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Autore: Gipsy Danger    11/06/2013    3 recensioni
Tengo gli occhi spalancati. Non fa differenza. Sono stata cieca fino ad un istante fa, passeggiando sulla lastra troppo sottile sul lago dietro alla fattoria. Questo è il prezzo che devo pagare – ma non smetterò di guardare, non posso, non ora.
In ogni scheggia di cristallo, di vetro vedo la casa che va a fuoco.

April&Leo!Centric, ispirato all'issue #11. No pairing.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Water Lilies'
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Crystallize

{Rosso come il sangue,
bianco come le ossa;
rosso come la solitudine,
bianco come il silenzio;
rosso come i nervi di una belva,
bianco come il cuore di un dio;
rosso come l'odio che sgorga sciogliendoti,
bianco come il dolore che ti agghiaccia;

rosso come l'ombra che divora la notte,
come un sospiro che trapassa la luna.

Splende di bianco, si spegne di rosso}

I always saw better when my eyes were closed.

È buio, qui sotto. Trattengo il fiato e non vedo nulla, anche sforzandomi. Una luminosità bluastra e livida che splende di bianco alle mie spalle, cala nel nero sotto di me, senza inizio e senza fine. Il limite con la superficie è una linea di gesso – e io l'ho calpestata.

Si vede meglio ad occhi chiusi.  Io ho passato il confine.

Sento l'acqua gelida invadermi a fiotti le falde dei jeans, infilarsi a forza sotto la giacca, strapparmela di dosso. Non so se siano i miei stessi capelli o serpenti di ghiaccio, quelli che mi fluttuano intorno alla faccia. Tengo gli occhi spalancati. Non fa differenza. Sono stata cieca fino ad un istante fa, passeggiando sulla lastra troppo sottile sul lago dietro alla fattoria. Questo è il prezzo che devo pagare – ma non smetterò di guardare, non posso, non ora.

In ogni scheggia di cristallo, di vetro vedo la casa che va a fuoco . In ogni scheggia vedo il sangue nero schizzato sul tappeto, le crepe della vetrina. I libri strappati, calpestati, la ringhiera della scala che si  frantuma sotto quattro fendenti mirati alle mie costole. Forza bruta. Forza cruda, precisa, oculata.
In ogni scheggia ci sono mille mani e mille occhi, mille riflessi dell'armatura di Shredder.

Se chiudessi gli occhi qui sotto,  diventerebbe tutto reale.

Fa freddo, nell'acqua, ma è un freddo che presto intorbidisce e rallenta ogni cosa. Smetto di battere le gambe a vuoto - presto? Tardi? Non lo so. Le mani che premono sulla crosta sottile che si sta già riformando sopra di me sono pallidi spettri, non mi appartengono. Il risucchio liquido mi forza i timpani, cola fra i ricordi e i pensieri.

Tutto tace. Ogni cosa. Perfino la scia di bollicine che sale verso l'alto, mentre perdo la presa. Mentre la luce si affievolisce, con i suoi riflessi crudi e bianchi di ossa, ridendo della mia sciocca pretesa di essere una persona normale, una ragazza normale, una donna normale -

Shredder ride e questa è una guerra. Nessuno ne è escluso.

Don. Miky. Raph. Casey e Splinter.
Leo.

Me.

E poi qualcosa si stringe sulla mia manica e tira, tira forte, come se dovesse estrarmi a forza da quest'utero tranquillo, in mezzo agli specchi di ghiaccio in cui il Second Time Around lancia bagliori rossi nel cielo nero e grigio di New York, dritta contro il gauntlet di Shredder, più vicina – più vicina -  verso i frammenti e il fumo della memoria, perché la April del ricordo, quella rimasta nel negozio è morta, io no.

Io no, io no, io no.

Splende di bianco, si spegne di rosso.

L'impatto con l'aria è un'esplosione. Qualcuno grida, e finché non ho la testa fuori non mi rendo conto che sono io, che ho strillato per tutto questo tempo, anche sott'acqua. Gli schizzi mi schiaffeggiano le orecchie, il gelo è una vampa di fuoco. Ogni centimetro della mia pelle brucia. Grido ancora, stavolta di dolore – ma mi aggrappo. Mi aggrappo alla mano che mi ha afferrato il bavero, pianto le unghie sulla pelle verde che la copre, liscia, umida, e mi tengo stretta, stretta, stretta, scalciando.

“Leo!”

“Tieniti! Tieniti, non mollare!”

“Leo, non mi lascia andare!” Non ho fiato. Ogni parola è una pugnalata fra le costole, una scarica di sofferenza. Le

gocce d'acqua sono ghiacciate, le mie lacrime le sciolgono. “Non mi lascia andare, non ce la faccio, non ce la faccio-”

Non lo vedo, ma lo sento. Sento la mascella di Leonardo che si comprime così forte da scricchiolare, lo sforzo che gli irrigidisce i muscoli. Risucchia un respiro fra i denti, cede – e io affondo di nuovo, e stavolta sono sicura che niente e nessuno potrà riportarmi a galla.

Poi tira. Di scatto. Sono un turacciolo di sughero che sobbalza fuori dall'acqua. Questo è il bordo zigzagato del foro nel ghiaccio che mi azzanna lo stomaco. Ora le gambe, strinando i nervi. Ho perso una scarpa. Non so dove l'altra si sia fusa al mio piede – sono un grumo di stoffa e pelle gelate, senza sensibilità. Senza forza.

E adesso siamo in due, sul ghiaccio solido. In due, vivi. Ho ancora le unghie conficcate nella sua spalla, non riesco ad aprire la mano. Sento piccole mezzelune di sangue caldo gonfiarsi sotto le mie dita.

