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Autore: Evenstar75    01/06/2013    10 recensioni
Trovata la Cura per il vampirismo, Bonnie ha evocato un incantesimo che lascia libera scelta: vivere una vita mortale oppure trascorrere un'eternità da vampiro o da ibrido.
Damon è scomparso da anni e nessuno ha più sue notizie.
Elena ha scelto Stefan e insieme vivono felicemente da umani al pensionato di Zach.
In casa Salvatore è nata una bambina dai meravigliosi occhi azzurri, a cui è stato dato il nome di Demetra.
Sedici anni dopo, Damon è tornato per lei.
'I know the risk but I have to know her'.
Intanto Rebekah Mikaelson trama vendetta contro i suoi nemici di sempre per uno sgarbo che le ha portato via il 'lieto fine'.
Una nuova maledizione incombe sulla ignara e spensierata 'next generation' di Mystic Falls.
I nostri eroi dovranno fare un salto nel passato per salvare il futuro dei loro figli e, per riuscirci, dovranno collaborare e riaprire molte ferite e questioni irrisolte.
Le avventure di Matilde 'Matt' Lockwood, Sheila Bennet, Nick Mikaelson e Demi Salvatore... in capitoli ispirati ad un'ipotetica serie tv :D
Saranno molto gradite le recensioni :D
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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''In persona, bambina.''
 
