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Autore: drawandwrite    31/05/2013    3 recensioni
Ryan Gray è un normalissimo studente Americano, da poco trasferito in Giappone per studi specifici.
La sua vita viene da subito turbata da un incontro particolare, che lo spaventerà e ecciterà al contempo.
Nel frattempo le vite Di Nozomi, Komachi, Karen, Urara, Rin, e Kurumi trascorrono tranquille.
E così sarà finché la loro strada non si incrocerà con quella di Ryan Gray.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un mezzo sorrisetto compiaciuto increspò le labbra di Rin, mentre Ryan tentava di raggiungere gli spogliatoi trascinando i piedi e ciondolando sotto il peso della spossatezza. Un buon potenziamento a livello muscolare era esattamente ciò che le serviva per svuotare la mente e sgomberarla da pensieri molesti che riaccendevano le scintille di rabbia sfrigolanti fra i suoi nervi. Sembrava, però, che il piccolo Ryan non trovasse così divertente la preparazione che Rin riservava ai nuovi arrivati.
Be’, in genere nessuno la incaricava di tale compito, spesso era il capitano della squadra maschile ad occuparsene. Haruka, il presidente del club di basket femminile, sosteneva che una preparazione da parte di Rin avrebbe immediatamente troncato anche la più piccola passione sul nascere. Ovviamente scherzava. Questa volta, però, Rin aveva il severo compito di tenere sotto controllo lo spilungone e di assicurarsi che non si cacciasse in guai seri assolutamente esclusi dalla sfera ordinaria della scuola o dello sport. E così, dal momento che Ryan non aveva dato segni di opposizione, si era occupata lei stessa del riscaldamento, dello stretching, del potenziamento, e delle prime tecniche di basket, nonostante la preparazione del ragazzo fosse ad un livello tale da poter comparare il suo.
Molto probabilmente il biondino se n’era pentito.
Sospirò e si deterse il velo di sudore tra le ciocche di capelli con un asciugamano bianco, quindi raccolse la palla da basket giacente ai suoi piedi e la incastrò fra il fianco e l’incavo del gomito. Lanciò una breve occhiata al restate della squadra: la maggior parte era già negli spogliatoi a cambiarsi, molti erano persino appena usciti freschi e puliti dal getto caldo della doccia e si stavano incamminando in quel momento fuori dalla palestra. Solo un paio di compagni erano ancora in campo, ma il più era accomodata sugli spalti, assorta in discussioni animate riguardanti fuoricampo e tattiche d’accatto che avrebbero dovuto applicare alla prossima partita.
Con noncuranza fece scivolare il pallone sui polpastrelli e diede un tenue colpetto con il palmo, facendo canestro perfetto nella cesta nello sgabuzzino della palestra.
Entrò nello spogliatoio, si cambiò in fretta, si sciacquò frettolosamente e uscì con l’asciugamano che le cingeva in un morbido abbraccio il collo umido, lasciandone ciondolare le estremità su spalle e torso.
Mentre attraversava il corridoio che dava su entrambi gli spogliatoi, bussò con poca grazia alla porta dei maschili, urlando a gran voce:
-Datti una mossa, spilungone!-
Si appoggiò alla parete dell’ingresso, attendendo con pazienza snervante che Ryan si decidesse a fare la sua apparizione.
Fu in quel medesimo istante che Haruka Fuduka svoltò l’angolo del corridoio in tutta fretta, urtandole involontariamente una spalla e rischiando che il contenuto della sua sacca facesse un tuffo decisamente scomodo.
Fortunatamente i riflessi pronti di Rin le permisero di afferrare la ragazza giusto in tempo perché non rovinasse a terra, stampandosi le mattonelle del pavimento in piena faccia.
-Haruka- esclamò Rin sorpresa –stai bene?-
Lei scoppiò a ridere e annuì –Sto bene, grazie- riuscì a dire, una volta ripresa dallo stato emotivo in cui avrebbe giurato di aver visto la morte in faccia.
Si sistemò la gonna a balze e scacciò le pieghe dalla sua camicia, quindi riprese compostezza, conservando, però, quel pizzico di ilarità che confermava quanto accaduto cinque secondi prima.
-Rin- riprese, calandosi in volto una maschera di autorevolezza seria che raramente si aveva modo di adocchiare sopra il sorriso solare della ragazza –dovrei parlarti, posso?-
Lei corrugò la fronte, si inumidì le labbra e prese fiato per rispondere, ma il cigolio della porta degli spogliatoi troncò il loro discorso, preannunciando l’imminente entrata in scena di Ryan.
Quando il ragazzo trovò le forze necessarie per trascinarsi fino a loro, Haruka alzò un sopracciglio e non riuscì a trattenere un sorrisetto scaltro –Non dirmelo: E’ il risultato del tuo programma di potenziamento-
-centro- riuscì a biascicare Ryan prima di sostenersi ad una parete per riprendere fiato.
-Piano, biondino, rischia di venirti un infarto- lo schernì Rin con un sorriso sarcastico.
Dopo aver ottenuto in risposta qualcosa di molto simile ad un grugnito, la rossa incrociò le braccia al petto e rivolse la propria attenzione a Haruka –Dimmi- disse solo.
Haruka lasciò vagare lo sguardo verde ai lati –C’è un problema- esordì, spostando insistentemente il proprio peso da un piede all’altro –Rin, con il pagamento del corso sei indietro di due mesi- buttò lì alla fine, senza esitare oltre per evitare di prolungare l’attesa snervante.
Rin, in tutta risposta, si accigliò in un cipiglio confuso –Non capisco- borbottò –eppure le lettere del pagamento sono arrivate. Le ho ritirate io stessa- si posò le mani sui fianchi con aria scocciata –insomma, deve esserci un errore: di questo si occupa … - un balenio saettò nello sguardo cremisi di Rin, mentre la concretezza di ciò che aveva sollevato le si ritorceva contro in tutta la sua crudeltà - … mio padre- completò in un flebile sussurro, sgranando gli occhi e percependo chiaramente un’ondata di rabbia assalirle la gola.
 
