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Autore: drawandwrite    10/06/2013    3 recensioni
Ryan Gray è un normalissimo studente Americano, da poco trasferito in Giappone per studi specifici.
La sua vita viene da subito turbata da un incontro particolare, che lo spaventerà e ecciterà al contempo.
Nel frattempo le vite Di Nozomi, Komachi, Karen, Urara, Rin, e Kurumi trascorrono tranquille.
E così sarà finché la loro strada non si incrocerà con quella di Ryan Gray.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le braccia di Urara cinsero con forza il torace di Rin, mentre, per inerzia, la forza del volo di Syrup la sbilanciava vigorosamente indietro.
Rin, dal canto suo, non si faceva troppi problemi ad aggrapparsi sgarbatamente alle piume del diretto interessato, scoccandogli stilettate di dolore nel momento di brusche variazioni di volo.
La ragazza alzò il capo, sferzato dalla carezza violenta del vento e percepì le sue dita impalpabili spettinarle i capelli ribelli. Si sforzò di tenere alte le palpebre, di lasciare un piccolo scorcio per la propria vista, ma l’aria era forte e frustava prepotente gli abiti e le lacrime degli occhi.
Ancora non era riuscita a scambiare una sola parola con Kurumi, la quale sedeva a qualche centimetro più avanti, ritta come un fuso, incurante della resistenza schiacciante del vento. Non sapeva perché le avesse richiamate a bordo di Syrup con tanta insistenza, probabilmente, però, non si trattava di un nonnulla. Raramente La ragazza si agitava in modo tale, e quando lo faceva non era mai un buon segno. Che il nemico si fosse messo all’opera nuovamente?
Il volo si fece più rapido, le staffilate ventose più brutali.
Ad un tratto ci fu una discesa del tutto inaspettata che strappò un gridolino, in seguito soffocato dall’aria stessa, a Urara e che rischiò di spingere fuori bordo Kurumi, prontamente afferrata per il cappuccio da Rin.
-Syrup-  Protestò Kurumi, i voluminosi boccoli agguantati in una danza tra i vortici d’aria –Che diavolo ti salta in mente?- ringhiò aggressiva, riuscendo persino a sovrastare l’ululato del volo.
Non ricevette alcuna risposta se non una noncurante alzata di spalle (ali) che, per poco, non fu la causa di un capitombolo di circa una trentina di metri.
Kurumi rilasciò in risposta un gemito frustrato, ma lasciò cadere la breve discussione.
Rin grugnì, seccata, ma quando percepì il capelli ricaderle sulla nuca e le guance solo in parte sfiorate dalla carezza di una delicata brezza, si raddrizzò  e aprì gli occhi con soddisfazione.
Urara le stringeva ancora i fianchi in una morsa d’acciaio, e non mollò la presa nemmeno quando Rin l’assicurò che l’andatura si era fatta accettabile.
Kurumi assestò una gomitata al costato di Rin per attirare l’attenzione e lei, in risposta, dovette sforzarsi molto, ma molto, per non mollarle un pugno in faccia.
Si limitò a lanciarle uno sguardo di fuoco –che vuoi?- ringhiò, scrollando una rabbia che ancora non era assopita.
Lei ricambiò uno sguardo severo, alzando il mento con altezzosità, ma si costrinse a voltare il viso e ad indicare un punto preciso di fronte a loro.
Ancora prima di porgersi per poter scorgere di cosa si trattasse, Rin percepì un’angoscia infondata radicarsi all’altezza del petto, mentre un brivido gelido le rimescolava le viscere.
Con la coda dell’occhio vide indistintamente Urara portarsi una mano alle labbra rosee e sobbalzare leggermente.
Si sporse leggermente, imponendosi di non lasciarsi scappare un’occhiata verso il basso.
Un’aria gelida le afferrò le ossa, un’aria che non aveva niente a che fare con il clima.
Rin riuscì a sbirciare, buttando uno sguardo da sopra la spalla di Kurumi.
E lo vide, in lontananza.
Braccia oscure e inavvertibili di polvere corvina si dimenavano nel cielo, protendendosi verso il vuoto, serrando le dita sull’aria, tendendosi e ripiegandosi, per poi riavvolgersi in una spirale contratta avente la sua origine in un taglio netto, nero come il petrolio, abbracciato da un alone di luce blu, forte, che feriva la vista e attaccava gli occhi.
Pareva che qualcuno, con un pugnale, avesse tracciato un lungo graffio, squarciando la sostanza stessa del cielo, il tessuto limpido tappezzato di nuvole, persino i raggi del sole parevano incapaci di attraversare quelle tenebre tanto profonde.
Tutto pareva trascinato da dita nere, risucchiato, la realtà dava l’impressione di essere liquida, e rischiava di sciogliersi e colare all’interno dello squarcio.
Un lungo brivido gelido si arrampicò sulle vertebre di Rin, e la ragazza dovette distogliere lo sguardo dall’immagine per impedire che le squagliassero gli occhi, come ghiaccio al sole. Eppure quello sfondo cobalto la spronava a riaprirli e le sussurrava parole di incoraggiamento alle orecchie.
Si portò una mano agli occhi e voltò il capo.
Nel suo campo visivo entrò Urara, flebilmente oscurata dalla luce cupa, lo sguardo fisso e un espressione confusa in viso.
-Che diavoleria è?- sibilò Rin all’orecchio di Kurumi.
La ragazza sospirò –se la mia ipotesi è corretta, si tratta di un portale-
-un portale?- interloquì Urara, corrugando la fronte.
- Una specie di soglia. Come una porta che separa il soggiorno dal giardino- Kurumi, lanciò un rapido sguardo al portale, mentre l’angoscia si nascondeva nei tratti del suo viso.
-Dove conduce?- Domandò Rin.
La ragazza si voltò a guardarla con sguardo inquieto e tentò di cacciare un lungo sospiro –ad un’altra dimensione-
Rin inarcò le sopracciglia –Che tipo di dimensione?-
-Demoniaca- Rispose Kurumi secca e diretta –Quella diavoleria vomita demoni sul Giappone-
Rin si inumidì le labbra, mentre Urara fissava ad occhi sgranati il portale, palesemente spaventata.
-Quindi è questa la causa dei nostri problemi- sussurrò la bionda, sfiorandosi le labbra con la punta delle dita.
-C’è una soluzione?- incalzò Rin, senza staccare gli occhi dalla luce scura del portale.
Kurumi annuì –si- disse, ma una piega amara segnò il suo viso –ma è inattuabile-
 
