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Autore: ScarletPuppet    17/06/2013    8 recensioni
Athena è riuscita a stipulare una tregua con Hades e ha riportato in vita i suoi paladini, i Generali degli Abissi e i God Warriors di Asgard. Kanon ha ottenuto il perdono di Poseidone e ha il permesso di rimanere in congedo dal suo ruolo di generale degli abissi ritornando tale in caso di guerra.
Nessuno dimenticava i suoi occhi scarlatti e la sua espressione impassibile durante situazioni come quella vissuta quattro anni prima. Lui fu l’unico a cogliere uno sprazzo di dolcezza e vulnerabilità dietro la maschera astiosa dallo sguardo truce che portava a Sparta nel momento cruciale.
Solo lui.
Kanon di Seadragon.

Tenterò di stare il più possibile IC con i personaggi (anche se penso che non ci sia un vero IC alla fine, vabbè xD), ma metto OOC per sicurezza. Enjoy!
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gemini Kanon, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Ghiaccio e del Fuoco - Linee di sangue'
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Capitolo 26

Capitolo 26

Aima si irrigidì a quelle parole. Dunque aveva inteso bene: gli sbagli commessi li avrebbe pagati definitivamente con la morte. Ma a che scopo? Senza di lei non avrebbero potuto vincere la guerra contro Loki. O almeno non ci sarebbero riusciti senza le sue conoscenze. Delle semplici informazioni non avrebbero salvato Athena da una guerra più grande di lei. Un moto di rabbia le corse nelle vene come veleno bollente, ma il tono di voce rimase estremamente inespressivo, macchiato solo da una punta di esitazione.
«Sappi solo che non mi farò uccidere come una mosca. Quando ci siamo rincontrati hai detto che volevi uccidermi ed io altrettanto.. ora ne abbiamo l’occasione.»
«Vedo che condividi la mia stessa idea, molto bene. Sarà ancora più eccitante.»
Kanon ghignò soddisfatto dalla risolutezza mostrata. Nonostante ciò, però, le sue membra si stringevano sempre più nella morsa del dolore. Voleva combattere con Aima, ma fino a sconfiggerla, non ucciderla. Voleva batterla e poi trattarla con l’onore che meritava.
«Meglio che mi incammini. Dubito che questa volta ci sarà Mu a teletrasportarmi.»
La rassegnazione ebbe nuovamente la meglio sulla rossa. Avrebbe fatto come in passato: avrebbe lottato contro tutto e tutti e sarebbe andata avanti. Proprio come quattro anni prima.

Dopo aver portato il corpo esanime di Sonja fuori dal Santuario in fiamme, nel bosco circostante, aspettò finché Poseidone e i suoi Generali non se ne andarono. I sopravvissuti erano scappati dopo aver scoperto che Ares era stato sconfitto, così Aima, combattendo il dolore con la determinazione – e la disperazione – recuperò ad uno ad uno gli scrigni delle armature ed i corpi dei caduti; li onorò poi come poté, dedicando particolare attenzione ad Aletto, Sonja e alle altre compagne. Fu un funerale molto veloce, dettato dalla stanchezza e dalla sofferenza di Scarlet che, dopo essere quasi caduta nell’ultima tomba scavata strenuamente, aveva deposto i corpi uno per uno nella propria fossa. Dopo averle riempite di terra, aveva recitato quel che si ricordava dei versi della cerimonia funebre fatta a Thea e alle precedenti Bloodlines.
“Il sacrificio fatto e la vita condotta in nome di Ares vi porteranno onore e gloria in eterno.
Continuerete a servire il Dio della Guerra anche dopo la morte, poiché le vostre azioni resteranno impunite per grazia di Ares.
Che i vostri spiriti rimangano liberi nella vita eterna..”

