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Autore: Friedrike    06/06/2013    2 recensioni
Romano Vargas è un ragazzo come gli altri, alle prese con il liceo.
E' stato bocciato ed ora è costretto a rifare il quarto anno, ma ancora non ha voglia di sottostare alle regole. E' un ribelle: non nel senso che si droga ed ubriaca. Nel senso che è un rivoluzionario. Non riesce ad accettare che ci siano pregiudizi o razzismi di alcun tipo e se si trova di fronte a qualcosa del genere, non può starsene zitto.
Ed è per questo che torna a casa sporco di sangue, circa una volta al mese.
Genere: Angst, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo personaggio, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[ Salve! 
Vi auguro una buona lettura, spero le immagini ed il testo vi piacciano. 
Ancora tre parole: rapanello, dugongo, RECENSITE. ]









Natale passato. 
Quel giorno Romano sta studiando un po'. 
Ha il libro di filosofia appoggiato sulle gambe, un evidenziatore in mano, patatine tra le labbra. Suo fratello ne ruba qualcuna dal pacco e la sgranocchia, ha in mano non un libro, bensì il cellulare.
D'un tratto il maggiore sta per prendere un'altra patatina tipo classico ma qualcuno gliela sottrae. Alza così lo sguardo e nota Gennaro.
-Oh, andiamo a scopare?- dice quello. 
Roma si mette a ridere. -Questa frase, detta così, non si può sentire- gli dice sottolineando qualcosa. -Sto studiando.- 
-Dai, Romà. Ho conosciuto un paio di ragazze... tutto gratis.- 
Dice l'altro facendogli l'occhiolino.
Feliciano li guarda malissimo. Entrambi però lo ignorano.  
Sospira lievemente e risponde ad un messaggio di Ludwig. Lui gli riporta il sorriso quasi subito.
-Ti sembra che io abbia mai bisogno di pagare?- domanda retorico il diciannovenne, con un mezzo ghigno tra le labbra. 
Con sguardo alquanto scettico, il cugino gli molla uno scappellotto. 
-Scommettiamo?- dice lui. 
-Non ne trovi più di due.-
-Seh. Ti dico: scommettiamo?- ribadisce. 
Il fratellino gli lancia un'occhiataccia. E siccome quei due continuano a fare gli idioti, si alza e se ne va dall'altra parte della casa, nervoso. 
-Forse abbiamo esagerato...- mormora Gennaro.
Romie non si scompone più di tanto, anche se perde la risata ilare. Finisce di sottolineare il paragrafo. -No. Si deve abituare prima o poi a sentir cose del genere. Non c'è solo lui con i suoi problemi.- 
Non vuole fare un discorso egoista, perché lui non è un tipo egocentrico. Tuttavia sostiene -e ha sempre sostenuto- che Felì debba imparare a sentire anche queste cose. 
Lo lascia perdere poi decide di uscire veramente col cugino, così mette da parte i libri e va a cambiarsi. Fissa a lungo l'armadio. Sono le sette del pomeriggio e stanno andando in un pub. Deve scegliere qualcosa di appropriato. 
Indossa una maglietta un po' particolare e dei pantaloni scuri.
Dunque, sistemati bene i vestiti, lava i denti e da un'aggiusta anche ai capelli che però non riesce a mettere troppo un ordine -anzi, non vuole. Sono ribelli quanto il suo animo.
-Gennà, hai sigar...- si zittisce pensando che nella stanza accanto potrebb'essere tornato suo papà e di certo non può sapere che il figlio fuma. Anche se, effettivamente, è ormai maggiorenne e potrebbe in teoria fare ciò che vuole.
Ma vige ancora la regola "sotto il mio tetto fai quello che ti dico io."
Per cui, evita di fumargli davanti. 
Il cugino, ha sì le sigarette, e non vede l'ora di fumare, così i due si avvicinano alla porta d'ingresso; vengono però fermati da Feliciano che dice loro con tono acido: -Almeno prendi precauzioni. Non voglio diventare zio.- Gli occhi nocciola sono sempre fissi sullo schermo del cellulare. 
-Ed io non voglio marmocchi in giro- borbotta il fratello sbattendo la porta uscendo. 
In realtà fare sesso -perché fare l'amore è una cosa un po' diversa- con delle estranee non lo diverte nemmeno più così tanto. Non gli da più le soddisfazioni che aveva all'inizio, ma oramai è una specie di abitudine... e non riesce a smettere, nemmeno si trattasse di droga. 
Si ritrovano mezz'ora dopo in un luogo, è affollato e piccolino, però carino. Fanno dei drink davvero buoni. 
Roma regge bene l'alcol, anche se più dei cocktail preferisce il vino. Sono pochi quelli che gli piacciono, anche se ne ha provati diversi. 
Quel giorno non ha proprio voglia di allontanarsi dal bancone, così si siede su uno sgabello sorseggiando qualcosa con vodka e frutta, dal colore arancione chiaro. Gennaro è andato a ballare con delle ragazze, lui è piuttosto pensiero ed un po' irrequieto. Rigira distrattamente l'ombrellino del suo drink e poi ne beve un sorso, gli occhi verdi vagano qua e là. 
