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Autore: PasifiKStaR    17/06/2013    0 recensioni
Una serie di oneshot dedicate a Squall e Rinoa, basate sull'idea che Squall e Seifer scrivano anonimamente novelle per la rivista di Ellione. Una specie di crack-fic che contiene una storia post-game, un'AU moderna, una favola e una storia soprannaturale, collegate tra loro alla fine di ogni capitolo con uno sguardo su Squall e Seifer che lavorano sodo.
Genere: Commedia, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rinoa Heartilly, Squall Leonheart, Un po' tutti
Note: AU, Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer: Final Fantasy VIII e i suoi personaggi sono proprietà Square-Enix, e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro: nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

WILL WRITE FOR GIL
scritta da PasifiKStaR, tradotta da Alessia Heartilly
I. Casa

Parte di lui non avrebbe dovuto essere sorpresa per la testardaggine che affrontò. Ora che la città marittima andava meglio, volevano tagliare la quantità di sicurezza privata che avevano assunto. Andava bene, immaginò Squall. Dopo tutto, c'erano altri posti in cui poteva mandare mercenari esperti. Quello che non andava bene era la drastica diminuzione della paga proposta, così come le tasse aggiuntive approvate per gli abitanti non-permanenti, il che includeva il personale del Garden di stanza.

Cid aveva ragione; Dollet cercava di risparmiare ogni guil mentre cercava di spremere i Garden per tutto quello che valevano. Sospirando, stanco, entrò nell'appartamento che condivideva in quel viaggio d'affari, e gettò la giacca della divisa sullo schienale del divano.

Andò in cucina e riuscì a prendere un po' d'acqua dal frigorifero, prima di fermarsi. Esaminò la cucina vuota, la sala da pranzo e il soggiorno. Era strano: c'era silenzio. C'era silenzio e lui era lì con Selphie e Zell.

Accigliandosi, inghiottì un po' d'acqua dalla bottiglia, cercando di ricordare le loro agende. In teoria dovevano essere entrambi di ronda nella stazione principale, a controllare le condizioni, gli esercizi d'addestramento dei soldati di stanza e parlare con loro. Però era già pomeriggio tardi. I due sarebbero già dovuti tornare.

Poi, da qualche parte nell'appartamento con le due camere da letto, sentì tirare l'acqua. Fu colto da un piccolo sollievo; allora erano a casa.

"Oh, Hyne! Un medico! Selphie, ci serve un medico!" Si sentì di nuovo lo sciacquone dal bagno della stanza di Selphie.

"Perché le pillole non stanno funzionando?!" gridò Selphie. Squall gettò sul tavolo la bottiglia d'acqua vuota e corse fino al corridoio.

"Zell!" gridò. "Selphie! State-"

Un suono di vomito riempì l'aria quando raggiunse il bagno che condivideva con Zell e si fermò di colpo sulla soglia. Il suo amico era seduto per terra, praticamente abbracciato al water, mentre si ripuliva le labbra dal vomito. Squall aveva visto arti esplosi, ferite che buttavano sangue come una fontana, ma nulla lo aveva fatto ritrarre come il vomito per terra e un mercenario verde in viso.

"Squall!" Zell aveva gli occhi rossi e pieni di lacrime. "Squall, sto morendo!"

"Cosa è successo?!" gridò Squall, preparandosi a prendere l'antidoto necessario.

"I frutti di mare..." Zell fece una smorfia, guardando Squall implorante. "Erano... mar-" Spalancò gli occhi e riportò la testa sul water, vomitando di nuovo.

Squall rimase in piedi sulla soglia, cercando di capire. Si sentì un fruscio dietro di lui, e si voltò. La porta della stanza di Selphie si aprì, e la ragazza, dall'aspetto malato, si appoggiò pesantemente alla soglia.

"Quanto ci vuole perché passi l'avvelenamento da cibo?" gracchiò Selphie. Si strinse lo stomaco con un braccio mentre si copriva la bocca con l'altra mano, come per impedire che del vomito improvviso colpisse il suo capitano.

"Un giorno o due." Squall si accigliò. Si trovò a fare un esitante passo indietro. "Cosa è successo?"

"Siamo andati a mangiare in questo posto." Selphie fece una smorfia. "È stato un errore. I frutti di mare nei nostri piatti erano cattivi... ugh!" Si raddrizzò, come se fosse stata colpita. "Scusatemi!" Sbatté la porta, fiondandosi nella stanza per usare il bagno.

Squall tornò a guardare Zell. "Avete almeno preso qualche medicina per aiutarvi?"

"Non funziona niente, Squall," gli disse Zell con fare drammatico. "Nulla fermerà mai questo dolore."

Il leader del gruppo chiuse gli occhi e fece un respiro profondo per calmarsi. "Chiamerò una cameriera a pulire, voi cercate di riposarvi e basta," disse mentre tornava in corridoio.

Scuotendo la testa, Squall tornò in cucina per prendere il numero del servizio pulizie da sopra il frigorifero. Aveva appena finito di prendere le cose quando la porta di Selphie si riaprì e riapparve la ragazza.

"Squall." Selphie fece una smorfia sentendo la propria voce roca. "Mi serve un favore."

Lui socchiuse gli occhi, sospettoso. "Non dirmi che non avete finito la ronda alla stazione."

Lei fece una smorfia. Non l'avevano finita. "Possiamo finire i controlli domani, ma no, mi serve un'altra cosa."

Lui sembrò riluttante a chiedere. "Cosa?"

"Avevo in programma una cena stasera." Selphie fece una smorfia, mentre il suo stomaco emetteva uno strano gorgoglio. "Ma non riesco a farcela. Puoi andarci tu, invece?"

"Selphie, sono sicuro che tu possa riprogrammarla," le disse con fermezza Squall mentre prendeva delle cose dal frigorifero per prepararsi la cena.

"No." Lei scosse la testa, ancora appoggiata al muro del corridoio. "Le persone che devo incontrare sono qui solo una sera, e non ho un numero di telefono."

"Sono sicuro che cercheranno di contattarti."

"Squall," gracchiò Selphie. Barcollò avanti, sempre tenendosi lo stomaco. "Per favore... pagherò io la cena." Si fermò, barcollando a metà strada. "Dal mio stipendio stavolta." Le gorgogliò lo stomaco e cominciarono ad alzarlesi le spalle.

Squall si voltò per rifiutarsi fermamente, con un cespo di lattuga in una mano e del pane nell'altra. "Capiranno che hai un'intossicazione alimentare. Puoi spiegarglielo quando parlerete la prossima volta. Ora torna in camera e stenditi." Socchiuse gli occhi, guardandola incuriosito. "Selphie...?" Lei strizzò gli occhi e si portò le mani alla bocca. "Merda, Selphie." Girò intorno al bancone della cucina, posando il cibo mentre correva ad aiutarla. "Ti ho detto di-"

Poi lei gli vomitò addosso.

Squall poté solo stare lì, con gli occhi spalancati mentre il vomito di Selphie gli penetrava la maglietta e gli colava sulla pelle. Aveva ancora le braccia tese per aiutarla, e si era bloccato lì dov'era. Di fronte a lui, il viso pallido e tirato di Selphie era bloccato in un'espressione d'orrore.

