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Autore: Nori Namow    06/06/2013    1 recensioni
Te lo ricordi, quando quel giorno al parco rifiutasti di incidere le nostre iniziali su un albero per paura che quest'ultimo soffrisse? Io avevo riso, e poi con un rametto avevamo inciso le nostre iniziali sul cemento fresco. Ci torno spesso in quel parco, ad osservare quella “S + F” incisa nel cemento, indelebile. Avrei desiderato che il nostro amore durasse di più
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Incisa nel cemento




“Sally, ogni giorno è un po’ più strano, senza te. Ogni giorno mi sveglio e realizzo che non ho più diciotto anni, ma ventisette. Ogni giorno realizzo che mi piacerebbe ritornare un adolescente perdutamente innamorato di te, e non quello che sono adesso. Lavoro tanto, ed è il lavoro che ho sempre desiderato fare. Ma sapere che, tornando a casa, tu non ci sarai ad aspettarmi, rende tutto un profondo pozzo nero. Avevo bisogno di te, Sally, ero convinto che il nostro amore fosse più forte di tutto. Te lo ricordi, quando quel giorno al parco rifiutasti di incidere le nostre iniziali su un albero per paura che quest’ultimo soffrisse? Io avevo riso, e poi con un rametto avevamo inciso le nostre iniziali sul cemento fresco. Ci torno spesso in quel parco, ad osservare quella “S + F” incisa nel cemento, indelebile. Avrei desiderato che il nostro amore durasse di più.”
 

“Frank, ogni giorno è un po’ più strano, senza te. Ogni giorno mi sveglio (quasi sempre incazzata), e realizzo che non ho più diciotto anni, ma ventisette. Ogni giorno realizzo che mi piacerebbe tornare ad essere l’adolescente perdutamente innamorata di te, non quello che sono adesso. Lavoro tanto, ed è il lavoro che, ringraziando Dio, ho sempre desiderato fare.  (Almeno non sarò una donna frustrata, no?) Ma sapere che, tornando a casa, tu non ci sarai ad aspettarmi, rende tutto un profondo mare oscuro senza ritorno. Avevo bisogno di te, Frank. Qualche volta mi reco nel parco, quello dove un giorno incidemmo le nostre iniziali sul cemento fresco, perché mi dispiaceva per gli alberi. Avrei desiderato che il nostro amore durasse di più di quella “S+F” incisa in modo indelebile.”
 



“Hey Sally, c’è la Signora Saltzman al telefono!” mi bisbiglia Laura alzando gli occhi al cielo, mentre tiene premuta una mano sulla cornetta del telefono. Scuoto piano la testa, sorridendo, e prendo il telefono dalle sue mani curatissime.
“Salve Signora Saltzman!” la saluto cordiale, mentre ricevo in risposta un colpo di tosse. Quella donna! Ha settantotto anni e si ostina a fumare come una turca.
“Oh Sally cara, volevo chiederti una cosa. Pizzico oggi non vuole mangiare, lo vedo un po’ sciupato. Dici che sta morendo?”
Pizzico è il gatto della Signora Saltzman, ed è obeso. Non passa giorno in cui lei non mi chiami nel mio ambulatorio, chiedendomi se per caso il suo gatto sia prossimo alla morte.
Mi mordo il labbro per non ridere, poi le rispondo: “Ma no, signora, forse ha comprato i croccantini che a Pizzico non piacciono, oppure il gourmet non lo desidera in questo momento. Lo lasci nella ciotola, sa che ai gatti non piace la costrizione.” sorrido al nulla, e ricordo quando lo facevo da adolescente, al telefono con le amiche, con mia cugina Betty, con…
Scuoto la testa come a cacciare via un brutto pensiero, mentre la Signora Saltzman mi dà ragione. Chiude il telefono dopo un breve saluto, e mi lascia ai miei affari.
Torno in ambulatorio e osservo il piccolo chihuahua seduto sul tavolo, intento ad osservarmi con i suoi occhioni da rana.
Ho sempre desiderato, sin da bambina, fare la veterinaria.
Curare gli animali, vederli stare meglio dopo le mie cure, aiutarli a vivere più a lungo e meglio. L’unica pecca del mio lavoro si presenta quando gli animali devo sopprimerli, perché per loro non c’è più nulla da fare. Per il primo gatto che fui costretta ad ‘uccidere’, a causa della sua malattia ormai incontrollabile, piansi per una settimana intera.
Frank però me lo diceva sempre, che il mio lavoro aveva anche i suoi lati negativi.
Osservo il cielo dalla mia finestra, privo di nuvole, limpido e chiaro come i suoi occhi.
 
