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Autore: Sylphs    18/06/2013    3 recensioni
Sei tornato nel parco, Severus.
La ciminiera e la desolazione che lo circondano non ci sono più.
Ogni cosa è verde, adesso.
E lei è là che si dondola sull'altalena, troppo in alto per essere normale.
Tutto è andato storto l'altra volta, ma ora è diverso.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton | Coppie: Lily/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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L’amore continuerà

 
 
 
 
 
“Cosa sarebbe esattamente questo, signorina Smith?”
È con sarcasmo che ti rivolgi alla giovane Grifondoro, Severus. La tua voce è fredda e morta da anni, ormai, e solo quella leggera ombra di malevolenza è rimasta a testimoniare che un tempo vi scorrevano le emozioni, emozioni che hai sepolto così a fondo da non sentirle quasi più.
Quasi.
Lei china la testa e una vampata le colora le guance di umiliazione e di odio nei tuoi confronti, ma non è una novità per te, Severus. Sei abituato ad essere detestato dagli studenti, e in fondo questo ti piace.
Perché un tempo eri tu a rannicchiarti in un angolo con le mani sulle orecchie e a sperare che le grida e gli insulti cessassero, che il veleno di cui era satura casa tua si dissipasse e ti lasciasse respirare.
Perché tuo padre ti ha fatto pagare mille volte la tua natura di mago, senza che avessi alcuna colpa, e nessuno è mai intervenuto a difenderti, meno che mai tua madre, morta nell’animo come lo sei tu adesso.
Perché un giovane con la spilla identica a quella della ragazza che hai di fronte ti ha fatto odiare con ogni goccia del tuo essere l’immagine di quel grifone, che compariva ogni volta che era pronto a turlupinarti di nuovo.
Perché semplicemente hai un vuoto, dentro, e lei non è più lì a riempirlo, quindi preferisci tuffartici dentro a capofitto.
“Il…il mio Distillato della Morte Vivente, signore”.
Parla con incertezza, la quindicenne, con timore, e ti permetti di sfoderare un lieve ghigno sardonico, di divertirti con quel ruolo che è l’unico che hai mai potuto ambire a ricoprire.
“Davvero? Credo che abbia problemi di vista, signorina Smith, perché io francamente nel suo calderone scorgo una cosa che potrebbe essere definita in molti modi, ma non certo un Distillato della Morte Vivente”.
Sei annoiato mentre la sfotti, Severus, e spesso ti chiedi a cosa serva infierire, se non sia più semplice lasciare che il freddo e la morte dentro di te prendano il sopravvento e ti uccidano completamente, ma forse la tua maschera cinica e insensibile è tutto ciò che ti rimane, la tua rivalsa, la tua protesta contro al mondo e contro al passato, e non sei ancora pronto a divenire uno spettro.
La ragazza ha i pugni stretti per la vergogna e alza la testa a guardarti, in uno slancio di orgoglio che ti sorprende moderatamente. Ma è il verde dei suoi occhi a paralizzarti e a strappare un fremito improvviso e violento al tuo cuore atrofizzato che da tanto tempo ha cessato di battere.
Un verde che non è lontanamente vivido e particolare come quello delle iridi di lei ma che prende d’assalto la tua mente fredda e lucida e ti toglie il respiro per diversi istanti, mentre un vortice di immagini che hai cercato per tanto tempo di scacciare ti travolge.
E ricordi un passato lontano in cui eri ancora capace di sperare, in cui i tuoi occhi neri non erano così freddi e annoiati ma accesi di interesse per ciò che ti circondava, un tempo in cui cose come la carezza del vento, il profumo di un fiore o il tramonto avevano un senso e in cui la tua vita aveva un fulcro, un centro pulsante, un motivo che ti riscaldava le membra gelate dopo l’ennesimo litigio dei tuoi e ti dava la forza di resistere, di svegliarti con un sorriso incerto, di confidare nel futuro che ora vedi delineato dinnanzi a te in una landa piatta e grigiastra, che si srotola fino ad un orizzonte di nebbia.
Ricordi il parco verdeggiante e rigoglioso, un porto sicuro nella desolazione del tuo paese d’origine, e la bambina che si dondolava sull’altalena, in alto, sempre più in alto, troppo in alto per essere una comune Babbana.
È lei che ha insegnato al tuo cuore a battere, Severus.
