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Autore: drawandwrite    14/06/2013    3 recensioni
Ryan Gray è un normalissimo studente Americano, da poco trasferito in Giappone per studi specifici.
La sua vita viene da subito turbata da un incontro particolare, che lo spaventerà e ecciterà al contempo.
Nel frattempo le vite Di Nozomi, Komachi, Karen, Urara, Rin, e Kurumi trascorrono tranquille.
E così sarà finché la loro strada non si incrocerà con quella di Ryan Gray.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Con un gemito frustrato Ryan diede un formidabile colpo di reni, torcendo il busto e centrando in pieno la bestia che ansimava alle sue spalle e che lo stringeva con violenza, trafiggendo vesti, pelle e muscoli con terribili artigli acuminati. Ogni minimo movimento procurava irritazione nel suo corpo, smuoveva gli artigli estranei e dilaniava il tessuto muscolare, scoccandogli alle tempie fitte brucianti.
Un verso acuto e stridulo scosse i timpani di Ryan, mentre con gran sollievo percepiva le grinfie del nemico scivolare lentamente al di fuori del proprio corpo, graffiandolo con uno straziante attrito.
Komachi diede uno strattone più forte e riuscì ad allentare la presa nemica, districandolo da quella trappola mortale. La forza della ragazza fu tale che entrambi finirono a terra, l’impatto estirpò ogni possibile respiro a Ryan e la sua mente fu intrappolata in una gabbia impenetrabile di dolore pulsante, mentre il sangue abbandonava, lento e viscoso, i suoi fianchi, infliggendogli colpi di sofferenza ritmici.
La morsa alla sua gola si schiuse per un secondo, lasciando trapelare un gemito strascicato, le forze presero a venirgli meno, l’energia nel suo corpo scemò gradualmente, iniettandogli nelle vene un’agitazione squassante.
Percepì vagamente Komachi agitarsi sotto il peso del suo corpo, quindi afferrarlo per il busto e faticare a liberare le proprie gambe.
-Ryan?- la sua voce giunse ovattata, quasi lontana.
Il ragazzo si sforzò di mettere a fuoco il viso della ragazza, ma i suoi sensi erano indirizzati interamente ai suoi  fianchi, al dolore cocente, e al caldo sangue che gli avviluppava il corpo con una terribile carezza.
Il suo udito catturò dei movimenti veloci e abili di Komachi, un tessuto strapparsi, quindi avvertì le ferite tamponarsi, il sangue assorbirsi e il dolore bruciante al contatto farsi più vivo, prepotente.
Si sentì nuovamente afferrare, la ragazza tentò di rimetterlo sui suoi piedi, gemette in un estremo tentativo di sorreggerlo, ma Ryan riusciva malapena a rispondere ai propri istinti: il cervello scoccava ordini che i muscoli ignoravano, le braccia si rivelavano pesanti come macigni e la maglietta appariva aderente al busto, resa greve dal sangue che appesantiva il tessuto e afferrava lentamente anche il blu dei suoi jeans.
Improvvisamente, un lampo di luce, un boato graffiante e l’urlo di Komachi.
Acuto, agghiacciante, disperato.
Ryan sbarrò gli occhi, la vista si schiarì in un secondo, aprendosi come un sipario di fronte al suo sguardo. Si accorse di essere prono a terra, riverso in una pozza di sangue, il suo sangue,che impregnava di un rosso terrificante le pagine dei libri, bianche, in un contrasto tanto forte da fargli male agli occhi.
Il suo viso si contrasse interamente, mentre la sua coscienza vagava disperatamente alla ricerca della più piccola fonte di energia, per tenere gli occhi aperti, per rialzarsi, per essere d’aiuto. Si sforzò di ruotare sul fianco destro stringendosi convulsamente le ferite, velate della stoffa ormai pregna di rosso, futile tentativo di Komachi, patetica via di salvezza.