“L-l-l-leo-”

Non risponde, ma nemmeno lui ha mollato la presa. Mi chiude le braccia attorno e tremiamo, entrambi, di adrenalina, di freddo, di paura. Eravamo così vicini. Così vicini a non tornare indietro.

“Leo.”

“Shh. Ti ho presa.”

Mi ha presa. Una frase così piccola, insignificante - vale il mondo, per me, come il tessuto sdrucito che si è buttato di traverso addosso per proteggersi dal gelo e la curva rigida del suo mento premuto sulla mia fronte. Chiudo gli occhi e mi rannicchio contro di lui. Mi ha presa. Va tutto bene.

“Non voleva lasciarmi andare,” soffio.

“Shredder?”

Neve che scrocchia. Mi ha trascinata fino alla sponda del lago. Le zolle di terra nera e dura sono quasi calde – fanno venire voglia di sdraiarsi e rimanere lì, in attesa del sonno. Tremo ancora, ma sono calma. Sono ferma,dentro, come quell'acqua che stava per uccidermi. Potrei morire anche ora, con le dita blu e i denti che battono, ma devo rispondergli. Mi ci costringo, per non addormentarmi.

“No...tutto il resto. Tutto quello che è successo.”

Leo tace , un silenzio di comprensione. Lo lascio andare, perché sto cominciando a fargli male. Mi immagino le quattro striature di sangue sulla sua spalla, in mezzo alle miriadi di cicatrici lasciate da altri.

“Andiamo a casa.” mormora, sfregandomi le mani fra le sue. Calli di allenamento e scarificazioni - cuoio liso, la sua pelle. Sta facendo come mio padre, quando mi venivano i geloni. Come facevo io con Robyn. Andiamo a casa, April. Andiamo a casa. Don ha rimesso a posto la caldaia. Ci sono perfino le coperte, adesso. La fattoria non sarà mai buona come il Second time Around, ma è quanto più ci assomiglia ora, e io annuisco, lasciandomi prendere in braccio come se avessi ancora sei anni. 
Leo aggiusta la presa senza scuotermi, ogni movimento lieve, cauto. “Ti porto io, ok? Ma tu resta sveglia, Ape. Resta sveglia ancora un po'.”

“Mh.”

“April. “

“Promesso.”

Intuisco un sorriso, leggero, veloce. Uno di quei sorrisi che non penseresti mai di strappare a lui, se non in faccia alla morte. Mi solleva, e so che manterrò la promessa: non mi addormenterò. Lo farò, perché adesso vedo. Shredder è lontano. Della casa, delle mie cose,  non resta che cenere intrappolata nel ghiaccio.
Io sono ancora viva.

“Grazie.”

Leo non risponde. Mi ha sentita, ne sono sicura. Come sono certa di aver sentito il suo bozzo d'indecisione e colpa fratturarsi intorno a lui, come cristallo.
Questo mondo non smetterà di fargli male, ma niente e nessuno gli impone di non restituirgli colpo su colpo - è vivo. Siamo vivi. Staremo bene.

Ho ancora paura, ma ora non fa più male.

*

1° maggio 1987.

“Non riesco a credere che sia già passato un mese da quando sono caduta nel lago ghiacciato...e ancora di più da quando ho cominciato a tenere questo diario. Me la sono passata brutta, quella volta. Ora niente sembra avere importanza. Ho cominciato a scrivere per cercare di ricostruire ciò che ho perso nell'incendio. Dopo la mia nuotata invernale (ah ah!) ho capito quanto poco contassero gli oggetti che avevo accumulato durante la mia vita.

Pensavo fossero tutto ciò che avevo al mondo.

Non era vero.

Ho me stessa e i miei ricordi.

Poi ho degli amici, dei veri amici, a cui tengo – e che tengono a me. Sarò sempre al loro fianco e loro saranno sempre al mio. Siamo un gruppo, siamo una famiglia...unita.

Probabilmente questa sarà la mia ultima pagina. Volevo solo scrivere qualcosa alla fine...qualcosa che desse un senso a quanto ho scritto fin'ora.

La vita sa essere buona.

La vita va avanti."




NA

Sono nuova, eppure non lo sono affatto. Ho cominciato a scrivere in quello che è stato il mio fandom prediletto alle medie, e all'università - ad anni di distanza dall'ultima long fic sulle TMNT, mi capita di rimettere mano su questa. Chissà che non sia il preludio ad altro *guarda tutte le long fiction seppellite nell'archivio da un pezzo*. Potrebbe essere la volta che faccio resuscitare certi reperti storici del tardo giurassico. Meh.
La shot è vecchia di mesi e sul momento non m'è piaciuta affatto; è palesemente ispirata agli eventi del fumetto originale della Mirage Comics, Issue # 11 del Giugno 1987, che sono stati ripresi in parte anche dalla serie animata del 2003, ambientato subito dopo la fuga da New York del gruppo. Una passeggiata sul ghiaccio costa a April un bagno nell'acqua gelida di un laghetto appena dietro alla fattoria di Casey, facendole rasentare la morte. L'evento è scongiurato da Leo, e pare mettere fine sugli effetti del trauma subito a New York.

E' una April diversa da quella che presenta la serie, e ho voluto mantenere tanto la data originale del fumetto che l'atteggiamento del personaggio originale. L'ultimo estratto è preso direttamente dal fumetto, ed inserito ad hoc. Manco a dirlo, l'idea per il titolo e il soundtrack è reperibile [qui], tra i brani di dubstep di Lindsey Stirling.

Mi sembra di aver detto tutto. Ringrazio chiunque passerà, anche se è già una soddisfazione essere tornata al mio fandom d'origine, almeno per un po'. E spero davvero che questa non sarà l'ultima storia che vedrà la luce qui.

*Ninja Vanish*
   
 
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