"Mi... dispiace... così... tanto-"

"Va' nella stanza," disse Squall a bassa voce mentre stringeva le mani e le abbassava lentamente lungo i fianchi.

"Ma... e la cena di stasera-"

"Me ne occupo io," continuò lui. "Va'. A. Riposare." Selphie non si preoccupò di annuire. Barcollò semplicemente all'indietro e cercò di tornare in camera prima che Squall si arrabbiasse davvero.

"Wow," disse Zell uscendo, con un aspetto lievemente migliore, ma ancora pallido e con gli occhi rossi. "Che è successo qui?"

"Hai finito con il bagno?" domandò attentamente Squall. Zell annuì. Senza una parola, Squall lo superò. Selphie gli aveva vomitato sui vestiti. Gli rimaneva un solo completo pulito, che era la sua divisa, e avrebbe dovuto far pulire quello che indossava prima di partire.

"Intendi usarlo? Adesso?" Zell si fece piccolo. "È un po' un casino-"

"Hai vomitato nella doccia?"

"No-"

"Allora andrà bene," grugnì Squall.

Zell guardò il bancone, dove era rimasto il cibo abbandonato da Squall. Nonostante quello che aveva appena fatto, e i resti dell' 'attacco' di Selphie ancora sul pavimento, si trovò stranamente affamato.

Adocchiò il pane. "Questi li usi?"

"No!" gridò una voce.

"E la tua cena?" domandò cautamente Zell. La porta del bagno sbatté. "Ok," disse Zell guardando il cibo. "Ci perdi tu!" Gli gorgogliò lo stomaco. Spalancò gli occhi, stringendosi la pancia e tornando in corridoio. "Basta che ti sbrighi!"

*~*~*~*~*

Sembrava che la cittadina marittima avesse prosperato negli ultimi anni. Erano stati ricostruiti gli edifici, e la via principale era costeggiata da palazzi ben tenuti ed eleganti lampioni. L'acqua era bella e pulita, e non faceva né troppo caldo né troppo freddo. Rinoa capiva perché Dollet stesse sbocciando come destinazione turistica così popolare per chi voleva la pace e la serenità di una cittadina di mare.

Era un peccato che stesse lì solo per una notte prima che la sua nave ripartisse. Comunque, pensò mentre respirava profondamente la calda aria del mare, almeno poteva cenare con una vecchia amica. Era stata una felice coincidenza incontrare Selphie quella mattina mentre girava per la città.

Il sorriso compiaciuto parve scomparire mentre abbassava gli occhi e si guardava le dita, che stringevano il tavolo a cui era seduta. Era in uno scenario romantico come tanti: su un balcone del migliore ristorante di pesce di Dollet, che dava sulle onde che si infrangevano lì sotto. Il sole stava tramontando, c'era una luce fioca di candele dai tavoli, e da qualche parte nel ristorante dietro di lei c'era un'orchestrina che suonava e intratteneva i clienti.

L'atmosfera era perfetta, ma il fatto di stare seduta lì ad aspettare da sola la imbarazzava. In silenzio, guardò il suo orologio. Era in anticipo; Selphie sarebbe arrivata tra qualche minuto, e anche così, Selphie era probabilmente il soldato più ritardatario che conoscesse, e sarebbe stata un po' in ritardo.

Sentì un dolore nel petto. Il pensiero del soldato la riportò immediatamente al Comandante di Selphie; l'uomo che aveva lasciato.

Si guardò le mani pallide con occhi tristi. Le aveva più ruvide che mai, ma ne era orgogliosa. Erano il risultato di anni di duro lavoro e dedizione per aiutare le vittime della guerra a ricostruire in giro per il mondo. Il cuore le fece male di nuovo. Era il risultato di anni a stare lontana da lui.

"Basta, Rinoa," si rimproverò piano. "Selphie sarà qui a momenti. Non vuoi essere depressa a rimuginare sul suo Comandante come un'adolescente innamorata persa..." Che una volta era stata. Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Selphie era in missione a Dollet. Non Squall. Era stata Selphie a incontrarla quel giorno, non Squall. Avrebbe cenato con Selphie.

"Signorina, è arrivata la persona che aspettava," disse una voce dietro di lei. Rinoa aprì gli occhi e si alzò per salutare.

Una voce sorpresa, che non apparteneva a una mercenaria minuta e allegra. "Rinoa?"

Spalancò gli occhi e incontrò immediatamente quelli ugualmente spalancati di lui, e il cuore le balzò in gola. "Squall?" Se l'intossicazione non uccideva Selphie, Squall giurò che l'avrebbe fatto lui. Guardò quegli occhi familiari che sbattevano, confusi, mentre arricciava le labbra in un minuscolo broncio. "Che ci fai qui?" Lei piegò la testa e si guardò intorno. "Dov'è Selphie?" Pregò che non fosse uno scherzo.

Squall dovette costringersi a respirare; a calmare il cuore che gli batteva all'impazzata in petto e rimanere composto. Aveva superato una guerra e la sua vita era stata sconvolta da sorprese peggiori che una bellissima donna con un vestito blu senza maniche e lungo fino al ginocchio che doveva cenare con lui. Poteva farcela.

"Ha un'intossicazione alimentare." Quasi si picchiò per quanto sembrava indifferente. Quando era uscito, Selphie gli diceva che sarebbe morta, e di dire a Irvine che lo amava e di non dimenticarsi di dar da mangiare al suo pesce rosso. Persino mentre lo diceva aveva un aspetto migliore, ma non abbastanza da cenare con la figlia del Colonnello. "Lei e Zell hanno mangiato dei frutti di mare avariati a pranzo, e la cosa non ha fatto bene."

"Oh, no... stanno bene? Hanno bisogno di un medico?" domandò Rinoa, aggrottando la fronte mentre prendeva la borsa.

Squall quasi sorrise tra sé e sé. Sembrava che non fosse cambiata molto. Era ancora la stessa. Poteva essere cresciuta un po' in altezza, avere il viso più definito, e qualche ruga in più agli angoli degli occhi, ma ci teneva ancora. "No, stanno bene. Stanno riposando un po' e io ho cambiato i loro compiti di domani, così potranno continuare a farlo."

"C'è qualcosa che posso fare?" domandò lei, tenendo sempre la borsa.

Squall esitò, e restò dov'era. Spostò gli occhi sulla sedia dove, in teoria, doveva sedersi, davanti a lei. "A dire il vero Selphie mi ha mandato qui," le spiegò. "Non c'è molto che puoi fare adesso. Hanno solo bisogno di riposare e buttare tutto fuori."

Rinoa si trovò ad annuire. "Dovrei almeno salutarli."

Un tic nervoso gli fece contrarre un occhio. "Io starei lontano. Selphie... mi ha vomitato addosso, prima."

Lei spalancò nuovamente gli occhi. Lui poteva vedere che le si piegavano le labbra in un sorriso; segnale che stava cercando di non ridere. Le sfuggì un grugnito prima di voltare la testa di lato e soffocare a malapena una risatina. Lui alzò gli occhi al cielo.

"Scusa, scusa," rise lei tornando a guardarlo. Fece correre gli occhi sul suo corpo; non sembrava che avesse avuto dei problemi. Indossava l'uniforme ed era profumata e pulita, anche se non era del tutto abbottonata. No, sembrava proprio a posto. "Stai bene?"

