Capitolo
26
Aima
si irrigidì a quelle parole. Dunque aveva inteso bene: gli sbagli commessi li
avrebbe pagati definitivamente con la morte. Ma a che scopo? Senza di lei non
avrebbero potuto vincere la guerra contro Loki. O almeno non ci sarebbero
riusciti senza le sue conoscenze. Delle semplici informazioni non avrebbero
salvato Athena da una guerra più grande di lei. Un moto di rabbia le corse nelle
vene come veleno bollente, ma il tono di voce rimase estremamente inespressivo,
macchiato solo da una punta di esitazione.
«Sappi
solo che non mi farò uccidere come una mosca. Quando ci siamo rincontrati hai
detto che volevi uccidermi ed io altrettanto.. ora ne abbiamo l’occasione.»
«Vedo
che condividi la mia stessa idea, molto bene. Sarà ancora più eccitante.»
Kanon
ghignò soddisfatto dalla risolutezza mostrata. Nonostante ciò, però, le sue
membra si stringevano sempre più nella morsa del dolore. Voleva combattere con
Aima, ma fino a sconfiggerla, non ucciderla. Voleva batterla e poi trattarla
con l’onore che meritava.
«Meglio
che mi incammini. Dubito che questa volta ci sarà Mu a teletrasportarmi.»
La
rassegnazione ebbe nuovamente la meglio sulla rossa. Avrebbe fatto come in
passato: avrebbe lottato contro tutto e tutti e sarebbe andata avanti. Proprio
come quattro anni prima.
“Il
sacrificio fatto e la vita condotta in nome di Ares vi porteranno onore e
gloria in eterno.
Continuerete
a servire il Dio della Guerra anche dopo la morte, poiché le vostre azioni
resteranno impunite per grazia di Ares.
Che
i vostri spiriti rimangano liberi nella vita eterna..”
Troppo esausta per
mettere le lapidi, incise nel terreno le iniziali delle sue compagne sopra ogni
tomba, addormentandosi subito dopo.
Successivamente – dopo
aver sistemato gli ultimi oggetti funerari – rimase in attesa. Passarono
dapprima tre giorni, poi due settimane, ma di Ares nemmeno l’ombra. Dunque era
stato sconfitto definitivamente. Strano: non aveva trovato tracce di sigilli. I
segni delle fiamme e della morte, al contrario, c’erano ancora. Il Santuario
era ricoperto di nera fuliggine, in alcune parti completamente carbonizzato,
sopraffatto dalla Nera Signora. Dopo gli estenuanti allenamenti giornalieri a
cui la rossa di sottoponeva, si recava al cimitero e soleva sedersi di fianco
alla lapide di Aletto.
«Voi siete morte
combattendo ed io sono qui, viva per la pietà di un nemico. Cosa c’è di più
disonorevole, amica mia?»
Aspettava sempre fino
al crepuscolo, per poi rientrare nella sua casa in mezzo al bosco. Finché un
giorno, mentre il Corvo lasciava nuovamente il cimitero, toccò la lapide
dell’amica di fuoco, scoprendola ardente come le fiamme che ella comandava.
«Sempre ardente, eh?
Quando mai il tuo fuoco si è esaurito? Anche dopo la morte, il tuo calore
permane.»
E mentre si
allontanava, Aletto parlò.
La
resa alla morte è più disonorevole della pietà di un nemico. Se ti arrendi alla
morte e al dolore, questi ti porteranno al disonore, alla miseria e alla
disperazione. Chi lotta per sopravvivere e per andare avanti, sia che perda
contro un nemico, sia che vinca, è uomo d’onore.
La rossa sembrava esser
stata appena scottata in maniera così dolorosa da arrivare alle lacrime. E in
quei singhiozzi trattenuti, una tacita promessa di andare sempre avanti marchiò
a fuoco la sua anima.
