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Autore: Friedrike    10/06/2013    1 recensioni
Romano Vargas è un ragazzo come gli altri, alle prese con il liceo.
E' stato bocciato ed ora è costretto a rifare il quarto anno, ma ancora non ha voglia di sottostare alle regole. E' un ribelle: non nel senso che si droga ed ubriaca. Nel senso che è un rivoluzionario. Non riesce ad accettare che ci siano pregiudizi o razzismi di alcun tipo e se si trova di fronte a qualcosa del genere, non può starsene zitto.
Ed è per questo che torna a casa sporco di sangue, circa una volta al mese.
Genere: Angst, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Nuovo personaggio, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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[Mi raccomando alle recensioni
Mi servono soprattutto stavolta, perché ho una domanda da fare: Vi danno fastidio le immagini? Sono troppe? Diteeemi! <3]





Tornare a Padova è sempre una specie di trauma per tutti loro. 
Si sono salutati all'aeroporto con Gennaro, Anna ed i loro genitori, mentre gli altri familiari li hanno salutati il giorno prima, nel pomeriggio. 
Nonno Roma rimarrà a Napoli ancora per un po', ha detto di dover controllare delle cose lì. E' come una presenza: si sposta di città in città ma rimane comunque vicino a tutti, tenendosi in contatto con la famglia per via telefonica. Nessuno sa cosa sia questa cosa che deve controllare e di certo nessuno sia aspetta abbia a che fare con la morte.
Il nonno si trova adesso al cimitero più bello della città, con lo sguardo chino su un'incisione. C'è ancora qualche raggio di sole nel cielo rossastro della sera, lui ha in mano una rosa dal colore arancione chiaro, tonalità quasi pastello.
Con un sorriso l'appoggia vicino la fotografia di una donna bellissima, che lui ha amato per quasi quarant'anni.
-Ciao, Emilia- la saluta. -Sai, i tuoi nipoti sono sempre più svegli... sono intelligenti, tutti quanti. Anche Nello, sì. Certo, il buon Dio c'ha un po', come dire?, voluto punire con questa sua malattia, però lui è sveglio, eh.  Suo fratello gli da fastidio, però gli vuole bene, ne sono certo. Così come Gennaro vuole bene ad Anna. Si è finalmente messo a lavorare seriamente... lei studia; ed è brava. Feliciano invece è cambiato moltissimo. E' molto più rilassato rispetto qualche anno fa, è felice e si vede dai suoi occhi. Ma quello che mi preoccupa di più è Romano.... Ah, Emilia cara, ne combina una dietro l'altra ed io non so più che fare. Nemmeno Rita e Raffaele lo sanno. E' da un po' che non ti aggiorno, eh? Sai, si è messo contro i fascisti. Ci pensi? Tutti gli insegnamenti che gli abbiamo dato da bambino, se li ricorda ancora. Ha difeso una ragazza, un gesto nobilissimo. Ed è finito in ospedale per lei, nemmeno la conosceva, pensa un po'. Lo hanno operato, è stato a riposo per quasi venti giorni, ora però è tornato a scuola. Dice di stare bene, ma secondo me non è così. E' un ragazzo forte e temo dimentichi i propri problemi dinnanzi quelli del fratello -e del mondo. Non dovrebbe farlo, ha solo diciannove anni, ha la sua vita da vivere, non deve spenderla per Feliciano. Si prende tutte le responsabilità! E' un così bravo ragazzo, sono fiero di lui. Vorrei solo stesse più attento... ma i rimproveri non li sente, se non sono i miei. Io non posso però stare sempre con loro. Io devo pur tornare qui a salutarti ogni tanto, ti pare? Sì, sì, lo so; devo pensare a loro in primis. Ma anche te mi manchi, oh! Ormai sono quasi sei anni che non ci sei più. Ti ho portato una rosa, hai visto?  Arancione, la tua preferita. Sarà meglio che vada, mo', si è fatto tardi. Ti amo tanto, Emilia cara. Ci vediamo tra qualche giorno.- 
Lo sguardo del vecchio s'è fatto più melanconico e lui non se n'è neppure accorto. 
Accarezza con due dita la foto della moglie, come se potesse toccar ancora i suoi capelli morbidi e belli, grigiastri e lunghi. Poi si volta e va via. 
Nota la lapide di un bambino, nella foto si vede ed è bellissimo. Come indicano le date incise su di essa, aveva soltanto due anni.
-Che Dio t'accolga in Paradiso- sussurra. 
 