"Finché non capita di nuovo," le disse. Indicò fiacco le sedie. "Vuoi comunque cenare con me?"

Sembrava a disagio, e lei pensò che fosse carino. Questa non invecchiava mai, anche se pensava che lui fosse passato dal 'carino' del ragazzino al 'assolutamente affascinante' dell'uomo. Lei quasi rise della sua valutazione.

"Certo," sorrise, soffocando a malapena la risata mentre tornava al suo posto. Rimise la borsa sul tavolo mentre Squall arrivava dietro di lei per aiutarla a sedersi. La ragazza quasi sobbalzò quando lo sentì dietro di lei, che afferrava lo schienale della sedia e la spingeva più sotto al tavolo. Si sentì accaldata e abbassò la testa, sperando che lui non vedesse il suo rossore.

La presa di Squall sulla sedia si rafforzò. Così vicino a lei, poteva sentire il profumo dei suoi capelli insieme all'aria salata intorno a loro. Lui voltò la testa e tolse le mani dalla sedia, girando velocemente intorno al tavolo per sedersi. Mentre Rinoa afferrava il tovagliolo per metterselo sulle gambe, Squall armeggiò con il suo.

"Hai già guardato il menù?" domandò lui. Fece una smorfia tra sé e sé. Sembrava così forzato.

Rinoa ridacchiò leggermente e scosse la testa. "No, a dire il vero aspettavo che arrivasse Selphie." Si fermò e ringraziò il cameriere che allungava un menù a entrambi. "Quali sono i piatti del giorno?"

"Il branzino, signorina, è arrivato proprio oggi con la pesca del pomeriggio. Abbiamo anche delle speciali cozze saltate con salsa all'aglio e il preferito del cuoco, bistecca e gamberetti," disse il cameriere.

"Io prendo quello," disse Squall, restituendo il menù al cameriere.

"Scelta eccellente, signore. E signorina, vuole che torni dopo?"

Rinoa arricciò il naso. Restituì il menù al cameriere e sorrise radiosa. "Faccia per due."

"E da bere?"

"Io prendo del caffè," disse Squall.

"Un bicchiere di vino della casa," aggiunse Rinoa. Il cameriere annuì e se ne andò. La ragazza tornò a guardare il suo inaspettato compagno, e sospirò. "Allora... che ci fai a Dollet?" Rinoa sorrise. Perché Selphie non le aveva detto che c'era anche lui.

"Negoziazioni del Garden con la città sui mercenari di stanza qui," rispose Squall. "Tu?"

"Sono di passaggio." Rinoa continuò a sorridere. La conversazione scivolò nel silenzio e lei prese un bicchiere d'acqua.

Squall rimase seduto rigido. Guardò l'acqua, cercando di distrarsi dalla donna davanti a lui. Si ripromise in silenzio di far passare a Selphie un rigoroso inferno d'addestramento non appena poteva. Un attimo... no. Anche meglio, l'avrebbe messa dietro la scrivania per un mese e le avrebbe fatto correggere i saggi degli studenti del Garden. Sì, sarebbe stata una punizione sostenibile per non avergli detto chi avrebbe cenato con lui.

Era abbastanza brutto essere stato fuorviato - era sicuro che fosse qualcuno del Consiglio di Dollet che voleva fare una cena di lavoro o qualcosa del genere. Invece doveva sopportare una cena imbarazzante con la donna che lo aveva lasciato anni prima. Anche se non era stata una brutta rottura - o anche solo una rottura, a sentir Selphie - non si erano più parlati.

Corrugò un poco la fronte. Perché avevano smesso di parlarsi? Lei se n'era andata e non aveva mai chiamato. Lui lo aveva preso come il segno che lei non volesse più avere nulla a che fare con lui. Era quello che significava, no? Ma adesso era diverso. Erano adulti. Avevano un lavoro ed erano cresciuti un po' dal loro ultimo incontro. Ovviamente potevano essere civili.

Non che la partenza di Rinoa gli avesse causato troppo dolore.

Guardò dall'altra parte del tavolo. Rinoa usava la cannuccia per giocare con la fetta di limone nel bicchiere.

Era una bugia. Ogni giorno, da quando lei se ne era andata, una parte di lui era morta. Non sapeva se era arrabbiato o triste o confuso, ma sapeva di sentirsi vuoto. C'era qualcosa che mancava, e spesso aveva voluto contattarla - chiederle cosa stava succedendo, se intendeva tornare o se era finita... e chiederle cosa aveva fatto per farla partire.

Ma non l'aveva mai fatto. Lui fece un respiro profondo.

"Allora, che fai?"

"Che fai?" domandò lei nello stesso momento. Sbatterono le palpebre e si fissarono per un attimo. Lui sembrava sorpreso, e lei iniziò a ridere. Abbassò le spalle e le si intristirono un poco gli occhi. "Aiuti umanitari ovunque. Non sto mai davvero nello stesso posto per un più di un mese o due."

"Deve essere eccitante," riconobbe lui.

"Sì, eccitante." Lei si costrinse a sorridere. "E tu? Ho sentito che sei salito di rango, al Garden."

"Faccio solo il mio lavoro," rispose lui scrollando le spalle.

"Ho sentito che lo fai molto bene," disse lei sporgendosi in avanti.

"Non è che abbia altro da fare." Imprecò in silenzio. Tornò a guardarla in faccia, cercando di vedere se la sua risposta indifferente aveva fatto qualche effetto. Lei aveva gli occhi vacui, e il suo sorriso malizioso era diventato qualcosa di vuoto. "Voglio dire... Cid non fa che accumulare lavoro. Una cosa dopo l'altra."

"Giusto, giusto," annuì lei, con gli occhi che si abbassavano. Si ritrasse, cercando di fingere che la sua risposta non avesse riaperto una vecchia ferita. "Sono sicura che ti tiene molto occupato."

Lui abbassò di nuovo gli occhi. "Comunque," cominciò. "È la stessa organizzazione benefica con cui lavoravi prima?" Quasi fece una smorfia per l'ultima parola.

Rinoa annuì. "Stiamo cercando di lavorare con i Garden e le città danneggiate al nostro meglio," disse. "A dire il vero scrivo molte email a Quistis."

Questo lui non lo sapeva. "Ottimo. Quindi... ti sei tenuta in contatto?" Con tutti a parte me?

Rinoa sorrise tristemente. "No... non tutti."

Lui socchiuse gli occhi, osservando il rimpianto sul suo viso. Prima di poterlo interpretare oltre, arrivarono le loro pietanze e l'argomento passò in fretta al cibo. Tra i "mmm..." e "com'è la tua bistecca..." c'erano lunghi momenti di silenzio o conversazione forzata.

Quando Rinoa finì il dessert, sembrava pronta ancora una volta a fuggire. Squall digrignò i denti. Era la prima volta che le parlava da anni, e sarebbe finita così? Con una battaglia testarda per chi pagava il conto, e poi ognuno per la sua strada?

"No, va bene," sorrise Rinoa prendendo il conto. "Sei venuto fin qui per cenare con me all'ultimo momento. Pago io."

"Va tutto bene, Rinoa. Stavolta faccio io."