Komachi urlò a pieni polmoni, proteggendosi la vista dalle schegge di legno che sfrecciavano impazzite.
Strinse il polso di Ryan e lo trascinò con forza fuori dalla nube, inducendolo a sgusciare da sotto l’ammasso di legna crollata.
Percepì chiaramente uno spostamento d’aria sfiorarle pericolosamente il viso, quindi il sibilo di un fendente a cavallo di un terrore freddo.
Continuò ad arretrare senza fermarsi, anche a costo di trascinare Ryan per il pavimento.
Il ragazzo, però, le fece il favore di alzarsi sulle proprie gambe.
A quel punto i ruoli si sostituirono: Ryan prese a trascinare Komachi in una folle corsa fra gli scaffali della biblioteca, braccati incessantemente da ringhi taglienti e passi pesanti.
 
Cure Aqua si fiondò sull’ingresso della palestra, ma la porta era solida e fermamente chiusa a chiave. Provò a forzarla con una spallata ma col solo risultato di ottenere ricambiato un contraccolpo terribile.
-E’ chiusa!- gridò a Cure Dream, la quale tentava inutilmente di far breccia nell’ingresso secondario.
La compagna ringhiò di frustrazione e tentò di scassinare la porta, ingaggiando nervosamente una sfida contro la maniglia, finché non le rimase in mano.
Accompagnata dallo sbraitare isterico di Cure Drema, Aqua aggirò la scuola tenendo sotto severo controllo la parete, fino a quando il suoi occhi non incapparono in ciò che stava cercando. Non esattamente un ingresso, certo, ma una finestra sarebbe potuta andare ugualmente.
Richiamò Dream e le indicò la finestra.
Lei annuì e, prima che Aqua potesse fermarla, sfondò il vetro con il Dream attack e fece irruzione nella palestra.
La compagna sospirò, esasperata, e alzò gli occhi al cielo.
-Non pensi che se avessi avuto intenzione di distruggere tutto, lo avrei fatto anche con la porta d’ingresso?- la canzonò, sarcastica, tentando di entrare attraverso lo strappo irregolare nella finestra che protendeva verso di lei fini frammenti taglienti.
L’interno era completamente buio e silente.
I passi di Cure Dream, da qualche parte inghiottita nel buio di fronte a lei, risuonavano quasi assordanti,  seguiti a ruota dall’eco ritmico assorbito gradualmente dalle pareti.
-E perché non lo abbiamo fatto?- rispose con voce acuta.
Aqua alzò entrambi le sopracciglia in una perfetta espressione incredula.
-Perché se ci fosse stato qualcuno all’interno l’avremmo trucidato- Urlò con ovvietà, mentre i primi dubbi prendevano ad affiorare nella sua mente.
Ci fu un attimo di silenzio.
Quindi Cure Dream comparve al suo fianco con un’espressione confusa dipinta in volto.
-Perché, non è forse questo lo scopo dei nostri attacchi?- chiese con un ingenuità da oscar.
Cure Aqua si arrestò sul posto, guardandola con uno sguardo compassionevole che tradiva la sua ammirazione verso il quoziente intellettivo di Nozomi.
-Beata ignoranza- commentò, tagliente, quindi riprese il proprio giro di perlustrazione, tenendosi lo stomaco che si ribellava con sempre maggior insistenza.
 
