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Autore: drawandwrite    15/06/2013    3 recensioni
Ryan Gray è un normalissimo studente Americano, da poco trasferito in Giappone per studi specifici.
La sua vita viene da subito turbata da un incontro particolare, che lo spaventerà e ecciterà al contempo.
Nel frattempo le vite Di Nozomi, Komachi, Karen, Urara, Rin, e Kurumi trascorrono tranquille.
E così sarà finché la loro strada non si incrocerà con quella di Ryan Gray.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Kokoda si portò i polpastrelli alla fronte, sfiorandosi la pelle velata di angoscia, mentre più brividi prepotenti scuotevano il suo corpo e graffiavano i suoi dorsali.
Una ventata di rinnovata energia lo colse impreparato, confondendolo e scollegando i suoi pensieri, disseminandoli come una pila di fogli preda del vento.
Si sorresse alla parete della Natts House, troppo sgomento e sorpreso per riuscire a reagire prontamente contro la torreggiante energia che gli si presentava innanzi, travolgendolo come un fiume in piena e lambendo ogni spazio vuoto di sé.
Alzò gli occhi sgranati per incrociare quelli nocciola di Natsu, altrettanto turbato e schiacciato dalla potenza di quell’incompresa ondata.
-Che cosa diavolo … ?- riuscì a balbettare, prima di essere afferrato nuovamente da dita astratte eppure tanto concrete da riuscire a stringerlo nella sua presa, impalpabili ma al contempo provviste di una consistenza avvertibile. Lunghe volute sfioravano il corpo dei due, solleticando loro i sensi e la loro particolare percezione del surreale.
Un boato scosse l’edificio fino a far tremare le fondamenta, quindi il legno della porta d’ingresso gemette e crepitò, messo a dura prova dalla forte pressione di un vento innaturale, un ciclone che avrebbe potuto rappresentare la disfatta della loro ultima speranza, ultima luce nel dedalo delle tenebre.
Kokoda si voltò a guardare Natsu, inchiodato sul posto da una morsa gelida di terrore –la senti?-
L’amico sospirò piano, cautamente, come se non osasse cedere a movimento più ampio –si- rispose in un sussurro, corrugando la fronte –E’ Ryan-
Kokoda ingoiò rumorosamente i propri dubbi in un boccone amaro, un nodo tanto soffocante da mozzargli il fiato –andiamo-
 
Urara si ritrasse in se stessa, tentando invano di proteggersi dalle impietose raffiche di vento che le frustavano la pelle come una lama e le gelavano il corpo fino alle ossa.
Senza dire una parola, Kurumi ordinò a Syrup di arrestare il proprio volo, quindi si vestì dei cangianti abiti di Milky Rose e, acquisita di conseguenza l’innaturale agilità delle combattenti, riuscì a trovare l’equilibrio necessario per contrastare la forza del vento.
Urara, che involontariamente stingeva ancora con forza i fianchi di Rin, avvertì i movimenti dell’amica suggerirle che era intenzionata ad imitare Rose e, quindi, a tuffarsi in quel mare in burrasca.
Con movimenti frenetici e dita tremanti riuscì a slacciarsi dal corpo rassicurante di Rin, quindi arrotolò la manica e sfiorò il bracciale aureo, respirando a pieni polmoni e preparandosi al tuffo.
-Ferme- ordinò la voce autoritaria di Rose, coraggiosamente ritta ad affronto del vento, inghirlandata dallo sfarzo delle maestose ali di Syrup e avvolta nel burrascoso abbraccio dei suoi ricci inquieti –voi rimanete qui-
-Neanche per sogno- sputò Rin, decisa, sfoderando il proprio bracciale e allacciandoselo al polso.
-Rin, là dentro potrebbe essere pericoloso persino per le Pretty Cure- tentò Rose, nella futile speranza di domare l’indole guerriera della ragazza, la quale, tuttavia, non pareva minimamente intenzionata ad abbandonare la propria decisione.
-Lo è sempre stato- ringhiò infatti, stringendo i pugni con impazienza –si può sapere perché ci tenete tanto a tagliarmi fuori dalla mia vita?- urlò, preda di una furia dettata dalla pura rabbia cieca.
