Il quinto giorno, la mattina, qualcuno bussò
deciso alla sua porta.
Laura si alzò. Non stava dormendo, era sveglia da un bel po’. Ma era comunque a
letto, ed erano le 8:30.
Fuori dalla porta c’era Tom. Non aveva una faccia felice. Il suo solito sorriso
era scomparso.
Laura capì, ancora prima che parlasse.
-Il tourbus è pronto. Ripartiamo stasera- disse.
Si guardarono.
Laura annuì e sorrise. aveva trascorso quattro bei giorni, aveva pensato il più
possibile a svagarsi e a dimenticare. Forse era tanto, tanto anche così.
Ma Tom era strano.
-Tu cosa farai?- le chiese.
-Io aspetterò che finiscano le due settimane. Poi…non lo so…starò via finché
finiranno i soldi.- rispose alzando le spalle.
Tom annuì a scatti.
-Ok allora..magari dopo vieni a salutare gli altri…- disse.
-Ok…-
-Ci vediamo dopo allora…-
-Si…-
-Ciao…-
-Ciao-
Laura chiuse la porta. Sentiva le prime avvisaglie di un’acerba malinconia.
Le era piaciuta quella nuova presenza nella sua vita. Seppure per poco. Seppure
assurda.
Bill, Gustav e Georg spalancarono la bocca. Probabilmente sarebbero cascati per
terra se non fossero stati già seduti sul comodo divano della suite.
-Ti sei fatto una canna?- chiese Georg scioccato.
-Dici sul serio Tom?- domandò Gustav pacatamente, come il suo solito.
-Tu dai di matto- affermò Bill bruscamente.
Tom li guardò tutti e tre.
-Ma perché?! Cosa c’è di così sbagliato?!- chiese.
-Tom…la conosci da DUE giorni. Anzi saremmo più precisi dicendo che non la
conosci affatto. Per niente! E adesso te ne esci fuori dicendo: “Oh si, perché
non portiamo Laura in tour con noi?”. Ti aspettavi davvero che ti saltassimo
intorno felici?- chiese Bill alzando il sopracciglio.
Tom ammutolì. Bill era sempre più sconcertato. Non era da suo fratello
ammutolire. Non era da suo fratello fare una richiesta del genere. Ma vederlo
così, inerme, gli fece tenerezza.
-Vieni con me dai- disse dirigendosi verso la porta della camera. Tom lo seguì
in silenzio. La sua solita camminata. Georg e Gustav non dissero nulla. Era
frequente che i fratelli parlassero a quattr’occhi. Spesso bastava quello per
risolvere i problemi.
Salirono in terrazza.
-Ci hai pensato prima di chiederci quello che hai chiesto? Ci hai pensato sul
serio?- disse Bill a Tom. Suo fratello socchiuse gli occhi per il sole.
-Non lo so…-
-Tom che cazzo significa non lo so? Non lo so non è una risposta.- Bill non era
pronto ad accettare quello che sospettava fosse successo. –Perché vuoi che venga
con noi?- chiese.
Tom lo guardò. La risposta c’era già. Era li, nei suoi occhi.
-Non lo so…Non voglio non rivederla più. Lo sai che è così. Abbiamo troppo poco
tempo…è impossibile riuscire a…e a me è sempre andato bene così…ma…- suo
fratello guardò altrove.
-Ma…?- lo spronò Bill. Era evidente che stava facendo uno sforzo immenso a
parlarne.
-Ma stavolta no. Non voglio salutarla. Non voglio darle il mio numero e
continuare a sentirci per le solite tre o quattro settimane, e poi passare ad
un’altra…stavolta è diverso…-
Si guardarono per parecchio. In silenzio. Si erano già capiti. Spesso e
volentieri le parole tra loro erano pura formalità. Bill sospirò.
-Sei sicuro? Tom non stiamo parlando di una notte. Non sai se ha una famiglia,
non sai se ha un ragazzo. Lei non sa niente di te e tu le chiederai di seguirti.
Non sembra una cattiva ragazza…non farle del male-
Silenzio.
-Lo sai che potrebbe mandarti a quel paese vero? Lo sai che al 90% ti manderà a
quel paese…?- gli disse. Non era il momento di essere delicati.
Tom annuì.
-Lo sai che convincere David e Saki sarà impossibile?-
Tom annuì.
-Mi aiuterai?- gli chiese.
Bill abbozzò un sorriso.
-Certo che si-
I fratelli attaccarono assieme Saki. Bill non
era per nulla convinto di quello che stavano facendo, ma Tom ci teneva troppo
perché lo lasciasse solo, e poi era lui quello più bravo con le parole.
Convincere Saki fu difficile e snervante. Il bodyguard prima rise, poi si fece
torvo. La parte più fastidiosa fu quando si mise ad urlare. Li trattava come due
bambini, sempre.