«Quando
combatteremo» riprese improvvisamente il custode della terza casa, guardando
Aima negli occhi «voglio che queste iridi siano di nuovo ardenti, come quando
ti ho affrontata a Sparta. Se così non sarà, non perderò tempo ad affrontarti e
ti ucciderò all’istante.»
La
rossa lo fissò per alcuni istanti in quelle iridi verdi, così somiglianti al
mare in tempesta. Lei non era l’unica ad avere scheletri nell’armadio, né
tantomeno l’unica a soffrire: questo lo sapeva bene. Semplicemente, con il
tempo, aveva imparato a comportarsi egoisticamente, nonostante le innumerevoli
volte in cui aveva provato a salvare altri. Con fare sornione si avvicinò
nuovamente al viso del Gold Saint, ma, invece di baciarlo come questi si era
immaginato, gli morse il labbro inferiore finché un rivolo di sangue non gli
colò lungo il mento.
«Prendilo
come una sfida, se vuoi.»
Gli
disse prima di uscire dal terzo tempio.
Aphrodite
dei Pesci stava girando avanti e indietro per il suo roseto, restio a lasciare
il suo tempio. Il cavaliere, infatti, aveva da alcuni minuti letto una missiva
in cui il Grande Sacerdote annunciava l’imminente arrivo del Dio dei Mari. Come
se non bastasse, però, il Pontefice ordinava ai cavalieri di rimanere nelle
proprie case e di non intervenire. A detta sua, infatti, sarebbe stata una
conversazione pacifica. Tutto ciò lo innervosiva parecchio, sicuro che anche i
suoi pari grado fossero nella sua stessa situazione.
«Non
so se Saga è nuovamente impazzito o altro» Shura irruppe nel giardino,
incurante delle rose e del custode che lo guardava infastidito «Ma cosa pensa
di fare lui da solo senza armatura?!»
«Non
lo so. Saga non è stupido, e questo lo sai bene. È molto, molto intelligente.
Non ha ingannato più della metà di noi per pura fortuna. Quell’uomo è
maledettamente ingegnoso. Tuttavia..»
Il
Capricorno parve aspettare solo quel “tuttavia”. Difatti, incrociò le braccia
al petto e guardò il pari grado con superiorità.
«Può
essere ingegnoso, lo riconosco, e nessuno qui dentro lo mette in dubbio.»
cominciò il custode della decima casa «Ma non credo lo sia talmente tanto da
prevedere le intenzioni di Poseidone! Parliamo del Dio dei Mari, versatile come
l’oceano stesso! Potrebbe arrivare qui e distruggere il tredicesimo tempio in
due secondi, poi calmarsi e parlare in modo talmente pacato da non far paura ad
un cerbiatto. Non può lasciarci fuori da questa faccenda.»
Dopo
il suo breve monologo, Shura si sedette su una roccia, prima di scattare
nuovamente in piedi all’arrivo di un cosmo ostile.
«Poseidone.»
Sussurrò
Aphrodite, rimasto fino a quel momento in silenzio. Si avvicinò agli scalini
che conducevano al tredicesimo tempio, anch’essi ricoperti di rose. Alzò lo
sguardo verso le stanze della dea, cercando di vedere la figura della divinità.
Un secondo dopo, però, Poseidone sparì all’interno della struttura, come se
fosse stato risucchiato da un campo di forza.
Poseidone,
nel corpo del ricco Julian Solo, avanzò a grandi passi per l’atrio del
tredicesimo tempio. Al suo fianco, impassibile come una statua, vi era Krishna
di Crisaore vestito della sua armatura. Il Dio dei Mari stringeva nella destra
il suo elaborato tridente, benché il suo corpo ospite indossasse un elegante
smoking grigio.
«Venerabile
zio, attendevo la vostra visita.»
Athena
strinse lo scettro di Nike per attenuare la tensione. La sua attenzione
focalizzata sul dio e sul suo umore.
«Bando
ai convenevoli, Athena. Parliamo di ciò per cui sono venuto.»