"Almeno lasciami pagare la mia parte," disse lei, infilando già una mano nella borsa. "Quanto è... mancia compresa?"

Squall mise alcune banconote nella cartelletta nera che gli aveva dato il cameriere e poi la restituì. "Tenga il resto," disse al ragazzo. Il cameriere lo ringraziò cortesemente e Squall tornò a guardare Rinoa. "Non preoccuparti, mi farò ripagare da Selphie."

Rinoa grugnì leggermente scuotendo la testa, e rimise il portafoglio in borsa. "Stavolta hai vinto tu."

Squall si alzò dalla sedia e girò intorno al tavolo per aiutare Rinoa ad alzarsi. Lei lo ringraziò piano mentre lui si guardava intorno. "Dove hai la giacca?"

"Non l'ho portata," rispose lei scrollando le spalle mentre chiudeva la borsa. "Non fa così freddo, e la nave non è lontana."

"Oh... torni a piedi?" domandò lui mentre attraversavano il ristorante. Rinoa annuì. Ringraziarono il ristoratore che li aveva accompagnati al tavolo.

"Beh," disse lei mentre uscivano. Squall le tenne la porta aperta, aspettando che lei e una coppia anziana uscissero prima di lasciarla chiudere e unirsi a Rinoa. "È stata una cena deliziosa."

"Già."

"Scommetto che avrai una giornata impegnativa, domani," aggiunse lei.

"Qualche altra riunione," rispose lui. "Partiamo dopodomani."

"Oh." Rinoa annuì. Guardò per terra, mentre camminavano lungo la strada e iniziavano a tornare indietro. "Sembri occupato. Allora ti lascio." Iniziò ad accelerare il passo, ma Squall allungò una mano e le prese il polso.

"Aspetta!" Lui la trattenne e lei si guardò al di sopra della spalla, sorpresa. Squall esitò. "Io... Rinoa..." Le guardò la mano e la lasciò andare velocemente. "Lascia che ti riaccompagni," si offrì tornando a guardarla negli occhi. "Per favore."

Parte di lei le gridava di dire no; di negarglielo e di evitare il confronto che sapeva sarebbe arrivato se fosse rimasta ancora con lui. Un'altra parte di lei era attirata dal suo viso. Gli angoli più definiti, gli occhi più duri, l'espressione di un uomo che voleva solo qualche altro momento del suo tempo. Come poteva negarglielo dopo quello che aveva fatto? Si morse il labbro inferiore e fece un respiro profondo.

"Certo!" Il sorriso che gli rivolse non era quello che gli era familiare. Non le toccava gli occhi, e lui quasi si intristì nel vederlo. "La nave su cui sto non è troppo lontana."

Squall annuì e cominciò a camminare accanto a lei. "Mi dispiace se ti ho fatto male," disse lui all'improvviso.

Rinoa quasi lasciò cadere la borsa. "Cosa?" boccheggiò, girandosi a guardarlo. Corrugò la fronte.

"Quando ti ho preso il braccio," sottolineò.

Lei si guardò il polso e si trovò ad annuire. "Oh... giusto," concordò. Scosse la testa e gli rivolse un altro sorriso. "Non è niente. Non puoi mai farmi del male, Squall." La sorprese quanto fosse ancora vero.

Accanto a lei, il soldato annuì solennemente. "Penso solo che dovrei almeno accompagnarti," affermò.

"Giusti, devi fare il cavaliere, eh?" Rinoa continuò a sorridere.

"Non ha nulla a che fare con quello." Camminava con lo stesso passo di lei, e lei lo guardò.

Le sfuggì la risposta prima di avere la possibilità di fermarsi. "Allora con cosa ha a che fare?"

Squall continuò a guardare avanti, lungo il marciapiede su cui camminavano. Non era sicuro di cosa esattamente, ma rispose.

"È passato un bel po'," le disse senza guardarla negli occhi. "E non abbiamo davvero parlato."

Lei voltò la testa di scatto. Socchiuse gli occhi, voltandosi per la vergogna. "Non c'è davvero molto di cui parlare," cercò di dire. "Il mio lavoro è piuttosto noioso e so che tu probabilmente sei occupatissimo al Garden. Quando scrivo a Quistis, lei di solito mi dice che sei chiuso in ufficio." Si accigliò e lo guardò. "Non ti fa bene, sai."

Lui piegò la testa di lato. "Scrivi a Quistis su di me?"

Lei arrossì. "Mi piace informarmi di tutti!" si difese Rinoa.

"Incluso me?"

"Certo!" Batté il piede a terra, stringendosi la borsa al fianco mentre arrivavano a un angolo della strada. Erano a metà cammino verso il posto dove era attraccata la sua nave. Rinoa fece un respiro profondo e cercò di calmarsi. Gridare non le avrebbe fatto bene. Sapeva cosa succedeva quando apriva la bocca senza pensare.

Le domande e le confessioni sarebbero uscite a fiotti. Il dolore, la paura, il senso di colpa, il dubbio. Non voleva affrontarlo, adesso. Freneticamente distolse gli occhi da lui, cercando di trovare qualcosa nella piazza che stavano attraversando che potesse distrarli.

Una minuscola, quasi inudibile risatina risuonò dietro di lei. Rinoa si trovò a guardare Squall, con la sua espressione di vago sollievo sul viso. "È bello sentirlo."

"Squall?" fece lei confusa. Lui stava guardando la piazza. A inizio serata, i lampioni si erano accesi, e famiglie e coppie, turisti e abitanti, giravano lì intorno, chiacchierando tra sé e godendosi la fresca brezza marina, mentre un'orchestrina di tre elementi suonava accanto alla fontana centrale.

"È cambiata molto, vero?" domandò Squall socchiudendo gli occhi. "Che differenza fanno pochi anni."

Lei esaminò il suo profilo e si trovò ad annuire. "Sì..."

Lui la guardò e sorrise dolcemente. "Non importa cosa è successo in passato, è successo comunque qualcosa del genere. Avrebbe potuto essere abbandonata e basta, ma la gente ha scelto di tornare e ricostruire. Ora guardala." Guardava la piazza. "Avevano solo bisogno di una possibilità. È come se tutto quello per cui abbiamo lavorato non fosse inutile."

Lei seguì il suo sguardo. Aveva ragione, e per un attimo si sentì in pace. La musica, la gente... era un momento felice e non voleva separarsi da lui in malo modo. La sua mente elaborò all'improvviso un piano. Era infantile e probabilmente lo avrebbe messo in imbarazzo, ma sembrava divertente. Fece un sorriso diabolico.

"Dai!" Gli strinse con fermezza una mano, e all'improvviso Squall si trovò a essere tirato in avanti.

"Rinoa! Che stai-"

"Guarda! Tutti si divertono, ma nessuno balla!" esclamò Rinoa mentre avanzava. Squall le guardò la testa come se fosse impazzita.

"Forse nessuno vuole ballare." Squall alzò gli occhi al cielo, barcollando fino a centro piazza.

"È solo perché nessuno vuole iniziare," assicurò Rinoa mentre lo tirava al centro, proprio davanti alla fontana. Si voltò verso di lui e gli mise una mano sulla spalla. "Quindi dovremmo cominciare la festa per loro!"

Squall la guardò. "Tu sei pazza."