Gemette nuovamente, i suoi sensi vagavano senza un ordine preciso, distratti dal dolore intenso.
Poi un’ondata di energia lo travolse, lo colpì come un mare in tempesta, squassandolo e agitando il suo intimo. Un’ondata impalpabile, percepibile solo a lui, comprensibile solo per lui.
E una sensazione familiare. L’aria attorno al suo corpo vibrava, elettrica, quasi frizzante, una lieve luce rifulgeva flebile, di una sfumatura naturale; verde come le foglie, come il primo stelo d’erba che combatte il freddo autunnale, come il tenero bocciolo di un ciliegio. Grigio, traslucido, come la brezza mattutina, come il vento d’autunno, come un vortice d’aria. Bianco, come il cielo d’inverno, come le nuvole soffici, come la nebbia vellutata. E poi blu, come il pelo dell’acqua increspato, come un ciclone marino, come il cielo di notte, spazzato dal vento.
Rilasciò un mezzo sospiro mozzato. Il dolore era straziante, lo afferrava, lo dilaniava con le sue fauci ardenti, giocava con la sua resistenza.
Forse stava delirando.
La testa gli ciondolò di lato. Una mano fresca si posò sul suo petto, una voce dolce, venata di panico, lo incoraggiava, lo spronava a resistere, a combattere.
Komachi.
Strinse con forza i denti, fino a sentirli scricchiolare sotto la pressione.
Un boato ovattato si fece strada fra l’aria densa, colma di energia. Poi un altro. E un altro ancora.
Spalancò nuovamente gli occhi, senza essersi reso conto di averli mai serrati, un fulmine illuminò la sua mente, schiarì i suoi pensieri, colmò il tutto con immagini passate, fauci, grinfie, ringhi, tentacoli, veleno.
E ancora la sensazione di smarrimento, si sentiva isolato, solo, incapace. Un inetto. Era esposto come una chiocciola senza il suo guscio.
Il suo corpo pareva un buco profondo, involucro vuoto, riempito solo da emozioni passeggere, sentimenti che gli sfioravano l’anima e svanivano, come folate di vento.
Con uno sforzo disumano puntò i gomiti, poi i palmi, issò il torace, il busto.
Davanti a lui si ergeva inflessibile Cure Mint, creava lunghi dischi taglienti, chiari di energia frizzante, e li scagliava contro i nemici, imperterrita, barcollante sulle sue gambe, eppure ancora in piedi.
Era già successo. Era già stato pedina di quella situazione, intagliata in profondità fra i suoi ricordi.
Cure Mint affrontava tre bestie, due delle quali gobbe, scheletriche, le ossa risaltavano fra la pelle sottile come spuntoni, il cranio pareva un gonfiore, ricoperto di una ragnatela pulsante di vene, scure, interrotto solo dagli occhi ,rossi come braci, incastonati in convessità tanto scure da parere pozzi. Balzavano da una parete all’altra con incedere agile ma gobbo, accosciato.
Il terzo, dalle fattezze generali di un volatile, sfrecciava con insistenza, perforando le sue difese e ferendola ripetutamente, strappandole gemiti strazianti.
Gli occhi verdi di Cure Mint si posarono su Ryan, in una muta richiesta d’aiuto.
Confuso. Stordito.
Verde.
Come foglie agitate dal vento.
Grigio.
Come la brezza.
Bianco.
Come le nuvole a cavallo delle correnti.
Blu.
Come l’acqua in un ciclone.
Frizzante.
Come l’aria in tempesta.
Si sentì gelare. Ma non era una sensazione sgradevole. Era fresco. Un fresco che lo inebriava, lo distoglieva dal dolore e chiudeva le sue ferite. Ora era traboccante. Colmo di energia, ma al contempo leggero e sottile.
Ali di farfalla.
Si agitavano frenetiche, dettando il ritmo del suo respiro, creando un vortice nel suo petto, infondendogli un’intima sensazione di potere e capacità.