Una folata di vento tiepido mosse le tendine fiorate che erano poste ai bordi dell’enorme vetrata, facendole sventolare appena ed arruffando contemporaneamente anche le piume lucidissime dell’enorme corvo sospeso a mezz’aria.
Demi percepì come una carezza sulla pelle tesa l’imponente ed irresistibile ondata Potere che proveniva da quella creatura oscura così elegante ed il sangue le ribollì subito nelle vene, affinando tutti i suoi sensi.
La ragazza avvertì chiaramente la presenza di qualcosa di sovrannaturale nel fondo color pece di quello sguardo rapace, vigile e scintillante, ma fu solo dopo un attimo eterno che il corvo si decise, finalmente, a confermare quegli inquieti sospetti: annuì tra sé e, scosso da un sonoro fremito, in un fulmineo battito d’ali, il volatile lasciò il posto ad un uomo così bello da sembrare irreale.
Ammaliante come un lampo improvviso, pericoloso ed affascinante che illumina a giorno il vacuo cielo di una notte senza stelle, seduto in bilico sul davanzale della finestra trasparente e socchiusa, con un ginocchio sollevato e un sorriso smagliante dipinto sulle labbra, c’era… Damon Salvatore.
- Ditemi che non sta succedendo sul serio…- esalò Sheila, con tono lamentoso e, allo stesso tempo, stupefatto. -… è assolutamente incredibile…- la figlia di Bonnie si reggeva al tavolo della cucina con entrambe le mani nel vano tentativo di mascherare lo scovolgimento e i suoi bei boccoli scuri le incorniciavano il volto olivastro contratto in una smorfia a metà tra il terrorizzato, l’imbambolato e il rapito.
Il vampiro si sentì in qualche modo lusingato dalla sua reazione ed il suo ghigno si allargò.
- Troppo gentile, Hermione.- ironizzò, gettando un’occhiatina maliziosa e divertita alle due ragazzine paralizzate davanti a sé.
Demi, con gli occhi di brace turchina sgranati e fissi in quelli di Damon, non sembrava poi troppo sorpresa dalla sua presenza lì e ne sostenne lo sguardo di sfida e d’intesa senza alcun timore.
Restò perfettamente immobile sul posto, a testa alta, ed emise un lieve sospiro, come di sollievo.
Possibile che fosse… contenta di vederlo?
- Era tutto reale...- sussurrò d’un tratto, emozionata, con un pizzico di trionfo nella voce.
Le sue iridi, incassate in modo impeccabile sotto le sue ciglia nere e folte, trafissero il nuovo arrivato ancora a lungo, con silenziosa determinazione ed infinita curiosità. Fu scossa da un intenso brivido di comprensione mentre tutti i frammenti dei propri ormai lontani e confusi ricordi si ricongiungevano ed assumevano un senso compiuto. -… tu…- lo stomaco di Damon si contrasse dolorosamente e lui trattenne il respiro, sovrastato dall’eco della propria memoria: quella era stata la prima parola che Demi aveva pronunciato quando l’aveva salvata da morte certa nel cuore della foresta, era stato il suo modo maldestro e tenero di dirgli, tra le lacrime trattenute a stento ed il cuore stravolto dall’ansia emotiva, che aveva capito.
Che sapeva che lui non avrebbe mai permesso a nessuno di sfiorarla anche con un solo dito, che l’avrebbe protetta, che era al sicuro. -… sei tornato.- sussurrò lei, con un lieve sorriso inconsapevole.
Era davvero strabiliante quanto somigliasse ad Elena, pensò Damon.
Erano semplicemente identiche: stesso viso adorabile e fine come quello di una bambola di porcellana, stessa postura aggraziata, stessa fisicità proporzionata ed armoniosa, stessa chioma fluente… a tradimento, quelle riflessioni gli risvegliarono dentro delle sensazioni inaspettate, travolgenti ed implacabili.
Le aveva già provate il giorno del primo incontro con Demi, quando l’aveva seguita lungo il sentiero scolastico e, nascosto tra le fronde di una vecchia quercia, aveva vegliato sul suo cammino.
Stavolta, però, riemersero con maggiore forza ed uno strano calore si diffuse nel suo petto per mezzo di piccole, familiari ma dolorose fitte d'elettricità.
Si trattenne dall’imprecare: guardare Demi era come fissare il sole troppo a lungo… e, per giunta, senza l’anello diurno al dito.
- Vi spiace?- chiese Damon all’improvviso, dondolandosi leggermente sul posto, con finta noncuranza, per spezzare quel flusso incoerente ed insopportabilmente carezzevole di pensieri. – Qui non si sta poi molto comodi.- strizzò l’occhio in direzione della Bennet con un ghigno accattivante e notò che la sua bocca, dischiusa per la sorpresa e anche per l’imbarazzo, si apriva ulteriormente, mostrando promettenti segnali di cedimento.
- Emh… devo invitarlo ad entrare oppure no?- domandò infine Sheila con voce soffocata e confusa, rivolgendo l’attenzione alla propria migliore amica in attesa di una qualunque direttiva.
Al vampiro sembrava che la Lockwood e la Bennet pendessero letteralmente dalle labbra di Demetra: la rispettavano e la apprezzavano come una guida ed una consigliera e, probabilmente, non si sarebbero mai mosse senza il suo consenso. Dannazione… era un moto d’orgoglio, quello? -… Demi?-
Damon socchiuse le palpebre, spostando nuovamente lo sguardo sulla figlia di Elena, in uno stato di fiduciosa ma impaziente attesa.
Si aspettava i lineamenti della ragazza si ammorbidissero in una smorfia accomodante e gentile, che si sciogliessero in un’espressione permissiva e che lei annuisse in risposta alla Bennett ma niente di tutto ciò si verificò.
Le labbra di Demi, al contrario, si assottigliarono nello stesso ghigno canzonatore che aveva regnato sul volto del vampiro fino ad un istante prima e la giovane incrociò le braccia sul petto in un chiaro gesto provocatorio e dispettoso.
-Non saprei.- finse di meditare lei, sardonica, guardandolo poi dritto in faccia, tra il serio e il faceto. – in teoria non dovrei affatto fidarmi. Non so nulla di te e immagino che tu abbia avuto le tue buone ragioni per tentare di cancellarti definitivamente dalla mia memoria, non è vero?- Damon sentì quelle parole colpirlo come un pugno e la sorpresa divampò nei suoi sensi con uno scoppio inaspettato; Demi lo stava rimproverando per aver cercato di soggiogarla a dimenticarlo oppure era semplicemente furiosa perché quel gesto aveva significato, per lei, una violazione della sua piena ed indipendente libertà mentale?
