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Autore: Tomi Dark angel    18/06/2013    6 recensioni
SEGUITO DI " DAL SOLE E DALLA LUNA NACQUERO LE ALI ".
" Sam e Dean Winchester sono due cacciatori di demoni alla ricerca dei loro angeli, Gabriel e Castiel, che dopo due anni di assenza sembrano ormai scomparsi. All'improvviso però, ricompare un angelo ferito, spossato, portatore di pessime notizie. Cosa sarà accaduto realmente agli angeli? Perché Sam e Dean sentono il mondo intero franargli addosso? E' accaduto qualcosa di orribile, qualcosa che nemmeno gli angeli avevano previsto, e mentre Sam e Dean partono alla ricerca di risposte, delle ali dorate e argentate si spiegano sul loro cammino per spianargli la strada. "
Destiel / Sabriel
Dedicata a Sherlocked, Xena89 e Blacasi
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Sono morto?
Belial si mosse lentamente, riprendendo poco a poco coscienza. Sentiva qualcosa di caldo e morbido avvolgerlo come in una delicata coperta e un profumo meraviglioso, che sapeva di casa e familiarità rilassargli le membra. C’era silenzio, c’era pace. Se quello era l’oblio, allora non era poi così male morire.
Mugolò dolcemente, affondando il viso contro quella morbidezza solida. Il basso suono di un respiro gli fece lentamente riprendere coscienza e contatto con la realtà, come se un piccolo pezzo di se stesso andasse a posto, ricomponendo un unico puzzle di consapevolezza. Conosceva quel profumo. Conosceva quel tepore e quel respiro calmo, pacifico anche durante le battaglie più sanguinose. Conosceva quel benessere.
Belial mosse lentamente le dita, accarezzando quella che capì essere pelle liscia, nervosa di muscoli accennati da soldato. Spostò poco a poco il braccio, accarezzando quel petto, facendo scivolare la mano fino al fianco, dove si fermò per saggiarne la consistenza. Infine, riaprì gli occhi.
Incontrò il viso di Balthazar, vicinissimo al suo. Dormiva, o quantomeno, riposava, visto che gli angeli non dormono mai totalmente come gli esseri umani. Aveva gli occhi chiusi e il volto rilassato come non l’aveva mai visto. Lo stringeva tra le braccia, le ali snudate per ripiegarsi sopra e sotto i loro corpi in una gigantesca, magnifica coperta che li abbracciava in una gabbia protettiva, gentile di piume morbide più della seta che profumavano di vento e vaniglia.
Belial non si mosse, non ebbe il coraggio di spezzare quel momento di pace. Balthazar non si era mai concesso liberamente una cosa del genere, non aveva mai voluto stringerlo in quel modo, come se fosse qualcosa di immensamente prezioso e fragile. Lo abbracciava dolcemente, mettendo da parte il soldato, soffocando il gelido angelo dagli occhi di ghiaccio. All’improvviso, Balthazar aveva abbandonato ogni rigidità per sostituirla a un viso dolce, angelico, che tuttavia sapeva di umana carità gentile. Quello era il suo Balthazar, quello era l’angelo che aveva conosciuto. Sotto lo strato di freddezza plateale, Balthazar aveva un cuore immenso del quale tuttavia pareva vergognarsi.
Belial credeva che non l’avrebbe mai più rivisto, e invece eccolo lì, sotto i suoi occhi, le sue dita. Era reale, era il suo Balthazar…
Lentamente, Belial tornò a nascondere il viso contro il petto di Balthazar, come un cucciolo spaventato che si fa piccolo all’ombra del padre protettivo. Non voleva essere la Stella del Mattino, in quel momento. Voleva essere un normalissimo angelo, un pari di Balthazar, del suo Balthazar, dell’ultimo pensiero che aveva occupato la sua mente quando credere di essere a un passo dalla morte. Che male c’era nel voler bene a un amico? Amico… be’, forse non era proprio un amico.
