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Autore: anna_27    05/06/2013    1 recensioni
La situazione per i Varden è disperata. L'esercito di Galbatorix è sempre più forte ed Eragon e Saphira possono fare ben poco per assicurare la vittoria ai Ribelli e sconfiggere il Re. Sembra che tutto si concluda nel peggiore dei modi finchè Islazandi non parla dei mezzelfi?
Ma chi sono i Mezzelfi? Qual è la loro storia? E soprattutto..aiuteranno i Varden a sconfiggere Galbatorix?
Non mi è piaciuto molto come Paolini ha concluso il Ciclo dell'Eredità quindi...ho deciso di riscrivere un nuovo finale che parte dalla fine di Brisingr inserendo nuovi personaggi. Siate clementi..è la mia prima fan fiction che pubblico. Spero vi piaccia e intanto...buona lettura! =)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buogiornooooo :) scusate l’assenza lunghissima, ma veramente ho avuto dei mesi molto pieni e purtroppo non ho potuto dedicare il tempo che volevo al proseguimento della fan fiction, ma non vi ho dimenticati ed eccomi qui…pronta con un altro capitolo ;) Spero lo apprezziate. Buona lettura!
 

 
LA DECISIONE
 
Scalpitio di zoccoli, urla, clangore di spade, sangue. Laesya si svegliò di soprassalto urlando. A poco a poco mise a fuoco gli oggetti attorno a lei e capì di essere nella sua stanza. Era solo un incubo. Espirò profondamente cercando di calmarsi.
Ricordò di essersi addormentata dopo poco che Liv se ne era andata. Improvvisamente i ricordi di quel pomeriggio riaffiorarono nel suo conscio facendola precipitare nello stesso stato d’angoscia che aveva provato appena uscita dalla Sala delle Udienze.
Si precipitò fuori nella terrazza sentendo mancarle il respiro.
L’aria tiepida della sera le accarezzò dolcemente i capelli facendola rabbrividire per un momento. Si strinse le braccia intorno al corpo e si appoggiò con la schiene contro il muro cercando di tranquillizzarsi e di pensare lucidamente.
Suo fratello aveva già sicuramente convocato il Consiglio che in quel momento stava discutendo la decisione da prendere. Era sicura che non avrebbero mai accettato di unirsi ai Varden e con questa consapevolezza avvertì i battiti del cuore stabilizzarsi, così come il suo respiro. Eppure, nonostante ciò, non riusciva a trovare un po’ di serenità.
Decise di scendere in giardino e arrampicarsi sopra il grande salice che costeggiava il laghetto. Lì avrebbe sicuramente trovato la pace che cercava.
Camminò furtivamente per i corridoi silenziosi del palazzo con la sola compagnia della sua ombra. Arrivata in giardino si tolse le scarpette di velluto che indossava e proseguì scalza sorridendo al tocco dell’erba sotto i suoi piedi. Si arrampicò sul tronco nodoso del salice e rimase lì, i piedi a penzoloni, a respirare l’odore dolce del gelsomino che stava fiorendo. Più in là scorgeva le acque tranquille del lago accarezzate dalla leggere brezza della sera. Amava Endesya, la sua terra, la sua casa. Nessuno, nemmeno il re pazzo che seminava il terrore in Alagaesia, avrebbe potuto togliergliela. Era sua e lo sarebbe stata per sempre.
Si voltò verso l’ala est del palazzo. La grande finestra era illuminata. Era lì che si stava svolgendo il Consiglio che stava discutendo se prendere parte alla guerra o meno.
Laesya si trovò a pregare. Non era una credente fervente, ma in quell’occasione la preghiera sgorgò spontanea dal suo cuore.
Vi prego, o dei! Affido Estel nelle vostre mani perché prenda la decisione più giusta!”. Era convinta che anche loro ritenessero che un intervento sarebbe stata una decisione stupida e priva di senso.  
Rifletteva ancora su questo quando strani rumori improvvisi misero i suoi sensi all’erta. Qualcuno si era seduto appoggiandosi il salice, a pochi metri sotto di lei.
Si spostò leggermente per vedere chi fosse. Le mancò di colpo il fiato vedendo che era il Cavaliere. Si ritrasse immediatamente cercando di non farsi notare, ma nel farlo mosse alcune fronde del salice.
“C’è qualcuno?” lo sentì chiedere. Si era alzato in piedi e spostava lo sguardo cercando la causa di quei fruscii.
“Siediti!”gli ordinò Laesya mentalmente cercando allo stesso tempo una soluzione per sgattaiolare via senza essere vista.
La sua richiesta venne realizzata. Il Cavaliere si rimise a sedere e appoggiò la testa sul tronco del salice, chiudendo gli occhi. Laesya approfittò di quel momento per scendere silenziosamente. Nel farlo però mise un piede in fallo e cadde di schiena al suolo, ferendosi una mano che aveva appoggiato al tronco per bloccare la caduta. Il Cavaliere si era alzato e Laesya lo sentì percorrere i pochi metri che li separavano intorno al salice.
