolare della porta alla sue spalle, portandola a girarsi per vedere che cosa avesse portato la porta a fare un simile rumore; dalla porta di servizio che portava all'interno dell'edificio scolastico, uscì Castiel, che senza notarla, stava uscendo sulla terrazza aprendo la porta con una spalla, mentre cercava di accendere una sigaretta che teneva tra le labbra; alzando leggermente la testa e tirando un respiro profondo per riempirsi i polmoni di aria fresca – e di fumo - si accorse che c'era Jay davanti a lui. Senza pensarci due volte, prese la sigaretta, la spense e prendendo un pacchetto dalla tasca dietro del pantalone la rimise a posto.
«Ho saputo che ti hanno beccata, pivellina.» le disse schernendola.

Jay sbuffò soltanto, guardandolo ancora male per averlo visto accendersi una sigaretta; non che fosse una cosa proibita o impossibile, ma non le andava che le persone che le stavano intorno fossero succubi dei loro vizi. Anche se era la prima volta che vedeva Castiel con una sigaretta in mano dopo tutto quel tempo, niente negava che in sua assenza fumasse ogni due minuti... e pensare che tutte le volte in cui erano stati a stretto contato non aveva mai percepito niente. O doveva essere un vizio nuovo, oppure era una cosa molto sporadica, ma comunque non le andava che il suo 'ragazzo' fumasse davanti a lei, e per tutta risposta alla sua provocazione gli storse il naso.

Castiel sgranò leggermente gli occhi e fece il solito sorriso che gli segnava il viso tutte le volte che Jay faceva qualcosa di buffo o di impacciato; la prese vicino a sé e senza motivo la strinse al petto, dandole una strana sensazione di calore nello stomaco e di appagatezza dei sensi. Non sapeva neanche lei come descrivere quella sensazione, era come quando in una fredda giornata niente riesce a scaldarti, ma solo stendendo le mani leggermente verso il fuoco del camino accesso inizi a prendere calore, un calore completo, che ti prende iniziando dalla punta delle dita fino a percorrerti tutto il corpo, senza lasciare nessuna zona tiepida, ma tenendoti costantemente al caldo. Era una sensazione simile a quando dopo tanto tempo passato via si ritorna alla propria casa, un senso di appartenenza e di proprietà, che ti fa sentire realizzato ed allo stesso tempo al sicuro, una sensazione che, effettivamente, non aveva mai provato nei confronti di una qualsiasi altra persona che non fosse stata a suo tempo, sua madre. L'unica cosa che desiderava in quel momento la ragazza, era che quegli istanti non passassero mai, che l'orologio si bloccasse di colpo, che le lancette decidessero di regalarle un momento di eternità, e che le concedessero di stare così, beata, tra le braccia di quel ragazzo. Era tutto come in un sogno, etereo ed intangibile; le cose che sentiva non si potevano quantificare in nessuno modo e non c'era nemmeno un qualsiasi metodo per catturale e conservarle, se non infondo alla sua anima; non aveva sentito emozioni tanto forti come in quel momento, lo sentiva stranamente molto più vicino del solito, e la stava abbracciando come se volesse tenerla lontana da tutto e tutti per averla solo sua e non farla soffrire più.

Tutto questo per essere stata beccata a fare un atto di vandalismo? C'era sicuramente qualcos'altro sotto, ma non riusciva a pensare a cosa potesse essere, presa dall'estasi di quel momento. Sentiva che c'era più intesa tra di loro in quel momento che neanche in tutti i baci che le aveva rubato Castiel. Le venne spontaneo chiedergli, l'istante immediatamente dopo che il ragazzo allentò la presa, che cose fosse successo; ma non ebbe la risposta che cercava, in quanto Castiel si mise a ridere e a prenderla in giro su come era stata beccata dalla preside. Ma a Jay non sfuggì che sotto quel suo falso sorriso si celasse qualcosa di più importante, qualcosa che lo turbava.

«Dove sei stato in questa settimana?»

Castiel cambiò espressione e passò immediatamente sulla difensiva, mettendosi con la spalle al muro.

«In giro.»
«A fare?» lo aggredì senza dargli neanche il tempo di pensare a cosa risponderle.

«A fare cose. Avevo da fare, semplice.»

Jay era ancora più esasperata di quando era salita.

«Io ero solo venuto qui a prendere una boccata d'aria, e visto che ti trovavi qui ti stavo solo prendendo un po' in giro, non sapevo mica di dover essere sottoposto ad un terzo grado di domande su quello che faccio o che non faccio.» le rispose in maniera stranamente pacata, senza alzare la voce né alterarsi.

La persona che invece stava iniziando a perdere la calma era proprio la ragazza, che per un insieme di cose stava riversando addosso a Castiel tutte le sue frustrazioni.