Delle ragazze trascinano la loro amica in bagno, è piuttosto ubriaca, per nulla lucida, dice frasi senza senso ed alcune fanno ridacchiare appena il ragazzo. 
Una ragazza con tacchi alti almeno dieci centimetri, scollatura inverosimile sia sulla schiena che sul seno, trucco pesante, gli si avvicina sedendosi con le gambe un poco aperte davanti a lui. Il suo vestito nero è molto corto, e anche se le gambe sono appena divaricate, lasciano intravedere le mutandine.
Roma vorrebbe tanto fare una smorfia. 
Si è portato a letto tantissime ragazze come quella e non è mai stato nulla di particolare. 
Sono facili, cedono subito, non c'è nemmeno il lato divertente della cosa: rimorchiare. 
Lei si avvicina anche troppo a lui ed inizia a parlargli. Il ragazzo non sa cosa lo spinge a darle corda, ma lo fa, la asseconda e dopo poco prendono a baciarsi. 
Gennaro intanto s'è preso un due di picche da un gruppo di ragazze, così, per nulla scoraggiato, alza un poco la voce per farsi sentire, e dice loro: -Ricordatevi che la bellezza passa, e tra cinque anni nessuno vi guarderà più; perciò non vantatevi tanto.- 
Una di quelle ragazze ride per questa frase e si avvicina al ragazzo. Iniziano a flirtare un po' ed anche loro finiscono per baciarsi. 
Circa un'ora dopo, Romie si avvicina a lui sistemandosi la cintura. Lui, si sistema la camicia. 
La ragazza col vestito corto e scollato, gli fa un cenno che significa: Chiamami.
Lui però non ne ha l'intenzione e non le risponde; si volta invece verso il cugino mugugnando ironico: -Sicuramente.-
Quando l'altro gli chiede se non gli sia piaciuta, scrolla appena le spalle.
Escono di lì, per fumare una sigaretta. 
Romano s'appoggia alla balaustra in metallo nero, con un sospiro, buttando una nuvoletta di fumo grigio dalle labbra. 
-Devo comprare i preservativi...- mugugna dopo un po'. -Li ho finiti...-
-Sei uscito senza? Ma sei scemo?- lo rimprovera Gennaro. 
-Ne ho uno...- 
Fa cadere la cenere giù dal quel balconcino con un mezzo sbuffo. 
-Che hai, Romie?- 
Lui scuote appena la testa. Alza lo sguardo verso il cielo scuro, la sigaretta tra le dita. 
Gli dice di andare un po' dentro, ché lui sta bene lì, un momento da solo. Socchiude gli occhi per un istante, quando li riapre nota alla sua destra una ragazza. Ha le lacrime agli occhi ed una sigaretta anche lei tra le labbra rosee. Il mascara nero e l'eyeliner le sono scolati sugli zigomi. 
Il ragazzo la osserva un attimo. -Qualsiasi cosa sia, non vale le tue lacrime- le dice con espressione serena, tornando a guardare davanti a sé. 
Lei accenna un sorriso ed e caccia via quel pianto con le dita, come meglio può, l'altra mano regge la sigaretta. 
Scende il silenzio per qualche secondo, ma non sembra pesare a nessuno dei due. 
Sono ora più vicini, ma nessuno dei due saprebbe dire chi si è avvicinato all'altro. Semplicemente, è successo. 
Alla ragazza si spegne la sigaretta. Fruga nella borsetta per cercare l'accendino, ma non lo trova. 
-Senti,  non è che hai da accendere?- chiede. 
Il ragazzo annuisce e le porge ciò che desidera. E lei ridacchia perché sull'accendino c'è stampata l'immagine di un micetto tutto bianco, col muso adorabile, immerso tra i fiori colorati. -Carino- commenta. 
Anche lui accenna una mezza risata, che gli lascia scoprire i denti bianchi. Scuote lievemente la testa, rispondendole. -A mia difesa, posso dire che preferisco i cani.- 
-Ah sì?- commenta lei, tornando a fumare. Glielo porge, con le dita pittate di smalto rosso. -A me piacciono, i mici.- 
-Bah, non lo so. Ne ho uno; sta tutto il giorno a dormire- le spiega. 
Lei ride di nuovo. Lui soggiunge: -Hai visto? Ti ho fatto ridere. In fin dei conti, passa tutto- commenta con una lieve scrollata di spalle. 
La giovane gli porge la mano. -Ilaria.- 
Lui la stringe. -Romano.- 
-Nome originale- commenta l'altra, scostando una ciocca di capelli biondi dal viso. Sono lunghissimi, e lisci, come piace a lui.
-Più che originale, vecchiotto.- 
-Eredità del nonno?- 
Romie annuisce. 
Rimangono a parlare per un po', e non saprebbero quantificare i minuti. 
Il diciannovenne non è tipo che da il proprio numero a tutte le ragazze che conosce -anche perché lo avrebbero in troppe- quindi si sentiranno forse su facebook. Non ci conta molto, però ha passato una bella serata in sua compagnia. 