La vedesti un afoso pomeriggio d’estate mentre giocava con la brutta e sgradevole sorella e ti parve all’improvviso che intorno a te i colori esplodessero in tutto il loro splendore, che quegli oggetti, quelle cose che non avevi mai notato prima ti danzassero attorno in una gioiosa danza di benvenuto e che al centro di quell’universo che per la prima volta ammiravi davvero ci fosse lei, la bambina dai capelli rossi e dal sorriso dolcissimo che aveva dato un senso ad ogni cosa.
E avesti paura, vero, Severus?
Paura delle meraviglie che ti aveva mostrato, della speranza che ti aveva acceso nel petto senza neanche parlarti, paura del desiderio repentino e irruento che aveva preso possesso di te, sconvolgendo il tuo fragile animo di bambino. Ti vedesti per la prima volta, vedesti scolpita sul tuo volto la miseria della tua famiglia disastrata, il sudicio condominio in Spinner’s End, i ridicoli abiti Babbani fuori moda che tua madre ti aveva procurato senza sapere assolutamente cosa comprava, ed avesti vergogna di te stesso, paragonandoti alla perfezione e alla dolcezza di Lily Evans.
Prendesti a spiarla senza che lei lo sapesse, scaldandoti al suo sole interno e raccogliendo come perle preziose ogni sua risata, sorriso o sguardo concentrato, sempre più attratto dalla sua energia, dalla sua voglia di vivere, così diverse da tutto quello che avevi conosciuto finora, e ti aggrappasti all’unica cosa che avevate in comune, all’indissolubile legame che vi univa.
La magia.
Perché lei era una strega, l’avevi capito fin dal primo momento, anche se figlia di Babbani, e tu un mago. E un giorno, quel fatidico giorno che attendevi con tanta impazienza, entrambi sareste andati ad Hogwarts, e allora, forse…
Quando vi parlaste la prima volta andò tutto storto, vero, Severus?
Era un momento su cui avevi fantasticato così tante volte, e l’hai rovinato con la tua consueta goffaggine, l’hai mandato in pezzi dicendo le parole sbagliate, ponendoti sotto una luce crudele che la spinse a guardarti con disgusto e incomprensione, un’occhiata che ti si piantò nel cuore come un punteruolo e non lo lasciò più.
Non sei mai riuscito a farti capire da lei, Severus, mai. Hai pensato spesso a come dirle la verità, alle parole da usare per mettere tutto a posto, quelle tre semplici parole che per codardia e insicurezza non ti giungevano mai alle labbra, una dichiarazione sincera che ti è danzata nella gola fin da quando siete diventati amici, ma qualcosa non è mai andato per il verso giusto, e il momento adatto per pronunciarle non arrivava, o te lo lasciavi scivolare come sabbia dalle dita, e tutto ti precipitava addosso.
Hai sbagliato tante, troppe volte con lei, Severus.
Eppure era sempre lì, pronta a perdonarti con un sorriso e una mano tesa in un’offerta di pace, a permetterti di trovare calore nel piccolo e confortevole mondo di cui si circondava, ad offrirti un rifugio sicuro dove nulla poteva toccarti, né i tuoi genitori né le angherie che subivi a Hogwarts, l’unico posto in cui ti sia sentito a casa.
Perché casa è sempre stata dov’era lei.
E ti sei chiesto spesso cosa ci trovasse in te, come fosse possibile che una ragazza bella, intelligente e simpatica come Lily volesse per migliore amico Mocciosus, lo sfigato dai capelli unti e dal naso adunco che tutti scansavano, la vittima designata di scherzi e tiri mancini, il perdente che amava definirsi Principe Mezzosangue per sentirsi un po’ meno mediocre e ricercare nobiltà nella sua miserevolezza, ti sei domandato quale razza di fattura la spingesse a persistere nel vostro strano, intenso e profondo rapporto, e l’hai benedetta mille e mille volte, sicuro che una cosa così splendida non sarebbe durata, che prima o poi la favola si sarebbe macchiata di verde e quel “per sempre felici e contenti” in cui avevi finito per confidare come uno stupido sarebbe scappato al galoppo, lontano da te.
E avevi ragione, Severus.
Perché siete cresciuti, vi siete lasciati alle spalle i due bambini sereni e innocenti che chiacchieravano allegri nel boschetto, e i vostri gusti, le vostre inclinazioni sono venuti pian piano allo scoperto, hanno cementato una barriera tra di voi, crollando a dividervi mattone dopo mattone, evidenziando desideri inconciliabili, differenze abissali, strade opposte che avevate inforcato fin da quando il Cappello Parlante, posandosi sulla chioma rosso scuro, aveva gridato: “Grifondoro!”
