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Autore: Caelien    11/06/2013    9 recensioni
Loki x nuovo personaggio.
"Grazie per avermi dimostrato che non esiste ghiaccio che il fuoco non possa scaldare. Che non c'è niente di male ad avventurarsi nel cuore di un umano. Grazie per avermi insegnato che l'indifferenza non è un'arma verso qualcuno, ma verso se stessi. Grazie per avermi dimostrato quanto mi sia sbagliato per tutto questo tempo"
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano passate tre settimane dall’accaduto.
Pleione era tornata a lavorare nel grattacielo Stark; aveva un’aria confusa, stanca, avvilita, ma il suo lavoro non era mai stato così efficiente.
Forse perché era la sua unica valvola di sfogo; ancora non riusciva a spiegarsi tutte le sensazioni che provava, tutti i sogni che la tormentavano la notte.
La sua mente era un turbinio continuo di domande senza una risposta, di vaghi ricordi di cose mai accadute.
Ma non era da sola a sopportare tutto ciò: Bruce Banner le si era molto avvicinato, si era preso cura di lei.; adorava la sua compagnia, i suoi occhi  gentili e i suoi modi mai scortesi.  Sentiva qualcosa per lui, ma era un sentimento che non riusciva a esprimere, a delineare. Era come se si sentisse legata a qualcuno, o forse all’ idea di qualcuno. Tuttavia cercava di farsi forza e di stargli il più accanto possibile. Considerava il tempo passato con Bruce come una medicina contro quella strana apatia.
Alla fine di quella fredda giornata di Gennaio, Bruce la stava aspettando fuori dall’ufficio, come ogni giorno. Aveva in mano un mazzo di viole e non vedeva l’ora di consegnarlo a Pleione.
Bruce continuava a sentirsi un verme per quello che stava facendo; era ingiusto, terribilmente spietato, dover fingere.
Non poteva sopportare di starle accanto mentre sapeva che la sua mente era confusa, altrove. La amava molto, con tutto il suo cuore, ma sapeva che non lo avrebbe mai corrisposto sul serio.
Loki se ne era andato, ma aveva lasciato nell’anima di Pleione delle ferite che nemmeno tutto il suo amore avrebbe mai potuto guarire.
E ancora non riusciva ad accettare il fatto di starle mentendo spudoratamente sulla sua gravidanza.

Preso dai suoi pensieri, non si accorse di avere la ragazza alle spalle.

“Sei pensieroso oggi?”

Bruce sobbalzò; voltandosi rimase colpito dal bel sorriso di Pleione.

“Ciao Pleione. Queste sono per te… Come stai oggi? Tutto bene laggiù?”

Disse porgendole il mazzo di viole e  sfiorandole la pancia.
Pleione sorrise di cuore, annusando il buon profumo dei fiori. Si sporse verso Bruce e gli baciò la guancia.

“Sei stato gentile, mille grazie. Tutto bene, qui e laggiù ”

“Fantastico! Allora, dove ti va di cenare stasera?... Pleione?”

Bruce notò lo sguardo totalmente assente della ragazza, che fissava gli scalini davanti a sé quasi in lacrime.
Pleione ebbe un vividissimo deja vù; fece da spettatrice a una scena che non ricordava di aver vissuto. Eppure lei era lì in piedi davanti a sé stessa, abbracciata a una figura totalmente offuscata. Nel cercare di delinearla, avvertì una sensazione di vuoto dentro al petto, come se quel gesto gli stesse costando grande fatica e grande struggimento.
Per un solo istante vide una ciocca di capelli corvini; poi tutto svanì.
Erano di nuovo lei e Bruce, che ora la fissava preoccupato.

“Scusami, è che… Oh lascia stare. Direi che l’italiano potrebbe andare!”

Disse lei, sorridendo.
Bruce annuì facendo finta di nulla, anche se con reticenza, ed insieme si avviarono verso il Central Park, diretti al ristorante.


***

La serata era stata come tutte le altre da un mese a quella parte; piacevole, romantica, ma ancora Pleione, anche se regalava sorrisi in quantità al dottore, chiedeva dell’incidente. Sembrava stare lentamente accettando l’idea di aver avuto con lui una relazione prima dell’amnesia, ma voleva saperne di più.

Difatti, mentre passeggiavano verso Brooklyn, Pleione non fece mancare domande.

