Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
Segui la storia  |       
Autore: Jay_Myler    02/06/2013    1 recensioni
Diciamo che è una romanzata su questo gioco, partendo dal primo giorno di scuola della protagonista.
La coppia è ovviamente la protagonista e Castiel, il rosso che ha fatto impazzire noi ragazze che amiamo i ribelli; ma oltre a raccontare le vicende della scuola, racconterò anche la storia che nasconde questo misterioso ragazzo - e quella della nostra protagonista, che manco ci scherza- (Ovviamente tutta a fantasia mia)
N.d.A. Per romanzata si intende una ricamatura intorno alla storia originaria, a cui vengono aggiunti momenti inediti del tutto inventati.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Dolce Flirt mania'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

«Guarda papà, com'è bello quel cagnolino!» disse il bambino vicino al suo papà, tirandolo per la mano che gli stringeva ancora più forte per l'emozione.
«Quale?» gli chiese il padre rallentando leggermente il passo.
«Quello che sta sdraiato! Mi piace tantissimo!»
Non aveva mai visto un cane di quella razza, e si era perdutamente innamorato di quel musetto dolce che lo scrutava da dietro il vetro.
Il padre si fermò di botto e prendendolo in braccio lo avvicinò al vetro nel negozio di animali, dove stava quel cagnetto così simpatico e buffo, che appena vide avvicinare il piccolo iniziò a saltare festoso.

 

Era passata circa un'ora e mezza da quando aveva incominciato a pulire e la maggior parte del lavoro era fatto, manca solo qualche altro colpo di spugna, ma ormai la stanchezza si faceva sentire e così Jay decise di prendersi qualche minuto di pausa; se Li l'avesse vista l'avrebbe subito rimproverata, ricordandole che non voleva tardare troppo, ma ovviamente senza scomodarsi a muovere un dito per aiutarla a velocizzare un po' la cosa. Era vero che la ragazza non centrava e che era stata lei ad imbrattare l'armadietto di Ambra, ma era sicura che a quella ragazza così superficiale non avrebbe di certo fatto male una sana punizione, non era di certo una santa! Ma non importava più, il lavoro era quasi finito e visto che doveva vedersela da sola, poteva decidere quando e se prendersi una pausa. Si mise a sedere sulla scalinata del sottoscala, un posticino abbastanza appartato e non molto frequentato neanche di giorno dagli studenti; aprì la sua borsa a tracolla che aveva lasciato lì, sul terzo scalino, cercando la bottiglietta d'acqua per rinfrescarsi la gola che sentiva completamente asciutta.

Dalla borsa cadde qualcosa di voluminoso, sparpagliandosi sui gradini inferiori: erano le lettere che aveva trovato nel parco quel pomeriggio; se ne era completamente scordata. Riguardandole così, tutte insieme e raccogliendole, sentì lo stomaco chiudersi e pensò che portare via quelle lettere dal quel tronco cavo non fosse stata la migliore scelta. Sentiva come se stesse violando la corrispondenza altrui, come se stesse infilando il naso in argomenti che non le competevano; ma da altro canto non vedeva come una cosa estremamente riservata potesse essere messa così alla mercé di chiunque. Il suo non era un atto di cattiveria, voleva solo sapere di che cosa si trattava, che cosa contenevano quelle buste così insignificanti e banali, senza alcun segno particolare, ma che per qualche motivo se ne sentiva attratta; la loro storia le chiedeva di essere letta, di essere conosciuta e dopo aver aperto la prima la sua curiosità si era insinuata ancora di più nella sua mente.

Varie domande le frullavano in testa.

Chi le aveva scritte?
A chi erano indirizzate?
Perché non sono state spedite?

Perché si trovavano in quel tronco?

E molte altre domande ancora le giravano nella testa, alle quali però non aveva un risposta, ma che sperava di trovare leggendo il contenuto di quelle cinque buste.

