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Autore: controcorrente    09/06/2013    2 recensioni
Soledad ed Ester. Due sorelle divise. Due vite separate da dieci anni di distanza, improvvisamente riunite per il capriccio della prima. Due donne profondamente diverse. Una provata da 3 grossi sacrifici, l'altra cresciuta con l'ansia del futuro. La loro riunione porterà a delle conseguenze impreviste che mai avrebbero pensato potessero accadere: L'ambientazione è storica ma spero che vi piaccia, indicativamente tra 700 ed 800.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Periodo regency/Inghilterra, L'Ottocento
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Salve a tutti, cari lettori e benvenuti a questo nuovo appuntamento con questa storia. Non so effettivamente quanto durerà il tutto ma spero che il racconto continui a piacere. Nel precedente capitolo, abbiamo visto alcune cose ed ora ci apprestiamo ad avere una nuova avventura dei nostri personaggi.

 

Cedric si sentiva in trappola.

Da quando aveva parlato con Lord Mc Kenzie, non riusciva a togliersi di dosso la spiacevole sensazione di essere ormai spacciato. Teso, si guardava in giro, con la rabbia repressa di avere la propria vita segnata, la libertà ormai compromessa.

Non ebbe comunque modo di rifletterci troppo.

Un improvviso clamore lo distolse dal desiderio di ribellarsi a quello scozzese che, insieme a suo zio e sua madre, volevano decidere della sua vita.

-Presto!-esclamò una donna, con voce chioccia- Chiamate un medico. Una ragazza è svenuta.-

Si udì un vocio, un tramestio di toni angosciosi.

-Che sta succedendo?-domandò, non riuscendo a dire altro.

Brennan gli rivolse un’occhiata distratta. –Uno dei fastidi che succedono a questi ricevimenti. La moda pretende il suo tributo.-commentò incurante, prima di accigliarsi, non appena vide la chioma d’autunno della vedova di Alistair. –Forse è meglio se andate là-rispose, attirando l’attenzione dell’americano che, al cenno dello scozzese, guardò nella direzione che questi gli aveva indicato…e sbiancò.

-Dovete andare là, giovane americano. La vostra fidanzata si è sentita male.-lo esortò, con un tono beffardo.

Cedric si accigliò. –Lei non è la mia fidanzata.-ribatté piccato.

Brennan ghignò malevolo. –Non è una vostra decisione. Checché ne possiate dire o fare, voi non avete nessun potere per cambiare questo stato di cose. Tutto dipende da vostro zio e da Lady Mc Stone…voi non siete nessuno. Potete pure evitare di farvi vedere con lei…ma questo non muta l’accordo e, se siete un uomo, dovete comportarvi di conseguenza.- disse, ambiguo.

Lo yankee non rispose.

Fissò il viso pallido della signorina Escobar…e poi partì, dritto verso di lei.

 

 

 

 

 

Soledad era accorsa immediatamente, interrompendo la conversazione che aveva intrapreso con alcuni poeti e artisti che Madame Pertignac era solita ricevere nella sua casa. Aveva visto la sagoma sottile di Ester afflosciarsi al suolo come una foglia secca…e a quella vista, si era precipitata verso di lei.

-Cosa è accaduto?-domandò.

Madeleine era accovacciata verso la ragazzina, mentre tentava disperatamente di farle aria. –E’svenuta.-fece, ancora intenta a rianimarla un po’-Presto! Conducetela nel salottino attiguo. Tutte queste persone non le fanno bene.-

Soledad si fece di marmo.

-La porto io-disse l’americano, scatenando l’occhiata perplessa di Madame Pertignac.

-Ne siete certo, Mister Gillford?-domandò lei, con tono diffidente. Malgrado sapesse, non era comunque un atteggiamento appropriato.

Cedric non rispose.

-Fatelo allora- fece Lady Mc Stone con un sospiro, interrompendo quello stato di cose. L’americano, a quel permesso, la prese in braccio. Il corpo della signorina Escobar si adagiò morbido, nell’abbandono dell’incoscienza…ma lo yankee non vi badò e, incurante delle chiacchiere intorno, si avviò verso il punto da Madeleine indicato. La stoffa verde della gonna sbatté piano ai lati, accarezzando le sue gambe, fino a giungere al salottino poco distante dalla sala. Sgomento si guardò attorno. La musica era leggermente affievolita, come se fossero lontani da quel posto almeno un miglio…a quel pensiero, sbuffò.