Entrambe le possibilità terrorizzarono così tanto il vampiro che quest’ultimo, intimamente, provò il cocente desiderio di riassumere la forma di corvo e di volatilizzarsi, vigliacco ma testardamente al riparo, nel cielo terso.
Invece rimase a fissarla, impietrito.
- Ci sono un sacco di motivi validi per cui sarebbe stato meglio per te non avere idea della mia esistenza, dico sul serio.- ammise, nascondendo lo sgomento dietro un sorriso amabile. In effetti non sarebbe bastata un’eternità per elencarli tutti: la sua impulsività eccessiva e sempre pronta a mettere in pericolo anche le persone a cui teneva di più al mondo; la sua scelta di non ritornare mai più a Mystic Falls per consentire a suo fratello e ad Elena di vivere serenamente la loro umanità senza il rischio di sciupare la loro felicità; il suo amore assoluto e crudele, mai svanito, per la doppelganger di Katherine che, anche nei momenti meno consoni, affiorava nella sua anima divorandola senza pietà; il desiderio malsano e pericoloso di conoscere e magari anche solo di sfiorare in una carezza la figlia di Stefan, il solo residuo umano e vivente di quella che era stata la loro famiglia, maledetta e ridotta nell’oscurità dal 1864… - ma ormai ne sei a conoscenza, perciò, già che ci sei… potresti dire alla tua amica di invitarmi dentro. E’ evidente che sono in ritardo per la colazione ma… è un tantino rischioso penzolare qui fuori in pieno giorno nel bel mezzo di uno dei quartieri più popolari di Mystic Falls. Sapete com’è… i vicini potrebbero mormorare.-
- Dammi una sola buona ragione per farlo.- mormorò lei, cocciuta. Era inutile, non riusciva ad ingannarla o ad eludere le sue accuse o richieste utilizzando un semplice sguardo seducente o un tono da bravo ragazzo. – perché dovrei darti retta?-
Damon le lanciò uno sguardo torvo e, impegnandosi per ritrovare un minimo del proprio contegno e per assumere un cipiglio irritato che fosse convincente, si mise nella stessa posizione della ragazza, con le braccia incrociate, con aria contrita.
Che cosa ironica, pensò Sheila, trepidante e muta alle spalle di Demi.
- Perché vi ho salvato la vita?- rispose il vampiro, bruscamente, con uno strano luccichìo negli occhi.
- No, non mi soddisfa.- replicò Demetra, facendo schioccare la lingua.
Damon inarcò un sopracciglio, emettendo un sibilo di esasperazione che era più felino che umano.
La ragazzina lo stava provocando di proposito e, per di più, con una sorta di gongolante piacere.
Lui non aveva nessuna voglia di inventarsi una motivazione migliore da propinarle ma qualcosa nello sguardo di lei gli diede l’assoluta certezza che sarebbe rimasto al freddo per tutta la giornata, se fosse stato necessario.
Era sinceramente sbigottito e… affascinato.
- Perché sono felice che la compulsione non abbia funzionato.- si lasciò sfuggire, senza averlo premeditato, prima che potesse imporsi di non lasciar penetrare altra luce accecante attraverso quelle crepe profonde che Demi, unica al mondo assieme a sua madre Elena, aveva il potere di aprirgli nell’anima.
D’accordo, era completamente fuori di testa.
Lei increspò la bocca in un’espressione esultante e scrollò leggermente le spalle, espirando con forza.
- Ok.- disse in fretta, sciogliendo la propria posizione scettica senza staccare gli occhi dal viso del vampiro. – fallo entrare, Sheila.- la Bennet prese un bel respiro e mormorò esitante il suo invito, infrangendo così irrimediabilmente quel velo di protezione che, fino ad allora, aveva impedito a Damon di mettere piede in casa senza il permesso dei legittimi proprietari.
- Grazie.- disse lui in tono assolutamente cordiale, balzando dentro con un piccolo salto aggraziato quanto rapido. Demi nascose un sorriso ammirato e compiaciuto e notò che Damon le stava rivolgendo, proprio nel medesimo istante, uno sguardo di beffarda ma netta approvazione. La osservava con circospezione e bramosia, avidamente, nello stesso modo in cui lei stava osservando lui già da un bel pezzo. Il cuore della ragazza fece un balzo memorabile quando comprese che, nonostante tutto, lei e il fratello maggiore di suo padre Stefan non si erano ancora mai ufficialmente presentati.
Era così buffo che le sembrasse di conoscerlo da sempre?
La prima volta che aveva sentito pronunciare il suo nome risaliva a quando Rebekah aveva scambiato la sua giovane e detestata alunna per lo stesso Damon nel bel mezzo della lezione di Storia. Da quel momento folgorante, Demi aveva instancabilmente cercato delle informazioni sul suo conto, prima chiedendo ad Elena e cacciandosi nei guai in un reparto proibito della Biblioteca comunale, poi nascondendo sotto il cuscino il fedele ritratto dei fratelli Salvatore che era riuscita a strappare dall’albero genealogico rinvenuto tra le cianfrusaglie di una botola segreta. Si era ggrappata caparbiamente al ricordo del miracoloso salvataggio dai Lupi Mannari avvenuto al chiaro di luna per costringersi a ricordare ogni tratto del viso del suo eroe, ogni sfumatura delle sue parole rassicuranti, ogni singolo sfavillìo contenuto in quegli occhi azzurri così simili ai propri, ed aveva sperato di rivederlo...
Le parole le uscirono di bocca prima che la Salvatore potesse pronunciarle con la dovuta compostezza:
- Sono Demi.-
- Sono Damon…- il vampiro udì risuonare accanto a loro, con una punta di sorpresa, un’eco suadente della presentazione della ragazza ma solo dopo un istante si rese conto che era stato lui stesso a pronunciarla, contemporaneamente alla fanciulla, quasi senza rendersene conto. Attonito, le lanciò di sottecchi uno sguardo magnetico, poi si rassegnò all’evidenza e, con un lieve inchino, prese una delle mani bianche di Demi tra le sue, sfiorandone con la delicatezza quasi impercettibile di un bacio il dorso con le labbra.

