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Autore: FedericaLille    03/06/2013    12 recensioni
Catherine ha un fidanzato, una casa e un lavoro. E' ormai una donna matura e con i piedi per terra. Ma cosa succede quando un incontro inaspettato le sconvolge la vita? Crolla ogni certezza e la paura di (ri)innamorarsi prende il sopravvento.
"Eccola, la scatola ben impacchettata con scotch ultraresistente, la scatola contenente un pezzo consistente della mia esistenza. Era rimasto tutto intatto lì dentro, come se il tempo si fosse fermato. I CD, i poster, i DVD, le lettere, i biglietti, i libri, tutto ciò che possedevo con stampato sopra “One Direction”. Erano passati ben dodici anni dalla loro entrata in scena, cinque dalla loro uscita di scena.
In quei cinque anni Zayn era scomparso dai gossip, da qualsiasi rumors e pettegolezzo. Era riuscito a nascondersi bene, e incontrare una sua vecchia fan l’aveva impaurito. Non avrei rivelato di averlo incontrato, non avrei mandato in aria la sua copertura.
Intanto però lui aveva mandato in aria la mia, di copertura. Negli ultimi anni mi ero autoconvinta che quella per lui fosse stata sempre solo una innocente infatuazione passeggera. Purtroppo rivederlo mi aveva dato una certezza: seppure fosse stata solo una infatuazione, non era passeggera affatto."
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo ottavo


 

Stavo esitando di fronte una grande tela coperta. Ma in quel momento pensai che io avevo già visto alcune opere di Zayn, avevo sentito dentro qualcosa di suo, quindi non dovevo imbarazzarmi nel permettergli di fare lo stesso con me.