«Sei sempre in giro a fare.. cose! Cose che ogni volta non posso sapere, a cui non posso partecipare, cosa che ti portano a piantarmi in asso senza tanti problemi, vorrei sapere cosa ti passa per la testa!» sbottò tutto d'un fiato, respirando solo a frase finita.

Castiel, noto per la sua proverbiale irascibilità e acidità, invece le rispose in modo coinciso e garbato, senza sbilanciarsi più di tanto.
«Sono cose importanti, Jay, non ti lascerei mai altrimenti..» poi fece uno scatto in avanti, la prese per le spalle, i ruoli si invertirono e quella con le spalle al muro ora era Jay.

«Vuoi capire che per me sei importante, dannazione? Sei praticamente l'unica di cui mi interessi qualcosa.» le disse con un tono che non coincideva affatto con il significato di quelle parole, infatti quasi gliele sussurrò all'orecchio, sbattendo una mano sul muro e solo quello bastò a dare carattere alla frase.

«La mia vita è un pozzo buio nel quale preferirei non trascinarti, non sopporterei vederti cadere in questo maledetto baratro. Non voglio farti soffrire ancora..»

Ancora...?

Castiel si avvicinava sempre di più a lei; ad ogni parola che pronunciava la distanza tra di loro diminuiva.

«Cosa ne sai tu della mia vita? Non sai niente di me, Castiel! Sei solo uno stupido egoista che non si apre con la persona che lo ama, sei... un bambino!» disse scappando dalla sua presa per poi rientrare nel liceo, intenzionata a trovare Nathaniel che gli avrebbe detto dove trovare il materiale che le serviva per pulire; prima finiva quella giornata, meglio era. Con quale potere Castiel aveva deciso di che cosa metterle al corrente e di cosa no? Non poteva di certo decidere lui cosa era meglio per lei, infondo quando aveva deciso di frequentarlo sapeva cosa andava incontro e sapeva che non sarebbe stata esattamente una passeggiata, ma con lui voleva condividere tutto, non solo i bei momenti passati insieme, voleva stargli vicino anche quando le cose non andavano per il verso giusto, quando gli mancava il fiato per la rabbia o quando le lacrime gli scendevano senza ragione, lei desiderava stargli accanto tutto il tempo, in tutte le occasioni. E poi cosa ne poteva sapere lui di cosa aveva è passato nella sua vita, dicendole di non voler farla soffrire ancora.. lui non aveva letto il suo fascicolo. O almeno questo è quello che le aveva riferito, poteva anche essere che invece lo aveva letto tutto e sapeva ogni particolare del suo passato scolastico; ma anche se lo aveva fatto, non c'erano di certo le informazioni che potevano fargli affermare che in passato avesse sofferto. Riteneva Castiel molto più comprensibile quando era sarcastico ed antipatico, che quando faceva la parte del cavaliere che si preoccupava dei suoi sentimenti.

Scese le scale più in fretta che poteva, cercando di allontanarsi dal ragazzo il prima possibile e sperando, in cuor suo, che non avesse deciso di seguirla; ma perché sentiva nel petto batterle così forte il cuore? Sentiva che ogni battito le diceva di correre il più velocemente possibile e di allontanarsi senza girarsi indietro; sentiva nello stomaco una strana sensazione se pensava che in quella giornata potesse incontrare di nuovo il suo sguardo, ma perché?

«...Sei solo uno stupido egoista che non si apre con la persona che lo ama...»

La scena di pochi attimi prima le riaffiorò davanti agli occhi, vivido come se lo stesse vivendo proprio in quel momento.

Porca miseria.

Gli aveva detto che..

No, non era possibile.

Aveva sicuramente usato altre parole, un altra intonazione, un altro verbo o comunque qualsiasi altra cosa che non volesse intendere quello.

Pensava che se avesse rallentato avrebbe dato l'opportunità a Castiel di raggiungerla e rincontrarla per, magari, chiarire o terminare il discorso di prima, e questa era davvero un problema; non se la sentiva di affrontare quell'argomento così spinoso, e nella testa le iniziò a frullare l'idea che dicendogli quelle parole avesse potuto allontanarlo da lei in qualche modo.

Stupida! Stupida! Stupida!

Come le erano uscite quelle parole di bocca?

Finite le scale e arrivando all'inizio del corridoio vide da lontano Nathaniel con la sua cartellina in mano, che si stava dirigendo verso la sala delegati; lo chiamò da lontano, urlano più del dovuto, cercando di coprire un'altra voce più alta della sua, della quale non si distinguevano le parole.. ma quella voce la sentiva solo lei nella sua testa, e cercava di ignorarla e sovrastarla in qualunque modo.

«Jay, ho saputo che ti hanno scoperta..»
«Già.» rispese asetticamente Jay.

«Tutto bene? In fondo è solo per questa sera, giusto?» le chiese vedendola chiaramente scossa, pensando che potesse essere rimasta male per la punizione.