 
Fanno strada verso casa, lui ed il cugino. 
Gennaro è un poco ubriaco quindi Romano decide di accompagnarlo a casa, poi torna alla propria da solo. Quando richiude la porta alle spalle sono circa le undici, non ha cenato, tuttavia non ha neppure un po' fame. 
Il fratellino si è addormentato sul divano con il cellulare tra le mani. 
Lui, curioso, glielo sfila e legge qualche messaggio. 
 
|A: Luddi.|
"Lo so... però mi manchi!"
 
|An: Felì.|
"Ed io lo so che ti manco, però tra poco tornerai, no? Sii paziente."
 
|A: Luddi.|
"Smettila di sapere l'italiano meglio degli italiani."
 
|An: Felì.|
"Scemo... non sono così bravo. Non ancora."
 
|A: Luddi.|
"Ma se sei bravissimo! <3 ho tanto sonno..."
 
|An: Felì.|
"Vai a dormire. Gute Nacht!"
 
|A: Luddi.|
"Ti voglio bene, 'notte! <3"
 
|An: Felì.|
"Ich auch..." 
 
 
Il ragazzo scuote la testa con disapprovazione, però ha un sorriso su volto. 
Osserva un attimo il fratellino, è molto più sereno rispetto anni prima, dorme tranquillo. Si chiede se sia stato lì a messaggiare tutta la sera. Forse avrà fatto una pausa solo per la cena. Sfogliando i messaggi, ne vede alcuni lunghissimi, poemi quasi. Parlano tantissimo... chissà che si dicono. Mette il blocco al cellulare e lo appoggia sul tavolo, poi sveglia il fratellino dolcemente. 
-Hei? Felì, dai, andiamo a letto- gli sussurra. 
Dalla camera dei loro genitori si sente la televisione a tutto volume, ma probabilmente i due già dormono da un po'. Fatto assodato, Roma entra nella stanza e spegne la tv. 
"E sono solo le undici..." commenta tra sé.
Convince poi il quindicenne ad andare a nanna e si coricano nei rispettivi letti. 
Però lui non si sente tranquillo. Manda un messaggio ad Elisa.
E' strano, perché per quante ragazze si possa fare, anche se ne bacia cento, lei gli mancherà sempre. 
 
|Mensajes.
Nuevo Mensaje.
Para: Eli.|
 
"Stronza, dormi?"

|Enviar.|
 
Lei risponde subito. 
Si è calmata rispetto due giorni prima. Non sta ancora dormendo, è seduta in cucina che guarda la televisione, rigirandosi una ciocca di capelli puliti, lisci e lunghi, esattamente come piace al migliore amico, tra le dita stavolta prive di smalto.
 
|A: Romie.|
"No, coglione, non è nemmeno mezzanotte. Quante te ne sei fatte?"
 
E' strana anche tutta questa gelosia, ma detesta l'idea di vederlo tra le braccia di un'altra ragazza, che la bacia e.. non vuole nemmeno pensarci. S'innervosisce troppo. 
Sospira lievemente, leggendo la risposta.
 
|Para: Eli.|
"Stasera, una."
 
|A: Romie.|
"Perché continui a farlo?"
 
|Para: Eli.|
"Perché continui a fare domande, se ti fanno stare male?"
 
|A: Romie.|
"E tu perché continui a farmi male?"
 