 


“Bene, e per finire ripetere la Molarità, la molalità, e fate i quattro esercizi che si trovano a pagina 256.” sorrido ai miei alunni che preferirebbero vedermi morto, in questo momento, ma che comunque mi vogliono bene. Mi dicevano sempre che i loro precedenti insegnanti di chimica fossero dei gran bastardi, e che io ero l’unico scemo che era riuscito a conquistarli.
Il loro Remus Lupin, mi dice sempre Mary, una sfegatata fan di Harry Potter. Non ho mai capito cosa intendesse dirmi, fin quando una sera non mi trovai spaparanzato sul divano con otto dvd in mano. E avevo capito che il professor Lupin era quello buono, quello che finalmente sa insegnarti una materia pallosa e ‘maledetta’, come si deve. Mai sentito più fiero del mio lavoro come quella sera. Ho sempre provato una strana attrazione per la chimica, sapere che esistiamo perché degli elementi hanno deciso di condividere degli elettroni.
Sally mi diceva sempre che il nostro amore era come un legame covalente:  un legame chimico in cui due atomi mettono in comune delle coppie di elettroni. Nel nostro caso, noi ci avevamo messo il cuore, l’anima, il corpo, il tempo, e tutta l’energia possibile. Sospiro rassegnato, agguantato dai ricordi che vengono a trovarmi senza alcun permesso, nei momenti più disparati.
I ricordi, specialmente quei ricordi, bussano nella mia mente specialmente quando cerco di disfarmene. Cercavo uno sguardo che riuscisse a far scattare in me una scintilla, ma alla fine mi trovavo sempre a pensare: quelli non sono i suoi occhi. E tornavo a casa da solo, a pensare al passato, oppure in compagnia di una donna della quale cercavo di non osservarne lo specchio dell’anima.
“Professor Main? Si sente bene?”
Alzo lo sguardo, non mi sono nemmeno accorto di aver messo le mani fra i capelli mossi e biondo scuro, tentando di scacciare quei pensieri che come moscerini impazziti mi volano intorno. Mary mi guarda con sguardo preoccupato, mentre mi tende il libro che le avevo prestato, ‘Amabili resti.’ Le sorrido educatamente, e aspetto che se ne vada perché quella ragazza è strana, è capace di leggerti da cima a fondo con uno sguardo. E in questo momento è l’ultima cosa che mi serve.
“Sembra triste per qualcosa, forse per qualcuno.” mi dice un attimo dopo, e le mie speranze di non essere letto svaniscono. Sorrido amaramente, scuotendo la testa come a dire che no, non sto male per qualcuno, semplicemente sono stressato. Ma lei inclina la testa su un lato, come un gatto attento in procinto di studiare i tuoi movimenti. E crollo.
“Mary, cosa faresti se la persona che ami ancora, dopo anni, non ti volesse più?”
Mi mordo immediatamente la lingua, perché ho appena confessato alla mia alunna strana e fan di Harry Potter, che sono uno stupido innamorato.
“Beh prof, Ginny Weasley era innamorata di Harry Potter da anni, ma non ha mai mollato la presa. Infatti si sono sposati e hanno avuto dei bambini. Persino nel libro che mi ha prestato lei, Susie non lascia vincere la morte. Susie riesce ad impossessarsi del corpo di una sua amica, e bacia il ragazzo per la quale aveva una cotta, ci fa l’amore. E se ci è riuscita lei, che era morta, perché non dovrebbe riuscirci lei, a riprendersi la persona amata?”
Mary ha sempre parlato con le persone attraverso le trame dei libri. Quello che intende dirmi, è: muovi il culo, cazzone, e vatti a riprendere ciò che è tuo.
Le sorrido, poi raccolgo il mio cappotto invernale e vado via, diretto nel nostro posto, oggi prima del previsto.
 
 


“Sally, vai.”
Mi volto verso Laura, e inarco un sopracciglio. Sono le tre del pomeriggio, e cerco di rimanere con il deretano sulla comodissima sedia, perché non voglio andare lì.
Ma nonostante ci provi, so che non riuscirò a resistere, e entro qualche secondo raccoglierò la borsa e la giacca, per poi dirigermi a grandi passi verso il parco.
Non so perché, dopo cinque anni, mi ostini ancora a visitare quel maledetto parco, come a controllare che almeno lì, le cose siano rimaste immutate. Mi piace sedermi lì e immaginare di essere nuovamente un’adolescente, mentre la vita scorre attorno a me ignara del cuore impazzito della donna seduta proprio in quel punto.
“Forse dovrei darci un taglio, e smetterla.”
“O forse dovresti avere il coraggio di parlarci.”
La guardo stralunata, i suoi consigli non mi piacciono. Crede che non abbia mai pensato di andare a casa di quell’idiota, sfondargli la porta a pugni e successivamente pestare lui? Crede che non abbia mai desiderato ardentemente di baciarlo, sentirgli dire che mi ama? Ma il problema è proprio questo: lui non mi ama.
“Non mi piacciono i tuoi consigli, Laura.” le dico con aria triste ma cocciuta, e lei sbuffa, scuotendo la testa, per poi tornare ai suoi affari.
Guardo nuovamente l’orologio, sono passati a mala pena dieci minuti. Inforco gli occhiali, agguanto il cappotto e sono già fuori, diretta in quel posto che è diventato peggio di una droga.
 


