Anime & Manga > Pretty Cure
Segui la storia  |       
Autore: drawandwrite    05/06/2013    3 recensioni
Ryan Gray è un normalissimo studente Americano, da poco trasferito in Giappone per studi specifici.
La sua vita viene da subito turbata da un incontro particolare, che lo spaventerà e ecciterà al contempo.
Nel frattempo le vite Di Nozomi, Komachi, Karen, Urara, Rin, e Kurumi trascorrono tranquille.
E così sarà finché la loro strada non si incrocerà con quella di Ryan Gray.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Komachi scoppiò a ridere, portandosi il dorso della mano davanti alla bocca e tenendosi la pancia in un tentativo di alleviare il dolore addominale.
-Dico sul serio - continuò Ryan, cercando il fiato per continuare il discorso senza essere interrotto da sprazzi di ilarità confusi e, a dirla tutta, anche leggermente deliranti.
La ragazza scosse il capo in segno di incredulità, mentre tentava invano di contenere tra le labbra fini e rosee una fragorosa risata.
-No, mi stai mentendo- riuscì a dire tra un sorriso e l’altro –L’hai davvero sfidata a basket?-
Quel ragazzo doveva essere masochista. E uno dei migliori, un professionista.
Insomma, andiamo, quale altro ragazzo sull’intera faccia della terra avrebbe trovato il coraggio di sfidare Rin? Nello sport, per di più! Follia allo stato puro. L’impresa sarebbe stata l’equivalente al presentarsi al cospetto dei nemici armati di cestino da picnic e proporre loro la resa.
In ogni caso Komachi aveva avuto modo di comprendere quanto fosse delizioso Ryan: a primo impatto era timido ed introverso, proprio come lei, ma bastava porgergli un pizzico di confidenza perché si aprisse e mostrasse il lato più gioviale e gentile di sé.
Gli piaceva come persona. Era sensibile, forse leggermente incompreso, e amava rifugiarsi nella propria mente al momento del bisogno. Inoltre aveva piacevolmente scoperto che amava la lettura e il disegno.
Si assomigliavano molto, e gli elementi che li accomunavano permettevano loro di dare il via ad una conversazione tranquilla, senza tensioni o soggezioni di prevalenza da parte di una personalità più forte caratterialmente.
Il viso di Ryan fu provato nuovamente da una risata prepotente, ma riuscì a sopprimerla e ad annuire in risposta, stringendosi nelle spalle, mentre riponeva un libro sullo scaffale più alto.
Komachi sgranò gli occhi, mentre le labbra venivano dipinte in un sorriso gradualmente più divertito –e sei ancora tutto intero?-
Il ragazzo rise –a dire la verità alla fine della partita non ero in grado di reggermi in piedi. Poi, però sono stato costretto a … - Ryan si bloccò di colpo, mordendosi la lingua e rabbuiandosi improvvisamente, fino a sgretolare anche l’ultima briciola di gioia e buon umore nascosta fra le pieghe del suo volto. Si schiarì la gola e lasciò cadere il discorso, ancora troppo provato e scosso dall’esperienza vicina per poterne parlare con leggerezza.
Komachi  intuì al volo la situazione; dapprima non riuscì ad evitare di lasciarsi andare ad un espressione dubbiosa ed interrogativa, poi, però, indossò frettolosamente il migliore dei suoi sorrise e finse di non aver notato l’improvviso cambio d’umore del ragazzo, nonostante questo fosse stato decisamente palese.
-Ti ha battuto?- disse infatti, sforzandosi di mantenere il tono di voce spensierato e scherzoso.
Ryan gli lanciò uno sguardo alzando un sopracciglio –già- disse solo, accennando ad un lieve sorriso amaro.
-Naturale- lo stuzzicò lei, sorridendogli e indirizzandogli una lieve strizzata d’occhio in risposta alla sua espressione piccata.
Il ragazzo schiuse le labbra per risponderle a tono, probabilmente con un’ulteriore provocazione ironica, ma tre forti rintocchi produssero un’eco cupo che strisciò fino a loro, spezzando di netto la conversazione.
Komachi si rizzò dallo scatolone su cui era china per recuperare più agevolmente libri e volumi pesanti, scoccò un’occhiata perplessa all’ingresso serrato e rimase in ascolto.
Un altro boato fece trasalire i due ragazzi, i quali, loro malgrado, impallidirono di netto e si lasciarono prendere intimamente dal panico.
Il suono prese a ripetersi con un ritmo regolare e ritmato; non pareva un bussare insistente alla porta, ma Komachi  aveva un forte bisogno di considerare quella come unica soluzione prevalente ai pensieri pessimisti.
