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Autore: moonwhisper    29/12/2007    4 recensioni
Nessuna scelta ora, è troppo tardi.
Lascialo andare, ci ha rinunciato...portami via.
La vita sembra irreale. Abbassando lo sguardo a volte ci si sente meglio...
Il mondo è spacciato ma a me non interessa perché...io sono con te.
La prima volta, è successo troppo velocemente.
La seconda volta, ho pensato che sarebbe durato.
Siamo tutti così in modo un po' diverso...
Soli...Insieme
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tom rientrò a casa verso le sei del pomeriggio, era raggiante. Lui e Andreas avevano comprato i biglietti aerei per tutti e sei, meta: un’isola greca sperduta nel Peloponneso.
Durante la cena Tom non fece altro che ridere e scherzare. Pensava sicuramente a tutto il divertimento che li aspettava…non sembrava preoccuparsi di altro in effetti.
I sensi di colpa non li colpirono immediatamente. I loro occhi si incontrarono più volte, cercando una giustificazione plausibile nell’altro.

Le settimana seguente fu…confusa, pericolosa, eccitante.
Ogni volta che Laura e Bill si trovavano da soli facevano l’amore. Erano i loro cuori a cercarsi e i loro corpi a trovarsi.
Tom era occupato con l’organizzazione del viaggio, Simone con il lavoro.
Ore di battiti…respiri e battiti.
In cuor loro avevano già deciso di rimandare, rimandare quello che avrebbero dovuto fare. Non se l’erano mai detto ad alta voce. Bastava guardarsi per capire.

Partirono nel weekend.
Simone li accompagnò personalmente all’aeroporto dopo aver litigato mezz’ora buona al telefono con Saki e Angela. Al Check-in incontrarono Gustav, Georg e Andreas. Laura fece conoscenza con quest’ultimo. Sembrava un ragazzo a posto, il genere di persona che poteva essere amica di Tom e Bill senza farsi troppi complessi.
Il viaggio in aereo fu stancante. Bill e Andreas erano seduti dietro di lei e Tom, e Gustav e Georg davanti a loro.
Tom era su di giri.
Atterrarono in un aeroporto sgangherato di una piccola città greca, e da li presero il traghetto per l’isola di cui Laura non riusciva a ricordare il nome. Ad ogni modo nome o no, appena arrivarono, fu certo che fosse stupenda.
Era circondata da spiagge dorate e mare cristallino per chilometri e chilometri. Sembrava disabitata, ma fu evidente che non era così quando una guida li accolse nel porto. Li accompagnò a “casa” loro. Era una costruzione ad un piano solo, dai muri dipinti di un bianco abbagliante e le imposte delle finestre di un azzurro intenso quasi quanto quello del cielo. Si trovava su una sorta di collinetta arida.
Mentre si aggiravano per la casa lussuosa, piena di tendaggi candidi, cuscini di lino e divani bianchi, non potevano sapere che il conto alla rovescia era ormai cominciato.

-Noi andiamo!- esclamò Tom dall’altra stanza, un angolo della sua tavola da surf che spuntava da dietro il muro.
-Ciao!- rispose Laura ingoiando l’ultimo sorso di latte freddo.
Attese che tutto fosse silenzioso, poi riempì un altro bicchiere di latte e raggiunse Bill nella sua camera.
Appena entrò nella stanza lui aprì gli occhi. Ogni volta riusciva a sorprenderla, era come se non facesse altro che aspettarla.
-Buongiorno- disse Laura sedendosi sul letto. Bill sorrise. Era bello, di quella bellezza delicata, sottile.
-Tieni, ti ho portato un po’ di latte- disse porgendogli il bicchiere.
-Grazie – rispose lui. Bevve, e quando scostò la bocca dal bicchiere gli rimasero due sbaffature bianche sulle labbra.
Laura rise.
-Che c’è?!- chiese Bill appoggiando il bicchiere sul comodino. Laura non rispose, continuò a ridere.
-Ah si? Mi prendi in giro?- Bill cominciò a farle il solletico. Laura si accasciò accanto a lui.
Era felice, davvero, per la prima volta nella sua vita. Ed era lui a regalargli la sua felicità, solo perchè esisteva, solo perchè l'amava.