 
Il ragazzo non sa davvero che rispondere. 
Si rigira nelle coperte, mettendosi su un fianco, ma la ferita gli pulsa un po', così è costretto a mettersi con la schiena contro il materasso freddo. Chiude gli occhi e sospira.
Il fratellino lo chiama sottovoce. -Romie...?- 
Lui si volta per guardarlo. -Cosa c'è?- 
-Perché l'amore è così complicato?- 
-Non è complicato l'amore, sono complicate le persone e le situazioni...- 
Felì si volta e lo guarda a sua volta. -Hai mai amato qualcuno? Intendo... rimanere sveglio per pensare a lui... o a lei. Sperare che ogni messaggio sia il suo. Avere voglia di raccontargli ogni cosa, sentire com'è andata la sua giornata... la sera chiedergli se stia dormendo per parlare un po'. Volere stare con quella persona in ogni momento...- 
Su un fianco, abbassa lievemente lo sguardo, stringendosi al cuscino, il cellulare tra le mani.
Sospira appena e si rimbocca le coperte attendendo risposta.
Roma non ha mai passato tutto questo, però... 
C'è una persona alla quale vuole raccontare tutto, per la quale ha sempre un momento libero, una persona che spesso gli viene alla mente e che spesso cerca, per telefono, chat, o di presenza -che è anche meglio.
Tuttavia, fa cenno di no. 
-Mai successo. Ma sai com'è, ho diciannove anni, tutta la vita davanti... tante cose da fare.... non ho fretta. Per il momento, mi diverto. Poi come andrà, andrà.- 
Il quindicenne accenna un sorriso. Lo guarda e si scopre, mettendosi seduto nel letto. 
Roma capisce e lo guarda. Gli fa posto nel proprio, pronto ad accoglierlo.
Il ragazzino allora si stringe a lui e sospira. 
-Come faccio a capire se posso dirglielo o no? Io gli voglio bene... voglio stare con lui. Ma se mi rifiutasse?-  mormora guardandolo negli occhi verdi, con i suoi dolci e nocciola. 
-Dammi il tuo telefono.-
-Cosa?-
-Dammelo. Voglio controllare una cosa.- 
Lui va dunque a leggersi molto messaggi e vede il fratellino arrossire per questo, ma non vi da peso. 
Li controlla, sono dolci, il tedesco non è mai volgare in nessun senso, sembra un bravo ragazzo. E sembra interessato a Feliciano. Non lo conosce, per quanto ne sa potrebbe pure fingere, tuttavia qualcosa gli dice che è sincero. 
Restituisce dunque il cellulare.
-E' un tipo apposto- spiega. -Non sta lì a crogiolarti, "mi dirà sì oppure no?" "Vorrà stare con me? Ma è etero?" Non farti queste domande. Nessuno potrà risponderti, perché nessuno sa quello che c'è stato tra voi. Perciò, tu prova. Intesi?-
Dopo aver annuito entrambi, s'addormentano, il piccolo più rilassato, il maggior leggermente preoccupato.
 
 
 
