Serie TV > Torchwood
Segui la storia  |       
Autore: Glinda    16/06/2013    2 recensioni
Riassunto generale: Non è un fix-it di Children of Earth. O forse lo è. Non è una versione AU di Torchwood o di Doctor Who, né un what-if. O forse sì. Una storia nella storia, una realtà dentro un'altra realtà. Passati, presenti e futuri che si mescolano e si confondono. Possibili domande a cui non esistono risposte, e impossibili risposte a domande che non dovrebbero esistere. In poche parole, Jack Harkness e la sua inarrestabile sete di verità. Può il passato essere invertito, può il presente essere manipolato, e può il destino essere riscritto?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ianto Jones, Jack Harkness, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Disclaimer: Torchwood, Doctor Who e i personaggi e/o situazioni a essi inerenti non sono di mia proprietà, bensì degli aventi diritto (Russell T. Davies, BBC Wales, ecc. ecc.), tranne Rebecca “Becca” Temple e Harley “Harl” Obers. Loro sì che le rivendico!

 

 

Capitolo 27: The Game of the Name

 

La promessa fatta a Becca di prendermi cura di lei e del bambino in maniera esclusiva era scaturita soprattutto dal mio cuore, e dall’eccitazione del momento. Fu solo più tardi, a mente fredda, che la mia compagna e io ci rendemmo conto che l’incontro-scontro con l’Esagitato e l’Imperturbabile avrebbe generato ben più di una ripercussione negativa.

 

Fu infatti inevitabile includerlo nel rapporto che consegnammo ai nostri superiori, i quali a loro volta non mancarono di mostrare la propria delusione per l’esito fallimentare della missione. In realtà, fu soltanto la mia collega a essere convocata dal supervisore; non conosco in dettaglio lo scambio di battute che si verificò in quella particolare circostanza, eccezion fatta per ciò che mi venne riferito da Becca stessa.

 

Una buona parte della colpa venne ovviamente attribuita a me e alla mia inesperienza. Sinceramente me lo aspettavo, così come ero sicuro che la risposta di Becca non si sarebbe fatta attendere.

 

(“Se davvero volevate catturare una banda di ladri abili e sfuggenti come quelli che abbiamo affrontato, allora avreste dovuto affidare l’incarico a una coppia più rodata di noi… Ops, ma perdonate la mia sbadataggine. Mi sbaglio o è già successo? Non avete forse sguinzagliato una miriade di Agenti nel tentativo di acciuffarli, in passato? E il risultato è che, anche così, non avete cavato un ragno dal buco!”)

 

Le sue parole dure non piacquero affatto ai nostri superiori, che anzi rincararono la dose. A parer loro, a Becca non conveniva affatto fare dell’ironia, poiché anche lei era da ritenere responsabile. Il compito di un Agente anziano, dissero, era infatti quello di guidare al meglio l’allievo a lui affidato, di incanalarne e potenziarne le capacità. A quanto pareva, però, tutto ciò a Becca non era riuscito.

 

Prima che potesse replicare, le fu comunicata la fatidica decisione: entro breve mi avrebbero affiancato in via temporanea a un altro Agente anziano, più adatto, secondo loro, alle mie caratteristiche e potenzialità. D’altronde si trattava di un avvicendamento che sarebbe avvenuto in ogni caso, data la gravidanza di Becca.

 

Becca a questo punto aveva chiesto se il sostituto fosse già stato scelto, e il supervisore l’aveva informata che, proprio in quegli stessi giorni, sarebbe stata stilata una lista di possibili candidati. La mia collega aveva allora sottoposto loro una personale serie di nomi, tutti degni di fare le sue veci. I nostri superiori avevano risposto che li avrebbero senz’altro presi in considerazione; tuttavia, l’ultima parola spettava a loro. Con riluttanza, Becca aveva borbottato che avrebbe accettato qualsiasi decisione, purché fosse ragionevole.

 

(“Di questo non si preoccupi, Agente. Anche a noi sta a cuore il suo partner. Vedrà, l’Agente Boeshane sarà affidato in buone mani. Le migliori possibili.)

 

***

 

Agenzia Temporale, nei pressi di Sagittarius A*, novembre 5096 (anni terrestri)

 

Erano passate circa due settimane da quel fatidico giorno, e nel frattempo avevo compiuto 22 anni (Becca aveva festeggiato il suo ventinovesimo compleanno poco tempo prima di me). Ancora non mi capacitavo del fatto che ben presto sarei diventato padre; certo, sapevo che parte di tale periodo avrei dovuto passarla lavorando in tandem col mio nuovo o la mia nuova collega invece che insieme a Becca, ma non bastò di certo questa consapevolezza a smorzare la felicità che provavo fin nel profondo del mio essere. E fino a che i nostri superiori non ci avessero comunicato la fatidica decisione, avremmo approfittato di ogni singolo istante libero per rinnovare la nostra unione.