Gustav rientrò a casa soddisfatto. Era riuscito a fare tantissimi scatti, e parecchi dovevano essere usciti molto bene.
Appoggiò il marsupio che conteneva la macchina fotografica sul tavolo e fece per andare in camera quando…
No. Non era possibile.
Si immobilizzò sul posto, nell’atto si sollevare una gamba.
Era a pochi passi dalla stanza di Bill. La stanza dalla quale provenivano le risate soffocate di Laura.
In pochi minuti quelle risate divennero respiri, e i respiri gemiti. Gustav riprese istantaneamente il controllo di se stesso.
Afferrò il marsupio ed uscì.
Dannazione. Dannazione!
Ma come potevano essere stati così deficienti?
Faticava ancora a credere a quello che aveva scoperto.
Laura e Bill…proprio loro.
Si passò una mano sul viso.
Si…proprio loro…forse c’era da aspettarselo. In fondo erano i più simili. Ma no ma cosa stava dicendo?! Lo aveva appena scoperto e li stava già giustificando!!!
Assurdo.
Ed ora? Cosa farai adesso?
Fu quando vide quelle tre sagome in lontananza che decise.
Tom, Georg e Andreas stavano tornando a casa.
Prese in fretta il cellulare e digitò il numero di Tom. Vide i tre fermarsi.
-Ehi Gustav…dimmi!- rispose Tom a voce alta.
Gustav imprecò dentro di se.
Stava per sbagliare. Ed il bello era che lo sapeva, ne era pienamente cosciente.
-State già tornando Tom?- chiese.
-Si perché?-
-No…perché…avevo pensato di venire a farmi due onde anche io…-
-Ma stamattina non avevi detto che preferivi andare a fotografare la natura o quelle cazzate li?-
-Si ma ora ho finito…non mi va di andarci da solo. Mi ci accompagnate?-
-Si, si, ok dai…raggiungici in spiaggia. Sai dov’è-
Non seppe perché aveva tratto quel respiro di sollievo.
Vide i tre ragazzi voltarsi e tornare indietro.
Il più silenziosamente possibile raccolse il suo costume e la sua tavola da surf, cercando di convincere le sue orecchie a tapparsi da sole visto che aveva troppa roba in mano.
Si avviò verso la spiaggia con lo stomaco sottosopra.
Guai…grossi, grossissimi guai.
 

-Si! Poi non contento Georg ha sbattuto la faccia contro la mia tavola da surf mentre sollevava la sua…-
Tutti risero.
Era almeno mezzanotte. Si trovavano sul terrazzo, attorno ad un lungo tavolo che fino a mezz’ora prima era stato pieno di strane cose da mangiare dal sapore squisito.
Laura non ricordava di aver mai mangiato tanto. Si guardò intorno. Erano tutti abbronzati tranne Bill. Le aveva detto che non le piaceva molto prendere il sole. Lei, Andreas, Gustav, Georg e Tom invece avevano le guance rosse tipiche dei primi giorni di vacanza al mare.
Il buonumore regnava sovrano sui commensali: Tom aveva appena finito di fare l’imitazione di Georg che si riprendeva dalla botta contro la tavola da surf.
Dopo una decina di minuti Andreas andò a letto, dichiarando di essere troppo brillo per continuare la conversazione. Lo salutarono.
Tom si spostò sulla panca e prese Laura, che era seduta di fronte a Bill, in braccio.
-Ti è piaciuta la cena?- le chiese a bassa voce. Laura vide con la coda dell’occhio Bill che si voltava verso Georg e Gustav.
-Molto- rispose sorridendo. Sapeva che Bill stava ascoltando. Lo capiva.
-Sono contento- disse Tom. Poi la baciò nel suo solito modo, troppo passionale, troppo poco dolce. Prima credeva di conoscere la dolcezza dei baci, delle carezze, ma in realtà conosceva solo quelle di Tom. Dopo Bill, dopo le loro ore nascoste e rubate al tempo, dopo i suoi abbracci, dopo i suoi sguardi, tutto ciò che credeva di aver visto in Tom era scomparso. I baci erano ancora più vuoti. Il sesso in realtà dolce non lo era mai stato.
Sorrise ancora, quel groppo in gola che quasi la soffocava, facendola impazzire, da un mese, tutte le volte che lui la toccava e l’”amava”, credendola ancora sua.
-Ehi Tom senti questa- Georg richiamò l’attenzione di Tom sulla conversazione che lui e Gustav stavano intrattenendo.
Laura sollevò piano gli occhi dalla mano di Tom che gli cingeva la vita. Bill era già li, già la guardava.
Forse era quella la loro debolezza, la cosa che li distruggeva. Il riuscire a capirsi in quel modo così repentino e pulito, riuscire a vedere come attraverso uno specchio d’acqua i pensieri dell’altro.
Lui accennò un sorriso triste. E Laura sentì il suo cuore dilaniato dai rimorsi e dall’amore. Dall’impossibilità di alzarsi e poterlo baciare, davanti a tutti. Dalla finzione, dal dover nascondere quel sentimento.