Belial ripensò a cosa avrebbe voluto dirgli, quando era in punto di morte. Non si era mai preoccupato di pensarci, di prendere in considerazione l’idea… l’idea di amarlo. Non ci aveva mai pensato, eppure quel pensiero era così naturale, così bello da apparire una semplice fantasia. Immaginarsi al fianco di Balthazar, immaginare di chiudere gli occhi ogni notte cullato da quel profumo e dall’abbraccio di quelle ali; era quello il vero paradiso. Sentirsi consolato, accarezzato, baciato. Non gli era mai successo di provare quelle cose per qualcuno che non fosse Dio stesso, ma adesso Balthazar era lì con lui e ogni cosa sembrava possibile.
Ogni cosa… tranne una.
Balthazar non lo avrebbe mai accettato. Sarebbe andato via, l’avrebbe lasciato solo come avevano già fatto gli altri angeli prima di lui. Dopotutto, Belial era pur sempre un traditore, il Diavolo, e questo nessuno di loro l’avrebbe mai dimenticato. Era una macchia nera, oscura come la notte che riposa, in attesa che l’alba cali per ricomparire una volta per tutte. Balthazar era puro, Belial no.
Questo muro era invalicabile.
-Non dirmi che hai la febbre.- disse una voce beffarda. Belial sobbalzò e cercò di allontanarsi da Balthazar, ma questo lo trattenne, portando la Stella del Mattino a incrociare il suo sguardo.
Occhi cangianti di puro spettro di colori in occhi azzurrini, che richiamavano le profondità degli oceani e l’infinità del cielo. Balthazar lo guardava con un sorriso sghembo sulle labbra sottili, all’apparenza morbide come seta. Chissà se lo erano per davvero.
-Io… ah, io…-
-Hai perso la lingua?-
-No, perché mi chiedi se ho la febbre?-
-Perché stai tremando, Belial. E gli angeli di solito non tremano, devo preoccuparmi?-
Belial scosse il capo e abbassò gli occhi. A guardarlo in quel tenero atteggiamento, nessuno avrebbe mai potuto dire che quello era il Diavolo, colui che aveva portato il male in terra e nell’universo stesso. Belial era quanto di più fragile e bello esistesse al mondo.
Con un sospiro, Balthazar tornò ad abbracciarlo, appoggiando il mento tra i ricci biondo oro e chiudendo gli occhi. Sentire la consistenza di quel corpo tra le dita, sotto la pelle e sapere che quello stesso corpo respirava ancora, era meraviglioso. Quando aveva trovato Belial svenuto in un mare di sangue, Balthazar aveva creduto di impazzire. Quando poi aveva scoperto che la ferita era stata in qualche modo rimarginata, gli era sembrato di rinascere.
-Scusami.- mormorò Belial all’improvviso, accucciandosi contro di lui.
-Per cosa?-
-Per… per essermi quasi fatto uccidere.-
-È stato Castiel?-
-Leitsac. Credo che Castiel abbia rimarginato la ferita. C’è ancora una possibilità, Balthazar… possiamo ancora recuperarlo.-
-No.-
Belial si risollevò di scatto per guardarlo in faccia. Il viso di Balthazar era imperscrutabile, freddo, rigido.
-Come?-
-Mi hai sentito. Non possiamo recuperarlo, Belial, che tu lo accetti o no.-
Belial si alterò.
-Non puoi pensare che sia perduto per sempre!- urlò, sollevandosi sulle ginocchia. Anche Balthazar si raddrizzò, e solo allora Belial si accorse che le coperte lo coprivano dalla vita in giù. Probabilmente, era nudo.
-Non posso pensare che ti abbia quasi fatto ammazzare, Belial! Non posso pensare che tu non abbia reagito! Queste sono le cose che non posso pensare, maledizione! Potevi morire…-
-Non mi importava!-
Cadde il silenzio mentre l’espressione di Balthazar mutava, diventando poco a poco furiosa, intrisa di rabbia repressa. Con un movimento repentino, abbatté Belial e piantò le mani ai due lati del suo viso, sovrastandolo col suo corpo, coperto soltanto dalla vita in giù grazie alle coperte che gli stringevano i fianchi. Belial sentì un’ondata di calore attraversarlo mentre Balthazar accostava il viso al suo. Mai come in quel momento pareva un predatore, un felino pronto al balzo sulla preda… il problema però, era che la preda era proprio Belial.