Rose inarcò le sopracciglia, sorpresa dallo sfogo improvviso dell’amica. Urara si sarebbe aspettata una risposta acida, una controbattuta per mettere a cuccia la ribellione di Rin. Invece, Rose le offrì uno sguardo caldo e comprensivo, arricciò leggermente le labbra sottili e inclinò lievemente il capo a destra.
Quindi il suo sguardo passò sul viso giovane di Urara, e la ragazza si sentì quasi in soggezione sotto lo sguardo autoritario e severo della compagna, pareva matura e incredibilmente saggia, il portamento era divenuto austero e il vento fra i capelli favoriva a dare un’impressione torreggiante alla sua figura, slanciandone il corpo.
-Questo non è compito delle Pretty Cure. Questo è compito nostro- le disse, senza indirizzare parole o sguardi a Rin, attirando la piena attenzione della bionda e assicurandosi che afferrasse interamente il concetto. Urara annuì, leggermente sconcertata, intuendo che, anche volendo, le Pretty Cure non sarebbero riuscite ad interrompere un flusso incontrollato di energia, mentre Rose, Kokoda e Natsu erano provvisti di esperienza e conoscenze utili nel campo.
Detto questo, Rose svanì in un balzo, tuffandosi fra le braccia dell’aria e gettandosi a tentoni nell’occhio del ciclone.
Urara lanciò uno sguardo di sottecchi a Rin e, scorgendola sull’orlo delle lacrime, percepì una fitta sgradevole rimescolarle le viscere. Rose aveva intuito che con lei le parole sarebbero state sprecate, inutili. Quando l’ira afferrava Rin c’era poco  da fare, se non aspettare pazientemente che sbollisse. Rose confidava in Urara perché Rin non si gettasse al suo inseguimento spronata dall’orgoglio ferito, ma, in quel momento, Rin aveva tutta l’aria di voler rimanere esattamente dov’era.
 
Rin digrignò i denti, sforzandosi di ricacciare indietro l’ira e il sapore salato delle lacrime. Fin da bambina aveva ricevuto una rigida educazione, fin da piccola le erano stati inculcati in testa valori e principi precisi. Era grazie all’educazione ricevuta che conosceva la fondamentale importanza del dedicarsi appieno ai propri doveri. Ma come poteva farlo, se questi le venivano sottratti dalla vita?
Non era più una bambina: nessuno doveva più allacciarle le ginocchiere per impedire che si sbucciasse la pelle. Avrebbe imparato a proprie spese, avrebbe disinfettato la ferita e starebbe stata costretta a nasconderla sotto un cerotto, per far si che il proprio fallimento non fosse palese agli occhi pretenziosi altrui. Non aveva più bisogno che qualcuno le controllasse la vita, non necessitava che qualcuno le indicasse la giusta via per sé, arrivando persino a rinchiuderla in una gabbia, in una strada a senso unico obbligato, in cui la direzione è solo una, e non c’è possibilità di forzare le sbarre che tengono prigionieri. Perché le sottraevano le possibilità di scegliere? Perché sulla propria strada non c’erano bivi?  
Perché era messa da parte?
 
Mint urlò a pieni polmoni, straziata dall’incontenibile potere di Ryan, che le graffiava la pelle e le dilaniava la carne con violenza, in un tocco brutale ed impietoso. Non sapeva dire da quanto ormai stesse combattendo contro quell’enorme ciclone, quella potenza enorme, torreggiante su di lei fin quasi a schiacciarla. Le raffiche di vento le sferzavano il colpo con colpi atroci, l’afferravano e la gettavano a terra, incuranti, crudeli, la torturavano con impeto e le strappavano a forza il respiro. Era giunta al limite della sopportazione, e l’impotenza della situazione la schiacciava in tutta la sua pienezza.
Ryan era ancora steso a terra, esanime, in guerra contro il suo stesso inconscio aggressivo, in una tensione per non cedere all’offensiva del suo stesso potere.
Nella biblioteca si stava scatenando l’inferno.