Lily era una Grifondoro, Severus.
Tu un Serpeverde.
Avresti dovuto capirlo allora, quando corse al tavolo della sua Casa e Sirius Black le fece posto sulla panca, accogliendola in un mondo dorato e perfetto nel quale tu non saresti mai potuto entrare. No, tu eri destinato a scendere nell’oscurità dei sotterranei, a nutrirti del dolore e delle sventure altrui, ad accettare passivamente i comandamenti del prefetto Lucius Malfoy e ad adeguarti ai divertimenti sciocchi e crudeli di Avery e Mulciber.
Ma non volevi vedere, all’epoca. Non volevi accettare che le stupide regole della scuola vi separassero, che una semplice questione di mentalità opposte potesse distruggere il vostro legame, l’unica cosa pura e lucente nella tua vita sporca, abietta e buia, la più bella che ti fosse mai capitata. L’amavi, amavi i suoi occhi verdi, il suo sorriso, la sua arguzia, e tanto bastava.
Lei era diversa.
Ma non condivideva il tuo punto di vista.
Te la sentivi scivolare tra le mani sempre di più, la avvertivi insostenibilmente lontana e distante, col corpo e con la mente, e il dolore e lo strazio ti sopraffacevano, l’amarezza ti corrodeva a fuoco lento. Non desideravi altro che lei, lei e la sua felicità, eppure lei si preparava a spiccare il volo, Severus.
E quel volo l’avrebbe condotta lontano da te.
Lui la voleva. Il ragazzo bello ed arrogante che ti aveva rovinato la vita senza alcun motivo, per noia e negligenza, per ammazzare il suo tempo perso, per far divertire gli amici e le studentesse. Quell’individuo che ti aveva umiliato così tante volte che avevi perso il conto e che aveva sollecitato in te un odio pari solo all’amore sconfinato che provavi per Lily, un odio che cresceva e si alimentava non tanto nelle angherie di cui venivi continuamente fatto oggetto ma nelle occhiate cupide che lanciava alla rossa, la tua rossa, considerandola poco più di uno sfuggente Boccino d’Oro, una preda recalcitrante che il grande Cercatore avrebbe prima o poi acciuffato.
E all’idea che un giorno lei potesse lasciarsi catturare avevi voglia di urlare e di ferirti, Severus.
Perché uno come James Potter non avrebbe mai potuto amarla come meritava, ascoltare i suoi discorsi anticonformisti e intelligenti, bere avidamente ogni particolare di lei, ogni vizio o gesto inconscio, ogni mutamento di espressione e sospiro di quella ragazza semplice e perfetta.
Non ti avrebbe tolto anche lei, oltre alla dignità. Eri disposto a privarti di ogni cosa, meno Lily.
Invece sei stato tu stesso a consegnargliela. Gliel’hai servita su un piatto d’argento, accompagnando la portata con le parole imperdonabili: “Schifosa mezzosangue!”
Non capirai mai perché l’hai detto. Ci hai pensato tante volte, ma non sei mai giunto ad una conclusione, hai esaminato fino alla nausea il tuo peggior ricordo, senza trovarci una soluzione, senza venirne a capo, ritrovandoti ogni volta più frustrato di prima.
Forse non c’è, una risposta. Forse siamo creature impulsive, e impulsivi sono i nostri gesti. Gli sbagli dovrebbero servirci per migliorare, per imparare, ma il tuo non ha fatto altro che uccidere la speranza che la dolce bambina ti aveva acceso in petto, quando la ragazza in cui si era trasformata, la bellissima ragazza che avresti voluto rendere felice, ti ha gelato fino al midollo e ti ha voltato le spalle, per sempre.
“Tu hai scelto la tua strada, io la mia”.
Parole dure, insensibili, che non lasciavano scampo, che in un attimo avevano sgretolato il tuo mondo, quelle poche, deboli tracce di interesse e di felicità che lei ti aveva donato e che era aveva portato via con sé, oltre il buco del ritratto, nel suo universo rosso e scintillante di Grifondoro.
