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Autore: Molly182    14/06/2013    2 recensioni
Edward alzò la testa e puntualmente i nostri occhi s’incontrarono e mi sorrise.
Erano le persone come lui che mi mettevano davvero a disagio. Erano sempre così sorridenti, sembrava che andasse tutto bene finché sei insieme con loro, ma poi ti ritrovi da sola e tutto è così triste, scuro, grigio. Non ci sono più sfumature ma soltanto un unico colore che ti divora all'interno e la sensazione di nostalgia verso quelle persone che riescono a cambiarti la giornata, che ti fanno sembrare la vita meno schifosa del solito.
E sapevo che ci sarei ricascata, mi sarei lasciata trasportare dalla sua positività se solo mi fossi lasciata avvicinare e avessi dato retta ad ogni sguardo che mi mandava mentre cantava.
Il fatto che fosse un bravo musicista rendeva ancora più difficile la cosa.
"Posso darti una mano?" , mi chiese Edward seguendomi per i tavoli.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chap 6
Quella mattina mi alzai più rilassata che mai, avevo dormito benissimo ed ero riuscita a non pensare a dove diavolo fosse finito Edward in questi giorni. 
Dopo quella sera al locale non si presentò la mattina successiva a casa mia, tanto meno quella seguente. Sembrava essere sparito nel nulla e forse – questa volta – per la volta giusta.
Il non averlo più attorno aveva i suoi lati positivi, mi stressava di meno e soprattutto non avrei più litigato con qualcuno per motivi futili, ma ogni medaglia ha due lati, infatti c’era anche una parte negativa della sua scomparsa. Avere così tanto tempo a disposizione mi faceva riflettere, una cosa che avrei dovuto impedire fin dall’inizio. Pensai a quali fossero realmente le ragioni della sua scomparsa e del perché, quando glielo chiedevo io, non lo faceva.
Lui era quella persona che mi bloccava per diventare una persona migliore. Da quando lo avevo incontrato la mia vita era tornata quella di sempre: perennemente di cattivo umore e con la luna girata, finché non decideva che era ora di tornare a casa sua, e allora tutto tornava a posto. Ma questa volta non sarebbe dovuta andare così, era veramente ora di cambiare, ma ogni volta sembrava non essere mai quella giusta.

La colpa non potevo attribuirla al destino o a Edward. La colpa, del resto, era mia perché non ero ancora riuscita a stare bene con me stessa.
Così decisi di alzarmi dal letto evitando di guardarmi allo specchio. Percorsi il piccolo corridoio e sentii degli strani rumori provenire dal soggiorno. Immediatamente alzai gli occhi per capire chi diavolo stesse facendo tutto quel baccano in casa mia e lo vidi.
Ero totalmente confusa. Cosa ci faceva qui?
"Buongiorno", mi disse sorridendo seduto al tavolo da pranzo. Il suo sorriso sembrava così rilassato, sincero, come se fosse stata la cosa più naturale di questo mondo, ma con che coraggio mi diceva ciò?

Quasi due settimana senza vederlo. Era sparito nel nulla e tutto quello che mi aveva detto era stato solo 'Buongiorno' con il suo solito sorriso che gli avrei volentieri tolto prendendolo a schiaffi.
"Forza, siediti", mi invitò cordialmente vedendomi immobile in mezzo alla sala.
"Cosa ci fai qui?"
"Passavo da queste parti...", rispose alzando le spalle e bevendo una tazza di the fumante. "Avanti, siediti, non vorrai mica farmi fare colazione da solo"
Andai a sedermi al tavolo davanti a lui. Non sapevo cosa pensare.
"Non trovi che oggi sia una bellissima giornata?" , chiese continuando a mangiare. "Londra non è mai stata così soleggiata"
"Come sei entrato?"
"Vuoi del caffè o preferisci del the o una ciotola di latte e cereali?", continuò a dire non togliendo gli occhi dalla sua tazza.
"Edward!", lo richiamai. "Come diamine hai fatto ad entrare?", solo in quel preciso istante alzò i suoi occhi azzurri e li fece incontrare con i miei furiosi. 
"Con le chiavi di scorta che lasci nel porta ombrelli"
"Come diavolo..."
"Sono andato ad intuito"