Chiuse gli occhi e sorrise senza motivo. Un’ondata piacevolmente ghiacciata scosse il suo corpo. Non sentiva il bisogno di respirare. Era colmo d’aria.
Davanti agli occhi scorse volute fresche danzare ad un ritmo suo, incastrarsi in sinuosi grovigli per poi svanire, aumentare d’intensità e ricomparire, persistendo in un piacevole gioco su sfondo bianco, luminoso.
Improvvisamente l’intensità aumentò, afferrandogli le tempie con due blocchi di ghiaccio, creando una pressione insopportabile nella sua gabbia toracica, le scie giocose nella sua vista si gonfiarono, minacciose, presero un colore scuro, e lo accecarono.
Ma lui aveva già gli occhi chiusi.
Percepiva chiaramente una spinta dall’interno verso l’esterno rompere le barriere con la realtà, strisciante dentro di sé, avvertì il bisogno di sfogare l’energia che torturava il suo corpo.
Le sue dita cominciarono a dolere con forza, le punte parvero voler scoppiare, Ryan giurò di aver udito il suo sterno crepitare.
Urlò di dolore. Fino flagellarsi la gola, strinse i pugni, conficcò le unghie nella carne.
Dolore.
Dolore.
Dolore.
Era allo stremo. Il legame con la realtà era sottile, una corda debole. Non ricordava in che luogo era. Non ricordava chi era.
Bianco.
Freddo.
Desiderò un fuoco. Desiderò il fuoco per scaldarsi.
Desiderò il cremisi di Rin.
Ryan corrugò la fronte, il corpo frustrato da colpi d’aria terrificanti.
Chi era Rin?
Gemette, percepì una lama ficcarsi nella sua mente.
Rin, Komachi, Nozomi, Urara,, Karen, Kurumi.
Riprese a respirare.
Un vortice di nomi, lettere, visi, colori, profumi, sensazioni.
Kokoda, Natsu, Syrup.
Scorse un arcobaleno. Nuotò in un mare bianco. Protese le braccia verso i colori, mentre i muscoli giacevano ibernati e la mente era torturata da scaglie ghiacciate.
Riemerse e urlò, scacciando dal proprio corpo il dolore, espellendo ciò che non apparteneva a lui.
 
Cure Mint Sgranò gli occhi alla vista di Ryan che si accasciava, esanime ed inerme, su se stesso, ricoprendosi di un pallore mortale nel giro di un paio di secondi. Innalzò frettolosamente uno scudo che, lo sapeva, non sarebbe durato a lungo, ma le avrebbe concesso il tempo necessario per esaminare le condizioni del ragazzo.
Si avvicinò e si chinò su di lui, sfiorandogli la fronte per assicurarsi che le ferite infettate non avessero conseguito un aumento di temperatura eccessivo.
Ma non appena i polpastrelli sfiorarono la sua pelle, Cure Mint si ritrovò costretta a ritrarre il tocco, impressionata dal gelo che attraversava il ragazzo in forti brividi. Nonostante ciò la sua lucidità barcollò nel momento in cui le ferite di Ryan presero a perdere sangue gradualmente, per poi richiudersi da sole lasciando come unica testimone dell’accaduto una rosea cicatrice.
Tento di prendergli il viso fra le mani, ma era talmente freddo da risultare impossibile anche al più breve contatto.
-Ryan- sussurrò in richiamo, seriamente preoccupata, serrata in un angosciosa gabbia.
Poi il pallore del ragazzo peggiorò, la carnagione slavata scemò ancora, sotto le sottili palpebre le sue iridi cominciarono ad agitarsi, e una sequenza di emozioni contrastanti segnarono il suo viso.
Cure Mint lo chiamò ancora, nella futile speranza di vedere il ragazzo aprire gli occhi.
Invece, ciò che notò lei la gettò nello sconforto più totale.