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Lei rabbrividì appena: la sua pelle era gelida ma allo stesso tempo soffice e vellutata. -… la tua fidata guardia del corpo.-
 
***
 
Elena si passò le dita sul viso assorto, socchiudendo appena le palpebre dolenti e tentando di rilassarsi sul posto. Il tenue chiarore provocato dall'innaturalmente bianca foschia del mattino filtrava senza problemi attraverso i finestrini dell’elegante auto scura, sommergendola con la propria luce lattiginosa ed illuminando gradevolmente il bellissimo viso di Stefan al suo fianco. Suo marito era estremamente pallido e le sue magnifiche labbra erano strette in un’espressione seria. Mentre la guardava con la coda dell’occhio, di tanto in tanto, per assicurarsi che stesse bene, gli parve molto provata e, quando finalmente, con le mani ben salde sul volante, si decise a parlarle, Stefan emise un breve sospiro di resa.
- C’è qualcosa che vuoi dirmi?- le chiese, rompendo con aria diretta e rassegnata l’insopportabile silenzio tra loro. Da quando Damon era uscito dal Pensionato, rivolgendole un sorriso fulmineo ed abbagliante prima di tramutarsi in un corvo dall’aria arcigna, la Gilbert non aveva spiccicato parola e aveva sempre avuto la bocca serrata, come se stesse tentando con tutte le proprie forze di soffocare la tentazione di esprimere i propri reali pensieri. Quando lei scosse piano la testa, sentendo gli occhi verdi e gravi del vampiro premerle addosso, lui non si lasciò ingannare. – ti prego, Elena, so che qualcosa ti ha turbata. Lascia solo che ti spieghi…- Elena si sentì avvampare all’istante, irreparabilmente scoperta, e distolse lo sguardo.
Una smorfia le comparve sulla faccia mentre, ingenuamente e senza poi troppa convinzione, cercava di fissare il rigoglioso paesaggio naturale che si stagliava e scorreva piano accanto a loro durante il tragitto. Fu tutto inutile: si sentiva tesa e risentita, come un foglio di carta accartocciato e malconcio in attesa di essere lisciato da una mano qualunque, purchè tiepida e caritatevole.
Un vago senso di sollievo la invase quando capì che quell’agognata carezza gentile sull’anima sarebbe potuta provenire solo dalla sua unica ed amata certezza, da Stefan, da colui che l’aveva sempre capita, curata ed assecondata. Le era sempre stato semplicemente impossibile mentirgli.
- Ti ho sentito parlare con Damon, prima.- mormorò d’un tratto, sommessamente ma senza troppi preamboli. Cercò di nascondere l’indicibile sbigottimento che aveva provato nell’istante stesso in cui aveva ascoltato l’accorata conversazione tra i fratelli dalla propria camera da letto, pur sapendo che lui se ne sarebbe accorto comunque. – ecco… era come se voi due mi stesse nascondendo qualcosa. Mi sbaglio?- Stefan rimase zitto, serrando leggermente la mascella mentre imboccava la strada più breve e semplice per raggiungere la casa abbandonata e adesso anche data alle fiamme di Matt Donovan.
- Non capisco cosa intendi.- bisbigliò infine, trattenendo il respiro e deglutendo meccanicamente.
La sua voce era stranamente atona e strozzata, come se lui stesse cercando di guadagnare tempo e di rimettere frettolosamente ordine tra le proprie convinzioni.
- ‘Rebekah potrebbe essere in giro e non credo che rivederti qui le farebbe piacere’.- citò fedelmente Elena, battendo le ciglia ed imitando alla perfezione il tono cupo e familiare con cui il marito aveva rivolto quelle stesse parole al proprio fratello maggiore. - questa frase, per me, è assolutamente priva di senso logico ma per voi, evidentemente, non lo è affatto. Perché Damon deve tenersi alla larga da Rebekah? Lei ci odia tutti indistintamente, cosa cambierebbe se scoprisse che lui adesso è tornato in città dopo sedici anni?- si accorse che un po’ di rossore imbarazzato gli era tornato sul viso, velando il suo allarmante pallore.
Un acre odore di bruciato si insinuò nell’abitacolo non appena ebbero svoltato a destra per l’ultima volta; il motore dell’auto gemette e smise di fare le fusa proprio mentre Stefan accostava in un angolo del cortile.
Erano arrivati a destinazione e, quasi senza rendersene conto, Elena si raddrizzò con urgenza sul sedile. Aveva un lancinante bisogno fisico di conoscere la verità ed ora, proprio come quando si era precipitata nel cimitero per chiederla direttamente a Damon, d’impeto, con la voce rotta dall’emozione e le guance inondate di lacrime bollenti e traboccanti di colpa, si sentiva esplodere dentro. – Stefan… se tu sapessi cosa c’è dietro la ragione della partenza di Damon me lo diresti, non è vero?- cercò ansiosamente gli occhi di lui nella speranza di cogliervi un barlume di sincerità o di cedimento. Il vampiro, però, non battè ciglio.
- Elena…- cominciò, rassicurante e gentile, come se stesse trattando con una bambina capricciosa.
- Me lo diresti?- lo incalzò lei, duramente, senza lasciasi incantare e tradendo un tono implorante. Qualcosa nel fondo degli occhi verde muschio di Stefan crepitò debolmente e si spense; lui tacque e si sentì come se avesse appena attraversato una linea invisibile senza alcuna possibilità di ritornare sui propri passi.