Sono seduto sulla nostra panchina da dieci minuti, quando mi sembra di vedere un miraggio.
È Sally, i capelli castani e lunghi, gli occhi color cioccolato che fissano tutto, tranne che me. Mi si è seduta accanto senza proferire parola, e dubito che mi abbia riconosciuto.
Sono tentato di saltarle addosso perché è sempre bellissima, persino più di prima, e vorrei dirle che l’amo.
Può una persona mancarti così tanto da farti venire la voglia di strapparti la carne da dosso?
“Ciao, Sal.”
Entrambi stiamo fissando quell’incisione sul cemento, quella “S+F” che non è cambiata, a differenza nostra e dei suoi sentimenti. Perché i miei non sono cambiati, anzi, sono più opprimenti e pesanti, sono aumentati. Lei affonda il viso nella sua sciarpa, e mi ricordo di quando lo faceva quando stavamo insieme, e si sentiva intimidita perché io non facevo altro che guardarla.
È che era bella, e io già m’immaginavo trepidante all’altare, mentre lei arrivava con il suo vestito bianco e il sorriso sulle labbra.
Ho una stretta al cuore, quanto mi ero sbagliato.
“Come mai da queste parti?” mi chiede freddamente, e io sento un brivido lungo la schiena.
Quella voce che tempo fa mi sussurrava ‘ti amo’, ora mi tratta come se fossi un estraneo.
Ripenso alle parole di Mary, e capisco che non me ne frega più un cazzo. Non di Sally, ma delle conseguenze.
“Ci vengo sempre qui, tutti i giorni. Sai una cosa, Sal? Io ti amo, non ho mai smesso di farlo e spero che ogni ragazzo che ti abbia detto “ti amo”, ti abbia fatto venir in mente me, quando te lo dicevo io. Un amore come il nostro non doveva morire, ma crescere.
Mi alzo, ferito, e immediatamente mi sento più libero. Ma per fare un ulteriore dispetto a Sally, torno indietro e le do un bacio sulle labbra, mettendoci pure la lingua.
Così impara a lasciarmi.
Comincio a camminare verso casa, sentendomi felice e libero da ogni fardello. Ma sono costretto a voltarmi subito, perché una forza mi spinge e immediatamente mi ritrovo lo sguardo penetrante di Sally a pochi centimetri da me.
E non realizzo, perché una mano si schianta sulla mia faccia, causandomi un dolore immenso.
Uh, l’ho fatta arrabbiare? Beh, chi se ne frega. Io l’amo e mi sento un coglione perché non dovrei. Perché, accidenti, sono passati anni e io continuo a volere lei.
Cosa c’è di sbagliato in me?
“Non farlo mai più.” mi ringhia contro Sally, prendendomi per il colletto della camicia. Vorrei dirle che ci avrei fatto l’amore sulla panchina, ma c’erano le telecamere e poi sarebbe stato stupro, ma mi trattengo per evitare un altro schiaffo.
“Lo sai che non mi piace essere baciata dopo che hai fumato.” continua, questa volta più dolcemente.
Mi sento in Paradiso, perché un secondo dopo è lei che mi bacia, e se ne frega del fatto che ho fumato.
 
 
“Ci tornavo spesso in quel parco, ad osservare quella “S + F” incisa nel cemento, indelebile. Avrei desiderato che il nostro amore durasse di più.
Ma forse il nostro amore non doveva durare di più. Forse aveva bisogno di una svolta, di questo.
Di realizzare i nostri sogni per poi acchiappare l’ultimo treno che portava alla felicità. A te.”





ok, premetto che non so cosa sia questa robaccia.
So solo che l'ho scritta, che è melensa, e fa un po' troppo vomitare
Ripeto, non è proprio il mio genere, ma la pubblico comunque.
Lasciatemi una recensione, fatemi sapere se devo ritirarmi o ammazzarmi.
Ogni consiglio su come morire è ben gradito ♥
   
 
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