Troppo esausta per mettere le lapidi, incise nel terreno le iniziali delle sue compagne sopra ogni tomba, addormentandosi subito dopo.
Successivamente – dopo aver sistemato gli ultimi oggetti funerari – rimase in attesa. Passarono dapprima tre giorni, poi due settimane, ma di Ares nemmeno l’ombra. Dunque era stato sconfitto definitivamente. Strano: non aveva trovato tracce di sigilli. I segni delle fiamme e della morte, al contrario, c’erano ancora. Il Santuario era ricoperto di nera fuliggine, in alcune parti completamente carbonizzato, sopraffatto dalla Nera Signora. Dopo gli estenuanti allenamenti giornalieri a cui la rossa di sottoponeva, si recava al cimitero e soleva sedersi di fianco alla lapide di Aletto.
«Voi siete morte combattendo ed io sono qui, viva per la pietà di un nemico. Cosa c’è di più disonorevole, amica mia?»
Aspettava sempre fino al crepuscolo, per poi rientrare nella sua casa in mezzo al bosco. Finché un giorno, mentre il Corvo lasciava nuovamente il cimitero, toccò la lapide dell’amica di fuoco, scoprendola ardente come le fiamme che ella comandava.
«Sempre ardente, eh? Quando mai il tuo fuoco si è esaurito? Anche dopo la morte, il tuo calore permane.»
E mentre si allontanava, Aletto parlò.

La resa alla morte è più disonorevole della pietà di un nemico. Se ti arrendi alla morte e al dolore, questi ti porteranno al disonore, alla miseria e alla disperazione. Chi lotta per sopravvivere e per andare avanti, sia che perda contro un nemico, sia che vinca, è uomo d’onore.
La rossa sembrava esser stata appena scottata in maniera così dolorosa da arrivare alle lacrime. E in quei singhiozzi trattenuti, una tacita promessa di andare sempre avanti marchiò a fuoco la sua anima.

Fu Kanon a farla tornare alla realtà. Il cavaliere la prese e la girò verso di sé, togliendole la maschera e coinvolgendola in un bacio passionale che, alla fine, lasciò entrambi senza fiato.
«Quando combatteremo» riprese improvvisamente il custode della terza casa, guardando Aima negli occhi «voglio che queste iridi siano di nuovo ardenti, come quando ti ho affrontata a Sparta. Se così non sarà, non perderò tempo ad affrontarti e ti ucciderò all’istante.»
La rossa lo fissò per alcuni istanti in quelle iridi verdi, così somiglianti al mare in tempesta. Lei non era l’unica ad avere scheletri nell’armadio, né tantomeno l’unica a soffrire: questo lo sapeva bene. Semplicemente, con il tempo, aveva imparato a comportarsi egoisticamente, nonostante le innumerevoli volte in cui aveva provato a salvare altri. Con fare sornione si avvicinò nuovamente al viso del Gold Saint, ma, invece di baciarlo come questi si era immaginato, gli morse il labbro inferiore finché un rivolo di sangue non gli colò lungo il mento.
«Prendilo come una sfida, se vuoi.»
Gli disse prima di uscire dal terzo tempio.
 

Aphrodite dei Pesci stava girando avanti e indietro per il suo roseto, restio a lasciare il suo tempio. Il cavaliere, infatti, aveva da alcuni minuti letto una missiva in cui il Grande Sacerdote annunciava l’imminente arrivo del Dio dei Mari. Come se non bastasse, però, il Pontefice ordinava ai cavalieri di rimanere nelle proprie case e di non intervenire. A detta sua, infatti, sarebbe stata una conversazione pacifica. Tutto ciò lo innervosiva parecchio, sicuro che anche i suoi pari grado fossero nella sua stessa situazione.
«Non so se Saga è nuovamente impazzito o altro» Shura irruppe nel giardino, incurante delle rose e del custode che lo guardava infastidito «Ma cosa pensa di fare lui da solo senza armatura?!»
«Non lo so. Saga non è stupido, e questo lo sai bene. È molto, molto intelligente. Non ha ingannato più della metà di noi per pura fortuna. Quell’uomo è maledettamente ingegnoso. Tuttavia..»
Il Capricorno parve aspettare solo quel “tuttavia”. Difatti, incrociò le braccia al petto e guardò il pari grado con superiorità.
«Può essere ingegnoso, lo riconosco, e nessuno qui dentro lo mette in dubbio.» cominciò il custode della decima casa «Ma non credo lo sia talmente tanto da prevedere le intenzioni di Poseidone! Parliamo del Dio dei Mari, versatile come l’oceano stesso! Potrebbe arrivare qui e distruggere il tredicesimo tempio in due secondi, poi calmarsi e parlare in modo talmente pacato da non far paura ad un cerbiatto. Non può lasciarci fuori da questa faccenda.»
Dopo il suo breve monologo, Shura si sedette su una roccia, prima di scattare nuovamente in piedi all’arrivo di un cosmo ostile.
«Poseidone.»
Sussurrò Aphrodite, rimasto fino a quel momento in silenzio. Si avvicinò agli scalini che conducevano al tredicesimo tempio, anch’essi ricoperti di rose. Alzò lo sguardo verso le stanze della dea, cercando di vedere la figura della divinità. Un secondo dopo, però, Poseidone sparì all’interno della struttura, come se fosse stato risucchiato da un campo di forza.