Lo vide sgranare gli occhi, riconoscendola.
“Ti sei fatta male?” le chiese gentilmente. Laesya non rispose, rossa in viso per la vergogna e il timore nei suoi confronti. Negò con il capo e cercò di alzarsi. Il piede le doleva e la mano le bruciava. “Aspetta!” mormorò il Cavaliere. Sentì le sue braccia circondarla e rialzarla, facendola appoggiare con la schiena al tronco del salice. Laesya tremava. Aveva paura.
“Posso?” le domandò, indicando la mano ferita. Senza reagire lasciò che la prendesse tra le sue mani. Il Cavaliere pronunciò alcune parole incomprensibili e sotto una luce azzurrognola, Laesya vide la ferita rimarginarsi. Finito, tolse la mano bruscamente e cercò di ricomporsi. Poi lo allontanò da sé, con una spinta leggera, dirigendosi verso palazzo, prima camminando velocemente, poi addirittura correndo. Quando fu dentro si voltò a guardarlo, ancora tremante. Lo vide ancora lì, a fissare il punto in cui era sparita, per poi andarsene e sparire dalla sua vista. Si guardò la mano e accarezzò con i polpastrelli il punto in cui c’era la ferita. Le salirono le lacrime agli occhi. Senza alcun motivo.
“Principessa Laesya!”. Una voce sconosciuta la fece sobbalzare, spaventandola. Voltandosi vide che era un giovinetto che la veniva a cercare per conferire con Estel. Il re dei mezzelfi aveva deciso le sorti del suo popolo.
Entrò nella Sala del Consiglio che il sole iniziava già ad apparire all’orizzonte. Si stupì nel trovarvi solo il fratello che sedeva stancamente sul trono di velluto a capo del grande tavolo di mogano.
“Quindi?” chiese senza troppi preamboli. “Quale decisone hai preso?”. Non si rivolse a lui con l’etichetta che le era imposta quand’era in presenza della corte. Era pur sempre suo fratello.
Estel alzò lo sguardo sulla sorella. Era cresciuta ormai e diventata una giovane mezzelfa bella e saggia. Il mese prossimo avrebbe festeggiato il suo diciottesimo compleanno e sarebbe stata riconosciuta e trattata come un’adulta, ottenendo appieno i diritti e i doveri del suo sesso e diventando ufficialmente parte attiva della politica di Endesya come membro onorario del Consiglio e sua ambasciatrice presso le città mezzelfiche.
“Siediti!” le ordinò dolcemente, indicandole la poltrona accanto alla sua. Laesya obbedì continuando a fissarlo con uno sguardo ansioso.
Estel prese le mani della sorella fra le sue.
“Abbiamo deciso di scendere in guerra a fianco dei Varden!” le annunciò, trattenendola quando per la notizia stava per scattare in piedi.
“Cosa?” chiese Laesya, sconvolta.
“E’ la scelta migliore” spiegò pacato. “Abbiamo già sofferto a causa di Galbatorix e non è giusto che il nostro popolo soffra ancora. Dobbiamo fermarlo se abbiamo la possibilità!” le spiegò.
“Estel, sai bene che i mezzelfi soffriranno ugualmente per questa decisione. Soffriranno le famiglie di chi partirà e soffriranno coloro che manderai laggiù. Sei a conoscenza del fatto che gli elfi ci odiano e gli umani ci temono. Come puoi sperare che possa funzionare?”. Si era alzata in piedi e girava in tondo lanciandogli occhiate di fuoco.
“Ti sei fatto abbindolare dalle parole dei loro ambasciatori. Perfino nella loro scelta ci hanno presi in giro! Bel coraggio a mandare un Cavaliere e un’elfa!” aggiunse.
“Io credo invece che sia stata una scelta coraggiosa da parte loro. Ci hanno dimostrato come entrambe le razze ci vogliano al loro fianco!” replicò lui. Com’era ingenuo a volte.
Laesya gli si avvicinò. “Loro non sono niente in confronto alla moltitudine che troveremo là. E non ci difenderanno se verremmo attaccati o derisi. Lo sai quanto me!” sibilò.
“Ho parlato in privato con loro, Laesya. Il Cavaliere è una persona ragionevole e responsabile. Mi ha giurato che farà in modo che questo non accada. Così come l’elfa!” le spiegò.  “La loro situazione è molto grave!” aggiunse Estel con calma.
“Da quando siamo così caritatevoli?” lo provocò.
“Da quando è arrivata alle nostre porte una minaccia!” rispose lui, impassibile. “Galbatorix ci ha già attaccati una volta e non esiterà a farlo di nuovo”.
 Laesya riprese il suo posto sulla sedia. “Se è una rivolta che vuoi, bene! Andiamo in guerra” esclamò.
“Sarà una guerra per vendicare quello che ci ha fatto!”