Bill la guardò. Ogni giorno era più bella senza volerlo, ogni giorno il loro amore cresceva, e ogni giorno lui moriva un po’ di più. Vedeva suo fratello toccarla, baciarla, sollevarle appena il vestito sotto il tavolo. Passava notti insonni fuori dalla sua camera, il più lontano possibile dalla stanza di Tom. Non voleva sentirli, non voleva sentirli o sarebbe impazzito.
Quando non stava con lei sopravviveva e basta. Passava ore ed ore a rimuginare, a pensare a cosa stavano facendo, dove, perché. A volte gli nasceva l’idea di troncare tutto, di mettere un punto a quella situazione assurda. Un minuto dopo si malediceva. Non ce la faceva, non ce la poteva fare. Perché ormai Laura era entrata nel suo sangue. Anche per poco, ma DOVEVA averla. Doveva avere lei, la sua risata, i suoi capelli tra le mani. Doveva ascoltare i suoi pensieri sul cielo e sulle stelle, le sue paure.
Forse era il principio della pazzia.
Gli unici attimi in cui DAVVERO viveva, era quando la stringeva tra le sue braccia e sentiva il suo profumo, sfiorava la sua pelle che sembrava così sottile…
Rimasero a guardarsi. Non volevano lasciarsi, anche l’abbandono di uno sguardo era diventata una cosa sempre più difficile.
Bill scorse Tom ridere dietro la spalla di Laura. Lei si accorse che lo stava guardando.
Fu quando i loro occhi si incrociarono di nuovo che capì cosa voleva dirgli.

Lo stiamo uccidendo Bill. Ogni nuova ora del nostro amore è una pugnalata nella sua schiena…Lo sai? E lui…lui lo merita davvero?
Le lacrime le salirono agli occhi in un istante. Laura abbassò lo sguardo e una goccia d'acqua cadde sulla tovaglia bianca.

Era stata una lacrima a far nascere il loro amore…forse era stato un presagio.
Bill spostò lo sguardo nel vuoto. Sentiva il bisogno di urlare. Avrebbe voluto piangere anche lui. Ma non era ne il luogo, ne il momento.

-Ehi Gustav, perché non prendi la tua macchina fotografica e ci fai uno scatto?- chiese ad un tratto Tom. Georg sorrise e annuì.
-Già! Bell’idea! Non sei del tutto coglione eh Tom?- disse. Tom gli lanciò un tappo di vino bianco in testa.
-Stai un po’ zitto tu va’…stronzo- rispose con nonchalance –tu che ne pensi?- chiese con tutt’altro tono a Laura.
-Oh, mi sembra un’ottima idea- rispose. Quanti sorrisi sarebbe ancora riuscita a fare quella sera? Sentiva che tutta la sua volontà di fingere stava svanendo.
Si alzarono e si spostarono sulla panca vuota dall’altra parte del tavolo. Lei si sedette, poi al suo lato sinistro si mise Tom, e al suo lato destro Georg. Dietro di loro Bill si appoggiò allo schienale della panca, sfiorandole appena le spalle con le dita.
Gustav caricò l’autoscatto e appoggiò la macchina fotografica sul tavolo.
-Georg passa dietro in piedi, fai sedere Bill, è troppo alto- disse mettendosi dietro Tom. Bill e Georg effettuarono lo scambio.
Nel secondo esatto dello scatto tutti sorrisero, e una mano bianca, delicata, si poggiò su quella di Laura.
 