Il
buonumore sparì di colpo dal volto del dio. Saga rabbrividì, stringendo nella
lunga manica un sigillo datogli da Lady Isabel dopo aver inviato Mu a Sparta.
«Certamente
zio, ma prima inviterei il Grande Sacerdote ed il vostro Generale a lasciarci
soli.»
La
dea, mantenendo una voce ferma e pacata, guardò il Dio dei Mari, in attesa.
Questi, scocciato, fece segno a Crishna di seguire Saga. Il cavaliere si
allontanò lentamente, affiancato poco dopo dal pontefice del Santuario.
Entrambi uscirono dal tredicesimo tempio. Appena il portone dorato si richiuse,
Poseidone proruppe in una sonora risata.
«Nipote
mia, non so quali siano le ragioni che ti portano a liberare Ares, ma davvero
pensi di poterlo fare senza il mio consenso? Per Zeus! E dire che sei nata
dalla testa di quest’ultimo!» la schernì.
«Non
credo di essere disposta a sopportare ancora a lungo i vostri insulti, nobile
zio. Tuttavia» Athena sostenne senza paura lo sguardo dell’uomo di fronte a sé
«ero e sono consapevole di non poter liberare Ares senza il vostro permesso. Mi
serviva solo un pretesto per farvi uscire da Atlantide.»
«Dunque
mi hai portato qui con l’inganno?!»
Esclamò
Poseidone, sbattendo il tridente a terra. Il terreno tremò sonoramente e, nelle
vicinanze, le acque limpide di una fontana si agitarono come le spire di un
serpente che, lentamente, soffoca la preda.
«Non
era mia intenzione, ma per forza di cose ho dovuto agire d’astuzia. Ho bisogno
del vostro aiuto, zio.»
«Spiegami
per quale motivo dovrei aiutarti, Athena. Siamo stati nemici.» ribatté piccato
il Signore dei Mari.
«In
passato, ma ora viviamo pacificamente, abbiamo anche un accordo su Kanon.»
Athena
si avvicinò alla divinità ospite, fronteggiandolo faccia a faccia nonostante la
differenza di altezza.
«Non
è un motivo abbastanza valido per spingermi ad aiutarti.»
«Ovviamente
non lo è. Prima di tutto devo spiegarvi il perché di tutto ciò.»
«Sarà
meglio. Sbrigati a spiegare Athena, questo Santuario mi ha già stufato.»
Poseidone
sbuffò, sbattendo nuovamente a terra il suo tridente. Dal nulla si formò un
trono d’acqua, sul quale il dio si sedette annoiato, incitando con un gesto
della mano la nipote a spiegare. Athena ritornò a sedersi sul suo trono.
«Loki
ha intenzione di conquistare la Terra e l’Olimpo.» alla parola “Olimpo” il
divino ospite rizzò le orecchie «Attualmente è in corso una guerra fra lui e
me, ma non resterà isolata a noi due per molto. Difatti, abbiamo da poco
eliminato Hel, Dea dell’Oltretomba norreno, schierata dalla parte del nemico. Palesemente,
con l’inganno o meno, altri dei saranno dalla parte di Loki e ci attaccheranno.»
«Quindi
Ares sarebbe un elemento in più di difesa all’Olimpo. Tuttavia, non permetto a
nessuno di essere libero dopo aver ucciso mio figlio. Si svegliassero i Titani,
Ares sigillato è e sigillato rimane.»
«Sapevo
che avreste rifiutato. L’ultima Bloodline rimasta testimonia però che Ares era
spirito e corpo a Sparta il giorno dell’assassinio.»
Poseidone,
che fino a quel momento non aveva mutato la sua espressione impassibile dallo
sguardo attento, sgranò gli occhi e guardò furente la nipote.
«L’ultima
Bloodline?! L’ultima?!» tuonò «Diedi l’ordine di sterminarle tutte quattro anni
fa, è impossibile che ne sia rimasta una!»