E sei rimasto lì fermo per quella che ti è parsa un’eternità, impalato davanti al volto compassionevole della Signora Grassa, deriso dagli studenti che ti passavano accanto e scuotevano la testa, senza capirti, pateticamente speranzoso di vederla riemergere, pentita, determinata a rimangiarsi la terribile sentenza, a perdonarti di nuovo, a gettarti le braccia al collo e a riempirti del suo calore, l’unico capace di sciogliere il tuo cuore freddo e morto. Hai fatto promesse a te stesso e a Dio in quel momento, Severus, hai giurato che se fosse tornata ti saresti sforzato di cambiare, di imboccare una strada diversa da quella che volevi, una strada che potesse combaciare con quella di Lily, che vi avrebbe permesso di camminare insieme, mano nella mano, verso un orizzonte luminoso e sereno, hai garantito che avresti troncato ogni rapporto con quel paio di Serpeverde che ti concedevano di sgambettare dietro alla loro ombra per pietà e vanagloria, che il Marchio Nero non ti avrebbe mai inciso la pelle, saresti stato diverso, migliore, per lei.
Ma era troppo tardi, Severus.
Non è riemersa dal buco del ritratto, non ti ha permesso di lavare via lo sporco che ti sentivi addosso. Del resto, la conoscevi bene, sapevi quant’era testarda e irremovibile nelle sue decisioni, e l’amavi anche per questo, per quel coraggio e quella risolutezza che a te erano sempre mancati. Ti ha chiuso la porta in faccia una volta e per sempre e non l’ha mai più riaperta, ti ha negato l’accesso al suo mondo caldo e accogliente, lasciandoti solo nel tuo pianeta putrido, scuro e marcio.
E quando ti sei finalmente deciso ad abbandonare ogni speranza e a tornartene nel sotterraneo, hai lasciato il tuo cuore e il tuo entusiasmo di fronte a quel ritratto, Severus.
Non sei più stato lo stesso da allora. Sei precipitato sempre più in basso, con il rimorso e l’odio per te stesso a scandire il ritmo delle tue giornate, e non hai potuto fare a meno di dirigere questa negatività sugli altri, di ferirli come tu stesso ti sentivi ferito, di trovare conferma della tua mostruosità nel disprezzo e nell’antipatia che gli leggevi in volto. Sei stato interamente, completamente di Voldemort, e hai gioito quando il marchio ha macchiato il candore della tua pelle, sapendo che lei avrebbe potuto salvarti, ma che non l’aveva fatto.
Per colpa tua.
Volevi dirle “ti amo”, pronunciare quelle due parole che forse avrebbero abbattuto la barriera tra di voi, malgrado non fossi niente, in confronto a lei, e invece le hai gridato altre due parole, quello “schifosa mezzosangue” che ha rappresentato l’ultimo, inamovibile mattone piombato a dividervi per sempre.
Ma forse sarebbe successo lo stesso, Severus, forse era solo questione di tempo, e tu non hai fatto altro che affrettare le cose.
Perché Lily aveva imboccato la sua strada, tu la tua.
Perché nei suoi stupendi occhi verdi in cui ti perdevi senza via di scampo hai ricercato tante volte, ossessivamente, l’amore che incendiava i tuoi ma non l’hai mai trovato, non ne hai afferrata neanche una traccia.
Perché la vostra favola iniziava a macchiarsi di verde prima ancora che l’umiliazione e la furia prendessero possesso della tua lingua e ti facessero rivoltare contro di lei, mentre ti guardava in mutande, appeso a testa in giù, e vedeva chiaramente quant’eri patetico e gretto, quanto si era sbagliata a sprecare il suo tempo in tua compagnia.
Perché non c’era futuro per un Serpeverde e una Grifondoro.
A Giulietta Capuleti non importava che Romeo fosse un Montecchi, a Lily Evans sì.
Un giorno un uomo saggio ti disse: “A volte penso che lo Smistamento avvenga troppo presto”.
Non capisti cosa intendeva, Severus, ma forse, se Lily avesse aspettato, se ti avesse concesso una possibilità, avrebbe potuto scoprire il Grifondoro che era in te, e che avevi nascosto al mondo e a tutti, soffocandolo nel risentimento e nell’amarezza.
E allora, magari, ogni cosa sarebbe stata diversa.
Non l’avresti tradita.
Non l’avresti uccisa.
Non l’avresti consegnata al tuo padrone.
Era così piccola e bianca quando l’hai trovata tra le macerie, a Godric’s Hollow.
Giaceva sul pavimento e i suoi capelli rossi brillavano nel buio, i suoi occhi verdi no. Ti fissavano senza vederti, ed erano pieni d’accusa.
La sua pelle era fredda quando l’hai presa tra le braccia, Severus.
Avevi sognato per così tanto tempo di poterlo fare, ma ora che il desiderio si era avverato, era tutto sbagliato.
Perché era morta.
Anche se il tuo padrone ti aveva promesso di risparmiarla.