-E’ strano- mormorò –eppure ho lasciato un cartello che informava della provvisoria chiusura della biblioteca-
Ryan gli lanciò uno sguardo traboccante di un’ansia malcelata, mentre il respiro rimaneva vincolato nel petto immobile, una linea immutata che non osava il minimo movimento.
-Forse qualcuno non lo ha letto- tentò il ragazzo con un flebile sussurro, ma se la convinzione nella sua voce vacillava alle prime parole, gradualmente, scemò fino a svanire in un tremito incontrollato.
Komachi storse la bocca, dubbiosa sul da farsi.
Batté più volte le mani per liberarsi i polpastrelli dai granelli di polvere più insidiosi, quindi si lisciò le balze della gonna e si sistemò il colletto –Può darsi che sia Rin-
A quelle parole Ryan riprese a respirare e parve rilassarsi un poco.
-Vado a controllare- disse Komachi con un sorriso rassicurante il quale, tuttavia, tremava sulle sue labbra e vacillava come una foglia al vento.
Ryan annuì mesto, ma alla ragazza non sfuggì la nota di terrore che balenò nei suoi occhi tersi. Era spaventato. Ancora scosso. Comprensibile, in fondo.
L’ennesimo boato scosse la biblioteca.
Komachi iniziava ad avvertire i primi seri dubbi rimescolarsi tra le viscere: quel fragore non aveva nulla a che fare con battito frenetico ed insistente di un pugno sull’ingresso.
No, qualcosa non quadrava.
La ragazza fece qualche passo in avanti, lisciandosi ossessivamente il maglione con fare nervoso.
Ad un tratto si arrestò sul posto, il cuore in gola e una vena pulsante sulla tempia. Si voltò e incrociò il terrore puro di Ryan, il quale indietreggiò istintivamente, un riflesso incondizionato che aveva marcato a fondo nella sua personalità.
Un boato più potente dei precedenti fu la causa dell’improvviso crollo di polvere dal soffitto dell’edificio. Le giunture della porta d’ingresso gemettero con uno stridio agghiacciante. Il respiro saltò il gola a Komachi, otturandole i pensieri  e raschiando lo strato di lucidità dalla sua mente.
-Ryan- fece, ostentando voce ferma che, nonostante i suoi sforzi, risultò in ogni caso esitante.
Un altro boato.
Il legno della porta crepitò.
Il soffitto lasciò cadere nuovamente della polvere.
Un libro cadde dallo scaffale più alto.
-Sotto la scrivania!- ordinò a piena voce, correndo nella sua direzione, afferrandolo per un polso e inducendolo a strapparsi dallo stordimento freddo che lo pressava in una morsa tagliente.
Entrambi si nascosero sotto la scrivania, il respiro affannoso, il cuore a mille e gli occhi guizzanti al minimo movimento incerto.
Con un orribile gemito, la porta cedette.
 
Una folata di vento prorompente sollevò una nube di polvere e danzò fra le ciocche dorate di Urara, la quale fu costretta a stringere le palpebre e a portarsi una mano alla bocca, in modo da filtrare l’aria ed evitare che gola e occhi le si irritassero.
Al suo fianco Rin grugnì, seccata, ed imprecò a mezza voce.
L’udito fu colmato dal rombo assordante del vento, che si insidiava con irruenza in ogni minuscolo foro degli abiti, carezzandole la pelle con un tocco gelido innescante una sgradevole serie di brividi pungenti.
Quindi, così come le aveva travolte, la ventata scemò, arrestando il gioco di danza ingaggiato con le chiome e le felpe delle ragazze.
Urara aprì gli occhi, e abbassò le braccia, precedentemente conserte in protezione al viso, ritrovandosi di fronte alla maestosità fiera di Syrup versione volatile.
-Rin, Urara!- una voce acuta e graffiante attirò la loro attenzione.
Kurumi, in groppa a Syrup, il viso severo e il portamento altero, fece loro cenno di salire in groppa, mentre i boccoli sinuosi ondeggiavano nel cielo senza ordine.
La bionda si scambiò uno sguardo allarmato con Rin, quindi obbedì senza opporsi, porgendo la mano all’amica per rialzarsi.
 
 
Karen sbuffò, passandosi una mano sul viso e tentando di riordinare i lunghi capelli che le piovevano ostinatamente sul viso. Un’altra noiosissima riunione per i club sportivi della scuola l’aveva tenuta inchiodata a quella poltrona per l’intero pomeriggio. Fortunatamente l’aveva spuntata con una soluzione provvisoria ed era riuscita a forzare i membri dell’assemblea, persuadendoli a liquidarla. Stava morendo di fame: non le avevano concesso una pausa nemmeno per la mensa scolastica, inoltre  lei non aveva nessuna pietanza a disposizione.