Ryan fu afferrato ai fianchi con violenza, e in un attimo gli manco il solido terreno sotto le suole delle scarpe. Urlò di terrore e non poté far altro che strattonare Komachi, saldamente ancorata a lui tramite una stretta di mano. La ragazza si voltò e gemette, sbigottita, quando il suo sguardo superò le spalle di Ryan e poté scorgere i nemici con cui avevano a che fare.
Si puntò sui piedi e, piegando leggermente le gambe, si sbilanciò all’indietro, traendo a sé il ragazzo con tutta la forza che aveva in corpo.
Una scossa di dolore attraversò Ryan, il quale si trovava a far parte di un terribile gioco alla fune fra bene e male. Lui era la fune.
La sua spalla era reduce da numerosi strattoni che comportavano un continuo movimento dell’osso e dei muscoli, i tendini bruciavano come tizzoni ardenti e le sue labbra si schiudevano seguendo il ritmo angosciante dei polmoni, stretti nella presa ferrea del nemico.
Con uno sforzo disumano riuscì a liberare un braccio dalle grinfie avversarie, che usò per agitarsi alla cieca, sperando ardentemente di colpire il proprio aggressore in un punto scoperto.
Fu proprio allora che vide le speranze sgretolarsi sotto i colpi del male.
Sul fondo, alle spalle di Komachi, intenta a mantenere la propria posizione, strisciò un’ombra, impacciata e sgraziata, gobba. Nel buio luccicarono due occhi freddi come ghiaccio, inumani, colmi di una crudeltà guidata dal puro e semplice istinto di una bestia.
 
-Come sarebbe a dire “inattuabile”?- sbottò Rin, irritata.
Kurumi  fece per parlare, ma un’esplosione di luce le inondò il viso per un attimo, togliendo il fiato a Urara, spettatrice di quello spettacolo agghiacciante.
Il portale si contrasse e prese a dimenarsi con più forza, dilatando lo spacco dimensionale e infondendo nell’aria un tremendo rumore, come di stoffa strappata, che irrigidì ogni muscolo delle tre e ferì i loro occhi con un’impietosa scarica di luce.
-Syrup!- implorò Kurumi, portandosi le mani agli occhi e gemendo di dolore.
L’amico, in forma di volatile, non se lo fece ripetere due volte e virò, dando la schiena al portale.
Quando furono ad un’opportuna distanza, Urara riaprì gli occhi con cautela e allentò la presa sul dorso di Rin.
-Che cos’è stato?- sussurrò con  un tremito spaventato nella voce.
Kurumi si accarezzò nuovamente gli occhi arrossati –Il portale accresce le sue dimensioni ogni minuto che passa-  Lanciò uno sguardo severo alle compagne –se non lo fermiamo finirà per inglobare il Giappone se non l’intero pianeta-
Quella rivelazione colpì Urara come un pugno alla bocca dello stomaco.
-D’accordo- interloquì Rin, prendendo un gran respiro e sbuffando tutta la tensione –Qual è la soluzione?-
Urara si voltò verso Kurumi, in attesa di una risposta che sperava fosse, almeno i parte, positiva.
Il viso della ragazza fu tagliato da un sorrisetto mesto –Ryan- 
  
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