Capitolo
Tre
Henry
Oramai
Emma Swan non si stupiva più di niente. Era passato un anno
da
quando un ragazzino di nome Henry aveva bussato alla sua porta a
Boston dicendo di essere il figlio che aveva abbandonato undici anni
prima ed era anche passato un anno da quando egli l'aveva catapultata
in un mondo dove fantasia e realtà erano così
vicine da toccarsi.
E
quindi, quando David tornò a sera tardi dopo aver lasciato i
tre
forestieri al bed and breakfast non fu per niente difficile credere
alla realtà dei fatti.
Erano le undici. Henry era stato spedito
a letto da un pezzo anche se, Emma poteva esserne certa, non stava
per nulla dormendo. Probabilmente stava sul ciglio delle scale ad
ascoltare quella che poteva essere definita una 'conversazione tra
adulti' se si esclude la parte riguardante la magia che avrebbe fatto
ridere quasi chiunque.
«La Fata Turchina ci ha detto che la
magia esiste in questo mondo» disse la donna sedendosi sul
divano «a
quanto pare questo la nostra cara Regina non lo sa. Altrimenti
avrebbe spedito tutti qui?»
«Ma se la magia è sempre esistita
perché lei non poteva praticarla?»
domandò Mary Margaret
sospirando «ricordiamoci che Regina è rimasta
senza poteri per
ventotto anni! Per non parlare di Gold. Tutto questo non ha
senso!»
«Dobbiamo tenerli d'occhio, non sono convinto che
rimarranno qui solo due giorni» esordì David
poggiando le mani sul
bancone della cucina.
Aveva avuto a che fare con la
determinazione della ragazza, Hermione, e aveva riconosciuto in lei
dei tratti che non avrebbe facilmente dimenticato: spavalderia,
intelligenza, furbizia e tanto, tantissimo coraggio. Lei, convenne
mentre Emma diceva che era meglio mettere sull'attenti l'intera
città, era identica alla sua Biancaneve e quindi molto
difficile da
distrarre. «...avremo più occhi attenti,
giusto» concluse Emma
annuendo.
L'uomo scosse la testa. «Eh? Scusate stavo pensando ad
una cosa»
«A cosa stavi pensando? Ad ogni modo secondo me non
è
necessario avvisare tutta la città, solo i nani»
ripetè Mary «Non
dico che degli altri non ci si può fidare ma è
inutile allarmarsi
ulteriormente ora che Regina è tornata
all'attacco!»
Era vero.
Da quando si era scoperto che Cora era più viva che morta la
sete di
vendetta di Regina nei confronti di tutto il popolo della foresta
incantata – ma soprattutto nei confronti di tutta la famiglia
di
Biancaneve – era aumentata a dismisura e bisognava agire in
modo
cauto.
«Allora comincia un altra missione?» una voce
emerse dal
piano superiore «Chiamiamola 'Operazione Falco'! Sarebbe un
grandissimo nome! No?»
Henry scese velocemente le scale, eccitato
all'idea di tornare in azione. La sua testa si muoveva da i propri
nonni fino a sua madre sperando in un appoggio che non sarebbe,
però,
mai arrivato.
«Henry, domani hai scuola!» disse Emma
«Dovresti
tornare a letto! E poi no, non ci sarà nessuna 'Operazione
Falco' o
altri animali simili. Questo è un tipo di magia diversa e
non voglio
che tu ti faccia nuovamente male.»
«La maestra è mia nonna, non
vale andare a letto presto se lei è ancora
sveglia!» protestò il
bambino facendo ridere tutti «E poi perché no?
Dobbiamo solo tenere
d'occhio quei tre! Quanto potrà mai essere
difficile?»
David si
avvicinò a lui e, abbassandosi per guardarlo bene negli
occhi disse.
«Nessuna iniziativa, intesi? Qualsiasi cosa vorrai fare ce lo
dovrai
dire e noi valuteremo la situazione! Ok?»
Emma si mise una mano
sulla fronte. C'era una cosa buona in tutta quella storia, anzi,
più
cose cose buone, ma una delle più importanti era che il suo
desiderio espresso undici anni prima si era avverato: suo figlio, il
suo Henry, non sarebbe cresciuto come aveva fatto lei. Aveva una
famiglia che lo amasse e lei non poteva desiderare di più.