E ora il suo stomaco si ribellava a gran voce.
Be’, poco male: la situazione si sarebbe risolta con un panino ben imbottito, al diavolo le buone maniere, quando si ha fame, si ha fame!
Avrebbe chiesto cortesemente a Kurumi di permetterle di dare una breve sbirciatina alle dispense che Natsu e Kokoda proteggevano gelosamente.
Con il pensiero fisso di qualcosa, qualsiasi cosa, da mettere sotto i denti, Karen si avviò a grandi passi in direzione della Natts house, camminando rasente ai vari bar e ristoranti e sforzandosi di mantenere un contegno accettabile, nonostante il suo stomaco si ribellasse con fitte poco cortesi.
Il profumo delle pietanze, dal dolce al piccante, dal salato all’amaro, la prese a schiaffi in viso e si infilò senza complimenti tra le sue narici, solleticandole la gola, avvolgendola con braccia impalpabili e al contempo irremovibili.
Alla fine cedette alla tentazione e decise di entrare in una paninoteca nei paraggi, dandola vinta al proprio stomaco divorato dalla fame.
Spinse la porta d’ingresso, la campanella si diede da fare per avvisare il cuoco dell’imminente richiesta di un cliente. Il profumo la travolse all’istante, ma un sottofondo amaro e aggressivo le iniettò irritazione nella gola e costrinse i suoi occhi a rifugiarsi dietro uno spesso velo di lacrime.
Ciononostante voltò l’angolo.
Si ritrovò a fronteggiare l’ennesimo muro di fumo nero, gonfio come una nube in tempesta, inquieto e vorticante.
Tossendo vigorosamente, Karen agitò una mano per liberarsi del fumo che le stuzzicava le vie respiratorie e, quando riuscì ad aprire un breccia fra quel vortice corvino, lo spettacolo che le si presentò innanzi le fece gelare il sangue nelle vene.
Lingue di fuoco si levavano dal bancone, su cui giacevano svenuti ed esamini cinque clienti, in pose scomposte, chi seduto sullo sgabello, chi accasciato a terra.
Un prepotente puzzo di bruciato strinse il costato di Karen, mozzandole il respiro e piegandola in due.
Rapidamente, strappò un lembo della sua camicia celeste che usò per filtrare l’aria e ripararsi dal fumo, quindi scostò il cuoco, svenuto anch’egli sul tagliere a pochi centimetri dai fornelli impazziti.
Dal momento che poteva vantare una certa dimestichezza con l’acqua in generale, ci pensò Cure Aqua a risolvere l situazione, immergendo il tutto sotto la fresca soluzione dell’ Aqua Stream.
Fatto ciò, spalancò le finestre, spense i fornelli per evitare eventuali emissioni di gas pericoloso, ricompose i clienti in pose accettabili dal punto di vista della sopportazione fisica e uscì in fretta.
A corse, percorse l’intera via che la separava dalla Natts House, gli abiti sfavillanti della divisa da Pretty Cure a cingerle il corpo nervoso, armeggiando freneticamente con il cellulare, tentando inutilmente di mettersi in contatto con Komachi al fine di informarsi su Nozomi e Ryan.
La città era silente, immobile, ibernata, pietrificata sotto l’effetto nemico che gravava su di loro.
Chiamò sul cellulare di Komachi.
La chiamata le fu rifiutata.
La richiamò.
Komachi non rispose più.
 
Ryan si costrinse a placare il respiro affannoso, ad ammansire il battito del cuore impazzito e a tentare di riafferrare la lucidità di cui necessitava.
Al suo fianco, Komachi si sforzava di mantenere un portamento sicuro e rassicurante, ostentando risolutezza e ferma  prudenza. Nonostante ciò la sua paura si palesava nei brividi che le scuotevano il corpo, impietosi e diretti.
Il ragazzo prese un gran respiro e tese l’udito, tentando di ampliarlo ad ogni mino spazio presente nella stanza, ad ogni angolo, fessura o foro. La percezione dei suoni divenne malleabile, dilagò nella biblioteca e colmò ogni solco.
Un glaciale silenzio rese immobile il tutto.
Poi un colpo secco. Un tonfo, legno che crepita, giunture che cigolano, respiri affannosi, gemiti gutturali, e passi, passi rapidi e inumani.
Ryan ingoiò il suo stesso respiro, percependo chiaramente una lama di terrore freddo che lo assaliva dalle viscere del proprio corpo, abbracciato da un caldo disgusto che contrastava con forza, gettandolo nell’oblio della nausea.
Cercò le dita di Komachi e le strinse con forza, quasi a volersi aggrappare a lei, unico punto di riferimento, unica luce, in quel contesto ostile.  