-Davvero, Belial? Davvero ti interessa così poco di te stesso?- sibilò, a un centimetro dal suo viso. Belial fece il possibile per mantenere il controllo, per restare impassibile e distaccato davanti a quegli occhi terribili e bellissimi che lo giudicavano. Sopra di loro, le ali invadevano l’intera stanza in un mare di piume azzurrine, perlacee, blu cobalto, rilanciando dei riflessi come di mare e cielo sui due angeli. Belial non ebbe la forza di distogliere lo sguardo da quello magnetico di Balthazar per ammirarle.
-Vedi di cambiare idea, perché ho intenzione di impedirti altre sciocchezze simili, a costo di spezzarti le ali e le gambe, così non potrai più muoverti.-
Quelle parole fecero salire il sangue al cervello di Belial.
-Cosa? Ma insomma, la vuoi finire di atteggiarti a soldato della mia scorta personale? Non ho bisogno di protezione, se non mi sono difeso da Castiel è stato perché ho voluto che fosse così!-
-E allora scordati di prendere ancora decisioni di testa tua!-
-Non sei la mia balia, sei un mio pari! ‘fanculo all’essere angelo e arcangelo, non siamo così diversi, perché continui a importi queste barriere?!-
-Perché è sempre stato così! È colpa mia se sei quasi morto, non…-
-IO SONO SOPRAVVISSUTO GRAZIE A TE!!!-
Balthazar e Belial sbarrarono gli occhi simultaneamente. La Stella del Mattino avrebbe tanto voluto tagliarsi la lingua una volta per tutte, ma ormai era troppo tardi. Aveva appena distrutto l’ultimo residuo di speranza che gli lasciava credere in un rapporto normale con Balthazar. La rabbia l’aveva portato a compiere un passo falso, un errore, e adesso era tutto perduto, tutto a pezzi, lo leggeva nello sguardo interdetto dell’altro angelo. Belial non si arrischiò a parlare e, semplicemente, distolse lo sguardo.
-Cosa hai detto?- gracchiò Balthazar, ma Belial non rispose. Se solo l’angelo si fosse levato di torno, sarebbe scappato a gambe levate e tanti saluti a Castiel, Leitsac e al Cubo di Metatron.
-Belial.- sussurrò Balthazar, chinandosi ancora, fino a far sfiorare i loro nasi. –Cosa hai detto.-
-Niente, io…-
-Non tirarti indietro, ti ho fatto una domanda. Sii sincero.-
Belial si zittì di nuovo e voltò il capo dall’altra parte. Cercò di alzarsi, con l’unico risultato che Balthazar gli bloccò entrambi i polsi con una mano e aderì il petto al suo, mozzandogli il respiro in gola.
Sono fregato.
-Belial.-
E, udendo quel richiamo, Belial si lasciò andare. Sentì un’unica lacrima uscire dall’angolo dell’occhio e accarezzargli la pelle al pensiero di averlo perso, di essere rimasto solo. Balthazar l’avrebbe abbandonato, e lui… lui sarebbe sparito. Avrebbe perso le ali, adesso lo sapeva. Perché Balthazar era la sua anima gemella, la metà che inconsapevolmente aveva sempre protetto, amato.
Pensare a una vita senza di lui era pura sofferenza, e quella sofferenza lo trascinava giù, gli sottraeva consistenza e leggerezza alle ali. Poco a poco, Belial sentì mancargli l’aria, la libertà e quel piccolo pezzo che inconsapevolmente l’aveva sempre tenuto a galla.
-Quando ti conobbi…- mormorò con voce strozzata, quasi senza accorgersene. -… quando ti conobbi, io ero diverso. Non ricordavo più cosa significasse la vita, ma mi illudevo di saperlo, di potermi aggrappare a un ricordo per illudere me stesso che vita è quando si respira e basta. Credevo di saperlo, credevo… credevo di poter vivere anch’io. Ma la realtà è che non ho mai vissuto davvero. Guardavo sorgere l’alba e mi chiedevo cosa significasse quella luce, perché sorgesse e salutasse un giorno che per me, come per altre mere esistenze non valeva niente.-
Belial inspirò, ricordando quei giorni, quei momenti di pura delusione. Perché il giorno sorgeva su vite che in realtà vite non erano?