“E come hai trovato il mio appartamento?”
“Mi vuoi fare il terzo grado?”
“Mi sembra anche ovvio!”
“La signora al piano terra mi ha detto dove abitavi”
"Perché sei entrato?"
"Ho immaginato che stessi dormendo e non volevo svegliarti"
"Potevi passare più tardi o magari scomparire come hai fatto fino adesso"
"Ok, hai ragione!", disse posando la sua tazza di the sul tavolo ma tendendola stretta, come se potesse scappare via da un momento all’altro. "Non dovevo scomparire, non dovevo mandare all'aria l'impegno che mi ero preso con te, non dovevo farti arrabbiare e probabilmente non dovevo portare Alice al locale"

“Per questo non dovresti essere neanche qui”
“Forse...”, rispose alzando le spalle. “Che importanza ha ormai?”
"Come sta?", chiesi cercando di essere il più indifferente possibile.
"Sta bene"
"Sembra simpatica"
"Già", sospirò. “E con Toby come va?”

“Siamo buoni amici”
Tra noi cadde il silenzio più assoluto. Eravamo lì come due buon amici a fare colazione insieme in una splendida giornata di sole a Londra ma non parlavamo. La tensione si poteva tagliare con una piuma. Era tutto così sbagliato, tremendamente sbagliato. Lui non doveva essere qui e io non dovevo parlare con lui. I piani si stavano ribaltando e sapevo che ben presto sarei rimasta ferita semplicemente perché stavo iniziando a fidarmi di lui.

Non mi spiegavo il perché voleva complicarmi la vita,  perché aveva deciso di stravolgermela. Non mi spiegavo il perché non riuscivo ad odiarlo completamente pur avendomi mentito un paio di volte.
"Edward..."
"Oggi potremmo fare qualcosa…", disse contemporaneamente a me.
"Perché sei qui?"
"Te l'ho detto, passavo da queste parti e...", iniziò a dire. "Ok, è vero che passavo per di qui ma è stata una cosa volontaria"
"Cosa intendi?"
"Ieri ho ricevuto una chiamata dal mio agente, hanno anticipato il tour e volevo salutarti"
"Quando parti ?", chiesi alzandomi dalla sedia e iniziando a riordinare. Ultimamente lo facevo spesso per tenermi occupata.
"Domani", disse seguendo ogni mio movimento. “Starò via per molto tempo”
Lo sentii alzarsi e posarsi dietro di me. Percepivo il suo respiro sul collo e le mani sui miei fianchi.
"Quindi tra meno di ventiquattrore…"
"Esatto", mi voltai verso di lui sciogliendomi in quei pezzi di cielo che aveva al posto degli occhi.
"Non giocare con me"
"Maddy non sto giocando"
"Allora cosa stai facendo?"
"Volevo passare un po' di tempo con te prima che me ne andassi"
"Non sono la persona più appropriata...", dissi scivolando via dalla sua presa.
Attraversai il corridoio e andai nella mia stanza da letto, chiudendomi la porta alle spalle. Se fossi stata lì per un po' di tempo magari se ne sarebbe andato stufo di aspettarmi. Magari si sarebbe arreso e mi avrebbe lasciato da parte, come era giusto che fosse.

Aprii la finestra per cambiare aria e mi vestii, indossavo ancora la mia tuta/pigiama. 
Ormai erano passati diversi minuti e restare distesa sul letto faceva perdere la condizione del tempo.

Un po’ ci speravo che Edward se ne fosse andato, ma non era quello che volevo realmente. Una parte di me voleva che fosse ancora di là, in cucina, ad aspettarmi con una videocamera e pronto a dirmi: ‘Sei su Candid Camera! Fai un bel sorriso per chi ti vede da casa!’. Immagino che questo non sarebbe stato possibile, anche perché apparirei come una stupida ragazza che si era fatta prendere in giro da uno stupido ragazzo.
"Maddy...", mi chiamò aprendo leggermente la porta. Vedevo i suoi ciuffi rossi fare capolino.
"Entra..."
Fece dei piccoli passi e in pochi secondi lo vidi disteso di fianco a me con le braccia incrociate dietro alla testa a contemplare il soffitto come stavo facendo io.
"Volevi scappare?"
"Ci avevo pensato, ma sarebbe stato stupito fuggire da casa mia"
"In effetti non avrebbe molto senso"
"Verrà anche lei in tour con te?", chiesi.
"Farà solo due settimane e poi tornerà qui"
"Capisco..."
"Mi mancherai!"
"Edward...", dissi alzandomi dal materasso. Mi sentivo alquanto scomoda e stretta nonostante fossimo ognuno nella propria porzione di letto.
Guardai fuori dalla finestra ma non riuscivo a pensare ad altro. Quelle parole avevano un certo peso soprattutto dette da lui che era fidanzato con una splendida ragazza che probabilmente amava.