"Eddai, cattivo! Partecipa!" La ragazza gli sorrise, radiosa. "Stanno guardando tutti!"

Per un attimo, lui colse una sfumatura della donna che aveva conosciuto anni prima. Le luccicavano gli occhi, il suo sorriso era sincero, e l'atmosfera intorno a loro, in quel momento, aveva un'energia familiare che lo esasperò e gli accelerò i battiti. Emise un sospiro stanco.

Squall si ritrasse da lei, e l'espressione di Rinoa cominciò a rattristarsi. Lui si mise una mano in tasca e ne estrasse qualche guil. Poi li gettò nella custodia aperta davanti ai musicisti. "Le piace il valzer."

Era un ordine più che una frase casuale, e i musicisti sembrarono trovare divertente l'uomo che era stato trascinato dalla sua bella fidanzata per ballare davanti a tutti. Mentre tornava da Rinoa, la gente intorno alla fontana applaudì e li incoraggiò.

"Non abbiamo nemmeno cominciato," borbottò lui mettendosi davanti a lei.

Sembrava che Rinoa non riuscisse a togliersi il sorriso dalle labbra. "Oh, piantala. So che ti piace."

La musica cominciò e Rinoa si mise a dondolare sul posto. Lui fece un sorriso divertito. "Un po'." Cominciarono a muoversi in cerchio in una piccola zona, per il divertimento degli osservatori. Alcune coppie si alzarono dalle panchine sulla zona erbosa per unirsi a loro.

"Sei migliorato," si complimentò Rinoa mentre si muovevano tra la mezza dozzina di altre coppie.

"Il risultato di partecipazione forzata a troppi balli, feste e altre celebrazioni," ammise Squall. Rinoa ridacchiò tra le sue braccia.

"Penso che ti siano servite, Capitano Leonhart," sorrise radiosa. Lui ricambiò e la fece piroettare. Lei rise.

Anche lui fece una risatina e mentre la canzone continuava, tutto quello che poteva ricordare era quanto avesse amato stare con lei. Rinoa ridacchiò, tornando contro di lui. Il viso di Squall si addolcì. No - ricordava esattamente quanto amava lei.

Lei sollevò gli occhi sul suo viso. La sua espressione sciocca si sciolse lentamente, addolcendosi mentre si ritrovava attratta nell'espressione familiare che lui aveva solo per lei. In quei momenti privati, quando era come se fossero le uniche due persone al mondo, gli occhi di Squall si scaldavano e c'era un piccolo sorriso sulle sue labbra. Si trovava a perdersi nella sua espressione.

La musica intorno a lei sembrò svanire nel silenzio; solo il battito veloce del suo cuore le risuonava nelle orecchie. Divenne fin troppo consapevole di quanto lui fosse caldo e del sottile profumo di sapone che emanava. Il suo corpo smise di fare qualunque cosa stesse facendo e si mosse di sua spontanea volontà. Anche quando sentì il calore del suo respiro sulla punta del naso, sembrò che non capisse cosa stava facendo. O che desiderasse fermarlo.

Lui sapeva di caffè.

Chiuse gli occhi e schiuse appena le labbra, accogliendolo di nuovo dentro di sé, riempiendo un vuoto che le era mancato. Lui era caldo e forte e familiare... e le era mancato così tanto.

Non sapeva di avergli avvolto le braccia intorno al collo. Non sapeva di essersi fermata. Non si accorgeva che la gente applaudiva.

Solo quando Squall si ritrasse, togliendosi dolcemente le sue braccia dal collo, l'ambiente tornò di colpo. Rinoa arrossì, sentendo i fischi e gli applausi. Ma la dimostrazione pubblica non era ciò che la allarmava. Si portò una mano tremante alle labbra.

Aveva baciato l'uomo che aveva lasciato senza una parola.

"Dovremmo andare," disse lui a voce bassa, con qualche cenno di gratitudine alle persone, prima di prenderle la mano e allontanarla dalla folla.

Rinoa barcollò dietro di lui, stupefatta dalle sue azioni, e incapace di vedere la sua reazione. Pensava che si stessero solo divertendo; una distrazione dalla conversazione che voleva uscire. Per un attimo, era stato come anni prima, quando erano insieme e felici e nulla era cambiato.

Ritrasse la mano quando arrivarono dall'altra parte della strada. Squall la guardò interrogativamente.

"Mi dispiace," si scusò lei, prima che lui potesse chiederle se stava bene. "Non volevo baciarti così," borbottò evitando i suoi occhi. Lo superò in fretta e si diresse il più velocemente possibile alla sua nave.

"Allora perché l'hai fatto?" domandò Squall marciando dietro di lei.

"Non lo so," disse lei. "È solo... è solo successo. Forza dell'abitudine!" insistette tenendo gli occhi fissi davanti a sé.

"Forza dell'abitudine?" ripeté Squall. Ecco tutto. Non poté più trattenersi. Le parole temute gli sfuggirono dalle labbra. "Rinoa, penso che dovremmo parlare."

"Squall, la mia nave parte domattina-"

Lui insistette. "Non ci vorrà fino a mattina."

Lei si rifiutò di guardarlo, sentendosi già le lacrime agli occhi. "Squall," lo pregò. Non voleva parlarne. Non voleva dirglielo. "Per favore-"

"Perché te ne sei andata?" Lui mollò la bomba. Era la domanda a cui lei aveva paura di rispondere. Non perché non c'era un motivo, ma perché il motivo, in retrospettiva, era così frivolo, e lo aveva ferito.

"Non voglio parlarne!" Si slanciò in avanti e per un attimo Squall si stupì che lei stesse realmente correndo via.

"Rinoa, aspetta!" gridò. Si lanciò dietro di lei, raggiungendola facilmente quando arrivarono al porto, e le afferrò di nuovo il polso. "Dimmi solo perché!"

Lei scosse la testa, con gli occhi gonfi di lacrime. "Cosa vuoi che dica?" disse lei con voce strozzata liberandosi. "Non ho nemmeno detto addio quando me ne sono andata, e poi pensi che quando ci saremmo rivisti avremmo semplicemente cominciato a parlare come prima e io avrei detto tutto?"

"No, ma penso davvero che dobbiamo parlare." Squall strizzò gli occhi. "Perché non hai detto addio? Perché te ne sei andata?" domandò lui confuso. Lei gli vide il dolore negli occhi. "Ho fatto qualcosa di sbagliato?" Le si spezzò di nuovo il cuore al suono della sua voce. Pensava che fosse colpa sua?

"No!" gridò lei.

Lui non capiva. "Allora cosa è successo?"

"Non volevo andarmene - non per così tanto tempo! Doveva essere solo per poco!" rispose Rinoa, con la voce che si spezzava man mano che si alzava. "Volevo solo aiutare per una settimana mentre eri in missione, ma la situazione si è fatta spaventosa, e serviva più gente. Sapevo che ti sarebbe andato bene che rimanessi più a lungo, ma gli sforzi hanno richiesto sempre più tempo... e prima che me ne accorgessi erano passati tre mesi. Mi sono accorta che non avevi cercato affatto di contattarmi. Ho chiamato il Garden per vedere se stavi bene e hanno detto di sì, quindi non capivo perché non avessi cercato di contattarmi visto che mancavo da così tanto tempo."