“Lo giuro Bruce, non riesco a ricordare cosa mi è successo. So solo che  non ricordo nulla dal mese di Ottobre… La mia memoria si ferma lì. La gravidanza poi… Come ho potuto dimenticarmi di una cosa simile.”

Bruce inspirò profondamente, prima di mentirle ancora.

“Presumo che il concepimento sia avvenuto qualche settimana prima dell’incidente… Poi un giorno, quando stavi tornando a casa dal lavoro, l’autobus su cui viaggiavi si è scontrato con un camion del Walmart. Hai sbattuto forte la testa e hai perso i sensi, oltre ad aver subito lesioni e fratture varie; subito la polizia ha chiamato la signorina Potts che si è assicurata che qualcuno ti trasportasse all’interno del grattacielo. Arrivata lì,  Stark mi ha immediatamente telefonato e mi sono precipitato da te. Sei stata in coma per quasi tre mesi… Ma incredibilmente, nulla di tutto ciò ti ha causato un aborto. La mia angoscia era inguaribile Pleione. Ho avuto paura di… Perderti, anzi, di perdervi..”

Disse, fissandole la pancia, che ogni giorno diventava sempre giù voluminosa.

Ormai sapeva il copione a memoria; recitava quelle parole come una cantilena, qualcosa di superfluo e fittizio. Tuttavia era vera l’angoscia provata dal dottor Banner in quei giorni di coma.
Quante volte avrebbe voluto mettere Loki con le spalle al muro, ed allontanarlo da Pleione.
Ma l’amava, non l’avrebbe mai fatta soffrire.
A forza di parlarle arrivarono davanti l’abitazione di Pleione.

“…È incredibile che io mi sia scordata di tutto questo. Ma ogni giorno ringrazio il cielo per averti accanto. Non so come avrei fatto a riprendermi senza il tuo sostegno.”

Disse Pleione, guardandolo con infinita dolcezza.

Bruce avrebbe voluto urlarle la verità e scappare; navigare nelle amorevoli iridi verdi di Pleione era la più bella delle sensazioni, ma non poteva accettarlo.
Da lei avrebbe voluto solo sentire brutte parole; d’altronde, credeva di meritare solo quelle.

“Non ringraziarmi, sei una ragazza forte, lo sei sempre stata.”

“Bruce…”

Disse all’improvviso Pleione, con un’espressione angosciata.

“Sì?”

“Io… Ricordo qualcosa. Sei stato con me a Montauk?”

Bruce ricordò cosa gli aveva accennato Loki: ‘Qualsiasi cosa lei ti chieda, qualunque cosa lei ricordi, vorrà sapere che tu eri con lei. È di fondamentale importanza che i ricordi dove lei era assieme a qualcuno, vengano colmati dalla tua figura.’

“Sì… È stato qualche tempo fa. Mi avevi portato a vedere la tua casa sul mare.”

“Oh, sì! Ricordo!”

Sorridente, Pleione abbracciò Bruce stretto a sé.

“Adesso devo andare Pleione, ci vediamo domani, d’accordo?”

Disse Bruce, esausto da tutto quel recitare.

“E se ti chiedessi di restare da me?”
Chiese Pleione, quasi sussurrando.

Bruce fu sconvolto da quella richiesta.

“Non so se è il caso… Sai, non vorrei che la tua memoria…”

Pleione scosse il capo.
Lo prese per mano e lo condusse all’interno della casa.

Una volta nella camera di Pleione, i due cominciarono a scambiarsi baci e carezze; lentamente si tolsero gli indumenti di dosso per poi ritrovarsi abbracciati nel letto di lei.

“Pleione… Voglio che tu sia certa di quello che stai facendo.”

Disse Bruce, con tono deciso.

‘Cosa sto facendo’. Continuava a ripetere nella sua testa, il dottore.
Era come abusare di lei, anche se i suoi sentimenti non erano finti. Non doveva essere lì, quella situazione stava arrivando al limite.
Anche in un momento come questo, in cui Pleione sembrava serena, felice, lui riusciva a scorgere negli occhi di lei un velo di malinconia e di apatia, che gli faceva più male di mille coltellate.
Con quale coraggio stava per fare l’amore con la ragazza incinta del Dio delle Malefatte?

Pleione si limitò a sorridere e ad annuire, inconsapevole di tutto.
Portò le sue labbra su quelle di Bruce, cominciando così una lunga notte d’amore.