Sua
madre cogliendo il suo sguardo perso le strinse la mano e lei
sorrise: anche lei aveva trovato finalmente una vera casa.
«Ora
però,» disse Mary Margaret mettedosi al centro
della stanza come se
loro tre fossero stati un gruppo di ragazzini della sua classe
«a
dormire.»
Henry sbuffò e seguito da Emma ritornò a letto.
Al
piano di sotto erano rimasti soltanto Biancaneve ed il suo Principe.
Lei lo guardò avvicinarsi e stringerle la vita sorridendo.
Tutta la
stanchezza che provava, le preoccupazioni che lo attanagliavano per
quello che avrebbero potuto combinare Regina e sua madre si
annullarono solo avvicinandosi alla sua amata. Lei era lì
ormai, al
suo fianco e lo amava. Lui la amava.
«Sei stanco?» gli domandò
lei sorridendo.
«Non abbastanza» rispose lui baciandola.
Hermione
sospirò chiedendosi quando quella storia sarebbe finita e,
in modo
particolare, quando quella lontananza da casa si sarebbe placata. Le
mancavano i suoi genitori che non si ricordavano di avere una figlia
né tanto meno di chiamarsi Granger e le mancava la sicurezza
di
Hogwarts, quelle mura oramai non tanto più inespugnabili che
l'avevano vista crescere, cambiare. Non era la ragazza forte e sicura
di sé che voleva mostrare a Ron e ad Harry per rassicurarli,
lei
aveva paura di fallire, paura di deludere tutti. Sospirò di
nuovo
sedendosì sul letto della stanza al Bed and Breakfast di
quella che
tutti chiamavano nonnina.
Rifletté scacciando per un momento il
cattivo umore. L'incantesimo che doveva aver avvolto quella
città
per tanto tempo non era che un semplice ma potente incantesimo di
disillusione simile a quello che proteggeva Hogwarts da sguardi
indiscreti. Tuttavia quella città era comparsa dal nulla per
l'incantesimo della Regina Cattiva proveniente dalla Foresta
Incantata assieme a tutti gli altri personaggi delle favole. C'era
qualcosa che non tornava.
Nella sezione proibita della biblioteca
aveva letto qualcosa in merito di altri mondi magici cui si poteva
accedere con incantesimi complicatissimi, ma non riusciva a capire
perché il signor Gold avesse più e più
volte sostenuto durante il
racconto al suo negozio che quello in cui vivevano era un mondo senza
magia. Com'era possibile? La magia c'era. Esisteva. Lei era una
strega. Afferrò la bacchetta.
«Accio
borsa» mormorò
guardando la borsa volare dall'altra metà della stanza fino
al letto
dove era seduta a gambe incrociate. Quando atterrò si
udì un gran
fragore, dannati libri.
Hermione la aprì infilando dentro prima
la mano e poi tutto il braccio. Doveva trovare quel dannato volume.
Ritirò il braccio e punto nuovamente la bacchetta verso la
borsa:
«Accio libro»
Un
grosso volume in pelle marrone uscì dalla borsa allargandone
a
dismisura le dimensioni. Le parole sulla copertina erano alquanto
consumate ma lei non aveva bisogno di leggerle per sapere di cosa si
trattasse. Si colpì la fronte.
«Come ho fatto a non pensarci
prima?!» esclamò.
Prima che potesse aprirlo bussarono alla
porta.
Hermione sussultò, chi poteva essere a quest'ora della
notte? Di certo non Harry e Ron, il cui russare era udibile fino alla
sua stanza. Prese la bacchetta e con cautela aprì.
Un ragazzino
di appena dieci anni le sorrideva stringendo tra le mani un libro
molto simile a quello che aveva tirato fuori dalla borsa. Sempre
puntandogli contro la bacchetta, Hermione gli domandò:
«Chi
sei?»
«Sono Henry Mills e tu sei una strega» rispose
Henry per
niente intimidito dalla bacchetta. «Se ti stai chiedendo cosa
io ci
faccia qui è semplice, ho bisogno che tu sappia una cosa
»
Hermione
abbassò la bacchetta, ma non lo lasciò entrare.