Tom e Bill reagirono insieme e nacque un vero e proprio alterco. Bill costrinse
Saki a chiamare David.
La reazione di David fu la stessa. Prima si mise a ridere, poi quando capì che
non era uno scherzo la sua voce si fece seria.
Chiese chi era la ragazza, se era maggiorenne, come l’avevano incontrata. Li
seppellì di domande strane, entrambi, sotto lo sguardo furente di Saki. Poi
volle parlare prima solo con Tom e dopo solo con Saki.
Discussero a lungo.
Quando Saki chiuse il telefono aveva un’aria scettica. Bill e Tom aspettavano la
risposta.
-Va bene, possiamo portarla con noi. Ma dobbiamo inventarci qualche ruolo per
lei nello staff…truccatrice, parrucchiera…mi farò venire in mente qualcosa-
Bill sorrise. Tom fece a malapena si con la testa.
Lasciarono Saki a smaltire e scesero al loro piano.
Tom sembrava aver dimenticato l’uso della parola. Quando arrivarono a metà
corridoio Bill si fermò di fronte alla porta della sua camera, dove erano
rimasti Georg e Gustav. Lui e il gemello si guardarono.
-Questa devi farla da solo Tom. Non ti posso aiutare- disse Bill.
Il fratello deglutì e annuì.
-Qualche consiglio?- gli chiese.
Bill strabuzzò gli occhi. Tom che gli chiedeva consigli sulle ragazze.
Sconcertante. Ne aveva viste di più in quei cinque giorni che in diciotto anni
della sua vita.
-ehm…non lo so…sii te stesso. Basterà credo- rispose incerto.
Tom annuì di nuovo.
Si avviò. Bill restò a guardarlo finché non arrivò alla porta di Laura. Poi
rientrò in camera.
Tom strinse le mani attorno al bordo della maglietta.
Sentì Bill chiudere la porta, pochi metri dietro di lui.
Si rese conto di essere rimasto solo.
Si rese conto di quanto potesse sembrare stupida e infantile la cosa.
Che cazzo gli stava succedendo?
Era una ragazza…una ragazza come le altre…
Bussò.
Sperò follemente che non fosse in camera. Forse poteva chiederglielo per
telefono…no…pessima idea.
L’istinto di scappare gli sorse spontaneo.
“Tom, non fare il coglione”
Si costrinse a restare fermo lì.
Sentì i passi dietro la porta.
Fece un bel respiro.
La porta si aprì. Laura spuntò sulla soglia, i capelli raccolti sulla nuca,
lunghe ciocche morbide che le cadevano sul collo. Sorrise.
Ca**o se era bella.
Tom deglutì.
“Parla! Parla idiota!”
-Posso entrare?- chiese.
-Certo!- rispose lei spostandosi. Chiuse la porta dietro di lui. Tom si schiarì
la voce. Sentiva qualcosa di indefinito alla bocca dello stomaco, ma non
riusciva a collegare i pensieri. Aveva solo vaghe frasi sparse per la testa.
Si guardarono, uno di fronte all’altra.
-Devo chiederti una cosa…- riuscì a riacquistare un minimo di autocontrollo.
Doveva calmarsi.
“o va, o no, è inutile che ti tormenti”
-Dimmi…- disse lei perplessa.
Silenzio. Tom fece un passo avanti. Erano vicini.
-Vuoi partire con noi?-
Bom. Sganciata.
Laura non rispose.
Tom si avvicinò ancora. Forse si era calmato troppo.
Aveva degli occhi stupendi. Erano viola…si, viola. Intensi. Non si scostò.
Tom si avvicinò ancora un po’.
Sentì il suo respiro flebile sul viso. Il cuore cominciò a battere. Forte.
Troppo forte perché lei non riuscisse a sentirlo in quel silenzio.
Era normale? No…non gli era mai capitato. Non poteva essere normale.
Un po’ più vicino.
Le loro labbra si sfioravano. Sentiva il suo calore, il suo profumo. Il cuore
sarebbe scoppiato, non poteva resistere ancora.
Le labbra si incontrarono. Laura aprì la bocca, lentamente. Tom capì che era il
suo primo bacio.
Fu diverso. Diverso da tutto quello che aveva provato fino ad allora.
Tom Kaulitz aveva baciato parecchie ragazze.
Ma mai così.
Mai come lei.
Tutto diventò piacevolmente destabilizzante.
Il cuore batteva ancora, fortissimo.
Sentì il suo sapore. Unico.
Sembrava non sarebbe finito mai. Invece le loro labbra si allontanarono,
cercando respiro, quasi contro la loro volontà.
Gli sguardi si incrociarono di nuovo. Laura aveva le guance colorate di rosso.
-Si- sussurrò solo quelle due lettere.