«Mia cara nipote!»
Poseidone, nel corpo del ricco Julian Solo, avanzò a grandi passi per l’atrio del tredicesimo tempio. Al suo fianco, impassibile come una statua, vi era Krishna di Crisaore vestito della sua armatura. Il Dio dei Mari stringeva nella destra il suo elaborato tridente, benché il suo corpo ospite indossasse un elegante smoking grigio.
«Venerabile zio, attendevo la vostra visita.»
Athena strinse lo scettro di Nike per attenuare la tensione. La sua attenzione focalizzata sul dio e sul suo umore.
«Bando ai convenevoli, Athena. Parliamo di ciò per cui sono venuto.»
Il buonumore sparì di colpo dal volto del dio. Saga rabbrividì, stringendo nella lunga manica un sigillo datogli da Lady Isabel dopo aver inviato Mu a Sparta.
«Certamente zio, ma prima inviterei il Grande Sacerdote ed il vostro Generale a lasciarci soli.»
La dea, mantenendo una voce ferma e pacata, guardò il Dio dei Mari, in attesa. Questi, scocciato, fece segno a Crishna di seguire Saga. Il cavaliere si allontanò lentamente, affiancato poco dopo dal pontefice del Santuario. Entrambi uscirono dal tredicesimo tempio. Appena il portone dorato si richiuse, Poseidone proruppe in una sonora risata.
«Nipote mia, non so quali siano le ragioni che ti portano a liberare Ares, ma davvero pensi di poterlo fare senza il mio consenso? Per Zeus! E dire che sei nata dalla testa di quest’ultimo!» la schernì.
«Non credo di essere disposta a sopportare ancora a lungo i vostri insulti, nobile zio. Tuttavia» Athena sostenne senza paura lo sguardo dell’uomo di fronte a sé «ero e sono consapevole di non poter liberare Ares senza il vostro permesso. Mi serviva solo un pretesto per farvi uscire da Atlantide.»
«Dunque mi hai portato qui con l’inganno?!»
Esclamò Poseidone, sbattendo il tridente a terra. Il terreno tremò sonoramente e, nelle vicinanze, le acque limpide di una fontana si agitarono come le spire di un serpente che, lentamente, soffoca la preda.
«Non era mia intenzione, ma per forza di cose ho dovuto agire d’astuzia. Ho bisogno del vostro aiuto, zio.»
«Spiegami per quale motivo dovrei aiutarti, Athena. Siamo stati nemici.» ribatté piccato il Signore dei Mari.
«In passato, ma ora viviamo pacificamente, abbiamo anche un accordo su Kanon.»
Athena si avvicinò alla divinità ospite, fronteggiandolo faccia a faccia nonostante la differenza di altezza.
«Non è un motivo abbastanza valido per spingermi ad aiutarti.»
«Ovviamente non lo è. Prima di tutto devo spiegarvi il perché di tutto ciò.»
«Sarà meglio. Sbrigati a spiegare Athena, questo Santuario mi ha già stufato.»
Poseidone sbuffò, sbattendo nuovamente a terra il suo tridente. Dal nulla si formò un trono d’acqua, sul quale il dio si sedette annoiato, incitando con un gesto della mano la nipote a spiegare. Athena ritornò a sedersi sul suo trono.
«Loki ha intenzione di conquistare la Terra e l’Olimpo.» alla parola “Olimpo” il divino ospite rizzò le orecchie «Attualmente è in corso una guerra fra lui e me, ma non resterà isolata a noi due per molto. Difatti, abbiamo da poco eliminato Hel, Dea dell’Oltretomba norreno, schierata dalla parte del nemico. Palesemente, con l’inganno o meno, altri dei saranno dalla parte di Loki e ci attaccheranno.»
«Quindi Ares sarebbe un elemento in più di difesa all’Olimpo. Tuttavia, non permetto a nessuno di essere libero dopo aver ucciso mio figlio. Si svegliassero i Titani, Ares sigillato è e sigillato rimane.»
«Sapevo che avreste rifiutato. L’ultima Bloodline rimasta testimonia però che Ares era spirito e corpo a Sparta il giorno dell’assassinio.»
Poseidone, che fino a quel momento non aveva mutato la sua espressione impassibile dallo sguardo attento, sgranò gli occhi e guardò furente la nipote.