“Sarà una guerra per cancellare la nostra razza da questa terra, ecco cosa sarà!” gridò Laesya, alzandosi di nuovo di scatto. “Stiamo così bene qui, Estel. Perché andare a rovinare questo equilibrio? Noi non c’entriamo nulla con tutto questo” aggiunse, inginocchiandosi ai suoi piedi.
Estel la guardò amorevolmente e le accarezzò il volto.
“Laesya, questa guerra colpirà anche noi prima o poi. Non siamo salvi solo perché viviamo oltre i Beor. Se il re tornerà nessuno riuscirà a fermarlo e questa volta non ci saranno sopravissuti”.
Scese il silenzio. Laesya si sentiva distrutta. Come aveva potuto compiere una scelta simile? Le salirono le lacrime agli occhi.
“Estel, abbiamo appena perso nostra madre, tu sei re da nemmeno un anno e non puoi abbandonarci. Noi mezzelfi abbiamo bisogno del nostro re. Io ho bisogno di te. C’è Liv, lo so, ma tu sei mio fratello. Noi siamo una famiglia. Potrei impazzire se ti succedesse qualcosa”. Si aspettò che il Estel cambiasse idea, che la confortasse dicendole che mai l’avrebbe lasciata sola, ma il mezzelfo non fece niente di tutto ciò. Si limitò solo a guardarla, mordendosi il labbro inferiore. Un suo vizio fin da piccolo quando le situazioni si facevano pesanti.
Laesya lo guardò aspettando una sua reazione,  ma quello che ottenne fu solo uno sguardo abbassato.
“Cosa c’è?” gli chiese preoccupata.
 “Io non andrò in guerra, Laesya. Andrai tu!” rivelò tutto d’un fiato.
Quelle parole le provocarono una morsa allo stomaco e dovette trattenere un singhiozzo. Il cuore riprese a batterle forte e vide la stanza ruotarle intorno.
“Io? No, non puoi!” riuscì a dire, debolmente. “Sono tua sorella!” aggiunse, con la voce rotta dal pianto. “Non puoi mandarmi in guerra. Io…io non sono adatta, io…”
“Laesya, andrei io se solo potessi, pur di non vederti partire”. Le appoggiò una mano sulla spalla. “Se ti chiedo di andare è perché so che ce la farai. Il popolo ti ama, Laesya. Si fidano di te!”.
“Come potranno fidarsi di una principessa che li porterà alla morte?” chiese amara.
“Lo faranno se sarà per difendere le loro famiglie e la loro terra!”.
“Come puoi chiedermi una cosa del genere? Io non so niente di guerra, non so niente di politica,  io non posso farlo!” gridò, singhiozzando.
“Laesya, tu devi ancora capire quanto vali. Quando vedo te rivedo nostra madre. Le assomigli molto. Nemmeno lei era nata per fare la regina, nemmeno lei si sentiva adatta, eppure dopo la morte di nostro padre ha regnato per anni con giustizia e saggezza. Io so che ce la farai! Credi che io sia felice di vederti partire? Non sai quanto ho riflettuto, ma non c’è altra scelta. Io servo qui e tu sei l’unica persona di cui mi fido” concluse, accarezzandole una guancia rigata di lacrime.
Laesya non aveva scelta. Come re, suo fratello le aveva dato un ordine e lei non poteva fare altro che ubbidirgli.
Si alzò, ancora sconvolta. La testa le girava in maniera insopportabile.
“Ci hai condannati tutti a morte!” mormorò, tremante.
Prima di uscire si voltò verso il fratello. Estel l’osservava, gli occhi gonfi di lacrime, pallido come non l’aveva mai visto.
“Ti voglio bene!” le disse. Laesya, per risposta, non fece altro che uscire dalla stanza, con un nodo alla gola che le impediva di respirare.
Quando la porta si chiuse alle sue spalle, si portò le mani al viso e iniziò a piangere. Un pianto disperato come chi aveva perso tutto all’improvviso.
Come poteva pensare Estel che lei era adatta per guidare un esercito? Era solo in grado di fare discorsi e tirare con l’arco. Non poteva certo difendersi con le parole e quattro frecce!
Non aveva mai preso in mano una spada in vita sua. E, oltretutto, non aveva mai capito nulla di tecniche di guerra.
Pensare poi a quanti mezzelfi sarebbero morti per quell’impresa folle, a quante madri non avrebbero visto tornare i loro figli e a quanti bambini non avrebbero mai visto tornare i loro padri, la faceva soffrire in modo smisurato.
Lei non era adatta per un compito simile. Non era pronta a lasciare Estel, Liv ed Endesya, per andare in una terra ostile a combattere una guerra che non era loro.
Aveva paura, una terrore tale da impedirle di pensare lucidamente e di controllare sé stessa. Credeva di essere alla soglia della pazzia quando, inconsciamente, si alzò al freddo pavimento di marmo e, uscita da palazzo, iniziò a correre verso le colline della città.
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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