 
 
 
 
 
Il quindicenne torna a casa con un'espressione nuova, quel giorno. 
Passata l'Epifania, sono tornati a scuola e hanno da poco ripreso il ritmo scolastico anche se fanno ancora un po' fatica. Comunque hanno a casa una serie di dolcetti e delizie diverse che li tira su di morale almeno un po'.
Gli occhi sono illuminato da una luce diverse ed il sorriso è decisamente più bello. 
Abbandona all'ingresso la borsa a tracolla nera, che continene ancora i suoi quaderni ed i suoi libri, il suo astuccio e la bottiglietta d'acqua, e si avvicina svelto al fratello, il quale è seduto sul divano a studiare per il giorno dopo.
-Romano, Romano, Romano!- lo chiama, accomodandosi vicino.
-Aspetta- gli dice l'altro. Finisce di fare l'ultimo rigo di traduzione dallo spagnolo all'italiano, dopodiché alza lo sguardo e lo punta sui suoi occhi. -Cosa c'è?-
D'un tratto le gote di Feliciano prendono una tonalità più rosea e lui abbassa lo sguardo, ancora felice. 
-Ecco... ci siamo baciati- gli dice, alzando di nuovo gli occhi.
-Cosa?- domanda d'istinto il maggiore. 
In una frazione di secondo però capisce, così mette da parte il libro, tenendo però il segno della pagina con la matita, e gli presta totale attenzione. -E che aspetti? Racconta, avanti.- 
-Dovevamo vederci oggi, dopo scuola, così finita l'ora di matematica...-
 
 
 