Aprì sempre quella più vecchia, ingiallita ormai dal tempo e leggermente sporca di terriccio; diede una lettura accurata a quegli articoli ai quali nel pomeriggio aveva dato solo un'occhiata. Tutti i vari ritagli parlavano del medesimo incidente, le parole potevano essere diverse, lo stile di scrittura poteva differire, ma per il resto i dati di uno erano riportati su tutti gli altri nello stesso modo. Sarebbe potuto passare per uno dei tanti articoli del genere che si trovano quasi ogni giorno – purtroppo – sui giornali, ma per qualche motivo questo doveva interessare molto al mittente di tali lettere. Ripose tutto al solito posto ed iniziò a dare un'occhiata al contenuto anche delle altre buste; la seconda per data – risaliva al 2001 - conteneva un foglio a righi sul quale erano riportate brevi frasi, che sembravano sconnesse tra di loro, che anche se lette di seguito non avevano un senso logico. Non si parlava di persone, oggetti, luoghi o cose ben definite, erano semplicemente frasi – come quelle che si scrivono alle elementari – annotate su quel foglio.

Frasi del tutto banali e prive di un significato nascosto, pensò la ragazza.

Ma tra tutte quelle una era segnata in rosso:

Mamma mi ha regalato una chitarra.

E il foglio, riempito solo per metà di frasette simili, terminava così.

Prese la terza busta, con data 2011, e come le precedenti era abbastanza leggera, ma tra questa e la precedente c'erano un bel po' di anni di differenza; dato il peso non si aspettava di trovare molti fogli, ma con sua sorpresa vide che dentro c'erano quattro fogli, ma non fogli normali, erano spartiti musicali, scritti a mano con una sequenza di note e pause. Jay dedusse fosse una canzone, ma non essendo molto ferrata per le note scritte in pentagrammi, non si sforzò neanche di cercare di capire la melodia che poteva creare se fosse stata suonata; ma non c'era nessuna parola segnata, neanche un titolo. I segni delle note erano fatti approssimativamente, a matita ed il tempo aveva iniziato a farle sbiadire un po'; sui lati delle pagine c'erano degli appunti, che avrebbero potuto essere accordi o semplici segni e nomi di note, questo non lo sapeva e se c'era un codice nascosto tra quelle pagine non ne aveva né la voglia né la forza di scoprirlo, quindi, rimettendo il foglio con cura nella sua busta, prese la quarta busta.

Voleva continuare a leggere quella corrispondenza, ma più andava avanti più sentiva sentimenti contrastanti nascerle nel cervello: continuava a ripetersi che non era una cosa bella leggere lettere altrui, ma allo stesso tempo la curiosità la stava divorando. Come erano collegate tra di loro quegli articoli di giornali, le frasette da scuola elementare e quello spartito di una ipotetica canzone inedita?

Non poteva rimanere con questa domanda che le martellava nel cervello e forse la risposta l'avrebbe trovata nelle due buste rimanenti; poteva continuare a violare quella corrispondenza senza che il senso di colpa le lacerasse lo stomaco? Ormai il danno era fatto e non c'era motivo di restare con il fiato sospeso e con la curiosità che le stringeva lo stomaco.

La quarta busta riportava la solita data, 20 Maggio dell'anno 2012; la corrispondenza aveva avuto un blocco momentaneo di ben 10 anni, ma sembrava continuare senza più interruzioni; il contenuto di questa era un semplice foglio bianco, riempito su ambo i lati da una calligrafia semplice e lineare, ed il titolo spiccava all'inizio della prima pagina:

Dangerous pain (Dolore pericoloso)

Soffermarsi un attimo e pensare è l'errore più grande di tutta una vita,

trovarsi ad illudersi che un domani ci possa essere un'altra strada, un'uscita;

Ma in un mondo di illusioni, non ci sono certezze,

solo strana figure che hanno incerte fattezze.

Non credo ci sia una via di uscita e questa pioggia, questa pioggia rossa come rubini, me lo conferma; questo dolore è così imponente, così presente e l'unica cosa che posso fare per sfuggirgli è scappare senza voltarmi a guardare.

Da un dolore pericoloso,

nasce un desiderio che ti brucia il cuore.

Per questo dolore pericoloso,

ti condanni l'anima.

Pensavo di essere forte, di essere diverso ma,

non tutto così come sembra; questo cuore

è come una finestra umida:

fa scivolare via tutto ciò che ci si posa sopra, ma anche se dopo sembra mostrarti ancora le cose limpidamente,

ma se ti avvicini scopri che è rimasto opaco e trovi ancora i segni di vecchi rimpianti.

Da un dolore pericoloso,

nasce un desiderio che ti brucia il cuore.

Per questo dolore pericoloso,

ti condanni l'anima.