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- Siamo arrivati.- tagliò corto, rifiutandosi categoricamente di rispnderle. Elena non si perse d’animo e, dopo una pausa aspra e sorpresa, decise di cambiare argomento.
- L’hai mandato da Demi, oggi.- sussurrò, con voce tremante. Le tornò in mente ogni cosa e i sentimenti di vergogna, delusione e timore le strinsero fatalmente la gola, bruciando e ribollendole nel petto come veleno. La Gilbert trasalì ed interruppe in fretta quel maledetto flusso dei ricordi per impedirsi di rivivere il passato e si concentrò sulla difficile conversazione ancora in atto. - perché l’hai fatto?-
Stefan sollevò un angolo della bocca, in un sorriso malinconico e consapevole, come se si aspettasse quel tipo di domanda. Prese un profondo respiro, come se stesse misurando attentamente le parole, poi scrollò appena le spalle.
- Lo sai, perché.- per Elena fu come risvegliarsi in un totale stato confusionale e lei si sentì improvvisamente, irragionevolmente braccata, in trappola. La sua curiosità non era stata affatto soddisfatta ma non ebbe il tempo di riflettere sulla faccenda perché, sotto un cielo folgorante ma improvvisamente cupo per lei, giunse alle sue orecchie otturate, come da un altro universo, una voce squillante e nervosa, accompagnata da un rumoroso zampettìo di tacchi troppo alti. Nell’aria ferma e fosca, gli odori di legna, fumo e cenere si mescolarono a quelli di un profumo femminile fruttato simile alle bacche che erano ben nascoste nei cespugli ancora intatti e verdeggianti tutt’intorno. – questa è Caroline.- soffiò Stefan, debolmente, riconoscendo la moglie del Sindaco Lockwood che si avvicinava alla velocità della luce al luogo del loro parcheggio. – andiamo, coraggio.- con una calma innaturale, rimandando quei discorsi troppo delicati ad un momento più adatto, Elena si riscosse ed annuì senza guardarlo.
- Sì, certo.- soffiò e, con le dita insolitamente maldestre, aprì lo sportello.
- Finalmente siete qui!- esclamò vivacemente Caroline, raggiungendoli subito con un portamento impaziente. Era piuttosto scura in volto e anche visibilmente stanca ma la luce dorata che sembrava irradiarsi costantemente dalla sua pelle meravigliosa non accennava a svanire. – Ero preoccupata per voi e avevo un assoluto bisogno di…- si interruppe bruscamente, guardinga, sbirciando all’interno dell’auto. Elena si scambiò una rapida occhiata con Stefan, il quale aveva stampata in faccia la sua stessa espressione interrogativa. -… dov’è Damon?- chiese la bionda, corrucciata, accorgendosi della sua assenza.
- Non è venuto con noi.- rispose seccamente il vampiro, ma non aggiunse altro.
- Sul serio?! Si può sapere perché non l’avete portato?- brontolò lei, in preda allo sconforto. Mentre Elena teneva lo sguardo fisso sul parabrezza, riflettendo sul fatto che Damon non era esattamente il tipo di persona che si facevaportare da qualche parte oppure no, la sua amica sbuffò. – Questo complica decisamente le cose.-
- Perché, scusa?- domandò Stefan, irrequieto.
- La sedicenne che era con Tina O’Neil e che ha assistito alla tragedia di questa notte. Si chiama Kayla Stone.- spiegò Caroline spiccia, facendo segno ai due coniugi Salvatore di seguirla attraverso il cortile che conduceva alla povera dimora consumata dal rogo omicida. – Abbiamo cercato in tutti i modi di spingerla a raccontarci qualcosa, intendo qualsiasi cosa!, riguardo quanto è successo alla sua ormai defunta amica del cuore ma niente. Non siamo riusciti a cavarle di bocca una sola parola. Credo che sia stata soggiogata a dimenticare tutto… o quantomeno il volto del carnefice.-
Elena sentì una rabbia irrazionale vibrarle nel petto ed aggrottò le sopracciglia.
- Non azzardarti a farlo, Care. Non puoi incolpare Damon di aver…- cominciò, con voce bassa e stizzosa.
- Non intendevo dire questo.- proseguì Caroline, sulla difensiva. – Ma pensavo sul serio che il vampiro cattivo dalla filosofia ‘squarcia, mangia e cancella’ potesse esserci utile a rimuovere, almeno in parte, la compulsione. La creatura che se n’è occupata stanotte è davvero molto più potente di noi comuni vegetariani e il mio potere, così come il tuo o quello di Stefan, non sembra essere sufficiente ad abbattere le barriere create attorno alla memoria della ragazzina. E’ un peccato che non si sia presentato a dare una mano tra un progetto di spionaggio e l’altro, tutto qui.-
- Come mai sei così certa che si tratti di una manipolazione della mente? Non potrebbe essere semplicemente scioccata dall’accaduto? Gli umani tendono ad eliminare gli eventi gravemente traumatici dalla propria coscienza.- si informò Stefan, un po’ scettico. Osservandolo attentamente, Elena capì che non era affatto pentito del fatto di non aver portato con sé il fratello maggiore e si insospettì, se possibile, ancora di più.
- C’è un vampiro dietro tutto questo, Stefan, fidati.- chiarì Caroline, sicura di sé. Il lato destro della casa, completamente consumata dall’incendio, si presentò davanti a loro in tutta la propria macabra desolazione. Le fiamme avevano divorato la staccionata che Matt Donovan, una volta, aveva pazientemente imbiancato assieme ad Elena, mentre Jeremy e Vickie giocavano a rincorrersi e a rotolare sul prato, spensierati e sudati sotto il sole cocente dell’estate della loro adolescenza; l’erbetta incolta che era cresciuta nell’abbandono di quelle mura domestiche era diventata un mucchio di sterpaglia bruciacchiata ed annerita e le mura avevano subito degli enormi danni, così come le tegole pericolanti del tetto e le assi del minuscolo porticato su cui il vecchio proprietario aveva trascorso moltissime serate a chiacchierare del più e del meno con i suoi migliori amici di sempre. Elena sentì un colpo sordo nel petto e distolse lo sguardo, incapace di sopportare quella straziante vista. Qualcuno stava avanzando verso di loro, lentamente e con aria altrettanto sofferta.
- Ciao, Tyler.- bisbigliò, senza riuscire a controllare i muscoli della propria faccia per mettere insieme un sorriso convincente. Il Sindaco ricambiò con un cenno e, stringendosi nelle spalle muscolose, constatò a sua volta, con lieve disappunto, l’assenza del vampiro Salvatore che, ben nutrito e quindi più efficiente rispetto ai presenti, sperava potesse essere utile alle sue indagini.
- Ho dovuto lasciare andare il ragazzo.- mormorò a Caroline, con tono denso di sconfitta. - Quella Rebekah non la piantava più di minacciarmi e così ho ceduto. Gli ho detto di tenersi a disposizione ma quella malefica ha ragione: non abbiamo nessuna prova contro di lui a parte il fatto che Kayla, di certo farneticando, ha parlato ossessivamente di un ‘lui’. Dannazione!- Stefan strabuzzò gli occhi, confuso da quelle parole.
- Rebekah? Il ragazzo? Che cosa…?- Elena sentì che, come al solito, suo marito dava voce ai suoi assurdi e sconnessi pensieri. Quando Caroline l’aveva chiamato, infatti, gli aveva comunicato che due ragazzi erano stati presenti alla terribile vicenda verificatasi in quel luogo e conclusasi con la morte di Tina e che, per questo, erano stati entrambi trattenuti ed interrogati. Una dei testimoni era Kayla, la fanciulla che, stravolta dall’evento e costretta a dimenticare il colpevole da un ‘lui’ dagli enormi poteri psichici, e il giovane che, a quanto la Gilbert aveva capito, aveva scoperto il delitto ed avvertito le autorità… che cosa c’entrava Rebekah? Dov’era, lei, in quel preciso istante? Perché aveva insistito così tanto affinchè lo Sceriffo lasciasse andare il ragazzo? Era forse legata a lui da qualche vincolo, magari familiare, sufficiente a renderla così protettiva nei suoi riguardi?
Purtroppo per i Salvatore, Caroline non si preoccupò di dare spiegazioni e cominciò ad inveire contro Tyler.
- L’hai lasciato andare?!- strillò, con la voce lamentosa di una bambina che fa i capricci. – Oh, no! Come hai potuto farlo? Non solo era l’unica persona dalla mente perfettamente lucida ad essere stata presente al momento dell’assassinio e dell’incendio ma era anche ricoperto di sangue quando l’abbiamo trovato accanto al cadavere! Insomma, non puoi credere davvero che si sia sporcato solo toccando Tina nel tentativo di rianimarla, non dopo quello che abbiamo trovato… - Stefan emise un basso ringhio esasperato per attirare l’attenzione e Caroline si zittì all’improvviso, come ricordandosi della sua presenza.
- Sangue.- sussurrò lui, contraendo la mascella nel tentativo di matenere il controllo della situazione. – che cosa avete trovato?- la sua migliore amica trattenne un brivido, stringendosi nelle spalle, e la sua espressione divenne ad un tratto vacua e triste.
- Guarda con i tuoi occhi.- disse, sommessamente, indicando, dopo un attimo di esitazione, un punto imprecisato alle loro spalle. Elena seguì con un istantaneo e dilagante panico il percorso tremulo di quel segnale e si voltò, d’impeto: sull’unica parete che sembrava essere rimasta intatta e non corrotta dalla furia fiammeggiante del disastro, luccicava qualcosa di sinistro. Era stata dipinta, a caratteri cubitali, una scritta rilucente e carminia, disgustosa, sotto i sempre più pallidi e quasi evanescenti raggi solari:       
 