-Poi… poi però, sei arrivato tu. Lo ammetto, e l’hai intuito tu stesso: all’inizio ti salvai perché eri in possesso del Cubo di Metatron e io volevo sapere cosa fosse successo in paradiso. È stato così… credevo che sarebbe continuato ad essere così. Poi però, ti svegliasti e mi guardasti, e io… Dio, credo di non aver mai visto qualcuno che mi fissava come tu fissavi me. Eri come… sembravi quasi felice di vedermi, e questo non mi capitava da tanto tempo. Sorridevi, parlavi, mi trattavi come un tuo pari e io… ero felice.-
Belial voltò il capo, appoggiando la guancia bagnata di nuove lacrime sul cuscino. Sorrideva leggermente.
-Mi insegnasti cosa significa volare davvero, sentirsi leggeri e in grado di proteggere qualcuno. Mi sentii in grado di farlo, in grado di chiedere il perdono, se solo ne avessi avuto il coraggio. Eri tu il mio coraggio, la luce del giorno che sentivo sorgere anche al mio interno. Fu allora che capii: il giorno sorge per darci speranze, per delimitare il tempo di vite preziose e ricordare al mondo che il tempo può spendersi in un abbraccio o in un sorriso come il tuo. Il sole sorge per darci la luce, e io ne abusavo semplicemente avvalendomene e ignorando il suo benessere. Mi hai fatto scoprire la vita e me ne sono accorto solo quando la vita per poco non me la strappavano via.-
Lentamente, Balthazar gli lasciò andare i polsi e si raddrizzò. Belial si sollevò a sedere, gli occhi bassi e ancora grondanti di lacrime.
Si accorse di essere libero, e allora si preparò a sparire una volta per tutte. Un battito d’ali, uno scatto del corpo e sarebbe finito tutto… tutto…
Ma Balthazar lo fermò, cingendogli saldamente i fianchi con un braccio e spingendolo nuovamente in basso, sul materasso. I suoi occhi erano lucidi, dalla pupilla dilatata e Belial non capiva cosa gli stesse accadendo. Possibile che…
-Tu te ne vai quando lo dico io.- ringhiò Balthazar, a un soffio dalle sue labbra. Belial tremò. Non gli era mai capitato di sentirsi preda, di sentirsi sottomesso a qualcuno che non fosse semplicemente Dio stesso. Eppure adesso, davanti a quegli occhi di puro, gelido ghiaccio, Belial si sentì immobilizzare come una vittima prossima al sacrificio.
Qualcuno bussò alla porta, facendo trasalire entrambi. Balthazar si tirò indietro di scatto e Belial si alzò a sedere, cercando di darsi una sistemata. La porta si aprì ed entrò un vecchio, lo stesso che aveva assistito Gabriel alle Colonne di Ercole. Sembrava più anziano che mai con la lunga barba e gli occhi ciechi fissi sul nulla della loro vacuità.
-Ciao, Metatron.- salutò Balthazar con malcelato fastidio nella voce. Metatron voltò verso di lui il capo, continuando tuttavia a fissare un punto indefinito della stanza. Entrò e si sedette sul bordo del letto, rivolgendo il volto verso Belial.
-Come ti senti, fratello mio?- domandò dolcemente. Belial gli prese una mano, grato.
-Meglio, grazie a tutti voi. Non saprò mai come sdebitarmi.-
-Sono certo che troverai il modo. Figliolo, posso parlarti in privato?-
Automaticamente, Balthazar scese dal letto, portandosi dietro il lenzuolo ancora avvolto in vita: si allontanò senza una parola, le ali luccicanti e le spalle larghe che Belial fissò a lungo finché non furono sparite.