Il Giappone era ancora assopito nel suo innaturale torpore.
E lei non poteva fare nulla.
 
Aqua aprì la porta della biblioteca e urlò, investita appieno dalla furia del vento, che riusciva a smuoverla nonostante la sua salda resistenza, che la respingeva con facilità, infondendole un senso penoso di debolezza e incapacità. I cardini della porta saltarono, esplodendo in un vortice di schegge d’acciaio e sbalzandola indietro con la presa ancora salda sulla maniglia della porta.
Gemette di dolore quando la sua schiena si scontrò duramente contro un lampione della strada arrivando persino ad abbatterlo e ad infliggerle un secondo colpo lancinante.
Fortunatamente fu prontamente soccorsa da Dream, che la sorresse per una spalla e la aiutò a riprendersi dalla botta stordente.
Aqua scoccò uno sguardo allarmato all’interno dell’edificio, nel quale si potevano scorgere, attraverso la fessura strappata della porta, potenti raffiche di vento investire ciò che trovavano sul proprio cammino, raccoglierlo, lasciarlo precipitare e ingaggiare un’agghiacciante danza vorticante in ampi cerchi concentrici.
-Là dentro c’è Mint- urlò, per sovrastare la baraonda che emettevano gli imponenti scaffali crollare e l’inquietante ululo minaccioso del vento, gonfio e scuro, monito per i più incauti.
Dream prese a torturarsi il labbro inferiore, lanciando fuggevoli sguardi angosciati tra le fessure dell’edificio, alla speranza di incappare nel corpo, preferibilmente ancora intero, della propria amica.
-C’è anche Ryan- mormorò, preda dello sconforto.
 
Milky Rose afferrò una ringhiera mezza arrugginita che contornava il parco, si aiutò per trarsi più vicino alla biblioteca, lottando incessantemente contro la travolgente prepotenza del vento. Una perla di sudore tentò di percorrerle la linea del viso, ma fu facilmente sbaragliata dall’aria impazzita.
Urlò di dolore quando un residuo di porta la colpì allo stomaco, piegandola in due con violenza e sottraendole ogni possibilità di rimanere ancorata a quell’unico appiglio. Fu strappata con forza da terra, sollevata in cielo, e gettata contro la parete di una casa con tanta forza da incassare i mattoni in un’impronta irregolare.
Molto lentamente, riuscì a ricomporsi e a riafferrare la sfuggevole consapevolezza del proprio corpo, quando fu completamente sicura di non avere ferite profonde che avrebbero compromesso la sua forza, si rialzò in piedi e riprese il lento incedere.
D’un tratto il terreno sotto i suoi piedi parve prendere una consistenza più sottile e morbida e, quando Rose si accorse che non stava avanzando di un passo nonostante i suoi sforzi, una ventata più brutale la travolse, come a voler approfittare della sua momentanea debolezza, e tentò di scagliarla lontano.
Rose percepì il terreno mancare sotto i piedi e si divincolò in un disperato tentativo di rimanere saldata al terreno.
Inaspettatamente accadde.
Si sentì afferrare per un polso e, dal muro di polvere sollevato, vide sbucare indistintamente la sagoma di Kokoda, che la teneva stretta per un braccio e la riportava sui suoi passi, spalleggiato costantemente da Natsu.
Non appena Rose fu nuovamente in grado di camminare, fece un cenno di ringraziamento a ragazzi e, tenendosi stretti in una catena che, quindi, sarebbe risultata più pesante e difficile da travolgere, ripresero ad avanzare lentamente verso la palestra.
 
Natsu si portò una mano al viso, schermando lo sguardo dal vento carico di residui di ogni tipo. Era impossibile persino respirare, avvolto in una stretta violenta come quella.
Si sforzò di continuare a mettere un piede davanti all’altro, nonostante ad ogni passo le ginocchia gli fossero rifiutate, respinte con forza, ma non poteva permettersi di lasciarsi andare, o avrebbe portato con sé anche Kokoda e Mily Rose.