 
Passano i giorni, si avvicina il Capodanno.
Romano odia quella festa. Detesta le piccole tradizioni dell'ultimo e del primo dell'anno, sia quelle del Sud sia quelle del Nord Italia. Sono noiose, vecchie, sciocche. E lui invece vuole sempre fare qualcosa di nuovo. 
Inoltre questa "festa" trascorre ogni anno alla stessa maniera: spumante, fuochi d'artificio, musica a tutto volume, balli di gruppo. 
Non vuole andare alla solita festa, ma probabilmente Anna si è già organizzata e ha già deciso di trascinare entrambi i cugini con sé, insieme al fratello. 
Il diciannovenne si vede già annoiato, la sera del 31 Dicembre, su una sedia ad ubriacarsi. Felì piuttosto rimpiange di non poter stare a casa sua, a Padova, con Ludwig.
Lui ama Padova.
E' una città stupenda, ricca di arte, di storia, di religione. C'è di tutto, in quella città veneta, che è chiamata in molti modi: città del “Santo senza nome”, del “prato senza erba” e del “caffè senza porte”.  Naturalmente ci sono dei motivi dietro.
La Basilica di S. Antonio che da ottocento anni richiama fedeli da tutto il mondo è detta solo “il Santo” senza citarne il vero nome; la seconda piazza più grande d'Europa, dopo la Piazza Rossa di Mosca, Prato della Valle, conta solo un po' d'erbetta, nessuna vera e propria distesa di verde; e l'ultimo nome è da attribuire alla mancanza di porte del Caffè Pedrocchi. 
E' piuttosto interessante quel luogo, Romie lo ha visitato tante volte, difatti è stato sede di molte mostre e gallerie, diventando una sorta di museo. Fino al 1916 era aperto sia giorno che notte, inoltre le vetrate non vennero inserite alla sua costruzione, ma in un secondo momento. Fu il primo Cafè illuminato a gas. I clienti potevano recarsi lì anche per leggere il giornale, senza ordinare nulla, alle donne venivano regalati spesso dei fiori e a chiunque veniva prestato un ombrello in caso di pioggia improvvisa. 
Ovviamente a Padova non v'è solo questo, e a Feliciano la città piace per ogni suo singolo dettaglio, anche se ha sempre preferito Venezia.
Così bella, così artistica, così... gli fa venir voglia di sognare, e dipingere, e sognare di nuovo.
Se chiude gli occhi se la figura così: le onde azzurro chiaro s'infrangono delicatamente, cullate dal vento, contro un ponte, un giovane uomo con un fazzoletto blu al collo ed un cappello di paglia sulla nuca, conduce una gondola con una coppia di giovani innamorati, sotto lo stesso ponte, cantando una canzone d'amore. 
Vorrebbe vivere lì anche se lasciare i suoi amici gli dispiacerebbe moltissimo -in più morirebbe al sol pensiero di non rivedere più il suo amato tedesco.
Ordunque, il ragazzino se ne sta anche ora pensoso col suo blocco di disegno posto sulle gambe un poco divaricate, la matita poggiata sulle labbra appena schiuse, gli occhi nocciola curiosi in cerca di qualcosa sulla quale posarsi. 
"Chissà che sta facendo Milù" si domanda. Inizia allora a disegnare la micia, distrattamente. 
Suo fratello sta facendo i compito poco più in là. 
Rita, la loro mamma, si avvicina loro e domanda cosa stiano facendo. 
-Disegno!- risponde il primo.
-Studio...- spiega mogio il secondo. 
-Roma, ma che studi a fare? Oggi è festa- ribatte lei con un sospiro. -Staccati un momento da quei libri. Vatti a fare un giro, no?- 
-Non mi va di uscire.- 
La donna ha imparato a rinunciare di fronte la testardaggine del figlio, per cui torna di là a ricamare qualcosa all'uncinetto davanti alla televisione, mentre guarda con poca attenzione uno di quei film ambientati a fine ottocento, un amore tormentato, malefatte e sotterfugi. 
Il quindicenne ci mette un po' a finire il suo disegno, cancella di tanto in tanto, cambia matita per i dettagli, ad un certo punto. Sorride soddisfatto ad impresa finita. 
Sposta delicato i residui di gomma dal blocco, lo alza e lo mostra al fratello.
-Fratellone! Ti piace?- domanda.
E' il suo solito capolavoro. 
Il musetto del micio in primo piano è volto verso la sinistra di chi lo osserva, le vibrisse sono evidenti ma non troppo evidenziate, ed il pelo, accidenti, pare vero.
E' così bello, così perfetto. 
 


 
 