"Rinoa, so che puoi cavartela da sola," le disse Squall. "Sei una brava combattente e sei dedita alle tue cause. Sapevo che se ti fosse successo qualcosa di male sarei stato il primo a saperlo."

Lei lo guardò come se fosse scemo. "Quindi non hai nemmeno pensato di informarti, anche dopo così tanto tempo?!"

"Avevo fiducia in te," le disse Squall in tono piatto. "Non è la stessa cosa che disinteressarmi di te."

Lei soffocò un grido. "Pensavo che non mi volessi più."

"Rinoa," cominciò lui con attenzione. "Perché tu non hai contattato me?" chiese. "Perché pensavi che non mi importasse di te?"

Era stupido, ora che ci pensava. Come poteva un uomo che aveva rischiato la sua vita per lei e giurato di starle accanto nei peggiori momenti disinteressarsi di lei? Eppure, a diciannove anni aveva avuto paura che fosse quello il motivo.

Dubbi tenaci le avevano riempito la mente, e ogni volta che aveva voluto contattarlo si era trovata a non riuscire a costringersi a farlo. Era frustante che fosse così tanto più semplice contattare Quistis o Selphie piuttosto che Squall; l'uomo con cui aveva vissuto. Forse era perché sapeva di starlo ferendo.

"Dopo qualche mese mi vergognavo troppo a contattarti," ammise piano Rinoa. "Pensavo... perché dovrebbe aspettarmi? Non chiamavo da mesi. Non avevo scritto lettere o mandato messaggi. Era come se ti avessi lasciato senza dirtelo e me lo fossi trascinato per settimane. Sapevo cosa provavo io, e ovviamente per te era peggio. Io ti avevo fatto questo. Io ti avevo ferito. Perché avresti dovuto aspettare qualcuno che ti aveva fatto questo?"

"Perché ti amo," affermò Squall, come se fosse la risposta più ovvia del mondo.

Lei voleva quasi ridere per quanto era semplice la sua risposta. Persino in quel momento ne sembrava così sicuro, e lei ne era stata terrorizzata.

"Avevo così tanta paura," disse. "Non potevo nemmeno spingermi a scriverti una lettera! Ogni volta che cercavo di chiamare, avevo paura che mi rispondessi e mi dicessi che era finita; che non mi avresti sopportato - e non ti biasimavo! Avevo così paura di sentirti dire che mi odiavi, non riuscivo nemmeno a chiamarti! So che è stupido, ma avevo paura, Squall!"

"Avevamo diciannove anni, Rinoa," le ricordò lui. "Avremmo dovuto avere più buon senso, ma non l'abbiamo avuto. Avrei dovuto chiamarti anch'io, invece di pensare che mi avevi lasciato."

"Che motivo pensavi che ci fosse perché io ti lasciassi?" domandò Rinoa. "Io ti amo. Eri tutto quello che potevo mai desiderare!" Stava uscendo tutto, adesso. "Persino adesso, dopo tutti questi anni, sei tutto quello che voglio e... e... e ho ancora paura. Le cose sono cambiate, hai ragione. Non sono la stessa Rinoa e tu non sei lo stesso Squall. Non posso aspettarmi che tu mi riprenda dopo che ho fatto qualcosa di così inutile e ridicolo!"

Squall la guardò, incuriosito. "Quindi non vuoi tornare o riprovare."

"Certo che voglio tornare! Voglio riprovarci! Voglio, non ho mai smesso di volerlo," ammise Rinoa con la voce che si faceva più debole. "Ma non posso forzarti. Io non ti farò questo."

Lui fece un respiro profondo. "Rinoa, ad ogni settimana che passava le possibilità che tu tornassi a casa diminuivano, e quando alla fine mi sono accorto che era passato troppo tempo, ho pensato che forse lo avevi fatto apposta. Che non volevi continuare la relazione."

Lei lo guardò con un'espressione implorante. "E hai pensato che ti avessi lasciato?" Ovviamente lo aveva fatto, e lei aveva paura di confermarlo.

Una scintilla di dolore gli passò negli occhi. "La ragione per cui sono stato promosso," le spiegò attentamente, "era che passavo ogni momento a lavorare, cercando di dimenticarti."

Lei sentì un dolore nel petto. "Ha funzionato?"

Lui la guardò negli occhi. Lentamente, scosse la testa. "No."

Rinoa si asciugò freneticamente gli occhi e il naso, cominciando a piangere. "Mi dispiace!" si scusò lei in lacrime. "Pensavo che mi odiassi! Pensavo che non volessi più vedermi e non potevo affrontarlo. Ti amo così tanto-"

Venne interrotta, mentre lui la attirava contro il petto. Squall chiuse gli occhi, stringendola forte a sé. Le posò le labbra sulla tempia, con le braccia di lei intorno alla vita, le dita che gli stringevano la maglia della divisa.

"Non hai idea di quanto sia sollevato," lo sentì sussurrare roco contro la sua testa. "Pensavo che non volessi avere più nulla a che fare con me."

Lei scosse la testa, nascondendo il viso contro di lui. "Voglio tornare, Squall," pianse. "Voglio tornare al Garden, nella nostra stanza. Voglio tornare a come eravamo prima."

Lui le accarezzò la testa, guardando la nave poco lontana, che aspettava che lei salisse a bordo.

"Rinoa, non puoi tornare e basta," le disse lui riluttante. Lei si irrigidì tra le sue braccia e si ritrasse, con un'espressione ferita sul viso. "Hai ancora un lavoro da fare, e la Rinoa che conosco non lo abbandonerebbe e basta."

Lei tirò su con il naso. "Lo so," ammise. "Non è così semplice."

Mentre lei si asciugava gli occhi, lui sorrise leggermente e si mise la mano in tasca per prendere un fazzoletto con l'emblema e il nome del Garden. Si sporse in avanti e le asciugò il viso, incoraggiandola a soffiarsi il naso.

"Rinoa, non è una brutta cosa," la rassicurò mentre le toglieva i capelli dal viso. "Abbiamo chiarito le cose. Abbiamo avuto risposte."

"Mi dispiace comunque così tanto, Squall," insistette lei prendendogli la maglia. "Ti ho fatto aspettare e io me ne sono solo andata..."

"Avrei dovuto fare più attenzione," le ricordò lui. "Avrei potuto chiamare. Avrei dovuto chiamare e assicurarmi che tu stessi bene."

"Sono contenta che avessi fiducia in me." Rinoa tentò di sorridere. "In tutta la mia vita, nessuno ha mai pensato che potessi farcela come invece fai tu. Avrei dovuto avere più fiducia in te."

Squall abbassò gli occhi. Li posò sul viso rosso e bagnato di lacrime di Rinoa, e sui suoi occhi arrossati. "Cosa facciamo adesso?" chiese lui. "Tu non puoi semplicemente andartene, e io non posso seguirti."

Lei gli guardò il viso, fermandosi sulle sue labbra, sulla barba, i muscoli del collo che sparivano nel colletto della maglia.

Si passò la lingua sulle labbra. Oh, ma che diavolo? Non poteva lasciarlo andare così facilmente. "Puoi..." Esitò un momento, evitando di guardarlo negli occhi. "Seguirmi... stanotte." Gli avrebbe fatto venire voglia di chiamarla.