-Cosa volevi dirmi?-
§§§§
Castiel camminò lentamente, con passo moderato, mentre intorno a lui Leitsac finiva di atterrare gli angeli rimasti. Come d’accordo, non li uccideva, ma si limitava a stordirli abbastanza per far sì che non si rialzassero. Castiel non sapeva perché avesse stretto questo accordo, né capiva cosa ci facesse lì, in paradiso, troneggiante su un mare di corpi svenuti, dalle ali lacerate e i corpi sanguinanti. Erano stati spazzati via uno dopo l’altro, senza possibilità di appello. Era bastato un cenno della mano, e come la prima volta, Leitsac li aveva scaraventati lontano e infine schiacciati a terra, prostrati da una potenza imbattibile, ineguagliabile.
Castiel non era riuscito a guardarli negli occhi. Si sentiva sporco, sbagliato… malvagio. Era una luna in piena eclissi, una terribile macchia che in paradiso non avrebbe neanche dovuto rimetterci piede. Eppure era tornato, e calcava quei pavimenti a testa alta, lo sguardo fisso e lontano dalle sue colpe mentre i Behemah si accasciavano e gli angeli soffocavano nel potere sovrastante di Leitsac. Castiel li vedeva accasciarsi, supplicare, implorare perdono… ma il perdono non esisteva più, non per Castiel. Era stata la debolezza del perdono a ridurlo così, era stata la debolezza dell’essere più umano degli altri a condurlo alla distruzione. E adesso non restava nulla, niente che lo aiutasse a riconoscersi.
Solo un traditore. Solo un pezzo di carne svuotata dell’anima che per lungo tempo si era illusa di possedere. Non esisteva la luce. Non esisteva l’amore. C’era soltanto la rabbia, l’odio, e la soverchiante frustrazione di chi si sente abbandonato a se stesso.
Inganno! Slealtà! Sul viso hai i segni della malvagità!*
Castiel camminò, camminò a lungo. Evitò accuratamente le ali spalancate degli angeli svenuti, sbatté le sue quando doveva levarsi in volo per evitare i corpi. Infine, lo raggiunse. Luccicante, fatto di vetro, sorvegliato da ben dieci guardie armate fino ai denti. Ormai, con le mani mozzate, quelle armi non servivano più.
Castiel allungò le mani, sfondò la teca di diamante con un semplice tocco e strinse tra le dita sottili.
Inganno! Vergogna!
-Andiamocene!- esclamò Leitsac, guardandolo, ma Castiel non si mosse. Rimase immobile, fissando il baluginio tenue del Cubo. Era giusto, quello che stava facendo? Era giusto ribellarsi, spezzare le catene e ritorcerle contro chi gliele aveva inflitte?
Affronterai da solo il fato!
No. Non esisteva più una giustizia. Non esisteva più una parte da cui stare. Aveva sofferto troppo a lungo, inseguendo e soffrendo per un ideale che era andato in pezzi in brevi istanti. Aveva sentito il suo mondo schiantarsi, i nervi cedere e urlare pietà a un mondo che la pietà non l’aveva mai conosciuta. Gli uomini si ammazzavano tutti i giorni, odiavano, e questi sentimenti parevano più importanti del bene che potevano compiere. Nessuno guardava a un uomo che porgeva la mano al suo prossimo, mentre tutti osservavano il volto di un assassino, quasi ossessionati da quegli occhi che apparivano umani, normali, ma nei quali albergava la violenza.
Devi andare, vivi e vai, ma il nostro perdono tu non lo avrai mai!
Castiel strinse forte il Cubo, osservò gli occhi spiritati dell’unica guardia rimasta sveglia. Si specchiò nel suo sguardo colmo di puro rancore, nell’orrore di una creatura che non aveva mai conosciuto il vero perdono. Castiel li aveva guidati, illudendosi che potessero essere purificati, ma la realtà era che gli angeli non erano poi così diversi dai demoni. Tutti arroganti, tutti violenti contro gli altri e loro stessi.
Con un ultimo, definitivo sospiro, Castiel chiuse gli occhi e voltò il capo dall’altra parte.
Tu non sei come noi!!!
§§§§
Gabriel si prese la testa tra le mani, confuso. Chiuse gli occhi, cercando inutilmente di calmare il respiro, ma fu inutile. Castiel. Il suo Cassie, suo fratello… aveva rubato il Cubo di Metatron e si stava preparando alla guerra al fianco di Leitsac. Era senza controllo, era… era diverso dal suo Castiel.