Quel ragazzo era entrato nella mia mente senza neanche chiedere permesso e ora la stava rivoluzionando come più gli piaceva. I miei pensieri erano così confusi come un quadro futurista, erano confusi e senza un filo logico. Mi sentivo così stupida.
“Dove vai?”, mi chiese vedendomi uscire dalla stanza.
“Esco”
“Aspetta”, mi rincorse afferrandomi per un braccio. “Ho detto qualcosa di sbagliato?”
“No, tu…”
“Non te ne andare…”, mi chiese con un tono di voce così dolce da far sciogliere anche il più compatto cuore di ghiaccio nell’intero Mondo. Sembrava un cucciolo con quello sguardo implorante e quella vocina così sottile. Mi stavo facendo abbindolare di nuovo da un ragazzo qualunque, ma tra tutti, lui era il migliore!

“Edward, io veramente non capisco….”
“Te ne andrai?”
“Come?”
“Avevi detto che quando le cose andavano male tendevi a scappare, te ne andrai anche questa volta?”, chiese non distogliendo i suoi occhi azzurri dai miei. “Te ne andrai a New York?”
“Non lo so”
“Promettimi che ti ritroverò qui quando tornerò”
“Non credo che sia una buona idea”
“Tu fallo!”
“Edward, non credo che tu sia in una posizione adatta per dirmi quello che devo fare o non fare”
“Hai ragione ma ti chiedo solo questo”, riabbassai lo sguardo incapace di sostenerne il suo. “Sono serio”
“Se ti dico di sì, mi lascerai in pace?”
“Pensavo che avevamo superato questa storia?”
“Forse…”
“Quindi posso intuire che la tua sia una risposta affermativa?”
“Edward…”
“È il mio nome, smettila di ripeterlo”, disse quasi seccato. “Rendi le cose più difficili…”
“Adesso cosa stai dicendo?”, gli chiesi non capendo.
“Sto cercando di dire delle parole giuste, io dovrei essere un maestro nel trovare le parole ma mi sembra così difficile”
“Non capisco qual è il tuo problema”
“Scherzi?”, mi chiese colto all'improvviso. “Ti ho esplicitamente chiesto di aspettarmi e tu non capisci il mio stupido comportamento?”, scosse la testa dandomi le spalle. Si passava una mano tra i capelli scompigliandoseli tutti come se stesse cercando le parole adatta da dire. “Forse dovrei andarmene…”
“Ed!”, lo chiamai.
“Ed?”, ripetette guardandomi di nuovo. “Te ce ne è voluto di tempo!”, rispose sorridendo a quelle due lettere che componevano il suo nome.
“Cosa stavi cercando di dirmi?”, gli chiesi.
Una parte di me aveva capito perfettamente cosa voleva dirmi ma l’altra voleva sentirselo dire chiaramente, voleva esserne sicura prima che iniziasse a realizzare filmini mentali su come la vita potrebbe essere fantastica con lui al suo fianco, ma tutto era solo una futile illusione dove rintanarsi. Nulla di più che pura fantasia!
“Cosa volevi…”, gli richiesi ponendoli di nuovo la domanda, ma non riuscii a concludere la frase. Con due semplici passi si era piazzato davanti a me e le sue calde mani avvolgevano il mio viso così come le sue labbra coprivano le mie.
Tutto in quel preciso istante si fermò. Le auto che sfrecciavano fuori dalla finestra, gli uccellini che cinguettavano, i minuti, i nostri respiri, i battiti del cuore.
Ogni minimo rumore proveniente dall’esterno sembrava come coperto da qualcos’altro di origine sconosciuta. Mi sentivo come in una bolla isolata.
I miei occhi si chiusero e le mie braccia caddero lungo i miei fianchi. Rimasi immobile come impietrita da quel bacio improvviso.
Non restai a pensare a quanto fosse sbagliato baciare Edward tanto meno a quale sarebbero state le conseguenze dopo la sua scomparsa negli Stati Uniti per diversi mesi.
Al momento sembrava esserci solo noi due e in fondo era piacevole, ma c’era sempre la mia parte razionale che prendeva il sopravvento della situazione e avrebbe rovinato tutto.
   
 
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