***

“Il pranzo.”

Il vetro scomparve per un istante, soltanto per fare passare la ciotola col cibo all’interno della cella. Questa andò a fare compagnia alle altre ventinove dei giorni precedenti.

“Quante volte devo dirvi che non voglio niente…”

“Ordini di Odino.”

Si udirono dei passi allontanarsi.

Non mangiare, consumarsi lentamente senza che nessuno potesse dire nulla. Questa era la punizione che Loki si stava auto infliggendo.
Ogni cosa che avrebbe potuto rinvigorirlo, veniva da lui prontamente rifiutata; non trovava una ragione per provare benessere, dopo quello che era successo.
Aveva ingannato per tanto tempo, ed ora qualcuno aveva ingannato lui, magistralmente.
Quando, al cospetto di Thanos, venne scacciato e trattato come un infante illuso, si sentì meno della feccia, con l’anima marcia, immeritevole di vivere.
Il ricordo di quegli istanti gli consumava la mente, ogni secondo, ogni minuto, ogni ora, ogni giorno.
Arrivò al cospetto del mostro subito dopo il suo folle gesto.
In lacrime, con l’orgoglio e il cuore feriti a morte; Thanos lo fissava con un sorriso oltremodo maligno.

‘Hai ceduto, alla fine.’

‘Non infierire. E ora dimmi cosa devo fare.’

Loki si asciugò le lacrime velocemente.

Thanos rise.

‘Disperarti, dimenarti, scappare se vuoi.’

Loki lo guardò sospettoso.

‘Cosa intendi?’

‘Lo vedrai… Venite a prenderlo!’

Un gruppo di guardie Asgardiane, che Loki riconobbe immediatamente, si avvicinò a passo svelto verso di lui. Compresa ormai la trappola, non tentò neppure di opporre resistenza. Non trovava la forza di farlo.


‘E ora che farai Dio degli inganni?’

Loki lo fissava con occhi colmi di odio, mentre veniva immobilizzato.

‘Se le farai qualcosa… Se le torcerai un solo capello…’

‘La midgradiana era solo un espediente. Ti ho messo in trappola, e questo mi basta.’
 
Adesso era solo, rinchiuso in una cella di Asgard, senza voglia di reagire a quello che la vita gli stava procurando. Riempiva le sue giornate con i più disparati pensieri; cosa stava succedendo su Midgard? Cosa stava passando Pleione senza di lui? Thanos l’avrebbe lasciata in pace?
Con la mente in subbuglio, i giorni passavano lenti, bui, e il momento in cui avrebbe dovuto incontrare Odino era giunto.
Padre Tutto aveva deciso di incontrarlo per chiarirgli le condizioni della sua reclusione; la sua esecuzione era stata immediatamente da lui messa fuori discussione. Loki aveva agito meschinamente, ma era pur sempre suo figlio. Si limitò a rinchiuderlo nella cella più isolata delle intere prigioni Asgardiane, senza molte cerimonie, non appena le guardie arrivarono.

E qui, il Dio degli inganni si tormentava coi dolci ricordi dei giorni passati su Midgard; non riusciva a scordare, nemmeno con tutta la sua volontà, gli occhi di Pleione, i suoi capelli e i suoi gesti. La sua voce risuonava nelle sue orecchie, rompendo l’inquietante silenzio che lo avvolgeva. Il ricordo di loro due assieme, abbracciati nudi nel letto, era assassino. Come ogni giorno, pensando a ciò, si asciugò le lacrime dal viso, quando una voce lo fece sobbalzare.

“Loki.”
Odino era di fronte alla sua cella, con un’espressione indecifrabile sul volto.

“Ebbene? Quale sorte mi attende?”

Disse Loki, apatico.

“Ho bisogno della tua attenzione. La faccenda è più intricata del previsto.”

“Oh, e come potrebbe esserlo ancora più di prima? Hanno richiesto la mia testa appesa sopra al tuo trono, padre?”

L’ultima parola venne pronunciata da Loki con incredibile astio.

“Loki, tu ricordi lo stato della ragazza midgardiana, quando sei sparito?”

Chiese Odino, pacatamente.
Loki girò gli occhi, ricolmi d’odio, verso Odino, con un’espressione quasi assassina sul volto.
Di scatto si alzò in piedi e mise il suo viso quasi attaccato al vetro della cella.