«Cosa? Ah, si, giusto.. ma ero venuta a chiederti una cosa. Mica sai dove posso trovare i prodotti che mi servono?»

«Certo, se passi più tardi da me te li faccio trovare qui nella saletta..»

«No. Voglio dire.. sarebbe troppo disturbo ed io no ho niente da fare, posso andarci da sola..»

La spaventava enormemente l'idea di rimanere da sola a zonzo per il liceo fin quando Castiel era ancora lì nei paragi.

«Beh, puoi sempre aspettarmi qua, te li vado a prendere subito.» disse con aria preoccupata vedendo la reazione della ragazza.
«Oh, si, grazie mille... qui non.. insomma.. non entrano tutti gli alunni, vero?»
«Solo i delegati, ma posso fare un'eccezione per te, tranquilla. Sei sicura che vada tutto bene?» le chiese mettendole una mano sulla spalla.

«Non proprio, ma se qualcuno mi cerca.. tu non mi hai visto.»
«E se..»
«Nathaniel, chiunque te lo chieda, tu non sai niente.» disse rimarcando la parola chiunque per fargli capire che non doveva fare eccezione per nessuno.

Si mise a sedere su una poltroncina che stava proprio dietro la porta, in modo da non farsi vedere da nessuno che passeggiasse fuori al corridoio.

«Hey Jay!»

«Per l'amor del cielo, non urlare!» disse prendendo la ragazza per le spalle e facendola sedere vicino a lei. Melody la guardò preoccupata, chiedendole immediatamente se qualcosa non andava.

«Non è niente tranquilla, ma se qualcuno chiede, io qui non ci sono.»

Melody era ancora stranita per il suo strano comportamento ma accettandolo di buon grado senza chiedere ulteriori informazione tornò a sorriderle come tutti i giorni.

«Ti capisco, ci sono delle giornate in cui anche io preferisco non essere trovata da nessuno; hai visto Nathaniel?»

«Uh? Si, dovrebbe tornare a momenti è andato a prendermi i prodotti per pulire...»
«Ma allora sei tu una delle due ragazze che hanno beccato la punizione oggi!»

«Ha fatto il giro dell'istituto questa notizia..»

La ragazza le sorrise amichevolmente e le disse di non preoccuparsi e si fece raccontare tutta la storia, che Jay dovette ripetere a malavoglia.

Appena finito di raccontarle la vicenda, suonò la campanella e Nathaniel entrò nella sala delegati con in mano un secchio, una spugna e vari prodotti per pulire; Jay non gli diede neanche il tempo di dire qualcosa che gli strappò dalle mani le cose che le aveva portato ed esclamò con tutta la rabbia e la collera dovuta al ripensare a quel fattaccio:
«Grazie... Grazie ai tuoi stupidi ragni e alla tua stupida idea! E' colpa tua se ho tardato e mi hanno beccata!» e senza aggiungere altro se ne andò via a passo svelto.

Nathaniel e Melody si guardarono, e con lo stesso sguardo si dissero che era stata una brutta giornata per lei e che era arrabbiata per la situazione. Ma in effetti, Jay era davvero arrabbiata con Nathaniel per quella stupida idea, come lo era con Castiel per la sua idea ancora più stupida, ma in prima posizione, per la stupidità maggiore, era arrabbiata con sé stessa che aveva deciso di fare questa bambinata. Andò nel posto che meno desiderava visitare, l'atrio, dove tutti gli studenti stavano passando per tornarsene alle loro accoglienti casette, mentre lei era costretta ad aspettare Li, che per giunta non le avrebbe neanche dato una mano a pulire.

Vide passarle davanti Iris, Charlotte, Violet, Melody e altri studenti; poi le passò davanti Ambra che si limitò a fulminarla con lo sguardo, passandole avanti con aria sprezzante. Poi la persona che meno desiderava vedere le si palesò davanti: Castiel stava andando a passo sostenuto verso di lei, dopo aver preso le sue cose dall'armadietto. Non aveva via di fuga; poteva scappare in modo teatrale, ma sarebbe stato troppo evidente che cercava di evitarlo. In un attimo e vide che dietro di lui c'era Li, che come al solito, con specchietto alla mano, si stava mettendo il rossetto; approfittando di quel colpo di fortuna, si mise a camminare andando incontro al ragazzo, ma prima che potesse aprire bocca lo congedò frettolosamente.

«Oh Castiel, che bella sorpresa... rimarrei a parlare, ma devo andare.. ci vediamo domani. Addio.»
e scappò via, cercando di uscire dal campo visivo del ragazzo.

Lei non lo vide, ma Castiel fece quel solito sorriso che aveva in sua presenza, quando si comportava in modo goffo e buffo, ma senza insistere se ne andò via.

Li, non l'accolse in modo molto caloroso, ma le intimò di sbrigarsi a finire perché non voleva fare tardi e disse esplicitamente che non avrebbe mosso un dito per aiutarla.


 


Jay Myler 
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