Le punte delle dita di Ryan erano traslucide. Stavano svanendo gradualmente, Mint poteva vedere il rosso del sangue attraverso la sua pelle.
Ora il resto del corpo era bianco come un lenzuolo.
E il petto si gonfiava, ma il ragazzo non respirava. Sembrava condannato ad un eterno inspiro, senza poter più svuotare i polmoni.
Lacrime di terrore misero alla prova il viso di Mint, e la ragazza avvertì chiaramente la lucidità abbandonarla di netto, si sentì sprofondare nella paura, nello sconforto, nel senso di colpa verso di lui.
Non era in grado di salvarlo, non era in grado di capire cosa lo stesse tormentando e, forse, uccidendo.
Lo chiamò urlando, disperata, singhiozzando fra le lacrime calde.
Poi, d’un tratto il ragazzo parve prendere una piega confusa, disorientata, come se si stesse sforzando di ricordare qualcosa di molto importante.Un brivido scosse il suo corpo.Si tese come la corda di un arco, stringendo denti e pugni, gettò il capo indietro e inarcò la schiena, il dolore era palese.
Mint si portò una mano alla bocca e indietreggiò di un passo.
Percepì lo scudo crollare alle sue spalle, ma ciò che aveva davanti la spaventava più di ciò che minacciava la sua schiena.
Un’ondata di energia la travolse in tutta la sua maestosità, pietrificandola sul posto, l’espressione sgomenta e gli occhi sgranati. Un’energia che col tempo aveva imparato a conoscere.
Non apparteneva agli eserciti del male: Ryan stava per sfogare il proprio  potere senza disporre dei mezzi per contenerlo.
 
 
Cure Dream sbuffò di rabbia –qui non c’è nessuno!- ringhiò frustrata, raggiungendo la compagna che da tempo l’aspettava fuori.
Aqua le lanciò uno sguardo tagliente –Tu hai detto che Ryan era qui-
-Era qui- esclamò lei, allargando le braccia con esasperazione –non ho idea di dove Rin l’abbia portato-
-Dannazione!- imprecò Aqua stringendo i pugni. Poi la sua espressione si illuminò, alzò gli occhi pieni di speranza –un momento, forse … -
Un boato raccapricciante la interruppe, un’ondata di energia frizzante percorse il corpo di Dream, la quale si sentì quasi impotente contro un potere tanto grande. Sgranò gli occhi e scambiò uno sguardo sconcertato con Aqua.
Lei volse gli occhi in direzione del flusso di energia e, pochi secondi dopo, un esplosione d’aria agitò le loro chiome, un attimo prima che una potente colonna d’aria vorticante si innalzasse dal reparto biblioteca della scuola, piegando gli alberi circostanti e trascinando tutto all’interno del proprio occhio.
 
-mi stai dicendo che dobbiamo buttare dentro il portale Ryan?- fece Rin, inarcando un sopracciglio.
-No- esclamò Kurumi sconcertata – Deve essere lui a chiuderlo. Il portale è composta dal medesimo flusso di energia che possiede Ryan-
Urara spalancò gli occhi –e allora diciamogli di chiuderlo e facciamola finita-
Kurumi sospirò –Si potrebbe fare- rispose con voce amara –Se Ryan avesse la padronanza sui suoi poteri-
Rin incrociò le braccia al petto, mordendosi un labbro –cosa succederebbe se usasse i prorpi poteri senza riuscire a contenerli?-
Kurumi fece per rispondere, ma un’ondata di energia torreggiante fece sobbalzare le tre, accapponando loro la pelle.
Si voltarono con sguardo preoccupato, poi una folata di vento le assalì con violenza, respingendo Syrup lontano.
-Rischierebbe di ammazzarsi- ringhiò Kurumi, concludendo ciò che, per loro sfortuna, si era rivelato essere realtà.
 
 
 
NOTE: che nessuno mi chieda cosa mi sono fumata per scrivere la parte di Ryan in balia dei suoi poteri! XD
 
  
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