Il tempo è passato, la clessidra ha dichiarato;

l'ultimo granello ha toccato il fondo.

Il baratro è vicino, ma non ho paura e trattenendo il respiro mi butto nell'ignoto,

tornando nel passato.

Da un dolore pericoloso,

nasce un desiderio che mi brucia il cuore.

Le fiamme mi attendono

Per questo dolore pericoloso,

mi condanno l'anima.

Mi condanno l'anima.

Il limbo è vicino

Il cuore le batteva forte nel petto, sentiva ognuna di quelle parole rimbombarle nell'anima senza darle tregua, continuando a ripetersi, scandendosi sillaba per sillaba, lettera per lettera, fino a quando ogni parola rimase impressa nel suo cuore; non riusciva ben a definire cosa le facessero provare, ma sentiva che da quelle parole usciva un dolore che non aveva mai sentito e l'angoscia le saliva direttamente dalle dita che si trovavano a contatto con quella carta maledetta. Le sembrava di trovarsi in un incubo dal quale non riusciva ad uscire e proprio come le parole del testo si sentiva come davanti ad un baratro, pronta a saltare senza paura e senza ripensamenti; non sapeva chi lo avesse scritto, ma chiunque fosse stato aveva l'anima completamente piena di dolore e lacrime che non riusciva ad esternare. Ma quei angosciosi pensieri che quel testo riusciva a trasmetterle, le davano allo stesso tempo un senso di affetto e di amore infinito che non sapeva affatto spiegare.

Quel testo esprimeva lo stare immobili, in una condizione di perenne tragedia e di dolore dal quale non si sapeva uscire, eppure, tra le righe, leggeva un attaccamento a quel dolore che qualunque persona che non abbia mai avuto dei veri dolori non sarebbe riuscito a capire; era quella sensazione di appartenenza che si ha dopo un lutto o ad un forte dispiacere, che anche se ti fa soffrire pensarci e conviverci, ti riporta alla mente dei ricordi a te cari ai quali non sai rinunciare e per i quali ti getteresti a capofitto in una spirale senza fine di dolore perpetuo.

Non era di certo la carica emotiva che le sarebbe potuta servire quella sera o nella sua nuova vita, ma capiva chiaramente il messaggio nascosto che riportava tra le apparenti vuote ed insensibili parole del testo; quella grafia così semplice e lineare, senza neanche una sbavatura, come se le parole fossero uscite senza alcun bisogno di essere aggiustate, scritte di getto senza pensarci su; quella grafia così familiare ma così criptica che le ricordava qualcosa, ma non sapeva spiegarsi cosa. Mentre cercava di capire che cosa le portasse alla mente quella calligrafia, notò che la busta era ancora pesante, nonostante l'avesse svuotata. La rovesciò sul palmo della sua mano e ne uscì uno strana pezzo di plastica rosso con sopra un simbolo che le parve molto familiare. Prese il portafogli dalla borsa e cercando freneticamente tra le varie tasche trovò il plettro che giorni prima aveva trovato sempre nei pressi di quell'albero tronco e vide che erano identici. Non era una grande scoperta, ma poteva asserire che chiunque avesse perso quel plettro era il proprietario e quindi autore di quelle lettere. Ma la storia si faceva ancora più criptica e complicata invece di dipanarsi questa matassa continuava ad attorcigliarsi su sé stessa.

Non le rimaneva che l'ultima lettera, forse in quella era racchiusa la chiave per capire tutto il resto, e per una 'coincidenza' portava la data di quel giorno, di quel mese e di quell'anno. Era stata scritta ed 'imbucata' nell'albero cavo, quello stesso giorno. Non voleva perdere altro tempo, prima leggeva prima si sarebbe tolta questa curiosità ad avrebbe potuto rimettere quelle lettere al loro posto, come se nulla avesse sconvolto il loro solito andazzo.

«Hey, tu, che facciamo, battiamo la fiacca?» le disse Li, squadrandola dall'alto al basso con aria scocciata. «Cosa stai leggendo? La tua insulsa corrispondenza te la leggi a casa tua, non quando hai del lavoro da sbrigare, forza, muoviti! Non ho tempo da perdere! Non mi muovo di qui finché non hai finito!»disse puntandole il rossetto addosso.