Lui non mi metteva fretta, stava diligentemente al mio fianco, guardandomi con immensa serenità. Ecco, quella serenità mi diede l’incoraggiamento necessario per sollevare il lenzuolo bianco e mostrargli uno dei miei dipinti preferiti. Risaliva ad un anno fa circa, era una cosa a cui avevo lavorato per settimane.
Rappresentava una mamma che allattava un bambino piccolo piccolo al seno. L’avevo colorato con tonalità scure, giocando un po’ con la luce che proveniva da una finestra all’interno del disegno. Ancora oggi lo vedevo pieno di imperfezioni, ma non riuscivo a modificarlo perché temevo di peggiorare solo la situazione.
“Wow”, fiatò Zayn.
Ruotai al testa e lo osservai mentre guardava la mia tela. Non stava fingendo di ammirarla, la stava davvero scrutando in ogni suo dettaglio, con quei suoi occhi grandi e ammalianti. Mi sentii improvvisamente nuda.
“Sei davvero brava, Catherine.”, disse, senza rimuovere lo sguardo dal disegno.
“Grazie”, bisbigliai.
“E’ così dolce”, continuò.
Sorrisi. Lui si voltò a guardarmi e ripeté, “Sei davvero brava.”
Qualcuno mi aveva rubato la voce, il respiro e il sangue che il cuore aveva smesso di pompare.
“Posso?”, mi chiese poi, avvicinandosi ad un'altra tela. Sfiorò con la mano un altro lenzuolo bianco ed io annuii, dandogli il permesso di rimuoverlo.
Quel disegno era una sorta di autoritratto. Rappresentava una ragazza di spalle, con addosso un abito lungo e pomposo, la schiena scoperta e i capelli lunghi spostati davanti una spalla. Le braccia non si vedevano, le avevo immaginate incrociate davanti al petto, come a proteggersi da qualcosa o qualcuno. L’abito era verde, la pelle della ragazza chiara, i capelli scuri e mossi.
Sperai vivamente che Zayn non mi riconoscesse dentro quell’opera. Ma mi rassegnai quando mi rivolse uno sguardo compiaciuto.
“Sei bellissima”, sussurrò.
Era inutile negare che fossi io, evitai perfino di rispondergli (non mi era ancora stata restituita la voce). Nemmeno badai al complimento che mi aveva rivolto. Ero in continua tensione, come se entro quelle mura Zayn stesse spogliandomi di ogni maschera e difesa.
Quando lo vidi avvicinarsi ad un’altra tela sussultai. No, quella non l’avrebbe scoperta.
“No!”, urlai quasi. Lui si arrestò e mi guardò, perplesso.
Mi piazzai davanti quell’opera e gli impedii di toccare il lenzuolo che la nascondeva ai suoi occhi. Lo guardai supplicante, e lui non insistette. Grazie al cielo.
Cosa c’era oltre quel lenzuolo? C’erano cinque ragazzi armati di microfono e sorrisi smaglianti.
Non volevo rivelargli ancora una volta la mia passione per gli One Direction. Era stato doloroso una volta, non volevo che si allontanasse da me di nuovo, terrorizzato.
Mi ero quasi dimenticata di quel disegno, fortunatamente me ne ero ricordata in tempo. Risaliva ai tempi in cui ero una fedele directioner, i tempi in cui i miei cinque idoli si esibivano ancora sui palchi più acclamati.
Zayn indietreggiò e ruotò gli occhi attorno la stanza. Aspettava che fossi io a mostrargli le mie opere.
Ripassai in mente i disegni che c’erano nei paraggi e sollevai un lenzuolo da una tela alla mia destra. Doveva trattarsi di un panorama notturno.
Errore: non era il disegno che avevo immaginato. Questo qui raffigurava un abbraccio lungo e caloroso. Era un abbraccio appassionante e travolgente tra due individui di sesso opposto. Avevano i volti nascosti dalle loro stesse braccia e i corpi vicini e stretti tra di loro. Era un abbraccio che non volevo rivelargli, ma ormai la frittata era fatta.
“Catherine…”, mormorò il mio nome, avvicinandosi al disegno.
Ogni volta che guardavo quel dipinto mi sentivo assalire da una grande solitudine.
Mike mi abbracciava spesso, ma non era il tipo di abbraccio di cui io avevo bisogno. Io avevo bisogno dell’abbraccio rappresentato dentro quel disegno, un abbraccio ricco di complicità e conforto, di necessità e appartenenza l’uno all’altro. Quell’abbraccio avrebbe riempito il mio cuore fino a farlo scoppiare.
Guardai a Zayn e notai i suoi occhi divenire lucidi. In quel momento mi resi conto che ciò che io leggevo dentro quell’opera era lo stesso identico sentimento che lui stava leggendo: solitudine.
E lo capii perché le sue labbra serrate, gli occhi umidi e le mani impotenti lasciate andare lungo i fianchi me lo mostravano chiaramente.
“Ti piace?” Mi stupii della mia stessa domanda. La mia voce era tornata nel momento meno opportuno e mi sentii avvampare all’istante le gote.
Zayn mi guardò e solo in quel momento mi resi conto che fossimo pericolosamente vicini.
Annuì; adesso era a lui che mancava la voce.
“Ti posso abbracciare, Zayn?” Cosa mi stava succedendo? Che cosa diamine stavo combinando?
Mi pentii amaramente della mia domanda non appena lo vidi irrigidirsi sul posto e corrugare la fronte.
“S-scusa, ho sbagliato”, mi ripresi, scuotendo la testa ad occhi chiusi.
Dovevo imparare a controllare ciò che usciva dalla mia bocca. Mi ero messa in ridicolo con un’ingenua domanda inopportuna.
Avevo tenuto gli occhi chiusi, perciò non notai niente di cosa stesse accadendo fino a quando un’inspiegabile fonte di calore non mi avvolse completamente.
Aprii gli occhi e mi ritrovai le grandi braccia di Zayn attorno al bacino e il suo mento poggiato sulla mia spalla. Sentii le sue mani premere sulla mia schiena e il suo collo sfiorare il mio, solleticandomi con la sua barbetta.
Istintivamente lo strinsi anch’io, portando le mani dietro la sua nuca e ancorandomi a lui come fosse l’unica mia fonte di salvezza in un oceano in tempesta. La tempesta c’era davvero, ma dentro di me, non all’esterno.
Non c’era un centimetro che separasse i nostri corpi, non un soffio d’aria in mezzo a noi. Eravamo inscindibilmente stretti l’uno all’altro.
Quell’abbraccio non poté che riportarmi indietro nel tempo, a quel nostro primo meraviglioso contatto. Ma quel fuggevole abbraccio passato non era niente in confronto a questo.
“Grazie”, mormorai.
“Ssshh”, soffiò al mio orecchio, provocandomi mille brividi lungo tutta la pelle.
Senza accorgermene mi ero sollevata sulle punte dei piedi, per raggiungere la sua altezza e approfittare al meglio di quella stretta.
 