Tentò di sospirare, ma pareva che l’ossigeno non fosse in grado di trapelare quel ciclone che li avvolgeva in scie contrastanti, esercitanti pressioni pericolose sui loro corpi stanche e tesi.
Kokoda, al suo fianco, scivolò sul terreno reso umido dall’aria pregna di acquosità. Per lui e Milky Rose fu uno sforzo disumano riuscire a recuperare il terreno perso, strattonati indietro da quell’infausta mancanza improvvisa.
Natsu ringhiò di dolore e frustrazione, quindi prese in mano la situazione e, a testa bassa per non creare eccessiva resistenza al vento, prese a marciare in avanti, il capo e il torso protesi, le braccia allacciate a quelle di Kokoda, spronato dalla semplice determinazione a chiudere quella faccenda una volta per tutte.
Per un po’ parve funzionare, e quando Natsu avvertì chiaramente le energie scemare completamente fino all’ultima goccia, una voce inattesa li sorprese e li fece sorridere, rinfrancati.
Dal sipario della bufera comparvero Dream e Aqua, allarmate e spossate dal continuo sforzo per la tenace opposizione al potere di Ryan.
I cinque si misero al  riparo dietro un muro, tentando di riprendere fiato e forze.
-e ora che facciamo?- fece Dream abbattuta.
Kokoda lanciò uno sguardo oltre il muretto in pietra, e scorse il ciclone nel pieno della propria potenza, devastare con noncuranza la biblioteca, scoperchiandola delle assi di legno del tetto e infliggere pesanti colpi alle pareti.
-Se non agiamo in fretta Ryan è morto- disse diretto, senza mezzi termini. La situazione doveva apparire chiara in tutta la sua gravità, solo così gli altri avrebbero dato il massimo perché la faccenda avesse un buon fine.
-Noi possiamo serrare il flusso di energia- interloquì Natsu, scoccando sguardi inquieti all’interno della biblioteca. Sapeva perfettamente che Cure Mint si trovava all’interno. E questo non lo aiutava a mantenere ferma lucidità.
-Ma dobbiamo riuscire ad avvicinarci- completò Rose con tono affannoso.
-D’accordo- mormorò Aqua, cominciando ad analizzare la situazione e immergendosi nella consueta riflessione che dava il via ai meccanismi del suo formidabile cervello –Potrei cercare di placare il vento. Ma solo per poco-
-Come credi di farlo?- sbottò Dream, in agitazione per la propria compagna.
Natsu le lanciò uno sguardo di sottecchi, cogliendo la sua agitazione malcelata.
-Lo congelo- rispose lei in un sussurro, ostentando sicurezza.
Kokoda si voltò a guardarla con sguardo traboccante di ammirazione –Pensi che sia abbastanza freddo?- Chiese, torturandosi le dita, divorato dall’impazienza di agire per poter gettare il tutto in un angolino dei propri ricordi, lontano dalla realtà.
-Lo spero- Rispose, ingoiando.
Ci fu un attimo di silenzio, rotto solo dall’agghiacciante urlo di una voce che conoscevano fin troppo bene.
Natsu strinse i denti e si sforzò di mantenere la calma, placando l’irrefrenabile impulso di gettarsi nel ciclone, recuperare Mint e fuggire.
-Allora tentiamo- Disse infine Rose, riscuotendoli dal torpore gelido che li aveva inchiodati sul posto con una morsa greve.
Aqua annuì, si prese un minuto di tempo per prepararsi, quindi rilasciò la tensione in un unico sbuffo e uscì dal riparo, afferrandosi al bordo di una piccola fontana di marmo.
Natsu, Kokoda e Rose si prepararono, tesi e pronti a scattare per occupare ogni minimo secondo concesso loro.
Aqua Evocò il Saphire Arrow, in modo da poter disporre di una precisione elevata perché l’acqua inondasse  l’interno della biblioteca, sgorgando con un colpo secco e meticoloso attraverso la fessura irregolare della porta.
Tese con forza l’arco immateriale, quindi, avvolta in un fresco ventaglio di perle d’acqua, scoccò, preparandosi immediatamente ad evocare l’Aqua tornado, che le avrebbe concesso una maggiore quantità d’acqua, un volta placato anche solo in parte il ciclone con il colpo precedente.