Roma ne è un po' invidioso.
Detesta la sua bravura. Lui ha saltato qualche passaggio fondamentale, per colpa del Ballo di San Vito, e non ha mai voluto impegnarsi troppo, perché ogni volta che prendeva una penna in mano, gli cascava subito per terra. Con questa sorta di trauma, ha iniziato a scrivere tardi ed ora ha una pessima grafia. Chissà, magari se non si fosse ammalato, saprebbe anche lui disegnare...
Ad ogni modo ciò non fa altro che aumentare il complesso d'inferiorità che ha nei confronti del fratellino, che in ogni cosa pare perfetto. 
Disegna bene, riesce a scrivere abbastanza bene, si veste bene, gli vogliono tutti un gran  bene, è bravo, ubbidiente, dolce, sensibile, educato, non delude mai i genitori né nessun altro. 
Perché dev'essere così eccezionale? 
Lui è l'opposto...
Non sa disegnare, nessuno lo sopporta, è orgoglioso e fiero, per nulla ubbidiente, poco rispettoso delle regole, fuma e ha un tatuaggio, si preoccupa poco delle convenzioni sociali, delude sempre Rita e Raffaele.
Però questo è quello che pensa lui.
Perché il ragazzo è bravo a scrivere, si veste in modo ottimo e adeguato in ogni occasione, non è vero che nessuno lo sopporta, ha dei buoni amici e qualcuno che lo detesta, è vero, ma solo perché in pochi lo conoscono veramente e in molto lo giudicano. Oltretutto sono in pochi quelli che lo etichettano come "cattivo" solo perché fuma e ha un tatuaggio. Ed i suoi genitori, almeno in parte, sono fieri di lui. Certo vorrebbero fosse più tranquillo, tuttavia sanno che lui è così e non vogliono cambiarlo. Non ce la farebbero e ne sono consapevoli.
Fa solo un complimento svogliato al fratellino, che rimanendoci male va a cercare conforto dalla madre.
-Mamma, guarda! Ti piace?- le domanda con fare tenero. 
Lei subito annuisce. -Oh, Felì! E' stupendo, sei bravissimo!- dice ammirata, sinceramente colpita. Lui accenna un grandissimo sorriso e torna a disegnare qualcos'altro. 
Passa tutto il pomeriggio ed arriva la sera. 
Pigramente, il maggiore dei due figli si trascina in camera e spalanca l'armadio. 
Si siede però sul letto sbuffando pesantemente. Non sa proprio che indossare. 
Opta infine per dei pantaloni eleganti beige, una cintura blu della stessa tonalità della giacca classica più sportiva, una camicia bianca. 
Mentre sistema la camicia, s'avvicina al quindicenne, domandandogli perché non stia ancora vestendosi. 
Quello risponde: -Annie non mi ha detto nulla.- 
-Te lo dico io, di venire con noi.-
-Non voglio rovinarvi la serata... se ci sono io, tu non puoi fare quello che vuoi.-
-Smettila di dire cazzate e vatti a vestire.-
Non ci mettono molto, e sono tutti e due pronti.
E' il secondo anno che Felì li segue nelle loro avventure dell'ultimo dell'anno. 
Lo aveva fatto solo un'altra volta, due anni prima, a tredici anni, gli anni precedenti invece era troppo piccolo. E' felice di poter andare con loro, ma non sa che aspettarsi. 
Anche i suoi vestiti sono piuttosto eleganti, indossa dei pantaloni e una camicia. 
Nessuno si stupisce di vederlo arrivare, era abbastanza ovvio che Romie lo portasse con sé. 
Sulla serata non spenderebbero nessuno dei due troppe parole.
Non ci sarebbe molto da dire, neppure se volessero farlo.
Passano tutta la notte in un locale, il cui proprietario è lo zio di una delle amiche più strette di Anna, tra ragazzi e ragazze dai quattordici ai ventitré-ventiquattro anni circa. Per quanto ne sa Felì, c'è solo della musica, il karaoke, e dei cocktail. E' tutto più o meno tranquillo e con la cugina si divertono un poco a ballare. 
Dal punto di vista di Roma, però, è tutto diverso. 
Nota dei ragazzi passarsi qualcosa e suppone sia droga. Il quindicenne è troppo ingenuo per capire. Il maggiore nota poi un sacco di coppiette appartarsi, ad un certo punto nota anche due ragazzi ed una ragazza infilarsi in un bagno, ma non vi da peso, anzi, ridacchia sommessamente. Lui beve un paio di drink, stando però attento a rimanere lucido. E, soprattutto, controlla ciò che ha nel bicchiere, perché non si fida poi tanto.