Non saprei dire quanto durò, non saprei nemmeno dire come feci a scollarmi da lui. Fatto sta che ci trovavamo per terra, adesso, a gambe incrociate sul pavimento, circondati da pennelli, matite e colori.
Avevamo preso alcuni fogli bianchi dalla scrivania e avevamo deciso di dare libero sfogo alla fantasia.
“Facciamo un gioco”, aveva detto il pakistano, “Ognuno di noi disegna quello che gli passa per la testa al momento, e poi ci confrontiamo. Abbiamo… mezz’ora di tempo!”
Sembrava un bambino preso dall’eccitazione per un nuovo fantasioso gioco.
“Un’unica regola”, aveva continuato, “Dobbiamo essere sinceri al mille per mille.”
Avevo accettato la sfida, o meglio, il gioco, come l’aveva definito lui. Ma ora che mi ritrovavo davanti un foglio bianco non sapevo proprio che fare.
Avevo tracciato più volte delle linee con la matita, ma le avevo cancellate pochi secondi dopo.
La regola era essere sinceri, perciò dovevo disegnare quello che veramente mi passava per la testa.
Mi convinsi a rispettare la regola e diedi inizio al gioco. Zayn era già intento a lavorare nel suo foglio, con così tanta dedizione che quasi lo invidiavo. Chissà a cosa stava pensando… L’avrei scoperto in meno di mezz’ora.
Quando il tempo scadde il cellulare di Zayn squillò e io sobbalzai sul posto a quel suono improvviso. L’idiota aveva messo la sveglia per segnare l’orario preciso della fine del gioco. Prendeva tutto fin troppo seriamente.
Voltai il foglio sottosopra e lo stesso fece lui, per sancire che eravamo entrambi pronti al confronto.
“Il gioco non è finito”, disse d’un tratto.
“Che significa?”, domandai, perplessa.
“Non mostriamo subito i nostri disegni… Facciamoci prima delle domande a vicenda, per capire che cosa abbiamo raffigurato. E rispondiamo solo con si o no.” Quel ragazzo era strano forte. Però l’idea non era tanto male, perciò annuii e pensai subito alla prima domanda da porgli.
“Inizio io!”, esultai, non appena mi venne in mente cosa chiedere, “Hai raffigurato… un paesaggio?”
“No. E tu… hai raffigurato me?”
“No!”, esclamai, quasi infastidita. Ridacchiai appena mi accorsi che stesse scherzando.
“Un animale?”
“No. Un sentimento?”
“Diciamo di si, dai…”, risposi, poco convinta, poi proseguii con la domanda, “Un sogno?”
“No. E’ un sentimento triste?”, chiese.
“No. Tu hai disegnato un essere umano?”
“Si.”
Cadde il silenzio. Ci guardammo vicendevolmente ad occhi stretti, per studiarci meglio.
“Dunque tu hai rappresentato un sentimento felice.”, dedusse lui. Perspicacie!
“E tu hai rappresentato un essere umano.”, lo imitai.
“Di sesso maschile?”, domandai poi.
“No.”
Ed ecco ricadere il silenzio.
“Il tuo sentimento è allegria?”, tentò, ma fallì.
“Nah. Il tuo soggetto è giovane?
“Si.”
“Il tuo sentimento è…” Lo bloccai. Ne avevo abbastanza di interrogatori e risposte monosillabiche.
“Che ne dici se mostriamo i disegni?”, lo guardai amorevolmente e lui ricambiò lo sguardo.
“Al via.”, sancì.
“1…", sussurrai lentamente.
"2…", continuo lui.
"3… Via!”
Voltai il mio foglio verso di lui e Zayn fece la stessa mossa. Il timore di rivelargli cosa io avessi raffigurato fu interrotto da uno shock improvviso.
Alla vista del suo disegno impallidii e spalancai la bocca, esterrefatta.

 

 





Angolo Autrice.

Che cosa avrà mai disegnato il pakistano?? :) Beh, basta continuare a seguire la storia per scoprirlo.
Catherine è a dir poco scioccata, perciò immaginatevi le cose più assurde xD
Anyway... che ne pensate dell'abbraccio? E delle reazioni di Zayn alle opere di Cathy?
Mi sa che comincia a crearsi una certa complicità tra i due... :P
Scrivetemi le risposte a queste mie domande in una recensione, CI TENGO TANTO TANTO.


Ps: alcune di voi pensano che Mike sia un traditore lol
Non volevo anticiparvi nulla ma ormai vi dico che questa vostra idea è sbagliata.
Mike non ha un'altra (al momento).

Ringrazio di cuore tutti quelli che leggono le mie parole, si emozionano e si complimentano con me per le mie storie.
Le recensioni a questa fanfiction mi commuovono particolarmente, perchè per me questa storia è molto importante.
E voi mi rendete così felice con i vostri commenti, davvero, vi adoro!
Sapere che mi seguite sempre è proprio una grande emozione, mi fa sentire quasi... speciale.
In poche settimane che ho iniziato a pubblicare questa fanfiction, siete già in 40 a seguirla.
Forse per qualcuno saranno pochi, ma per me siete tantissimi! E ne sono stracontenta!!
Ed ora, dopo questo sproloquio, posso anche andare via :')

  
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