Anche se era sempre stata così energica, coraggiosa, incrollabile.
Anche se l’avevi amata più di ogni altra cosa al mondo.
Era morta.
E l’avevi uccisa tu.
Non avevi più pianto da quando eri entrato nell’adolescenza, Severus.
Non c’erano motivi per farlo, e il tuo dolore si era trasformato in rabbia, una rabbia atavica e assoluta verso tutti quelli che ti avevano ferito e straziato con sadismo, la stessa rabbia che ti aveva portato sul sentiero di Mangiamorte, a vendere l’anima al mostro che avrebbe potuto incanalarla e darle uno scopo.
Neanche davanti al buco del ritratto lo avevi fatto, perché c’era troppo vuoto nel tuo petto.
Ma in quella casa distrutta e polverosa piangesti, Severus, e per l’ultima volta percepisti il tuo cuore sanguinare e contorcersi per lei, quel corpo pallido e freddo abbandonato tra le tue braccia, quel volto inespressivo da cui era scomparsa ogni luce, il calore che ti aveva permesso di scaldarti un poco, per qualche anno, e trovare la pace.
Le tue lacrime calde cadevano sulle sue guance fredde.
Le tue dita tremanti avevano oscurato per sempre il verde delle sue iridi, coprendolo con le palpebre inerti.
I suoi capelli rossi ti solleticavano il mento e profumavano ancora di felicità, di sogni perduti, di casa.
Le tue labbra mormoravano il suo nome come se potessi richiamarla dall’oscurità e chiedere perdono, come se bastasse questo ad abbattere il muro tra di voi, a cancellare il passato e gli errori commessi, i peccati e le scelte.
Il bambino piangeva con te.
Piangevate entrambi quella donna meravigliosa che con il suo amore, quell’amore per cui avresti dato la vita, aveva offerto la migliore protezione.
E l’hai guardato, Severus, negli occhi.
Occhi verde chiaro, occhi che non avresti mai più dimenticato, ma vivi e colmi di luce, scintillanti di lacrime infantili.
Ti ci sei perso per un istante, Severus, e hai sentito un guizzo di calore nel petto.
Poi hai visto il resto del bimbo.
Un piccolo James in miniatura che ti fissava dal suo lettino con le sbarre e si prendeva gioco di te e della tua miserevolezza, del tuo dolore indegno.
L’hai odiato.
Ci ripensi mentre guardi le iridi della studentessa e scoppieresti a ridere, se potessi.
La creatura che più odi è anche la creatura che proteggeresti a costo della vita.
Perché lei l’ha amata, quella copia sbiadita di James Potter, è morta per salvarla, e non vanificheresti mai il suo sacrificio, Severus.
Continui a vivere, ma sei morto dentro.
Continui a lottare, ma esisti solo per il tuo passato.
Continui ad amarla, pur essendo lei un fantasma.
Perché è l’unica che ti ha dato uno scopo, Severus.
L’unica che ha visto qualcosa di buono in te.
Perché forse vivi per questo, per amarla e difendere suo figlio.
Perché non c’è assolutamente nient’altro che desideri, o che ti interessa.
Sei nato quando l’hai scorta per la prima volta.
E vuoi morire allo stesso modo.
Il tempo è passato, Severus.
Hai fatto tutto ciò che potevi, ma forse non basterà mai a cancellare la tua colpa.
Forse quel padrone che hai odiato con ogni goccia del tuo essere e servito con un sorriso mellifluo e fasullo ha percepito la verità sotto al camuffamento.
Forse ti ha ucciso per questo, e non per una volgare bacchetta.
La vita ti sta scivolando via dalle membra, Severus.
La senti che cola via da te in uno stillicidio di fiotti rosso scarlatto e nonostante tu sia morto da tempo cerchi di trattenerla nel tuo corpo, di non lasciarla andare, ma ti bagna la mano, scorre liberamente tra le fessure delle tue dita, e sei troppo debole per arginarne il flusso, sei troppo stanco per ricacciarla indietro.
Ti senti freddo, Severus.
Freddo come lo era Lily quando l’hai estratta dalle macerie.
Il tuo corpo è troppo pesante, Severus. Ti soffoca.
E vuoi sfilartelo come un maglione.
Hai paura, Severus.
Non c’è nulla intorno a te, perfino il tuo signore è andato via, senza assistere alla tua fine. Forse non conti niente, non sei mai contato, e il mondo aspetta solo che ti decida a morire, ad esalare quell’ultimo respiro che avverti in gola già da un po’, opprimente come il piombo.