Aveva il viso rosso e caldo, ed era chiaro che non era per colpa del pianto. "E domani?" domandò lui. "Partirai comunque con la nave?"

"Sì." Lei non esitò. Quella Rinoa di cui si era innamorato, quella che voleva aiutare, che voleva migliorare le cose e rendere felice la gente... quello non era cambiato. Alcune cose non cambiavano.

Lui annuì e si sporse in avanti, baciandole dolcemente la fronte. "Bene."

In silenzio, lei gli prese la mano. Gli strinse le dita grandi con le sue, piccole, mentre lo portava alla nave.

*~*~*~*~*

Squall era stato in silenzio per la maggior parte del viaggio di ritorno al Garden. Le sue poche parole riguardavano trasporti, biglietti e una breve predica sul non mangiare nulla di 'rischioso' dato che lei e Zell stavano ancora guarendo dall'intossicazione alimentare.

La ragazza si accigliò, preoccupata, mentre guardava il suo amico e ufficiale. Squall era appoggiato allo schienale, il viso rivolto al finestrino e con la sua solita espressione stoica. L'unica differenza era che c'era una strana espressione distante nei suoi occhi; come se la sua mente fosse completamente altrove.

Selphie arricciò le labbra e si guardò le mani. Era colpa sua. Avrebbe dovuto dire a Squall che avrebbe incontrato Rinoa per cena, ma aveva avuto paura che lui non ci sarebbe andato se glielo avesse detto. Si era preparata meglio che poteva quella notte, aspettando che lui tornasse e la degradasse.

Ma Squall non era tornato quella notte.

Era entrato in silenzio la mattina dopo, aveva controllato sia lei che Zell, e poi era andato a dormire due ore prima della sua prima riunione della giornata. Non aveva detto nulla di Rinoa o della cena o di cosa era successo. Era come se non fosse successo affatto.

Questo era quello che disturbava di più la ragazza.

La jeep si fermò a uno degli ingressi laterali del Garden di Balamb, e senza parole Squall uscì e prese la sua borsa. Selphie uscì in fretta dopo di lui.

"Hey, Squall," lo chiamò mentre lui iniziava a camminare lungo il sentiero che portava al Garden.

"Che c'è?" domandò lui voltandosi con un'espressione leggermente interrogativa. Lei arretrò un poco.

"Ehm... a proposito di quella cena..." Si interruppe. "Va tutto bene?"

L'espressione di Squall non cambiò. "Sì," annuì. "Perché?"

"Perché dovevi cenare con Rinoa e Selphie pensa che la degraderai perché ti ha incastrato," disse Zell superandoli. Selphie arricciò il naso e gli lanciò un'occhiataccia.

"Zell!" gridò. Dopo lo avrebbe preso a calci in culo.

"Non preoccuparti," le disse Squall voltandosi. "Non intendo degradarti."

Lei sembrò quasi scioccata. "Davvero?"

"Non aveva a che fare con il lavoro," sottolineò Squall.

Selphie sembrò sollevata. "Grazie, Squall!"

"Chissenefrega."

Sparì nell'edificio e si diresse in ufficio per prendere la posta e controllare i rapporti in attesa prima di ritirarsi per la giornata. Si mise una mano nella tasca della giacca alla ricerca della carta magnetica, prendendo l'ascensore per arrivare al piano del suo ufficio.

Arrivò a metà corridoio quando rallentò e sentì dei rumori provenire dal suo ufficio. Socchiuse gli occhi e si fermò fuori, accanto alla scrivania del suo assistente. La guardò; i fogli erano messi via ordinatamente e il computer portatile era stato portato via per la serata.

Squall si accigliò. Chi c'era nel suo ufficio? Pochissimi avevano la chiave, e lui sapeva benissimo che tutti quelli che l'avevano non sarebbero entrati a meno che fosse un'emergenza.

Passò la carta magnetica nel sensore e la porta si aprì.

La figura snella che camminava tra la porta e la scrivania si fermò bruscamente. Si raddrizzò, con le braccia rigide lungo i fianchi, e lo guardò negli occhi. C'erano due grosse borse dietro di lei, e in una mano teneva una carta magnetica - che lui le aveva dato svariati anni prima.

Per un attimo, non seppe cosa pensare e si chiese se in realtà non si trovasse ancora sulla nave, a dormire, e questo non fosse solo un sogno... che dopo averla guardata lasciarlo, il suo inconscio avesse decise di giocare con lui.

Lei alzò un braccio pallido e si passò nervosamente una mano tra i capelli. Si morse il labbro inferiore, come faceva ogni volta che non era sicura di qualcosa.

Rinoa lo guardò negli occhi. Ma cosa stava facendo? Aveva raccolto le sue cose e aveva detto in ufficio che si trasferiva. Dove, le avevano chiesto. Non sapeva cosa le fosse preso, a parte la sensazione che per molti anni era stata una vagabonda; andava ovunque le dicessero che c'era bisogno, e ora andava in un posto permanente. Amava quello che faceva, non gli aveva mentito quando glielo aveva detto, ma a una parte di lei mancava qualcosa.

E quella notte, quando era con lui, aveva sentito di averlo trovato. Ora era in piedi davanti a lui; un prodotto della sua impulsività e speranza, e si trovava stupidamente senza parole anche dopo ore a cercare di spiegare perché era lì.

Che accordo avevano raggiunto a Dollet? Che erano due idioti? Che lui era ottuso e aveva chiuso fuori il suo dolore, mentre lei aveva paura e si vergognava? Che lui la amava ancora e che lei voleva ancora tornare da lui?

Squall si sistemò la borsa sulla spalla. "Da quanto sei qui?"

Lei inghiottì un nodo che le chiudeva la gola. Non sembrava arrabbiato, ma nemmeno compiaciuto. "Due... tre ore," disse lei con voce roca. Fece una smorfia per il tono, e lui inarcò un sopracciglio. "Irvine mi ha fatta entrare."

Squall annuì e le girò intorno in silenzio. Lei sentì un brivido sulla pelle in quel momento, e si costrinse a voltarsi a guardarlo. Lui si fermò accanto alla scrivania ed esaminò la pila di cartelline e buste nel suo contenitore. Lei rimase ferma sul posto, aspettando che lui finisse.

Lui gettò di nuovo i fogli nel contenitore. "Possono aspettare," disse a voce bassa. Fece di nuovo il giro e si allungò vicino a lei. "Le tue borse?" le chiese fermandosi un attimo.

Lei annuì. Voleva cacciarla via? Le si strinse il cuore. "Sì."

Lui annuì e prese una grossa borsa da viaggio, mettendosela a tracolla, e poi prese le maniglie dell'altra. Quando furono al sicuro su di lui, si raddrizzò e si diresse alla porta. "Dai," le disse.

A Rinoa mancò il cuore. Voleva portarla fuori e chiamare un taxi, lo sapeva. Abbassando la testa, cominciò a camminare dietro di lui, cercando di trattenere le lacrime. Era un errore.

Una mano calda le prese una delle sue. Lei guardò la mano che le stringeva la sua prima di alzare gli occhi.

"Puoi chiudere la porta?" domandò Squall, guidandola lungo il corridoio. Rinoa annuì, intorpidita.