Ad ogni modo, giunto il momento della mezzanotte, inizia il conto alla rovescia, e tutti i ragazzi si mettono lì vicino in un religioso silenzio spezzato solo da quel coro unanime che conta dal dieci all'uno, provvisto di trombette e cappellini colorati ed eccentrici. 
Anche Feliciano ha uno di quei cappellini, il suo è verde di carta con delle decorazioni in rosa di carta velina. Stando vicina al fratello e ai cugini, conta anche lui. 
E tutti insieme: -3... 2.... 1... Buon anno!-
E' un momento di pure felicità. 
Anche gli sconosciuti si fanno gli auguri e chiunque si ritrova sporco di spumante e ride senza curarsene troppo. 
Felì abbraccia forte forte Romie e gli dice qualcosa, che però il ragazzo non capisce a causa della confusione. 
Parte un trenino di persone che urlano chissà ché ed in questo modo passa il tempo, passano le ore e si fanno le quattro. 
I quattro ragazzi escono di lì, ancora ridendo per una battuta di Gennaro; tre su quattro hanno la sigaretta in mano. 
Il ragazzino li osserva e dopo un po' domanda all'unica ragazza. -Mi fai fumare?- 
Lei lo guarda stupita e gli passa la sigaretta, la quale però viene subito presa dalle mani del fratello maggiore, che lo guarda indispettito. -Tu non fumi.- 
-Perché tu puoi vietarmelo ed io non posso vietarlo a te?- gli domanda con fare innocente.
-Perché tu hai quindici anni ed io ne ho diciannove. Non provate a farlo fumare, voi due- dice severo all'indirizzo di Anna e Gennaro.
Lui non aveva mai avuto il desiderio di fumare, almeno fino ai quattordici anni. Poi aveva provato una volta ed aveva smesso. Giunto al liceo, però, ha iniziato questo suo vizio che lo accompagna ancora oggi, a distanza di ben quattro anni. Non fuma molto, a dire la verità, una o due sigarette al giorno. Spesso fuma soltanto durante la ricreazione, smezzandosi una sigaretta o un drummino con Elisa o Alex o Carlo. 
Non vuole il fratellino prenda questo vizio, è davvero male per la salute e lui lo sa. Sa anche, tuttavia, che l'altro non ne farebbe mai una cattiva abitudine, anzi; più probabilmente inizierebbe  tossire per almeno cinque minuti, senza aspirare nulla neppure la prima volta.
Dato che non ci tiene particolarmente, Feliciano rinuncia subito.
Non tornano a casa prima delle sei ed il giorno successivo lo passano a dormire. 
Il più piccolo dorme sino alle tre del pomeriggio, il maggiore fino alle cinque. 
Nessuno dei due vuole pranzare, ma alla cena non rinunciano. 
Il quindicenne racconta tutto ai genitori, una volta seduti a tavola insieme, mentre l'altro rimane in silenzio come al suo solito.
-E tu che ci dici?- chiede Raffaele, addentando un grosso pezzo di patata dal piatto. Ci ripensa fissandolo, lo taglia in due, portandone una parte alle labbra. 
-Quello che ha detto lui, no? Eravamo insieme- borbotta lui, con tono forse non troppo gentile.
Il motivo di tanto nervosismo è legato al fatto che il loro soggiorno a Napoli è praticamente finito. Torneranno a Padova, in Veneto, il 3 Gennaio e lui dovrà continuare a studiare ed andare a scuola, salutando di nuovo per chissà quanto Gennaro ed Anna, ma anche Nello e Nico (i genitori hanno passato quest'ultima festa con loro e gli zii dei ragazzi.)
Con un sospiro, guarda distrattamente il tatuaggio al braccio, coperto un poco dalla felpa rossa che porta addosso. Gli occhi verdi si riflettono in quel significato profondo, perdendosi in esso, tanto che smette di mangiare. 
-Roma, ti ho fatto una domanda- ribatte il padre.
-Eh?- 
-Vedi? Non ascolti mai! Sei sempre il solito menefreghista!- lo rimprovera. E poi continua: -Sarebbe carino da parte tua ascoltare ogni tanto quello che ti viene detto, lo facciamo per te. Testardo, cocciuto!- 
Ma il ragazzo ancora una volta non gli da retta, immerso nei suoi pensieri. 
-E noi che abbiamo fatto tutto questo per lui...- sospira l'uomo, iniziando a sparecchiare. -Devi mangiare o no?- 
-Non ho fame- ribatte il ragazzo. 
Stranamente, entrambi i figli s'addormantano velocemente, sebbene si siano alzati a pomeriggio inoltrato. 
E la notte non passa troppo tranquilla. 
 