Δamned Δad’s Δaughter’ll Δie.
 
(Damned Dad’s Daughter’ll Die. = La figlia di un padre dannato morirà.)

 

Elena si sentì raggelare e il suo stomaco si contrasse dolorosamente, dandole la nausea. Sangue. Quel rivoltante messaggio era stato scritto con del sangue innocente… ed era potenzialmente indirizzato a tutti loro e, quel che era peggio, ad una delle loro figlie. A sovrastare l’intera iscrizione vi era un’altra figura, stavolta geometrica, enorme, inquietante, altrettanto scarlatta: due triangoli equilateri, opposti e speculari, uniti attraverso il vertice, disposti verticalmente fino a formare il profilo schematico di…
-Una clessidra.- ansimò lei, ma dalla sua gola venne fuori solo un suono fievole e strozzato. Sì, esatto, una Clessidra. Chiunque fosse il maledetto che aveva tracciato quelle righe, dopo essersi macchiato di un crimine tanto atroce e aver cancellato le proprie tracce, lasciandosi avvolgere dalle tenebre del mistero, aveva voluto lanciare loro un beffardo avvertimento: il loro tempo era scaduto. Era ora di venir fuori a giocare.
Lassù, come riflettendo l'angoscia nella loro anima, una nuvola nascose definitivamente il sole.
 
***
 
POV Damon
 
- Immagino di essermi perso per poco le ciambelle.- emisi una specie di comico sbuffo, fintamente deluso dalle circostanze, ed incrociai le braccia sul petto. Mentre muovevo qualche passo fluido attorno al tavolo della cucina di casa Bennett, rivolsi uno sguardo furtivo alle sedicenni in piedi davanti a me, soffermandomi in particolare sulla più bassa e pallida delle due. Era estremamente difficile resistere all’assurdo impulso di sorriderle, di sentirmi bene vicino a lei. – ma che peccato.- le mie labbra si incurvano comunque, quasi senza che io riuscissi ad impedirlo; un brivido inconsapevole attraversò le mie interlocutrici, paralizzate e in attesa.
La streghetta svampita mi osservava con un turbamento fuori dal comune. Sembrava ammutolita ed affascinata dalla mia presenza ed io riconobbi senza difficoltà, nel suo sguardo scuro e profondo, la muta scintilla della gratitudine: neppure la figlia di Bonnie aveva dimenticato che, quando la sua ultima speranza di salvezza era stata inghiottita dal buio crudele e frusciante della foresta accanto alla Biblioteca, avevo  personalmente salvato sia lei che Demi senza un attimo di esitazione, mettendo a repentaglio la mia incolumità ed affrontando ben tre feroci manigoldi pronti a tutto pur di portare a termine la loro folle missione omicida. In un modo del tutto anomalo ma non per questo meno struggente, entrambe le ragazze sentivano di dovermi la vita e la loro riconoscenza, sorprendentemente, segretamente, mi lusingava.
- Come mai sei qui?- chiese d’un tratto Demi, con una smorfietta curiosa, scostandosi i capelli corvini dalla fronte. I suoi occhi azzurri e furbi, limpidi come schegge rubate agli zaffiri e specchio fin troppo fedele dei miei, brillarono di inquietudine e mi sorpresero con la loro intensità. – Non fraintendermi: è un vero sollievo sapere che esisti davvero e che non era poi necessario rischiare di nuovo di morire atrocemente per rivederti… è solo vorrei delle spiegazioni, se non ti dispiace.- un leggero e frizzante rimprovero velò l’ironia della ragazza ed io sentii un moto di irresistibile stima e comprensione nei suoi confronti farsi spazio nei miei pensieri già un po’ incoerenti.
Era come lei se stesse disperatamente cercando, sotto quell’aria composta e fiera, una certezza a cui aggrapparsi, una voce fuori dal menzognero coro della sua famiglia che, finalmente, le parlasse con schiettezza, a costo di ferirla, a costo di metterla in pericolo, ma senza remore, per una volta, solo con sincerità. Sentivo di capire alla perfezione la sua necessità di sapere la verità e non avevo intenzione di deluderla.
- Mi prendo cura di te, bambina.- ammisi, dunque, facendo spallucce come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Il lieve sorriso di Demi si spense lentamente e lei tornò a scrutarmi torva, con serietà.
- Non mi sembra che sia necessario.- protestò seccamente, con tono basso e quasi inudibile. Abbozzai una risata sarcastica, colpito dalla sua indignazione e dalla sua volontà di indipendenza. Era una ragazzina estremamente diversa da tutte le sciocche donzelle troppo viziate e piene di moine che avevo conosciuto in precedenza: ragionava come un’adulta fin troppo accorta eppure, guidata da un infallibile istinto ribelle, sapeva riconoscere altrettanto bene il momento più opportuno per tirare fuori la propria ostinazione adolescenziale.
- Non prendertela con me.- borbottai, scherzosamente offeso, approfittando della situazione per divertirmi un po’. – è stato il tuo caro paparino, nonché mio paranoico fratello, a mandarmi qui per tenerti d’occhio. Credo che si stia crogiolando nella speranza che tu possa finalmente smetterla di essere una costante calamita naturale per le disgrazie.- il viso di lei si irrigidì di colpo e strinse i pugni davanti a quelle parole beffarde.
Vidi chiaramente la furia repressa tornare ad accendere il suo sguardo turchino e compresi che, in realtà, proprio come Stefan aveva predetto, la rabbia nei confronti dei suoi bugiardi ed incauti genitori era ancora lì, sepolta sotto uno strato di nostalgia ed affetto, ma ancora tangibile… reale.  
-Sarebbe venuto personalmente ad occuparsi della faccenda ma lo conosci…- continuai, per sdrammatizzare. -… sarà stato troppo impegnato a pettinarsi i capelli all’indietro e a rimuginare.- Demi non raccolse la mia provocazione ma, quasi suo malgrado, lasciò ad un breve sorriso il compito di incresparle la bocca rosea e dolcissima.
Quel suo gesto spontaneo mi provocò una piacevole sensazione di sollievo dalle parti dello stomaco.
Mio fratello minore le mancava come l’aria, potevo percepirlo; era visibile nel modo in cui lei respirava piano, quasi esitando, e nella piccola ruga sulla fronte che, prima della sua nascita, avevo visto comparire infinite volte anche sul volto di Elena mentre lei si sforzava di resistere al sovraffollamento delle proprie emozioni…
- Possiamo benissimo cavarcela da sole, adesso. Non abbiamo bisogno di un baby-sitter, grazie.- sentenziò mia nipote, in un soffio, senza cedere. Una leggera nota d’orgoglio incrinò la sua voce cristallina ed io non me la lasciai sfuggire: quella ragazzina non era più tanto ingenua, spensierata ed avventata come quando l’avevo protetta dalla violenza dei suo aggressori; era più astuta, ora, in qualche modo più consapevole della situazione e, sicuramente, decisa a non lasciarsi più sopraffare dagli eventi con la stessa impotenza che l’aveva caratterizzata in passato. Era una creatura solitaria, caparbia e selvatica… come me.