La mira di Cure Aqua non la tradì, ed ebbe successo una seconda volta.
All’interno della biblioteca si udì un gemito acuto e l’ululato del vento parve placarsi un poco, così come la forza che respingeva imperterrita Aqua.
In quel medesimo istante, il restante del tetto della palestra si squarciò, tegole e assi sfrecciarono ovunque, piovendo pericolosamente dal cielo, sfiorando la piccola comitiva e liberando una parte del ciclone impazzito, che poté quindi trovare un’ulteriore punto di sfogo dal quale far fuoriuscire raffiche taglienti.
Natsu alzò lo sguardo, tentando di perforare la nube di polvere e schegge. Ampie ali corvine tagliarono l’aria, un verso stridulo gli fece gelare il sangue nelle vene, quindi un grosso volatile spaccò l’ultima asse del tetto, procurandosi un buon passaggio per fuggire.
Era indubbiamente un Demone: non aveva alcuna caratteristica lontanamente paragonabile ai comuni volatili noti in Giappone.
-Dannazione- Imprecò Dream.
Il piano di Aqua era un’arma a doppio taglio. Il ciclone era stato placato, si, ma ciò aveva spianato la strada ai demoni rinchiusi là dentro, facilitando loro la fuga dalle braccia del vento.
Natsu ridusse gli occhi a due fessure, notando, nella sagoma confusa del demone, una strana protuberanza fra le zampe. Non ci volle molto perché comprendesse che non si trattava di una parte del suo corpo.
Il terrore gli afferrò lo stomaco e gli congelò le viscere –Ha preso Ryan!- Urlò, nella speranza che qualcuno lo sentisse e che agisse, in qualche modo.
Aqua rimase inchiodata sul posto, pietrificata dal dubbio ed indecisa sul da farsi. Avrebbe dovuto evocare anche l’Aqua Tornado per congelare ulteriormente il ciclone, o cosi facendo avrebbe peggiorato la situazione, liberando altri demoni, in caso ci fossero?
Rose si alzò, afferrò per un braccio Kokoda e fece segno a Natsu di seguirla.
-Aqua, concludi- ordinò, accennando alla biblioteca –Dream, tira fuori Mint- Si voltò verso i due ragazzi con aria seria –E noi fermiamo quel ciclone-
-Cosa?- esclamò Dream, incredula –E Ryan?-
Rose si voltò –So dove lo stanno portando. Non c’è da preoccuparsi: troveranno una brutta sorpresa-
 
 
-Che cosa facciamo ora?- Mormorò Urara, stringendosi nel golfino per ripararsi dalle raffiche di vento gelate.
Rin, davanti a lei, sospirò e scrollò le spalle con aria abbattuta –Non lo so, Urara- rispose, alzando lo sguardo sul Portale –Non so più niente-
Urara si strinse nuovamente a lei, questa volta non per sorreggersi, rassicurarsi o proteggersi, questa volta con la chiara intenzione di infonderle affetto.
Improvvisamente la ragazza avvertì i muscoli di Syrup a contatto col suo corpo fremere e irrigidirsi. D’istinto seguì lo sguardo di Rin e scorse il Portale reagire ad un’ulteriore alterazione del flusso dilatandosi ancora di qualche centimetro e accecandole. Sentì la speranza affievolirsi di un poco, come una flebile candela che tenta di combattere il buio, ma che, gradualmente, si spegne.
Con quello sfogo improvviso, Ryan aveva dimostrato esattamente di non aver padronanza sui suoi poteri. Di conseguenza il Giappone era spacciato. Non c’era altro modo per ricucire quello strappo nel cielo, e loro non avrebbe potuto far altro che passare il resto della loro vita a combattere i demoni, attendendo che lo squarcio inglobasse l’umanità, gettandola in una dimensione terrificante.
Urara sospirò, solleticandosi il collo con la chioma aurea, stretta nei caratteristici codini vivaci.
-Il vento si è placato- Constatò Rin con voce atona, piatta, senza dar alcun segno di espressività.