Komachi inspirò a pieni polmoni il profumo caratteristico della biblioteca, gustandosi appieno la pace e il silenzio che regnavano incontrastati in quel luogo immutato, pregno di aria sospesa, quasi immobile, che regalava una forte sensazione di estraniazione dal mondo. Per un buon intenditore, valicare la soglia di quella biblioteca significava essere inglobati in un’altra dimensione, dove il tempo era fermo, la realtà pietrificata nel suo scorrere e niente aveva un senso se non le lettere impresse sulle pagine bianche dei libri.
Lasciò serrare le palpebre pesanti sul verde dei suoi occhi, come un sipario cala sullo spettacolo escludendo gli spettatori dal mondo regnante al di là di un semplice strato di tela, lasciandoli in bilico fra due realtà e insoddisfatti dalla, seppur appagante, breve sbirciatina concessa alla fantasia.
In quel mare di silenzio, Komachi si fece cullare dalle correnti fresche del profumo di carta che le invadeva con prepotenza le narici.
Riaprì gli occhi con un sospiro, strappandosi al piacere  dell’ozio. Da un cassetto, estrasse una pila di documenti riguardanti i libri presi in prestito dai vari studenti, le date, gli eventuali ritardi e i dati principali finalizzati al rintracciamento di un particolare studente.
Prese lentamente a compilare il primo documento, a trascrivere i numeri telefonici e le varie informazioni, ad evidenziare i nuovi arrivi fra i libri, a riordinare i libri scaffale per scaffale. All’ingresso la aspettavano due grossi scatoloni ricolmi di libri ordinati, restituiti, rovinati, misti nelle varie categorie che Komachi aveva il compito di regolare.
Aprì uno dei due, raccolse quanti più libri le riuscisse possibile, e li lasciò cadere pesantemente sulla scrivania, prendendo a sfogliarli per avere chiaro in che posizione specifica li dovesse sistemare.
Salì una scala per raggiungere più agevolmente lo scaffale più alto, ma non fece nemmeno in tempo a poggiare il piede sul terzo piolo che la porta della biblioteca si spalancò brutalmente, mandando in pezzi la pacifica atmosfera stabile.
La ragazza trasalì dall’inaspettato boato e per poco non rischiò di allentare la presa sulla scala, finendo a terra con un tuffo decisamente sconsigliabile. Dopo il rischiò si avvinghiò totalmente ai pioli di legno, irrigidendosi e aggrappandosi come fosse il classico ramoscello sul burrone.
-Ehi, Komachi, che ci fai appollaiata là sopra?- intervenne una voce brusca facilmente riconoscibile.
Komachi ridacchiò, si rilassò un poco e si decise a scendere le scale, non senza essere riuscita a portare a termine il proprio compito di bibliotecaria dedita.
-qual buon vento, Rin?- si voltò con il solito sorriso gentile ad ammorbidirle i tratti bonari, ma non appena scorse l’espressione iraconda, trattenuta a stento, dell’amica, dovette sforzarsi per non ingoiare rumorosamente i propri timori.
 L’amica fece un gesto seccato con la mano –tieni d’occhio lo stangone, per favore. Ho una faccenda da risolvere- ringhiò accennando a Ryan, al suo fianco, pallido come un lenzuolo davanti al carattere aggressivo di Rin.
Komachi forzò un ulteriore sorriso e si strinse il dorso di una mano con grazia –non c’è problema- rispose, acconsentendo in fretta alle richiese di Rin la quale, nei momenti in cui cadeva in uno stato d’ira tale, si tramutava in una belva che avrebbe potuto facilmente concorrere con il nemico. Komachi non aveva alcuna voglia di peggiorare lo stato emotivo dell’amica, né di vedersela direttamente con lei, non prima che avesse sbollito il turbinio di rabbia che l’agitava.
Rin annuì –ottimo- così dicendo uscì a grandi falcate, sbattendo la porta con un boato che si trascinò un’eco cupo lungo le pareti dell’intero corridoio.
Komachi alzò le sopracciglia e rimase a fissare, con sempre maggiore perplessità, l’ingresso da poco demolito dalla furia di Rin. Quindi rivolse a Ryan uno sguardo pacato e tranquillo, sorridendogli con aria serena.
-Dì un po’, che le hai fatto?- esordì con una dolce risatina sommessa.
Ryan si riscosse dallo stato di terrore da Rin-in-crisi-di-nervi e sorrise di rimando –niente- rispose grattandosi la nuca con fare imbarazzato –che io sappia- si affrettò ad aggiungere, lanciando uno sguardo limpido alla direzione in cui era scomparsa la ragazza.
-Non farti impressionare- riprese Komachi, con la chiara intenzione di dare via ad un discorso amichevole con il ragazzo; in fondo non aveva ricevuto il migliore dei trattamenti, e il suo disagio all’interno del gruppo era ancora palese –Non è sempre così- rise, scostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Riprese a scartare uno degli scatoloni, sfogliando libri e volumi con interesse crescente.
-Com’è di solito?- chiese ad un tratto Ryan, affiancandola e offrendole aiuto per le pile più pesanti.
Komachi sorrise e abbassò lo sguardo –energica, passionale, esplosiva- si strinse nelle spalle mentre stringeva fra le braccia un volume di storia –ultimamente è più ombrosa del solito. Ogni tanto rischia persino di sollevare piccole dispute all’interno del nostro gruppo, il che è insolito: siamo da sempre molto uniti- scosse il capo e si inginocchiò per riempire una nicchia vuota con il libro –non so cosa la turbi, ma spero che le passi in fretta- concluse in tono mesto.
Ryan, che si era fatto attento, annuì concorde quindi abbozzò un mezzo sorrisetto timido –posso aiutarti?-
Komachi gli rivolse uno sguardo grato –grazie-
 