Si adagiò sul bordo del divanetto, non prima di essersi assicurato di averla messa in modo composto. Cedric si massaggiò la fronte, teso per quanto avvenuto. La dama gli aveva permesso di far compagnia a sua sorella ma non voleva comunque comprometterla oltre. Era una situazione che lo avrebbe inesorabilmente ingabbiato in un’unione che aveva sempre aborrito...e lui ci si era buttato quasi senza pensarvi, come il peggiore degli sciocchi.

Un leggero mugolio lo riscosse dai suoi pensieri.

Due iridi verdi lo stavano guardando, con aria sgomenta e spaurita. –Come vi sentite?-chiese, senza avvicinarsi.

Ester si stropicciò il viso.

-Cosa ci fate qui?-disse invece con un tono privo di ogni inflessione, che lui non aveva mai sentito, accostato alla sua voce.

-Ho visto che siete svenuta. Sono venuto a sincerarmi delle vostre condizioni.-rispose, osservando il pallore.

La vide abbassare il capo.

-Non dovevate prendervi un simile disturbo, mister Gillford-fece,sentendo uno strano tremore prendere possesso delle sue mani…ma l’americano sembrò non accorgersene. Prese un bicchiere di acqua zuccherata che Madame Pertignac si era premurata di fargli avere.

-Mi hanno detto di farvi bere questo-fece, porgendoglielo- serve a darvi un po’di forze.-

Ester guardò il contenitore ma non lo afferrò.

Si limitò a fissarlo, con un filo di diffidenza e di qualcosa che non seppe bene come definire ma che permeava la signorina Escobar da quando aveva ripreso i sensi.

-Smettetela-fece infine lei, fissando un punto indefinito della stanza –smettetela di essere gentile con me perché siete costretto.-

A quelle parole, l’americano, solitamente dotato di una lingua assai sciolta, non seppe cosa rispondere. Ester non disse altro ma Cedric aveva come il sentore che qualsiasi cosa avesse detto, avrebbe finito con il fare a pezzi quella ragazzina…ma di andarsene in silenzio, quello no, non poteva accettarlo. –Qualsiasi cosa sia stata costruita sopra, dannata mocciosa, il mio comportamento non mira ad avere alcun vantaggio. Io non vi conosco e voi non conoscete me. Sono ricco a sufficienza da non aver bisogno dei soldi di vostra sorella, senza contare che io non amo Londra né la amerò mai. Il mio mondo è l’America e sarà sempre così…per quello che mi riguarda, voi non siete il centro dei miei pensieri.- disse, prima di allontanarsi stizzito.

Ester non rispose né fece alcunché per fermarlo.

Le parole di Cedric rimasero nell’aria, simili ad un fastidioso effetto eco che rimbombò nel suo spirito, provato dalla notizia che la Divina le aveva dato. Provava una profonda desolazione al pensiero di quanto era accaduto…tanto che non si accorse della porta che si era aperta.

Apatica, scrutò la dama dal vestito color pulce…e non poté non provare sgomento.

-Vi sentite meglio, Ester?-chiese questa.

La voce, morbida e gentile, scivolò dentro…togliendole il fiato, come quando si getta il sale sulle ferite. –Ho avuto solo un lieve capogiro.-fece, tentando di tenere a freno la rabbia che la logorava.

-Mi sono spaventata molto-disse la donna.

-Non dovevate-rispose Ester- sono cose che capitano.-

Vide l’espressione sgomenta…e questo fatto la rese rabbiosa. –Siete la mia tutrice.-rispose, fissandola con durezza.

Soledad si irrigidì.

-Ester…-provò a dire.

-Non dite altro- la interruppe lei- voi siete la mia tutrice. Tutto il resto non conta. Lasciate perdere.-

Con quelle parole, ebbe fine la conversazione.

 

 

 

Allora, il capitolo è finito. Spero che la storia continui a piacere. Ester ha un diverbio con sua sorella ed ora le cose si fanno ingarbugliate. I legami tra i personaggi sono complicati. Io non mi ci dilungherò oltre. Ho cominciato la sessione degli esami e mi aspetta un periodo assai impegnativo. Se avrete domande, fatemele pure. Io risponderò volentieri. Brennan e Cedric avranno i loro bei grattacapi, anche perché sono in una situazione assai complessa.

Con questo capitolo, comunque, ha termine il ritiro di Cedric. 

   
 
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