 

Una sera ci trovavamo entrambi a letto, nudi, in quella che ultimamente stava diventando la nostra posizione preferita: Becca supina e io sdraiato a ricoprire la parte inferiore del suo corpo. La testa la tenevo poggiata di lato, appena al di sotto del suo seno. La mano destra di Becca era intrecciata alla mia sinistra, e con l’altra mi passava le dita fra i capelli, scompigliandomeli con tenerezza.

 

“Sbrigati a uscire fuori di lì,” mormorai, rivolgendomi al ventre ancora perfettamente piatto di Becca. Vi deposi un bacio, e poi un altro, quindi tornai a riposarvi sopra la guancia.

 

“Jax, guarda che al parto mancano ancora otto mesi,” osservò divertita Becca.

 

Becca aveva ragione, naturalmente, ma anche lei si rendeva conto che ciò che ci stava accadendo era qualcosa di davvero speciale, soprattutto perché, sebbene avere dei figli fosse sempre rientrato nei nostri progetti, nessuno di noi l’aveva previsto nel brevissimo termine.

 

“Mi basta che nasca nel modo meno traumatico possibile, sia per te che per lui,” le risposi. “Per il momento abbiamo già avuto la notizia che volevamo, e cioè che nostro figlio è sano.”

 

Grazie a un’analisi effettuata sulle rare cellule fetali presenti nel sangue di Becca era stato infatti possibile determinare già con largo anticipo il sesso del nascituro. La mia compagna e io avremmo avuto un maschietto; inoltre, il suo DNA era integro, e questo stava a indicare che non sarebbe stato afflitto da malformazioni abnormi o malattie genetiche gravi. Insomma, un semplice e normale essere umano come tanti altri, che però avrebbe goduto di un posto unico e speciale nella vita mia e in quella di Becca.

 

Stavo giusto fantasticando su quale sarebbe potuto essere l’aspetto del nostro piccolo, quando Becca si intromise nei miei pensieri suo malgrado, e diede voce a un argomento che prima o poi avremmo dovuto affrontare. “Potremmo già decidere come chiamarlo, visto che ormai sappiamo di che sesso sarà. Che ne dici, Jax?”

 

“Mah,” borbottai. “Un po’ presto per mettersi a discutere di certe questioni.”

 

“Forse, ma non c’è nulla di male. Potrebbe essere persino divertente! Perché non cominciamo col compilare la lista dei nomi da scartare? Quelli più ridicoli, o quelli più difficili da pronunciare, o…”

 

“Ho in mente i primi due, allora. Franklin e Gray,” sussurrai, interrompendo il suo ragionamento.

 

“Oh,” fece Becca, debolmente. La mano con cui mi stava carezzando la testa si fermò di colpo; quella allacciata alla mia aumentò invece la presa.

 

Dopo pochi secondi di silenzio, Becca riprese a parlare. “Scusami. Non volevo offenderti.”

 

“Nessuna offesa,” le assicurai.

 

Un’altra pausa. “Vuoi cambiare discorso, immagino.”

 

“Affatto,” dissi, e scossi il capo.

 

“Però mi sento in colpa lo stesso. Ti ho fatto ricordare dei momenti dolorosi, e…”

 

“Non preoccuparti, ti ripeto. Nessuno di noi può farci niente. Mio padre è morto tanti anni fa, e forse un giorno riuscirò a trovare mio fratello, ma nel frattempo la vita va avanti.” Le baciai nuovamente la pelle dello stomaco. “Una vita ancora minuscola, a cui vorrei donare un nome in grado di evocare solo serenità. Facciamo così; prova tu a suggerirmene qualcuno di tuo gradimento.”

 

“E va bene.” Becca si lasciò andare a un grosso sospiro. “Ok, allora che ne dici di – ”

 

Un biiip imperioso, proveniente dal Manipolatore della mia compagna, riecheggiò all’improvviso nella camera da letto. Dalla tonalità con cui risuonò intuii che si trattava di una comunicazione diretta da parte dell’Agenzia, cosa che mi venne confermata anche dal successivo commento di Becca.

 

“Adesso cosa vogliono?” esclamò infastidita. “Ci hanno sospesi dal servizio per dei motivi assurdi, ma non ce la fanno a restare senza di noi, eh?” La sentii trafficare per alcuni istanti coi comandi del suo bracciale. “Toh, finalmente si degnano di comunicarci quale Agente ti hanno affibbiato al posto mio. Alla buon’ora! Dunque, vediamo… Ah, no, il messaggio era solo per avvertirmi che ce lo faranno sapere fra poco. Stanno decidendo proprio in questi minuti, a quanto pare.”

 

“Speriamo che scelgano qualcuno della tua lista.”

 

“Lo vorrei tanto, ma ne dubito,” rispose Becca con uno sbuffo. “Personalmente opterei per Harley Obers. La conosco bene, ho lavorato insieme a lei più di una volta. È efficiente, professionale e scrupolosa. Una persona in gamba, anche se spesso si lascia andare a dei comportamenti alquanto bizzarri.”