“Ti stai prendendo gioco di me, vecchio?! Ancora non lo capite? Non voglio più ricordare, non voglio più nemmeno vivere, da quando ho ridotto Pleione in quello stato! Come credete che mi senta?! Soddisfatto? Potente? Appagato? Io, Padre, desidero stare qui, in silenzio, immerso nei miei tormenti, senza che nessuno possa interrompere il mio lento lasciarmi andare. Aver complottato con Thanos non è stato abbastanza per te? Per gli Asgardiani? Cos’altro devo patire, cosa devo sentirmi rinfacciare ancora? Possibile che io non possa torturarmi in pace?!”

Loki sputò il suo sfogo con il viso tremante e le lacrime che gli sgorgavano lungo il viso, incontrollabili.
Odino non riconobbe il figlio;  non per il viso deformato dalla rabbia, ma per la sua… Umanità. Per la prima volta in tanti anni, Loki stava provando il dolore provocato dall’amore. Non più rancore, non più odio, ma amore.
Lasciò che riprendesse a respirare regolarmente, prima di parlare.

Inspirò profondamente.

“Loki, la midgardiana aspetta un bambino.”

Gli occhi verdi giada si spalancarono.

“Non sei ancora stanco?!”

Urlò con tutta la sua voce, Loki.

“Loki… Il bambino è tuo.”

Disse Odino in un sussurro, quasi fosse spaventato da quello che stava dicendo.

La reazione fu esattamente quella che si aspettava; Loki cadde in ginocchio, fissando il pavimento, incredulo, con gli occhi quasi fuori dalle orbite, ma pregni di lacrime.
Com’era accaduto? Coma aveva potuto farsi sfuggire una cosa del genere? E come avrebbe mantenuto il patto con sé stesso, di non cercare Pleione mai più.

“È necessario comunicarti come procedere, figliolo. Il bambino non può rimanere su Midgard.”

Ma Loki era sordo a qualunque suono, tranne a quello del suo cuore, che batteva fremente nel suo petto.

“Io… Devo andare da lei…”

Continuava a ripetere, come se fosse stato un mantra.
Si sentiva morto dentro; aveva abbandonato la ragione della sua felicità, della sua ritrovata serenità, e con lei quello che sarebbe stato finalmente il frutto del loro amore.

“Come ho potuto…”

Gli ripassarono davanti a gli occhi tutti i momenti in cui aveva stretto, baciato, abbracciato Pleione. Pensò a quante volte aveva dato per scontato il fatto di essere con lei, quasi gli fosse dovuto.
Come al solito, pensò, non ho saputo sfruttare al meglio la mia occasione, quella più importante della mia vita; essere felice.
Alzò gli occhi verso Odino, che ora lo guardava con compassione.

“Fammi andare da lei… Ti prego.”

“Loki, il bambino deve essere portato ad Asgard, è un semi dio, non può rimanere su Midgard. Una volta qui, potrai vederlo, ma non crescerlo. Quello spetterà a tua Madre.”

Disse con tristezza.

“Ma non potete… Non potete portarle via suo figlio. Ha già sofferto abbastanza a causa mia, ne morirebbe! Lascia che vada da lei, a costo di non poter più tornare.”

Loki era disperato ed Odino con lui.

“Forse questa volta imparerai dai tuoi errori, Loki. Questo è tutto.”

Odino si voltò, scomparendo verso le scale.
Le grida di Loki furono del tutto inutili, i suoi insulti verso il padre men che meno e dopo quelle che gli sembrarono eternità di urla disperate, si accasciò esausto al suolo.

“Perdonami Pleione… Sono un mostro.”

Sussurrò l’asgardiano.
 
 






“Non lo sei Loki.”

Sussurrò Pleione nel sonno.








Note: Oh cielo, dopo mesi e mesi di indecisione eccomi qui. Non so come scusarmi per la mia assenza, ma meglio tardi che mai, no? Che dirvi... Spero di essere rimasta la stessa, di non aver deluso le vostre aspettative, di aver reso al massimo. Devo ringraziare Babsi e Jo per avermi spronata a continuare questa storia, che con tanta fatica e amore ho portato avanti e lo farò fino alla fine.
Grazie davvero di essermi rimaste accanto, tutte voi.
Crys.
   
 
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