 
Ma tranquilli passano i giorni seguenti, solo qualche sporadica uscita, più che altro rimangono a casa con i cugini, i quali, quella sera portano un film da guardare tutti insieme.
Aspettano faccia buio, così s'intrattengono fino alle venti e trenta, cenano con patatine fritte e della carne, dopodiché si dispongono comodamente sul divano, davanti ad un televisione piuttosto grande. 
Cacciano i genitori, perché non vogliono distrazioni. 
-Ragazzi, ma...- prova a dire la povera donna, ma il più grande dei suoi figli: -Buonanotte- dice in tono che non ammette repliche. E lei, sbuffando, va via, trascinandosi il marito in camera da letto. 
Hanno delle patatine e dei salatini in due ciotole e i piedi dei tre maschietti sono posti sul tavolino. La ragazza invece ha le gambe incrociate, tra di essere ha un cuscino. Tutti e quattro i telefoni cellulari sono posti lontano, nessuno deve distrarsi. E' un film horror ed occorre la massima attenzione! 
Così hanno chiuso porte e finestre per creare la giusta atmosfera, naturalmente anche la luce è spenta ed il buio è sovrano di tutta la casa. 
La musica di sottofondo è assai inquietante e non promette nulla di buono. Feliciano si accoccola al fratello. La notte prima non è riuscito a chiudere occhio ed un buon film lo distrarrà dai suoi incubi ormai vecchi di sette anni. E' la prima notte, ad ogni modo, che non riesce a dormire da quando sono a Napoli. 
-Lingua originale coi sottotitoli o in italiano?- domanda Annie, prendendo il telecomando del porta dvd. Optano per italiano, perché Gennaro è un po' lento a leggere i sottotitoli e non vuole perdersi nemmeno una parte del film. Felì ha gli occhi stanchi e non vuole applicarsi molto alle scritte. 
Passata la musica di sottofondo, si sentono dei gemiti affannati ed una donna ansimare. 
Il quindicenne stringe la mano del fratello, il capo contro la sua spalle, il viso però tranquillo. 
Mentre la ragazza è distesa a letto col suo fidanzato, la porta alle loro spalle si chiude delicatamente. La telecamera inquadra dopo la loro villetta immersa nelle tenebre, cerchiata da folta vegetazione, e nessuna musica adesso corona quella scena. L'unico suono, l'urlo della ragazza. 
Ora, i titoli di testa. 
-Tranquillo?- sussurra Romie al fratello, il quale annuisce con un piccolo sorriso. Mangia qualche patatina.
-Skippiamo i titoli?- mugugna poi, addentando l'ennesima. -Durano una vita e mezza.- 
Gennaro lo zittisce. -Shh! Rovini l'atmosfera.-
Così, silenziosi, continuano a vedere il film. 
E' ben fatto e li fa spaventare almeno un po'. I due ragazzi più grandi, sussultano solo una o due volte, la ragazza ed il ragazzino più di un paio. Almeno cinque a testa. 
Rimangono a guardarlo  per due ore, quando termina si stiracchiano. 
-Che ore sono?- domanda Felì. 
-Le undici e due- risponde la cugina. Sono rimasti solo loro sul divano, così lei s'avvicina e lo abbraccia forte, coccolandolo un po', 
-Ne guardiamo un altro?- propone il diciannovenne. -Tanto è presto.-
-Domani mattina ci dobbiamo svegliare presto. Abbia l'aereo tipo alle due...-  gli ricorda il fratellino. 
Ma non vogliono andarsene da lì e dunque vogliono che il momento di fare la valige arrivi il più tardi possibile. 
Quindi guardando un altro film, sempre uscito dallo zainetto della ragazza, che però è drammatico e non horror. 
-Anna...- la chiama Romano in tono eloquente.
Lei scuote la testa, lui annuisce e con due gesti hanno fatto un dialogo. Lei inserisce il dvd, sono di nuovo tutti e quattro sul divano, messi più o meno nella stessa posizione. 
Si sentono di nuovo rumori sospetti e tutti e quattro si mettono a ridere per la coincidenza. 
Però stavolta non sono un uomo e una donna.
C'è un uomo chino su un bambino di circa undici anni, il volto rigato dalle lacrime, gli occhioni scuri spaventati -nessuno nota quanto siano bravi i due attori, però. 
Felì sbianca, per un momento non riesce a staccare gli occhi dallo schermo, poi però affonda il volto nel petto del fratello, stringendo forte gli occhi. 
-Hei, va tutto bene, capito?- gli dice lui, appoggiando con fare protettivo una mano tra i suoi capelli scuri, carezzandoli un poco, senza scomporsi più di tanto. Deve fargli capire che è solo un film e se si spaventasse pure lui, non concluderebbero nulla, anzi Feliciano tremerebbe di più.
Anna intanto sta sprofondando nei sensi di colpa. Balbetta delle scuse: -F-felì, non mi ricordavo ci fosse questa scena, scusami...- 
Romano la fulmina con un'occhiata, torna però ben presto a dare attenzioni al fratello. -Non pensare nemmeno di piangere, intesi? E' solo un film- gli spiega, scostandosi un poco per incontrare il suo viso. -Intesi?- ribadisce prendendogli il volto con una mano. 
Feliciano annuisce abbassando lo sguardo, trattenendo qualche lacrima. 
-Togli subito 'sta merda di film- ordine protettivo il dicinovenne. Gennaro invece resta in silenzio. 
-Felì, davvero, non volevo...- continua la diciassettenne. 
-N-non fa nulla- farfuglia il ragazzino. -Sto bene... sto bene.- 
Romano sospira appena e mangia una patatina. 
-Giochiamo a Monopoli?- esclama. 
Feliciano si mette a ridacchiare per l'assurdità di quella proposta, anche perché sa bene quanto il fratello detesti quel gioco. Si mettono però a giocare per davvero ed in poco riprendono tutti il sorriso, per primo il quindicenne stesso.
Forse è un po' lunatico, ma passa velocemente dalle lacrima alle risa. 
E questa è la sua salvezza, perché sta imparando -lui ed il fratello stanno imparando- a vivere solo ora.



  
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