La ragazza non staccò gli occhi da Jay finché mezz'ora dopo l'ultimo centimetro di colore non fu rimosso completamente.

Jay non poteva detestarla di più, le aveva impedito di leggere l'ultima parte di quelle strane lettere e la curiosità la stava per far impazzire; doveva tornarsene immediatamente a casa per poter leggere in tutta tranquillità quella lettera; andò a svuotare il secchio pieno di acqua sporca nel bagno delle ragazze, e guardandosi allo specchio vide come quelle due ore di lavoro avevano pesato sul suo aspetto: i capelli erano completamente schizzati, le occhiaie erano più che mai presenti ed aveva l'aria di chi non dorme da settimane. I lavori manuali non erano sicuramente quelli che preferiva, ma ormai il peggio era passato; non c'era nessun rumore di passi, niente di niente che potesse disturbarla, quindi non c'era momento migliore per leggere l'ultima fatidica lettera. Ma tutta la corrispondenza si trovava nella sua tracolla, che aveva lasciato sulle scale.

Maledizione.

Non le andava una bene!

Portò il secchio e tutto il resto di quello che le aveva procurato Nathaniel nella sala delegati ormai spenta; sembrava così vuota senza Nath che si dava da fare sempre in mezzo a mille scartoffie da compilare.

Andò nel sottoscala a recuperare la borsa ed avvertire Li che ormai avevano finito e potevano andarsene, ma la ragazza non si trovava in giro; le sembrava sentire della musica nell'aria, una musica così bassa e fievole che sembrava venire da un altro mondo e che poteva essere la sua immaginazione unita alla stanchezza a giocarle un brutto scherzo. Recuperò la tracolla e si mise a chiamare la sua compagna di disavventure ad alta voce.

«Hey, ma cosa gridi?»le disse altezzosamente una voce alle sue spalle.

Li, era dietro di lei, nella penombra della stanza e non l'aveva vista.

«Oh, sei qui. Io ho finito possiamo andare.»

Le uscì solo un filo di voce dall'esasperazione, e rimarcò pesantemente il fatto che lei da sola aveva finito tutto il lavoro; ma Li non si degnò più di tanto a risponderle, ma come al suo solito prese lo specchietto, suo immancabile accessorio, e si mise ad aggiustarsi quel rossetto così vistoso.

Jay sbuffò e le chiese come mai non si fosse aggiustata il trucco in tutto quel tempo che aveva avuto libero nel guardarla lavorare senza fare un bel niente.

Ma le sue lamentele furono interrotte da un rumore cupo e tetro, che sembrava provenire dal fondo dell'istituto scolastico. Sembrava il rantolare di un animale feroce unito al rumore di catene sbattute sul pavimento; le due ragazze indietreggiarono lentamente verso il corridoio principale quando all'improvviso saltò la luce. Entrambe gridarono allo stesso momento.

Jay cercava di non perdere la calma, mentre Li continuava a gridare come un ossesso.

«Smettila! E' solo andata via la luce!»le sbraitò con un tono decisamente non rassicurante.

Cercava di calmare quella ragazza accanto a lei, ma sopratutto di calmarsi da sola, ma la situazione era così surreale che le ricordava uno di quei film horror che tanto adorava vedere; ma tra i film e la realtà ci passava il mare, e quella sensazione di ansia che tanto amava trovare nei film, nella realtà la detestava e le chiudeva lo stomaco.

Dopo l'ennesima strattonata a Li, sembrava aver ristabilito una sorta di calma tornando a farla ragionare.

«Oddio, cos'è?!» gridò Li all'improvviso in modo stranamente civettuolo, scappando a gambe levate un secondo dopo e lasciando da sola Jay nell'oscurità della stanza.

Una scura figura si stava avvicinando alla ragazza, senza darle il tempo di connettere sul da farsi, senza darle il tempo di ragionare su come comportarsi.
Quella zona del liceo così isolata a poco frequentata anche di giorno...
La musica che le sembrava provenire dall'oltre tomba...
Il rumore di catene e il rantolio che avevano sentito poco prima...
La luce che era saltata all'improvviso...
Ed ora questa strana figura...
Quel liceo era infestato da in fantasma.


 


Jay Myler 
© ALL RIGHT RESERVED ©
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Giochi di Ruolo > Dolce Flirt / Vai alla pagina dell'autore: Jay_Myler