«L’ultima Bloodline?! L’ultima?!» tuonò «Diedi l’ordine di sterminarle tutte quattro anni fa, è impossibile che ne sia rimasta una!»
Il trono d’acqua prese a bollire, come se improvvisamente un falò lo stesse riscaldando, per poi allungarsi in onde violente schioccanti come fruste.
«No, una è sopravvissuta, risparmiata da Kanon. Non adiratevi, zio, colei è molto utile in questa guerra.»
«Utile?! Non mi importa! Non dovrebbe essere viva! Dov’è ora?!»
«Non ritengo adeguato rivelarvelo. Per una volta mettete da parte i vecchi rancori ed affrontate la guerra. Dobbiamo giocare d’anticipo e d’astuzia. L’Olimpo è nel mirino.» la voce della dea era ferma e determinata.
Poseidone continuò a fissare Athena con sguardo colmo d’ira, stringendo con forza il proprio tridente, tant’è che le nocche gli divennero bianche. La sfida di sguardi continuò per istanti che sembrarono interminabili, finché le acque del trono non si calmarono. Il Dio dei Mari si risedette, senza interrompere tuttavia il contatto visivo.
«Dunque enunciami i tuoi piani di battaglia, Athena.» riprese freddo.
«Vi metterò al corrente dei miei piani solo se mi darete la vostra parola che mi aiuterete in battaglia. In caso contrario, siete libero di andarvene.»
Athena in quel momento reggeva il gioco. La donna tutta sorrisi e sguardi dolci era improvvisamente sparita, sovrastata dal suo lato divino. L’intelligenza della Pallade aveva – di nuovo – messo alle strette un dio potente come lui. Vinto sia un po’ dalla noia che negli ultimi anni gli era aleggiata intorno per mancanza di battaglie, sia dall’astuzia della nipote, decise di accogliere l’offerta. Ovviamente non senza un punto a suo favore.
«Non do mai niente per niente Athena, dovresti saperlo.» proferì perfido.
«Fate la vostra proposta.» un sorriso sghembo si dipinse sul volto di Poseidone.
«Alla fine della guerra Kanon tornerà definitivamente fra le mie schiere. Niente alternanza Grande Tempio – Atlantide. Prendere o lasciare.»
Con quella proposta il Signore dei Mari ribaltò la situazione a suo favore, afferrando le redini che guidavano quel gioco d’intelligenza ed astuzia. Isabel si irrigidì, improvvisamente abbandonata dallo spirito guerriero della divinità. Kanon era uno dei Cavalieri più forti, senza escludere il tormento che ancora albergava nel suo cuore a causa del tradimento di alcuni anni prima. La dea strinse ancora di più lo scettro; le mani sudate e la fronte corrucciata. Poseidone la riprese.
«Ci pensi ancora su Athena? Ripeto: prendere o lasciare.»
La donna, ormai conscia di non poter rifiutare, strinse a pugno la mano libera e, puntando lo sguardo nelle iridi dell’ospite, accettò.
«E sia.»
Un sorriso compiaciuto affiorò sulle labbra di Poseidone: aveva vinto.

 

 

 

Teatrino di Scarlet

Ed eccomi di nuovo qui!
Innanzitutto chiedo scusa per il lungo periodo di assenza ed inattività, ma la scuola mi ha praticamente ucciso la voglia di scrivere. Indi per cui mi sono presa una bella pausa e con calma ho scritto questo capitolo, tentando di caratterizzare al meglio quel birbone di Poseidone e di scrivere un capitolo quantomeno decente.
Seconda cosa: sì, ho cambiato nome. Moonlightonyourblueeyes mi aveva stancato, quindi ho deciso di adattare il mio nick alla storia (Scarlet, la protagonista e Puppet, ciò che, sostanzialmente, rappresenta: una marionetta).
Spero di aggiornare presto, anche se il prossimo capitolo (almeno per le pensate che sto facendo) si sta rivelando piuttosto complicato da scrivere.

Alla prossima!

PS: come sempre ringrazio la mia beta che mi aiuta e mi sopporta e coloro che leggono/seguono/hannofraipreferiti/recensiscono la storia.

  
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