Ma non lo esali, Severus.
Ti sei nutrito dell’odio e del disprezzo altrui ma non riesci ad andartene con un simile fardello, non vuoi andartene.
Silente te l’ha detto tante volte, Severus.
Di rivelare l’onestà che c’è in te.
Di togliere la maschera cinica e crudele che è ormai radicata al tuo animo.
Di raccontare la verità, per la prima volta nella tua esistenza di spia.
Non l’hai mai ascoltato e ora che vorresti non puoi farlo.
È troppo tardi, Severus.
O forse no?
C’è un volto davanti a te e quel volto ti strappa un fremito di astio.
James Potter.
Ma non è James Potter, venuto ad umiliarti per l’ultima volta e a ridere della tua disfatta.
È Harry Potter.
E ti guarda senza che l’odio che corre tra di voi si metta in mezzo.
I suoi occhi sono verdi, sono grandi, sono caldi.
Potrebbero concederti il perdono a cui hai tanto anelato, se tu solo…
La vita ti lascia, Severus, e non hai più tempo, non puoi pronunciare le parole di pace che non hai mai trovato.
Ma forse c’è un altro modo di rompere la barriera.
I ricordi scorrono fuori da te come un fiume in piena, ricordi di amore, ricordi che hai finora sepolto nei più bui recessi del tuo animo e che non hai permesso a nessuno di rubarti, custodendoli come un amante geloso, tenendo stretta quella parte della tua vita che è stata l’unica di cui tu abbia goduto davvero.
Ma ora sei pronto a condividerli, Severus.
Per la prima e ultima volta, hai il coraggio di farlo, di dire la verità.
E forse, quando lei avrà visto cosa c’è sotto la superficie, ti sorriderà benevola come un tempo e ti tenderà la mano, permettendoti di tornare nel suo rifugio.
Lo hai desiderato così tanto, Severus.
Non vedi più nulla, ogni cosa è sfocata e disfatta attorno a te, ma c’è un colore che sei ancora capace di ammirare, l’unico colore che sia mai riuscito ad emergere nel grigiore dei tuoi giorni, e vuoi perdertici adesso.
“Guar…da…mi”.
Gli occhi verdi incontrano i neri e sono esattamente come li ricordavi, Severus, il tempo non ha agito sulla tua memoria e ti ci tuffi a capofitto come l’assetato in un ruscello.
Sono benevoli e accoglienti, e ci trovi dentro tutto quello che hai cercato.
Il mondo si dissolve ma quelli restano al loro posto.
Ti tengono insieme.
Ti mostrano la via.
Ti cullano dolcemente.
Sei tornato nel parco, Severus.
La ciminiera e la desolazione che lo circondano non ci sono più.
Ogni cosa è verde, adesso.
E lei è là che si dondola sull’altalena, troppo in alto per essere normale.
È andato tutto storto l’altra volta, ma ora è diverso.
Ti sorride con calore e indica l’altro seggiolino, l’altalena vuota al suo fianco.
Hai desiderato tanto di potertici sedere ma non hai mai avuto coraggio.
Stavolta però lo fai.
Leggero come non sei mai stato prima.
Incurante di ogni differenza.
Dondolate assieme e siete perfettamente sincronizzati, volate nel cielo limpido e azzurro ridendo e divertendovi in una spensieratezza assoluta e priva di confini.
E non ci sono più muri né strade da prendere.
Solo tu e lei.
Finalmente.
 
Angolo autrice: Okaay…crocifiggetemi pure per questo delirio, ma nell’isteria pre-esame maturità (che è domani) ho avvertito il bisogno di scrivere, e farlo su Lily e Sev, beh, è un desiderio che coltivavo da tempo… so che il tema trattato è trito e ritrito, ma sapete quando si avverte il bisogno di lasciarsi semplicemente andare e buttar giù una valanga di parole? Ecco, è andata così, e questo è ciò che è venuto fuori…non ho mai scritto prima dando del “tu” ad un personaggio, tipo voce della coscienza, ma mi è venuto spontaneo, forse per immedesimarmi di più in Sev…trovo che sia un uomo veramente straziante, condannato ad essere visto in cattiva luce per tutta la vita, e la sua “storia” con Lily (che purtroppo storia non è!) mi ha commossa fin dal primo istante. Prima o poi scriverò qualcosa di serio su di loro, impegnandomi per bene, questa era una sorta di prova, mi scuso per il probabile disastro :’)
Un salutone a tutti!
  
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