Voleva raccontarle
una storia? Poteva farlo benissimo da fuori. Avrebbe voluto dirgli
che già sapeva tutto, che non c'era bisogno di
quell'accoglienza e
che poteva tornarsene a casa, tuttavia si disse che non era una buona
idea. Doveva lasciarlo parlare. A volte i ragazzini avevano tante
cose interessanti da dire.
«Perché proprio io?» domandò
scrutandolo «Perché non i ragazzi della stanza
affianco?»
«Perché
mio nonno pensa che tu sia la più intelligente»
mormorò quello con
un sorriso subito prima di sgusciare sotto il braccio della ragazza
ed entrare. Essere piccoli aiuta.
«Tuo no-» Hermione si
interruppe con lo sguardo perso nel vuoto così presa dai
suoi
pensieri che non commentò neanche il fatto che Henry si era
appena
seduto sul letto e aveva cominciato a sfogliare il libro che stava
sopra mormorando 'Allora tu la conosci la storia!'. No. Lei aveva
appena capito chi fosse quello gnometto. Era il figlio di Emma,
nipote di Biancaneve e suo nonno doveva essere: «Il principe
azzurro!»
«Scusa?» urlò Henry in rimando
«Cosa centra mio
nonno?»
«Ho appena capito chi sei tu! E.. sì,
già so tutto»
asserì «quindi puoi anche andare a casa»
«Dovete aiutarci a
sconfiggere mia mamma adottiva e Cora!»
«Tua mamma adottiva? La
regina, per caso?»
«Sì, lei! Per favore, aiutateci. Voi tre
siete dei maghi, avete la magia! Potreste combatterli! Ti prego, ti
prego!»
Sembrava disperato, ma lo erano anche loro. La lotta con
Voldemort non era neanche all'apice e chissà quante persone
stavano
morendo torturate o peggio. Non potevano rimanere lì a lungo
quando
in realtà sapevano che la loro minaccia se non fosse stata
fermata
si sarebbe estesa anche a quella piccola cittadina.
«Senti,»
disse tentando di essere gentile «non possiamo. Siamo qui per
uno
scopo ben preciso e lo facciamo per proteggere tutto il mondo, magico
e non. Mi dispiace..»
«..qual è la vostra minaccia?»
«Non
posso dire il suo nome, hanno messo un incantesimo su di
esso»
ammise «noi lo chiamiamo 'Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato'
e
l'unica cosa che vuole è..»
«Fammi indovinare, il potere? È
una storia già sentita! Anni fa la tua minaccia venne qui,
chi ti
dice che non lo rifarà? E chi ti dice che Cora e Regina non
si
alleeranno con lui?»
«Non ha alleati, ha solo
subalterni.»
Negare di essere preoccupata era una pura idiozia.
Hermione guardò quel ragazzino così piccolo dover
far conto a tante
realtà così confuse e ripensò a Harry,
aveva la sua stessa
determinazione.
«Vieni con me, svegliamo i miei amici» gli
disse, sorridendo.
Harry e Ron impiegarono cinque minuti per
rendersi conto che qualcuno stava bussando alla loro porta e capire
che non era un sogno. Hermione notò il volto pallido di
Harry e
corrucciò le labbra, non poteva parlare di fronte al bambino
di una
cosa tanto delicata come la connessione inspiegabile che il suo
migliore amico aveva con il mago più cattivo dell'ultimo
secolo.
I
due ragazzi fissarono Henry che sorrideva stringendo ancora una volta
il grosso volume rilegato in pelle.
Ron lo indicò. Harry guardò
Hermione.
«Chi..»
«Sono Henry» disse il bambino,
sorridendo «e sono venuto qui per chiedervi una
mano.»
Note finali
Un
po' più piccolo dei capitoli precedenti ma spero vi possa
piacere
ugualmente. Questo capitolo è incentrato, come avrete potuto
capire,
su Henry e sulla sua determinazione che a mio parere lo ha distinto
durante le prime due stagioni. Che abbia ragione? Che forse Voldemort
si alleerà con Cora?
A presto,
ES