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- Oh, credo proprio di sì, invece.- dissi, osservandola con attenzione, con un sopracciglio inarcato. Il fuoco che aveva dentro era talmente intenso che potevo sentirne l’ardore anche a distanza. Era inebriante, come il suo odore delizioso. I miei sensi finissimi, così diversi da quelli intorpiditi dal tempo e dal disuso della mia antica e rinnegata combriccola di Mystic Falls, non avevano bisogno di concentrarsi per cogliere in modo netto ed inequivocabile un Potere innato che divampava in lei senza tregua e diveniva ogni minuto più rilevante, più incredibile. Demi era forte, molto più di quanto potesse immaginare o sperare, ma un’eccessiva fiducia nelle proprie potenzialità avrebbe solo contribuito a peggiorare la sua già precaria situazione. -… conosco quella sensazione di onnipotenza, sai. Deve essere stato strabiliante per te riuscire a resistere ad una ed una sola compulsione, prevedere una ridicola aggressione attraverso una premonizione della qui presente novella Maga Circe e sputacchiare qua e là un po’ di vapore come scudo contro un ex-mangiatore di conigli, non è vero?- usai un tono aspro e inclemente con lo scopo di provocarla e ci riuscii, alla perfezione. – Mi dispiace deluderti, Demi, ma l’ultima volta che ho controllato in questa maledetta città si stava risvegliando qualcosa di molto potente, qualcosa di assolutamente micidiale, di terribile. Non basteranno di certo un paio di trucchetti da dilettante per sconfiggere le mostruosità che potrebbero venire a cercarti… e con ‘mostruosità’ intendo degli abomini molto più perfidi e crudeli di una fallita professoressa bionda tinta e di un mezzo Lupo Mannaro redento.-
Un’espressione incredula, intimorita e ferita sfiorò i lineamenti della ragazza per un attimo, poi lei decise di ignorare le mie insinuazioni e di tornare subito all’assalto.
- Ammettiamo che tu abbia ragione, Damon.- disse, a denti stretti, sottolineando il mio nome proprio come io avevo rimarcato il suo poco prima. Era una strana emozione sentirlo pronunciare da lei che, in teoria, avrebbe riverentemente dovuto chiamarmi ‘zio’. - Qual è il tuo consiglio per rendermi invincibile? Provare a farmi spuntare le piume?- sbottò, con un tono insolente che diede particolare spessore alle sue parole piene di sfida. Sì, in effetti, sarebbe stata un corvo meraviglioso…
Indispettito ma anche incantato dalla sua sagacia, aprii la bocca per risponderle a tono ma qualcosa distolse la mia attenzione: il mio cellulare vibrava nella tasca anteriore dei pantaloni, più o meno incazzato quanto me in quel medesimo istante. Lo tirai fuori reprimendo la frustrazione causata dall’interruzione indesiderata di quell’interessante battibecco e fissai lo schermo luminoso, aggrottando le sopracciglia.
- Tipico.- commentai a mezza voce, imprecando mentalmente prima di rispondere alla chiamata. Non era esattamente il nome che avrei sperato di leggere su quel display ma mi costrinsi ad accontentarmi. – Sì, fratello?- esordii, sentendomi un po’ a disagio senza darlo minimamente a vedere.
- Dove sei?!- mi domandò Stefan, con il fiato corto, come se fosse reduce da una lunga ed estenuante corsa. Compresi immediatamente che qualcosa, all’appartamento del defunto e compianto Matt Donovan, doveva essere andato storto e tentai con cautela di voltare le spalle a Sheila e a Demi, nella speranza di evitare le loro occhiate penetranti. Fu tutto inutile.