Urara alzò il capo e scoccò uno sguardo ansioso alla biblioteca, appena visibile dalla loro postazione –Hai ragione- rispose –Forse sono riusciti a … - Corrugò la fronte, scorgendo improvvisamente una piccola sagoma scura stagliarsi sul cielo paradossalmente terso del pomeriggio.
Vista l’assenza di chiacchiere, Rin si voltò per assicurarsi che Urara stesse bene, ma ,quando avvistò la macchia indistinta, inclinò leggermente il capo e tentò di dare una forma distinta a ciò che si stava avvicinando così velocemente.
-Syrup- fece Urara, improvvisamente allarmata –cos’è quello?-
L’amico fece manovra e si voltò, ispezionando il cielo con la sua vista acuta.
Si irrigidì all’istante –Un demone- rispose –e ha con sé Ryan-
-Cosa?- sbottò Rin, trasalendo rendendo i suoi sensi vigili.
-Lo vuole gettare nel Portale- spiegò Syrup.
-Perché?- chiese timidamente Urara, nonostante non fosse completamente sicura di voler conoscere la risposta.
-Kurumi ha detto che Ryan possiede il medesimo flusso di energia del portale- Disse lui, scrollando lentamente le scapole per rendere più agevole la cavalcata sulla sua groppa –se lo gettassero all’interno lo strappo raggiungerebbe immediatamente dimensioni enormi-
Urara si senti mancare.
Afferrò il proprio bracciale e, senza pensarci due volte, venne avviluppata dalla luce cristallina di Cure Lemonade e si fiondò sul Demone.
 
-Aspetta!- tentò di fermarla Rin, senza successo, ovviamente. Imprecò più volte, quindi fece virare Syrup in un frontale con il volatile nemico, sperando di spaventarlo e di tenerlo alla larga dal portale.
Nel frattempo Lemonade era riuscita ad assalire in volo il demone, allacciandosi al suo lungo collo spiumato e inducendolo a dimenarsi impazzito, nell’istintivo tentativo di levarsi dalla groppa la compagna rilucente di luce dorata.
Syrup si avvicinò velocemente, tenendosi sempre a debita distanza di sicurezza, giusto per assicurarsi di non ritrovarsi con un artiglio nello stomaco o una lacerazione sul collo.
-Ryan!- urlò Rin, tentando di sovrastare le urla stridule del demone, ancora agitato dalla presenza di Lemonade che, nonostante i forti strattoni, si teneva saldamente aggrappata al collo e non aveva nessuna intenzione di sciogliere la presa.
Il ragazzo, stretto tra le grinfie nemiche, pareva incosciente, ma nell’udire la voce di Rin, il suo viso si increspò in un’espressione confusa ed affaticata.
-Apri quei maledettissimi occhi, stangone!- urlò ancora Rin, ringhiando contro il vento e tentando invano di afferrare il ragazzo, penzoloni ad un altezza vertiginosa.
Incredibilmente l’inconscio di Ryan parve assimilare le informazioni e incassare l’ordine, quindi il ragazzo riemerse dallo stato di torpore in cui si trovava, e, notando in che rassicurante situazione si trovava, per poco non ci tornò con un infarto.
-Ryan!- Rin si sgolò, gridando con aggressività fino a bruciarsi la gola –prendi la mia mano!-
Il ragazzo alzò lo sguardo e sgranò gli occhi, pieni di speranza, alla vista di una possibile salvezza. Tentò di oscillare coraggiosamente sulla presa nemica, cercando disperatamente di afferrare la mano che Rin gli tendeva.
Ma con la furiosa lotta ingaggiata fra Lemonade e il Demone, la situazione si stava facendo decisamente complicata.
Rin tentò di sporgersi il più possibile, rischiando quasi di slogarsi una spalla per tenderla più vicino al corpo del ragazzo.
Le loro dita si sfiorarono.
Ma qualcosa andò storto.
Forse il minuscolo cervello, ammesso che ne avesse uno, del demone si stampò la situazione in testa e digerì ciò che stava accadendo, quindi cercò di impedirlo allontanandosi di scatto da Syrup e rinunciando alla presa su Ryan, mollandolo quindi in balia della gravità.