 

“Ah, sì?” chiesi interessato, sollevando la testa. “In che senso, ‘bizzarri’?”

 

“Lo scoprirai tu stesso, se sceglieranno lei,” mi rispose Becca con un sorriso. “Fra parentesi, anche Harl è del cinquantunesimo secolo. Credo proprio che andreste d’accordo, voi due.”

 

Sorrisi a mia volta. “Attenta a quel che dici. Potremmo andare fin troppo d’accordo.”

 

“Nah. Non sei per niente il suo tipo.”

 

“Per caso non le piacciono gli uomini con la fossetta sul mento?” domandai con fare scherzoso.

 

“No, non le piacciono gli uomini e basta,” ribatté Becca.

 

Ci fissammo negli occhi per un attimo, e poi scoppiammo entrambi a ridere fino alle lacrime. Ci stavamo giusto riprendendo, quando il bracciale di Becca trillò di nuovo, stavolta in tono più sommesso. Il corpo ancora scosso da sussulti di allegria, Becca riprese a tormentarmi i capelli affettuosamente, accingendosi a visionare il messaggio dell’Agenzia; io tornai invece nella mia posizione iniziale, con la guancia posata sulla sua pancia.

 

“Un vero peccato,” commentai infine. “Beh, a tutto c’è rime– AHIA! Ma che fai, sei impazzita?!”

 

La mia compagna non mi rispose direttamente, e nemmeno mollò la stretta con cui, tutto d’un tratto, aveva attanagliato la mia povera capigliatura. “Quei disgraziati! Ma chi credono di prendere in giro?!” si limitò a sibilare.

 

“Becca, abbi pietà di me, ti prego!” la implorai.

 

Becca, tuttavia, sembrò dare più retta alla sua improvvisa, incomprensibile furia che a me. “Tutti quei bei discorsi sulle ‘migliori mani possibili’, e poi sarebbe questo il risultato? Ma mi sentiranno, eccome se mi sentiranno!”

 

“Si può sapere che ti prende?” la apostrofai. “E soprattutto, ti decidi o no a lasciarmi andare?”

 

Becca trasalì, e rimosse dalla mia testa la mano sinistra. “Oh, povero caro, scusami! Sono talmente arrabbiata che… Vieni qui, mi faccio perdonare subito.”

 

Allargò le braccia in un chiaro invito, che ovviamente non tardai ad accettare. Mi issai di qualche decina di centimetri e mi rifugiai fra di esse, posando poi il capo accanto al suo, sul cuscino. La guardai in viso, e negli occhi le lessi una miriade di emozioni, prima fra tutte l’ira. Non era indirizzata verso di me, questo l’avevo capito, ma allora a che cosa era dovuta? In tutta sincerità un’idea me l’ero già formata, ma attesi qualche secondo prima di rivolgere la mia domanda (retorica) a Becca.

 

“Dunque hanno scelto. E la cosa ti infastidisce non poco,” dissi.

 

“Chiamarlo fastidio è un eufemismo,” replicò lei. “Sì, mi hanno appena comunicato il nome dell’Agente. Anche se definirlo così… Bah!”

 

Annuii per incoraggiarla, ma decisi di rimanere in silenzio, ad aspettare il resto delle sue parole.

 

“Mi avevano assicurato che ti avrebbero affidato in buone mani, e invece, per come la vedo io, hanno optato per le peggiori,” mi spiegò.

 

“Perché, non è bravo?”

 

“Oh, per esserlo lo è. Maledettamente bravo, se è solo per questo. Può vantarsi di una delle più alte percentuali di riuscita delle missioni che si siano mai viste, ed è il motivo principale, se non l’unico, per cui l’Agenzia non lo ha ancora cacciato,” continuò Becca. Notai che il viso le si andava rabbuiando. “Per il resto, francamente lo considero poco meno di un mercenario. Non di certo la persona più adatta da affiancare a te.”

 

“Si può almeno sapere come si chiama, questo delinquente? Dovrò averci a che fare in ogni caso, no?” osservai.

 

“Può darsi che tu lo conosca già, Jax. Vista e considerata la sua pessima fama…” Becca corrugò un attimo la fronte. “Ti dice niente il nome Eion Alleyn?”

 

***

 

Note esplicative al testo:

- L’Agente Alleyn non l’ho menzionato nel disclaimer posto a inizio capitolo per ovvie ragioni. Spero che la sorpresa sia stata di generale gradimento XD

- Il titolo del capitolo è ispirato all’espressione inglese the name of the game, il cui significato in italiano è ‘la cosa essenziale’, ‘l’importante’. Tradurlo letteralmente non avrebbe molto senso (‘il nome del gioco’), ma dopo aver invertito le posizioni dei due sostantivi (‘il gioco del nome’) trovo che sia venuto fuori qualcosa di decisamente azzeccato!

- Prossimamente: quale sarà la reazione di Jax nell’udire il nome del tanto odiato Agente Alleyn?

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Torchwood / Vai alla pagina dell'autore: Glinda