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- Alle Hawaii a contare le noci di cocco.- ironizzai, con lampante impazienza, alzando gli occhi al cielo. -… sono a casa di Bonnie come mi hai chiesto, tenente, in compagnia della tua amorevole figlia e della sua eloquente migliore amica… perché?- Demi mi guardò a bocca aperta, capendo che, dall’altra parte della cornetta, c’era Stefan. Sheila mi fulminò con lo sguardo, per nulla divertita dalla mia battuta e leggermente in ansia a causa del tono urgente che aveva appena sentito uscire dalla mia bocca.
- Avevo solo bisogno di esserne sicuro.- gracchiò mio fratello, soffocando a fatica il sollievo e, allo stesso tempo, il panico. – Io… dopo quello che è accaduto… non muoverti assolutamente da lì fino al ritorno di Bonnie, d’accordo? Damon, mi stai ascoltando, vero?!- Mi infervorai di colpo.
Quando l’avrebbe piantata di darmi ordini senza fornirmi la minima spiegazione?
-  Si può sapere che diavolo è successo? Si tratta di Elena?- sussurrai, nel tentativo di non farmi sentire dalle ragazze. Ero talmente teso che la pelle del mio viso cominciò a tirare e a pizzicare, come se stessi per arrossire, per esplodere. Demetra attese in silenzio, pronta a leggere, sulla mia espressione, una risposta alla sua stessa preoccupazione. 
- No, lei sta bene… credo.- sbottò Stefan, inspirando profondamente per calmarsi. Il vento ululava attraverso l’audio del cellulare, con un suono estremamente gelido ed inquietante, metallico. Tentai di non riprendere a protestare e rimasi in silenzio, nell’ansiosa speranza che il mio fratellino si decidesse a parlare. – Come temevamo l’assassino di Tina non è un qualsiasi e casuale maniaco. Con ogni probabilità si è trattato di una creatura sovrannaturale capace di soggiogare e di provocare ferite caratteristiche ed inequivocabili sul corpo delle sue vittime: morsi, graffi… la poverina in questione è stata completamente dissanguata sotto gli occhi di una testimone. Purtroppo per noi, però, quest’ultima non ricorda assolutamente nulla della tragedia.- cercai di non battere ciglio davanti a quelle rivelazioni ma qualcosa, nel mio sterno, si contrasse.
- Beh… non mi aspettavo certo un simpaticone amante del buongusto.- replicai, aspramente, senza lasciar intendere molto alle mie già allarmate spettatrici. In effetti sapevamo che si sarebbe trattato di un mostro psicopatico senza scrupoli... di cosa si sorprendeva Stefan?
- Cos’altro avete scoperto?- gli chiesi, con tono strascicato.
- Il mostro ha lasciato un messaggio raccapricciante… e non si fermerà fino a quando non avrà ottenuto ciò che vuole, ovvero distruggere la nuova generazione di figli di padri maledetti che non avrebbero dovuto aver la possibilità di procreare. Il problema è questo… non dare di matto… ma potremmo aver lasciato scappare il principale sospettato proprio un paio di minuti fa.-
- Sono circondato dal solito branco di idioti.- stavo dando in escandescenza, come non detto. Sheila inclinò la testa da un lato come se stesse calcolando a mente la somiglianza che quella scena aveva con alcuni atteggiamenti di una certa Salvatore di sua conoscenza. – Come avete potuto lasciarvelo sfuggire dalle mani? Dove avete il cervello, razza di…?-
- E’ andato via con Rebekah dopo che lei ha quasi strangolato lo Sceriffo per far sì che lo lasciasse libero.- si giustificò Stefan, per nulla sorpreso dalla mia reazione. - Ma almeno sappiamo chi è. E’ un passo in avanti, non credi?- sospirai per smettere di inveirgli contro e l’aria passò con un sibilo rabbioso attraverso le mie labbra socchiuse. Non avevo la minima voglia di sapere quale effettivamente fosse il messaggio lasciato dall’assassino, o la sua vera identità… non potevo permettermi di averne paura, eppure un lieve tremore passò, insopportabile, attraverso le dita che stringevano il telefono.
- Dimmelo e basta, Stefan, non fare tante storie.- ringhiai, rassegnato. – Chi è il vostro indiziato?-
Sussultai involontariamente quando mi accorsi che Demi mi si era avvicinata notevolmente, fino a sfiorarmi il braccio con una mano delicata. Riuscivo a sentire il profumo frastornante della nebbia e del cielo… proveniva da lei. Sembrava decisa a carpire il più possibile da quella confusa conversazione tra me e il suo intrepido padre ma anche a darmi conforto in quello che doveva esserle parso un mio momento di cedimento. Sfoderai un sorriso innocente mentre la strattonavo appena, quasi giocosamente, per tenerla lontana dalla cornetta, ma lei non si mosse di un millimetro, testarda. Rimase lì, ad un soffio da me, mentre i miei occhi, a quella distanza, ripercorrevano a tradimento il profilo fin troppo familiare del suo viso. Il suo labbro inferiore era leggermente sbilanciato, più pieno rispetto a quello superiore; la sua pelle era perfetta e bianca come la neve ed il colore inconfondibile dei suoi capelli era…
Sentii che Stefan esitava appena e notai che, interrompendo il flusso scordinato delle mie inopportune riflessioni, la sua voce suonò nervosa e grave:
- E’ il nipote di Rebekah Mikaelson, Damon.-
 

***














Woooooo *-* eccomi qui <3 
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