Udì un incedere pesante ed insicuro, zoppicante, forse, ma una cosa era certa: chiunque fosse non camminava su due gambe.
Un sibilo acuto si fece spazio tra il respiro affannoso e minaccioso di una bestia, risuonando terribile e glaciale fra le assi di legno della scrivania.
Ryan percepì una doccia di sudore accarezzarli i dorsali, una sgradevole sensazione sperduta radicarsi fra le costole e le tempie inumidite dallo sgomento feroce.
Di nuovo, passi gravi, respiro aspro.
Un vigoroso colpo all’asse di legno della scrivania su cui poggiavano le schiene i due,  l’energia della violenza si trasmise fino a loro i quali, per inerzia, si ritrovarono a venir sbaragliati in avanti.
Nessuno dei due si lasciò sfuggire l’ombra sbiadita di un gemito.
Nessuno dei due osò muovere muscolo.
Nessuno dei due respirò.
Ancora silenzio. Crudele, straziante.
Ryan percepì le prime lacrime pungergli gli angoli degli occhi.
Era tutto sbagliato.
Lui non doveva essere li ora.
Lui doveva studiare, guadagnare il massimo dei voti, laurearsi.
Lentamente, senza emettere il minimo fruscio, si portò una mano al volto, artigliandosi le tempie con le dita, asciugandosi una perla di sudore  che correva lungo la linea delle gote.
Fu allora che vennero condannati.
Un suono debole, roco, appena percettibile, ma assordante nella  silenziosità della biblioteca. Una tenue vibrazione rauca.
Komachi si irrigidì di netto, come una colonna di granito, e sbiancò al pari di un lenzuolo, quindi fece per cercare affannosamente il proprio cellulare, tuffandosi nelle tasche del suo gilet e quando riuscì ad afferrarlo con mani tremanti e respiro rotto, rifiutò la chiamata senza indugio.
Con i polmoni gonfi in petto e un’ondata di panico ad assalirgli la gola, Ryan lanciò una breve occhiata al legno della scrivania, leggermente incrinato sotto la potenza del colpo precedente, ma ancora solido e provvisto delle caratteristiche necessarie per celarli da sguardi indiscreti.
Tese nuovamente l’udito, così come tese ogni muscolo del proprio corpo al pari della corda di un arco.
Ringhi in lontananza.
Si rilassò gradualmente, cominciando a scorgere una più piccola luce di speranza tra le tenebre della paura. Una paura che si prendeva gioco di lui, si beffava di lui, lo scherniva, lo avvolgeva, lo afferrava e lo lasciava, lo confondeva, gli ovattava i sensi, gli spegneva la ragione.
Era stordito.
Fece appena in tempo a riprendere il respiro fra i denti, quando una seconda chiamata scosse le dita di Komachi, la quale, presa dal panico, si sforzò di pigiare il tasto giusto nonostante il tremore incontrastato delle sue dita, divenute ormai incontrollate.
Troppo tardi.
Un ruggito raggelante accompagnò artigli freddi che perforarono con facilità il legno della scrivania, sfiorando la spalla di Ryan di qualche millimetro.
Komachi  lo afferrò per un braccio, fece per alzarsi, ma un fendente brutale dall’alto verso il basso mandò in frantumi il legno, inglobando i due n una nube di schegge di legno perforanti.
Ryan urlò.
 
Nozomi sgranò gli occhi, sorpresa -Oh, quindi è qui che devo sostituire la x con il valore … -
La porta della Natts House fu spalancata brutalmente, attirando tutta l’attenzione sbigottita di Kokoda, Natsu e Nozomi, intenti nello studio.
L’esile sagoma di Cure Aqua si stagliò fiera sull’uscio, piegata dalla fatica, catturata dai raggi cremisi del sole in tramonto che lasciava scivolare le sue braccia sul cielo con un’ultima carezza tiepida.
Ci volle un attimo perché Nozomi comprendesse che quella che aveva davanti non era Karen ma la relativa Cura Aqua e che, di conseguenza, qualcosa non andava per il verso giusto.
-Aqua- dedusse Kokoda, incrociando le braccia al petto con fare confuso –che succede?- chiese, con un tono allarmato che faceva da sfondo ai suoi timori.
Lei lanciò loro uno sguardo gelido –Là fuori dormono tutti!- ringhiò, preda dell’angoscia –dov’è Ryan?-
Nozomi si alzò di scatto, facendo rovesciare la sedia –Con Rin- rispose a fiato corto per l’apprensione –Alla palestra  della scuola-
-Andiamo- ordinò Aqua.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pretty Cure / Vai alla pagina dell'autore: drawandwrite