Appena suonata la campanella dell'istituto artistico, Felì lascia alla svelta la sua classe. Ha lo zaino, una borsa a tracolla, in spalla, ed è vestito meglio del solito. Ha dei jeans, una maglietta bianca ed un gilet nero sopra. Le scarpe e la cintura sono anch'esse nere, ma il giubbottino è bianco. Comunque non lo indossa. E' un po' agitato ed accaldato e non gli va proprio di metterlo. Così, a piedi, si muove svelto verso la fermata dell'autobus. E' almeno un anno che vede lì fermo quel ragazzo tedesco, un anno che lo scombussola dentro, quel tipo che ha scoperto solo di recente chiamarsi Ludwig. 
Un giorno, l'italiano ha borbottato qualcosa su quanto fosse in ritardo il treno e lui ha risposto, così hanno iniziato a parlare. Sono diventati amici, ma per quanto riguarda il quindicenne c'è qualcosa di più nel proprio cuore. 
Sono usciti solo un paio di volte e non sono mai stati sul punto di baciarsi; mai erano i loro visi così vicini. 
Arrivato alla fermata, lo vede lì. Gli sorride col solito suo sorriso dolcissimo e questo comporta una serie di reazioni diverse nel tedesco stesso, che non sa più cosa pensare di sè. L'altro è così bello, così dolce, ha quegl'occhio così teneri... lui non ha mai amato il contatto fisico, eppure quando Felì lo abbraccia non riesce a mandarlo via. 
Si avvicina a lui, senza sorridere, però con un'espressione palesemente rilassata. 
-Hallo... ehm, ciao- lo saluta, con tono forse un po' dolciastro.
L'altro ridacchia scoprendo appena i denti. -Hallo!- ricambia. -Andiamo? Ho un po' fame.-
Si mettono entrambi a camminare vicino, raccontandosi la propria giornata. E' una cosa che fanno tutti i giorni, mentre sono in autobus per tornare nelle rispettive case. Oramai l'uno conosce i compagni di classe dell'altro. E' strano: conoscono le loro mattinate, una per una, ma infondo dei loro dolori, delle loro delusioni, dei loro passati non sanno poi molto. Forse è perché ancora devono capire bene loro stessi. 
Ad ogni modo, prima di andare a mangiare, si siedono un momento in un parco vicino le loro scuole. E' un posto grazioso ed isolato. 
All'improvviso Felì si fa serio e lo guarda negli occhi. -Senti, Lud, devo dirti una cosa... non riesco più a tenermelo dentro.- Il cuore rischia di scoppiare nel suo petto. 
Il biondo annuisce e lo guarda a sua volta, incitandolo a continuare. Sistema lo zaino per terra e, seduto sulla panchina, si sistema meglio in modo da stare più comodo. Ha un ginocchio, il sinistro, coperto dai jeans, appoggiato alla panchina stessa, le mani in grembo. Ha una maglietta verde ed una camicia anch'esse a jeans, scarpe da tennis nere. 
-Io... Lud, tu mi piaci- farfuglia l'italiano arrossendo sulle guance. Vorrebbe tanto perdersi di nuovo in quegl'occhi, eppure qualcosa lo costringe a distogliere l'attenzione. Più probabilmente, questo qualcosa è la paura per la reazione dell'altro.
Ludwig spalanca un momento quegl'occhi belli ed azzurri che ha, poi però ragione per un istante."La ragione non serve, non adesso" pensa tra sé. Accenna un mezzo sorriso.
Appoggia la mano destra sulla sua guancia, per costringerlo a voltarsi ed appoggia le labbra alle sue. 
Ricambiato in modo dolcissimo il bacio, Feliciano non si sposta di un centimetro, ma gli chiede cosa succederà adesso. 
-Non lo so. Però anche tu mi piaci- risponde sincero l'altro. 
Il quindicenne appoggia la fronte alla sua, sorridendo. 
 
 


 
-Quindi ora state insieme?- domanda Romano. 
L'altro si accoccola tra le sue braccia, sorridendo. Poi ammette ridacchiando: - Non lo so, in questo momento non so neppure come mi chiamo.-
Il fratello accenna un sorriso e gli scompiglia i capelli. -Sono felice per te, idiota.-
Tuttavia, non è così contento per lui. Non è invidioso -lui può avere chi vuole quando vuole, più o meno.  
Quel tipo, quel tedesco, non lo convince poi tanto. E' che... lui è terribilmente geloso del fratellino, oltretutto nei suoi confronti è iperprotettivo. Ora che stanno insieme, lui e quell'altro, vuole vedere come vanno le cose. Se quel crucco  provasse a mettere le mani dove non deve, lui lo manderebbe in ospedale nel giro di tre minuti. Non deve inoltre permettersi di costringere Felì a fare nulla. Anche se è un adolescente, maschio per altro, non deve nemmeno pensare di andare oltre i baci con suo fratello. Non ora, almeno. 
Il suddetto fratello, va a fare la doccia, lui invece continua a studiare per tutta la sera. 
 