-No!- gridò Rin, lasciandosi fuggire un’altra imprecazione e protendendosi maggiormente per afferrare il braccio del ragazzo.
Lo afferrò.
Ma perse l’equilibrio e precipitò dalla groppa di Syrup.
 
Ryan urlò a pieni polmoni, mentre i suoi timpani venivano colmati dal terrore di Rin, ancora stretta a lui e che tentava di trarlo a se in una disperata manovra per impedire la disfatta.
Il terreno corse loro incontro con una velocità terrificante, il vento prese a frustarli con forza, tentando di strappare loro chiome e abiti con dita violente e sgarbate.
Il tempo parve dilatarsi, le loro braccia si dimenavano senza ordine nel vuoto, mentre davanti ai loro occhi il suolo si faceva più vicino e crudele. Ryan fece in tempo ad avvertire il terrore azzannargli le viscere, pietrificargli i polmoni e avvertire le tempie pulsare dolorosamente, mentre la voce usciva incontrastata dalle sue labbra, graffiandogli la gola con artigli ardenti.
Improvvisamente Ryan avvertì caldo. Molto caldo. Si sentì quasi bruciare, immergere in cascate ardenti di lava. Poi si accorse di Rin. Ma non era più lei; ora era celata dalle lingue di fuoco di Cure Rouge. La combattente gli strinse il bacino in una presa bruciante, ma Ryan non provò dolore, solo un forte caldo che ricoprì il suo corpo di un velo di sudore.
Persino in quella situazione,trovò il tempo di arrossire.
In un battito di ciglia, la loro caduta cambiò traiettoria grazie ad un guizzo di muscoli di Rouge, i due precipitarono sul tetto di un palazzo torreggiante, alto una trentina di piani.
Rouge strinse con forza Ryan e riuscì a sollevarlo nel momento dell’atterraggio, sostenendo i loro pesi sulle sue sole gambe.
Ma, com’era prevedibile, le ginocchia della ragazza cedettero, schiacciate da un peso troppo grande, nonostante riuscirono ad attutire la velocità della caduta. Rovinarono entrambi sul cemento del tetto piatto.
Ryan rotolò su sé stesso per qualche metro e, quando fu sicuro di non essere più in bilico fra morte e vita, si tasto il corpo alla ricerca di ferite che, fortunatamente, non trovò. Sospirò, lanciando uno sguardo al cielo.
Era stanco, provato, ma ancora tutto intero.
Raggiunse Rouge spostandosi sugli avambracci, dal momento che le gambe tremanti ancora non lo sostenevano.
Giaceva su un fianco, respirava affannosamente e fissava un punto impreciso davanti a sé, tenendosi un ginocchio che tremava ancora per l’enorme sforzo compiuto.
-Ehi- ansimò lui, scostandole una ciocca di capelli che le era ricaduta davanti agli occhi. Lei gli scoccò uno sguardo impassibile, quindi si sollevò sui gomiti.
-Stai bene?- gli chiese in tono leggermente impacciato, tentando di riprendersi dallo spavento.
Ryan annuì e si stampò in viso un mezzo sorrisetto scaltro –credevo mi detestassi-
Lei inarcò le sopracciglia, alzando il mento e squadrandolo con distacco –bisogna tenerseli stretti, i nemici- rispose, sarcastica come sempre.
Ryan cacciò una lieve risatina isterica –io quello non me lo terrei stretto- affermò con assoluta sicurezza, alludendo al demone volatile che Lemonade stava spingendo all’interno del Portale con l’aiuto del Prism Chain.
Rouge gli lanciò uno sguardo ironico –Imbecille- disse, assestandogli una pacca scherzosa sulla nuca.
Ryan non rispose, sgranando gli occhi con espressione sorpresa.
–muoviti, o ti lasciamo qua- gli urlò, facendo segno a Syrup, ancora alle prese con il demone, di raggiungerli
Lui annuì, traboccante di gioia: per la prima volta, Rin gli aveva sorriso.
 
  
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