La sua innocenza era rimasta soffocata, schiacciata dal dolore patito. Poco a poco, l’arcangelo più gentile del paradiso era andato in pezzi, e adesso toccava al paradiso stesso cadere. Non c’erano vie di mezzo, non c’era via di fuga dall’incubo che lentamente li abbracciava in una morsa letale. Castiel non si sarebbe fermato, e adesso che aveva in mano il Cubo, la guerra era dichiarata. Ogni scusante era crollata di schianto davanti al tradimento, alla vergogna della rabbia che aveva accecato gli occhi solitamente limpidi di Castiel.
Era rimasto qualcosa, di quegli occhi?
Era rimasto qualcosa, di quel cuore?
Era rimasto qualcosa di lui?
Non gli sono stato abbastanza vicino… dovevo proteggerlo.
Gabriel scrollò il capo, frustrato, mentre gli occhi socchiusi di dolore si riempivano di lacrime pesanti, abbattute. Non ce l’avrebbe fatta ad abbatterlo, non poteva combattere contro le sue stesse maledette colpe. Castiel era caduto a causa sua, della sua assenza.
L’avevano lasciato da solo.
Una mano comparve dal nulla, coprendo le sue, intrecciate tra loro. Gabriel levò timidamente lo sguardo e vide Sam inginocchiato davanti a lui, al centro della stanza di Bobby, trasportata alle Colonne d’Ercole insieme a tutta la casa. Il cacciatore lo guardava con gentilezza mista a pietà per il dolore che il suo angelo era costretto a provare.
Abbassò gli occhi.
-Quando seppi di essere il tramite di Lucifero…- mormorò. -… pensai di aver tradito tutti, soprattutto mio fratello. Ero io quello sbagliato, l’errore, l’abominio che aveva contribuito soltanto a far danno. Piangevo. Piangevo, e non sai quanto, ma Dean non mi vedeva mai perché era troppo occupato a pensare alla guerra, a combattere i demoni, cercando di dimenticare che il vero demone ero io. Poi, alla fine… mi ha guardato.-
Sam sorrise dolcemente, mentre una piccola lacrima di cristallo gli sgorgava dagli occhi e cadeva a infrangersi sulle loro mani intrecciate.
-Mi ha guardato, e lentamente ho visto il suo sguardo mutare: non aveva paura di me, non ne aveva mai avuta… lui era fiero. Fiero di ciò che facevo, fiero della mia scelta di combattere. È stato allora che ho capito qual’era il mio posto e quanto fosse giusta la mia decisione di metter fine all’apocalisse. Avrei sacrificato me stesso, ma sapevo di volerlo fare per Dean, per Bobby, per Cass… per tutti noi. Non si vive solo di scelte errate, Gabriel. A volte sbagliamo strada e ogni cosa ci sembra nera. Non vediamo più il traguardo, dimentichiamo che alla fine, cambiando via, possiamo ritrovare la luce e qualcuno disposto a tenderci la mano. Ho visto della grandezza in Castiel, e ancora adesso la vedo, ma soprattutto … ho visto la grandezza in te. Conosci la tua via, la conosciamo tutti. Tu non sei bravo a uccidere, ma puoi perdonare e aiutare chi odia a perdonare se stesso. Sei nato per questo, perciò dimostra al mondo cosa sai fare. Conosci la tua via, Gabriel… ora, seguila.-
Gabriel levò lentamente lo sguardo. Alle spalle di Sam, accucciati sul divano, stavano Samael e Mary, entrambi con gli occhi socchiusi, entrambi stretti in un abbraccio che sapeva di paura, di solitudine e affetto reciproco. Poco lontano, Bobby frugava tra i libri con la solita birra posata in mezzo ai tomi mentre Balthazar, con indosso solo dei jeans scuri, fissava di tanto in tanto la porta della stanza dove Belial e Metatron parlavano a bassa voce. E poi c’era Dean. Anche lui ricoperto di libri, anche lui concentrato su una strada da seguire. Non si era arreso, non l’avrebbe mai fatto.