Il
trono d’acqua prese a bollire, come se improvvisamente un falò lo stesse
riscaldando, per poi allungarsi in onde violente schioccanti come fruste.
«No,
una è sopravvissuta, risparmiata da Kanon. Non adiratevi, zio, colei è molto
utile in questa guerra.»
«Utile?!
Non mi importa! Non dovrebbe essere viva! Dov’è ora?!»
«Non
ritengo adeguato rivelarvelo. Per una volta mettete da parte i vecchi rancori
ed affrontate la guerra. Dobbiamo giocare d’anticipo e d’astuzia. L’Olimpo è
nel mirino.» la voce della dea era ferma e determinata.
Poseidone
continuò a fissare Athena con sguardo colmo d’ira, stringendo con forza il
proprio tridente, tant’è che le nocche gli divennero bianche. La sfida di
sguardi continuò per istanti che sembrarono interminabili, finché le acque del
trono non si calmarono. Il Dio dei Mari si risedette, senza interrompere
tuttavia il contatto visivo.
«Dunque
enunciami i tuoi piani di battaglia, Athena.» riprese freddo.
«Vi
metterò al corrente dei miei piani solo se mi darete la vostra parola che mi
aiuterete in battaglia. In caso contrario, siete libero di andarvene.»
Athena
in quel momento reggeva il gioco. La donna tutta sorrisi e sguardi dolci era
improvvisamente sparita, sovrastata dal suo lato divino. L’intelligenza della
Pallade aveva – di nuovo – messo alle strette un dio potente come lui. Vinto
sia un po’ dalla noia che negli ultimi anni gli era aleggiata intorno per
mancanza di battaglie, sia dall’astuzia della nipote, decise di accogliere
l’offerta. Ovviamente non senza un punto a suo favore.
«Non
do mai niente per niente Athena, dovresti saperlo.» proferì perfido.
«Fate
la vostra proposta.» un sorriso sghembo si dipinse sul volto di Poseidone.
«Alla
fine della guerra Kanon tornerà definitivamente fra le mie schiere. Niente alternanza
Grande Tempio – Atlantide. Prendere o lasciare.»
Con
quella proposta il Signore dei Mari ribaltò la situazione a suo favore,
afferrando le redini che guidavano quel gioco d’intelligenza ed astuzia. Isabel
si irrigidì, improvvisamente abbandonata dallo spirito guerriero della
divinità. Kanon era uno dei Cavalieri più forti, senza escludere il tormento
che ancora albergava nel suo cuore a causa del tradimento di alcuni anni prima.
La dea strinse ancora di più lo scettro; le mani sudate e la fronte
corrucciata. Poseidone la riprese.
«Ci
pensi ancora su Athena? Ripeto: prendere o lasciare.»
La
donna, ormai conscia di non poter rifiutare, strinse a pugno la mano libera e,
puntando lo sguardo nelle iridi dell’ospite, accettò.
«E
sia.»
Un
sorriso compiaciuto affiorò sulle labbra di Poseidone: aveva vinto.
Teatrino di Scarlet
Ed
eccomi di nuovo qui!
Innanzitutto
chiedo scusa per il lungo periodo di assenza ed inattività, ma la scuola mi ha
praticamente ucciso la voglia di scrivere. Indi per cui mi sono presa una bella
pausa e con calma ho scritto questo capitolo, tentando di caratterizzare al
meglio quel birbone di Poseidone e di scrivere un capitolo quantomeno decente.
Seconda
cosa: sì, ho cambiato nome. Moonlightonyourblueeyes mi aveva stancato, quindi
ho deciso di adattare il mio nick alla storia (Scarlet, la protagonista e
Puppet, ciò che, sostanzialmente, rappresenta: una marionetta).
Spero
di aggiornare presto, anche se il prossimo capitolo (almeno per le pensate che
sto facendo) si sta rivelando piuttosto complicato da scrivere.
Alla
prossima!