"Sì," mormorò. Armeggiò con la tessera prima che la porta si chiudesse dietro di loro. "Dove andiamo?" domandò mentre lui continuava a tenerle la mano e guidarla.

"Ho un nuovo appartamento," rispose Squall quando arrivarono all'ascensore. Lui guardò oltre la sua spalla con espressione interrogativa, quando arrivarono. Gli occhi di Rinoa erano umidi ed era rossa in viso. "Stai bene?"

Lei fece un respiro profondo e scosse la testa. "Starò con te, giusto?" domandò lei attentamente. "Non mi lascerai solo restare per la notte e poi mi farai andare via?"

Lui sorrise leggermente. Le lasciò la mano per accarezzarle la guancia. "Andare via? Pensavo che fossi venuta a casa."

"Squall!" Lei tirò su con il naso e cercò di asciugarsi gli occhi. Si sentì invasa dal sollievo e balzò avanti, gettandogli le braccia al collo. "Sono a casa!" Dimenticò le borse che lui stava portando.

"Rinoa - le borse!"

Uno scampanellio riempì il corridoio e l'ascensore si aprì. "Quindi le ho detto di aspettare e basta nel suo ufficio finché lui- hey!" Le braccia di Irvine si allargarono di colpo, sbattendo contro la soglia dell'ascensore per evitare di cadere addosso alla coppia per terra.

"Rinny!" cinguettò allegra Selphie mentre guardava oltre il braccio di Irvine, per vedere la ragazza sopra al ragazzo, circondati da svariate borse per terra.

"Non potevi aspettare di arrivare all'appartamento?" domandò Irvine sorridendo. "Non pensavo che fossi il tipo, Capitano."

Dietro un alone di capelli neri, Squall lanciò un'occhiataccia a Irvine. "Entra in ascensore," ringhiò a bassa voce mentre Rinoa ridacchiava sopra di lui e nascondeva il viso contro il suo collo.

Irvine fece un saluto scherzoso prima di tirare Selphie in ascensore e lasciare che le porte si chiudessero. Rinoa alzò la testa e lo guardò, con il sorriso che lui amava. "Scusa, Capitano," sorrise. Lui alzò nuovamente una mano e le accarezzò con dolcezza i capelli. Lei si rilassò contro di lui, con il viso che si addolciva. "Sono a casa, Squall."

Lui piegò la testa e la baciò sulle labbra. "Bentornata."

*~*~*~*~*

Ufficio di Squall, sera presto

"Un attimo, un attimo," disse una voce, mentre sul tavolo veniva posata una pila di fogli. Un paio d'occhi azzurri guardò un uomo confuso lì di fronte. Seifer alzò gli occhi dal suo portatile e si tolse gli occhiali.

"Che c'è?" sbottò, un po' irritato. "Hai qualcosa contro il finale? Te l'ho detto, non sono tipo da finali da favola frou-frou in cui il principe cavalca verso il sole o una cosa così."

"Non è quello," rispose Squall. "Ho problemi con l'inizio."

"L'inizio?" Il ragazzo si imbronciò. Socchiuse gli occhi. "Cosa potrebbe esserci di sbagliato nell'inizio? È un incastro perfetto! Due innamorati divisi sono riuniti per una notte, che li riporta insieme!"

"Parlo della parte in cui il personaggio secondario vomita addosso al protagonista." Squall si accigliò. "È tipo inutile."

"Sì che è utile," rispose severamente Seifer. "È ovviamente un modo per mostrare alla gente quanto lei stia male e quindi impossibilitata ad arrivare alla cena catalizzatrice."

"È disgustoso."

"È divertente."

"È un luogo comune."

"È un classico."

"Da quando un personaggio che vomita su un altro come modo per farlo andare a una cena è un classico?" Squall si accigliò di nuovo.

Qualcuno bussò alla porta. "Squall? Sei qui?" La porta si aprì e Rinoa infilò la testa nella stanza. "Andiamo a cena, vieni?"

"Penso che qui abbiamo finito," disse Seifer mettendo gli occhiali nella tasca del cappotto con una mano e chiudendo il portatile con l'altra.

"Hey, Seifer," lo salutò Rinoa. Sollevò un sopracciglio, incuriosita dalla presenza dei due nell'ufficio del Capitano. "Ultimamente passate un sacco di tempo insieme. Il progetto che vi ha dato Cid è così stressante?"

"Oh, sì." Seifer si chinò accanto al muro e tolse la spina del computer dalla presa. "Davvero difficile, Rinoa. Il tuo cervellino non può capire quanto sia complesso questo progetto."

Lei gli lanciò un'occhiata irritata e Squall alzò gli occhi al cielo. "Sì, chissenefrega," borbottò. Spinse indietro la sedia e si alzò. "Non combattere una guerra enorme è grandioso, ma rende le cose difficili per le scuole di mercenari."

"Spero che stiate andando bene con il budget," sospirò Rinoa. Squall le andò accanto e lei si alzò sulle punte per baciare la guancia di suo marito. "Come va quella proposta di affari che ha suggerito tuo padre?"

Un sorrisetto scaltro passò sul viso di Seifer, mentre si metteva il computer sotto braccio e guardava l'altro ragazzo. "Strano che tu lo chieda."

"Sta andando bene," disse Squall a voce bassa, lanciando coltelli con gli occhi a Seifer, nel tentativo di farlo stare zitto. Gli occhi di Rinoa passarono da un uomo all'altro, prima di sollevarsi al cielo, e la ragazza sospirò pesantemente.

"Oh, beh, continuate e finite quello che stavate facendo. Io vado giù dagli altri," disse uscendo dalla stanza. "Inoltre, Seif - Quistis ha detto che vieni a cena con noi, quindi, già..."

"Cosa?" Prima che potesse discutere, la porta si chiuse e lui rimase solo con il suo rivale-amico-coautore, se così si poteva chiamarlo. Grugnì e guardò Squall. "Grandioso, altre ore con te."

"Sono così eccitato anche io," disse Squall in tono piatto, prendendo le chiavi dal tavolo. Seifer si mise accanto alla porta e si preparò ad uscire.

"Stessa ora settimana prossima?" chiese per conferma.

"Stessa ora. Ti farò sapere cosa pensa la Sorellina della tua storia."

"Non mi aspetto altro che lodi," disse sfacciato Seifer. Aprì la porta e uscì. Squall lo seguì e spense le luci nel suo ufficio.

"Non essere troppo deluso, però," disse Squall mentre la porta si chiudeva, "quando la mia storia la settimana prossima farà a pezzi la tua."

*****
Nota dell'autrice: scritta per la challenge Where I Belong.

Nota della traduttrice: come sempre, grazie a Little Rinoa per il betareading e ogni commento sarà tradotto e inoltrato all'autrice. Eventuali risposte alle recensioni saranno tradotte e inserite dove possibile come risposta nei vari siti.
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :)
E... pochi giorni fa è stato aperto un archivio dedicato esclusivamente a Final Fantasy, Kingdom Hearts e Dissidia! Non è ancora del tutto completato e mancano i personaggi delle ultime categorie, ma intanto potete cominciare a iscrivervi e postare! Lo trovare qui: FF Archive.
Alla prossima! - Alessia Heartilly

  
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