Erano tutte vite, tutte esistenze aggrappate a qualcosa per andare avanti, per non arrendersi. Ognuno di loro cercava una via, una piccola scintilla di luce, senza rassegnarsi mai. Si ancoravano alla consapevolezza che c’era del buono da qualche parte, che Castiel poteva essere salvato. Ci credevano davvero. Forse, per Gabriel era giusto cominciare a crederci a sua volta.
L’ho abbandonato… ma posso sempre ritrovarlo.
Guardò Sam e sorrise, chinando il capo in modo che le loro fronti combaciassero. Chiuse gli occhi, inspirando forte il profumo del suo umano, la sua forza, il suo coraggio. Pregò affinché quella stessa grandezza lo aiutassero anche stavolta.
-Grazie.- mormorò, grato. Non si accorse che tutti si voltavano a guardarli, non si accorse di avere diverse paia di occhi puntate addosso. Semplicemente, si affidò al suono del campanellino di Sam, al suo calore e come un’ape attratta al miele, così le labbra di Gabriel trovarono quelle del cacciatore in un bacio sereno, grato.
Le lingue si intrecciarono, le mani di Sam si aggrapparono alla sua nuca per tirarlo più vicino. Gabriel posò le mani sui suoi fianchi e inclinò il capo per agevolare il tocco morbido di quelle labbra dolci, che l’arcangelo non avrebbe mai abbandonato.
Sam era la sua acqua, quel pezzettino di grandezza che gli permetteva di andare avanti e lottare fino alla fine. Era stato così fin dall’inizio, ma entrambi ci avevano messo troppo a capirlo, e adesso si trovavano ai confini di una guerra che minacciava di spezzare le ali a Gabriel e il collo a Sam. Era una possibilità che non poteva essere ignorata, ma l’arcangelo seppe, senza ombra di dubbio, che qualunque fosse stato l’esito della battaglia, l’anima di Sam era destinata al paradiso. Questo gli bastava.
Dean tossì rumorosamente, spezzando l’incanto del momento. Sam lo guardò con aria di scuse, arrossendo leggermente, ma suo fratello non sembrava arrabbiato. Si limitò ad annuire con uno sguardo triste negli occhi: tutti sapevano che stava pensando a Castiel, e questo fece andare il sangue al cervello di Gabriel.
Avrebbe riportato quello stupido culo piumato dove doveva stare. Non poteva abbandonare quel ragazzo, non poteva spezzarlo così e sperare di passarla liscia. Gabriel si alzò in piedi proprio mentre Belial e Metatron entravano nella stanza.
I due arcangeli si fissarono, ma c’era qualcosa di nuovo negli occhi della Stella del Mattino. Gabriel tremò, riconoscendo l’antica regalità di Lucifero, la fierezza regale del suo portamento. Camminava a testa alta, con un leggero sorriso sulle labbra e quegli occhi antichi che parevano trapassare ogni cosa soltanto per abbracciarne l’essenza, il colore, l’anima. Quelli parevano gli occhi di Dio, quello era l’angelo sulla sua spalla. Quello era Lucifero.
Con calma, Belial attraversò la stanza e si fermò davanti a Gabriel proprio mentre Sam si scansava.
-Puoi guidare le armate angeliche, Gabriel?- domandò Belial con voce profonda e grave, ben lontana dal suo solito timbro dolce e quasi giocoso. Gabriel non distolse lo sguardo, ma lo sostenne faticosamente, con rigida fierezza.
-Sì.-
-Puoi proteggere i nostri fratelli?-
-Posso provarci quanto basta.-
Belial sorrise e annuì. –Così sia.- disse, tendendogli una mano. Gabriel tese la sua, e i due si scambiarono una stretta tra arcangeli, un patto che sapeva di silenzioso accordo reciproco. Era un evento epico, che due arcangeli si fronteggiassero in quel modo e stringessero accordi ufficialmente, dinanzi ad altre persone.
Accadde con semplicità, nell’istante in cui Metatron stendeva una mano verso la finestra e diradava le tenebre che avevano abbracciato per secoli le Colonne d’Ercole.