 
 
 
Superato il solito traffico della mattina successiva, Romie posteggia il motore davanti l'istituto classico, naturalmente in ritardo. 
Sbuffando, imprecando, bestemmiando, giunge finalmente in classe durante l'ora di italiano, e per fortuna l'insegnante non fa troppe storie. Ma per quanto ami quella materia, non ha voglia di seguire. Si siede subito, infatti, al suo posto accanto ad Elisa e le sussurra: -Ho da farti vedere una cosa. Dammi il tuo telefono.-
Lei riluttante gli mette in mano l'IPhone bianco con mille e più raccomandazioni, ché lo sa che lui con quei telefoni fa solo casini; è negato e per altro li detesta. La tecnologia gli è avversa, solitamente. Fatto ciò, la ragazza riprende a togliere svogliata le doppie punte dai capelli lunghi e lisci.
Lui, impiega almeno dieci minuti ad entare su facebook e trovare ciò che cerca, ovvero il profilo di un ragazzino biondo con gli occhi azzurri e dalle origini germaniche. Glielo mostra.
-E' carino, però è piccolo. Chi è?- chiede lei, coprende uno sbadiglio con la mano.  
-Il ragazzo di mio fratello- risponde l'altro, tirando fuori il libro e appoggiandolo al banco. 
-....Cosa?- 
-Il ragazzo di mio fratello- ripete Roma.
-E da quando è gay, tuo fratello?- 
Lei è piuttosto confusa, però capisce di dover abbassare il tono della voce.
Non ha problemi nei confronti degli omosessuali e di certo non ha problemi per Felì, è un bravo ragazzo e lo ha visto crescere. Sa però che non tutti la pensano a questo modo e non vuole che inizino ad insultarlo, anche perché Romie reagirebbe, e conoscendolo, reagirebbe malissimo. Non vuole si faccia male di nuovo. 
-Non lo so. E' un po' che ha dubbi... Ha pianto tra le mie braccia perché non sapeva che fare almeno due volte. Poi ha conosciuto questo tizio... dice che è dolce, che è bello, che è un bravo ragazzo-le spiega il migliore dei suoi amici. 
-Che è bello si vede- conferma Eli. 
-Non m'interessa. Mi basta che non tocchi mio fratello se a lui non va. Poi può fare il cazzo che gli pare-  
-Sarai mica geloso?- gli chiede ridendo. 
-Non sono geloso. E' mio fratello e deve fare quello che si sente di fare.-
Le ore continuano a passare e passano lente. 
I ragazzi della IVE sono appena rientrati dalla ricreazione e c'è ancora molto confusione tra le classi sprovviste di docenti che mantengano l'ordine. Neanche da loro il prof di spagnolo è giunto, così sono da soli. Una ragazza d'un tratto domanda: -Ma i viaggi d'istruzione, Roma? Ne sai nulla?-
Lui, essendo rappresentante d'istituto, dovrebbe saperne sicuramente in più rispetto a tutti gli altri. Alza lo sguardo dal cellulare e lo punta su di lei, chiedendole di ripetere, ché era sovrappensiero e non ha capito bene la domanda. 
Appresa la questione, risponde: -Al momento, io ed Alice non abbiamo ancora chiesto alla Preside. Non ci sembra il caso, abbiamo occupato da pochissimo. Facciamo tornare tutto completamente alla normalità e poi facciamo domanda, sperando che la preside accetti e non ci punisca per l'occupazione, il che è possibile.-
Salgono cori di protesta; s'inizia anche a fantasticare su un ipotetico viaggio. 
Elisa chiede a tutti chi può partire e chi no, giusto per iniziare a farsi un'idea.
-Se si parte, io non vengo- risponde sottovoce il migliore amico. Al momento vuole parlarne solo con lei. 
-Perché?-
-Perché forse parte mio fratello. E dato che tutti e due non possiamo, lascio andare lui, dato che non s'è mai mosso con la scuola.-
La ragazza gli molla uno scappellotto. -Coglione- esclama. -Pensa un po' a te stesso e lascia fare ai tuoi genitori.-
-Beh, poi si vedrà- borbotta.
La ragazza inclina il viso un po' di lato e s'appoggia alla mano, il gomito sul banco. "Smettila di essere così perfetto. Mi dai sui nervi" pensa tra sé guardandolo.
-Che c'è?- chiede lui.
-Nulla...- sospira. -Nulla. 
 
 
 
 
 
  
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