Tom dormiva. Finalmente.
Laura scivolò silenziosa fuori dal letto e si rivestì. Si sentiva sporca. Sporca in un modo insopportabile. Anche quella volta era stato un supplizio. Sembrava non finire mai. Aveva cominciato ad odiare il contatto con la sua pelle.
Uscì dalla stanza.
Aveva sentito Bill uscire dalla camera accanto almeno mezz’ora prima, eppure non aveva osato alzarsi: Tom aveva chiuso gli occhi da appena dieci minuti. In quell’ultimo periodo gli era sembrato più ansioso. Ma a suo parere non sospettava ancora nulla…forse aveva solo paura di ciò che non capiva di lei.
Non trovò Bill da nessuna parte. Aveva cominciato a preoccuparsi, quando ad un tratto capì.
Uscì dalla porta e si avviò verso la spiaggia.
La luce lunare era talmente forte da illuminare come un lampione ogni cosa. E in ogni caso non aveva mai avuto paura della notte. Spesso e volentieri per lei era stata fonte di protezione e riposo.
Raggiunse la piccola spiaggia dove andavano a farsi il bagno ogni giorno. Si trovava in un’insenatura stupenda, dal fondo basso e l’acqua di quell’azzurro pallido, dove la mattina nuotavano banchi di pesciolini argentati.
Lo vide immediatamente. Era seduto sul bagnasciuga, le ginocchia strette al petto e una mano che giocava distrattamente con la sabbia umida.
Lui la sentì quasi subito. Ma non le regalò uno dei suoi sorrisi.
Laura avvertì lo stomaco stringersi, il cuore saltare un battito e poi cercare di recuperare il controllo da solo. Ma non ce l’avrebbe fatta. Solo con Bill ci riusciva…solo con lui...e basta.

-Cosa succede?- chiese flebilmente. Aveva paura della risposta. Tanta quanta non ne aveva mai avuta.
Lui non rispose subito. Ci mise un po’.
-Non resisto più Laura. Non ce la faccio, sto troppo male…- Bill circondò le gambe con le braccia e la guardò. Il riflesso della luna sull’acqua gli illuminava il viso.
Laura affondò le dita nella sabbia. La stava lasciando? Era così che cominciava quel tipo di discorso? Non lo sapeva…non poteva saperlo in effetti. Aveva paura di toccarlo…se non avesse sentito più quel suo calore?
-Per cosa?- chiese. Sentì la sua voce tremare. Si odiò.
-Non lo so dannazione…non lo so- rispose Bill esasperato –io non sopporto di vederti con lui. Prima sembrava accettabile…ma adesso no. Quando ti tocca, quando ti bacia io…io…mi sembra di impazzire…- Bill guardò l’orizzonte stellato – sento che vorrei odiarlo…ma non posso. È mio fratello. Mio fratello capisci? L’unico che c’è sempre stato, il mio unico amico. Non posso odiare mio fratello. Ma non so più se non lo faccio perché la mia coscienza me lo impone o perché gli voglio ancora bene sul serio…- Bill sospirò.
Laura abbassò lo sguardo.
Non piangere. Non piangere cretina inutile.
-Vuoi che…- avrebbe voluto dire “ci lasciamo”. Ma loro non erano mai nemmeno stati veramente insieme. –vuoi che chiudiamo tutto qui?- era la domanda più semplice del mondo, ma la risposta la faceva già tremare.
Sulla spiaggia cadde improvvisamente il freddo. Un freddo orribile.
Poi di nuovo il suo buon profumo addosso, il suo viso appoggiato contro il collo, braccia che la cingevano.
Era quella l’unica risposta in cui aveva sperato.
Si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Bill la dondolò in quell’abbraccio.
-Non posso. Non posso più fare a meno di te…morirei- Bill l’allontanò da se per guardarla negli occhi –Ti amo-
Un bacio. Tenero.
-Ti amo anch’io-
Fu una cosa naturale da dire. Le parole le scivolarono dalle labbra sincere, sentite. Laura sapeva che era vero. Non riusciva ad immaginare nessun altro da amare. Poteva esserci solo lui, solo Bill…per sempre.
Si baciarono ancora e caddero sulla sabbia.
Laura si rifugiò fra le braccia di Bill, l’unico posto dove si era mai sentita protetta. Era quella, quella la sua vera casa.

Bill la tenne stretta a se, come se stesse custodendo qualcosa di prezioso.
Sentiva il suo respiro caldo e dolce contro il collo, il suo corpo che si alzava e si abbassava a ritmo regolare.
Solo quello, solo quello gli bastava per amarla: che vivesse.
Perché? Perché era dovuto nascere tutto in quel modo?
Come poteva esserci qualcosa di così sbagliato in quel sentimento che li univa?


La vacanza trascorse in fretta fra bagni, notti in bianco e foto.
Senza che se ne accorgessero agosto arrivò e con lui l’orizzonte di numerosi impegni che già cominciavano ad accavallarsi uno sull’altro, in previsione dell’arrivo di settembre.
Laura e Bill rimandarono ancora quel momento di cui avevano cieco terrore.
 

Rimandare a volte ci sembra la scelta più giusta, e di solito è sempre troppo tardi quando capiamo che non lo era affatto.

  
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