Urara sbadigliò con enfasi, ripassando mentalmente ,per l’ennesima volta, il copione assegnatale in vista di un telefilm discretamente popolare.  La faccenda del nuovo nemico non aveva certo giovato alla sua memoria; al contrario le aveva rapito gran parte del tempo, sottraendole la possibilità di prepararsi al meglio. Be’, poco male: avrebbe raggiunto il suo obbiettivo con o senza belve alle calcagna, ormai era decisa ad intraprendere la strada di sua madre, e niente l’avrebbe distratta da tale direzione.
Ripassò daccapo la propria parte e, mentre era in procinto di svoltare sulla via che dava sul parco, adocchiò Rin, seduta contro il muro basso che contornava il campo di calcetto, la fronte sulle ginocchia e un pugno chiuso ad artigliare le erbacce circostanti.
Urara scosse il capo, facendo danzare i codini dorati, quindi le si avvicinò con l’allegria a vivacizzarle il grande sorriso.
-Rin- esordì con voce acuta, accomodandosi di fianco a lei –stavo studiando il mio copione e ti ho vista. Che ci fai qui? Non dovresti avere gli allenamenti?- chiese, con la tipica ingenuità angelica.
Lei alzò lo sguardo acceso d’ira su di lei e contrasse la mandibola. Aveva un aria insofferente, quasi forzata, pareva un uccellino in gabbia, assetato di libertà ma costretto a spazi troppo ristretti per le sue necessità.
A Urara si strinse il cuore alla vista di una delle sue più care amiche piegata. Non stava bene, era evidente. Ma qualcosa suggeriva ad Urara che quel benessere mancato non dipendesse dal veleno o da questioni salutari.
Le sfiorò una mano con le dita fredde.
Rin sospirò –come ti sentiresti se qualcuno ti impedisse di recitare?-
Urara alzò le sopracciglia, colpita dalla domanda inattesa e velante, ne era sicura, una verità di Rin ancora nell’ombra –credo che non potrei vivere senza recitare- rispose sincera. Al solo pensiero di abbandonare il proprio sogno, una morsa non indifferente le iniettava un ansia soffocante nelle vene.
Le labbra di Rin si tirarono in un sorriso amaro –Già- rispose.
-Rin- fece Urara dopo qualche minuto di silenzio –ti voglio bene- si sentì quasi in dovere di dire quelle parole, di esternare quelli che erano i suoi sentimenti sinceri verso l’amica. Sentiva che sia lei che Rin avevano bisogno di quelle parole.
Lei le lanciò uno sguardo leggermente impacciato, quasi sorpreso, poi abbozzò un sorrisetto e biascicò qualcosa in risposta.
Urara riuscì a cogliere un'unica parola nel borbottio imbarazzato di Rin: “grazie”.
 
 
 
NOTE: ehiilà! Okay, ora non uccidetemi, ma molto probabilmente il prossimo capitolo verrà pubblicato giovedì prossimo, dal momento che domenica ho un esibizione e domani e sabato le prove. Scusate, mi farò perdonare, promesso! 
  
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