-È ora di svegliarsi, figli miei. Che le tenebre cedano!-
La luce piovve come una cascata d’oro e rubino sulle colonne di marmo, sulla strada lastricata che conduceva ad esse, finché sotto di loro non comparve una distesa d’acqua pura, limpida e ricoperta da ninfee bianche, rosa e azzurre. Sotto la superficie di vetro dell’acqua, si intravedevano strane creature nuotare serene, mentre dal cielo proveniva un unico grande rumore di stormo in avvicinamento. Un grosso gruppo di uccelli identici a Lunaria scese in picchiata dal cielo, le piume che riflettevano uno specchio di riflessi cangianti d’aurora boreale che poco a poco si dipinse sulle loro teste, come un quadro che ad ogni pennellata si fa più grande, più nitido e colorato.
Le Colonne d’Ercole non facevano parte di un orribile limbo, come avevano creduto tutti. No, quello era un bellissimo paradiso, un angolo di serenità che per la prima volta dopo secoli di sofferenze da parte degli angeli imprigionati, ritrovava la sua vera luce.
Per quanto pesasse il sangue versato, non era tardi per lavarlo via.
Lunaria si staccò dallo stormo di uccelli ed entrò in picchiata dalla finestra, seguita da un lucente raggio di sole che piovve dritto sui corpi fieri di Gabriel e Belial. L’uccello si posò sulla spalla della Stella del Mattino, che mai come in quel momento splendeva come un astro luminoso, che salutava il vespro e l’alba di un giorno che nasceva e moriva.
Molti narrano della bellezza degli angeli, molti ne elevano le lodi, ma nessuna parola vide espressa la meraviglia di due creature divine, padrone della luce e pronte a combattere l’oscurità.
-Và.- mormorò Gabriel, liberando la mano dalla stretta di Belial. –Falli uscire di lì, e vedi di convincerli a fare i bravi, dolcezza.-
Belial sorrise e annuì. Fu allora che Balthazar si fece avanti, leggermente timoroso ma anch’egli a testa alta, come un leone in presenza di un suo pari. Belial lo guardò, riflettendo negli occhi uno spettro di luci ipnotiche.
-Avevi detto che non volevi essere trattato come un superiore.- disse Balthazar, stringendo dolcemente il bicipite di Belial. –Avevi detto che volevi essere uno di noi.-
Belial annuì, coprendo la mano di Balthazar con la sua. Chiuse gli occhi, beandosi del calore di quel contatto, di quel profumo, di quella presenza solida che amava con tutto se stesso.
Era quello il motivo per cui lottare, era quella la vita che Belial riteneva preziosa come l’oro più lucente. Balthazar era il suo scudo, la sua speranza per andare avanti. Gli aveva restituito un domani, e ormai era tempo di ricambiare.
-Allora sii uno di noi, Belial… Lucifero. Riporta il tuo nome all’antico splendore e cammina a testa alta. Sii l’angelo che eri, ma sappi che comunque andrà… ti aspetterò.-
A sorpresa e sotto gli occhi di tutti, Balthazar appoggiò entrambe le mani sulle guance di Belial e si chinò, sfiorandogli le labbra con le proprie. Fu un semplice contatto, un tocco timido, leggero, quasi timoroso, ma che parlava di tante, forse troppe cose non dette. Balthazar sperò che Belial capisse, che comprendesse l’entità di quel bacio prima che fosse tropo tardi… prima che tutto andasse in pezzi.
Belial rimase immobile, troppo stupito per muoversi, e quando Balthazar si tirò indietro, gli accarezzò la pelle e gli baciò la fronte.
-Và. In nome di tutti noi, Lucifero… va. Tira fuori Michael e l’altro Lucifero dalla Gabbia.-
 

Inganno! Slealtà! Sul viso hai i segni della malvagità!*: pezzi della canzone “tu non sei come noi” tratta da “Il re leone 2”.

 Angolo dell’autrice:
E ora ci sarà da divertirsi. Ohohohohoh!!! Un guaio dopo l’altro! Bravo Castiel, peggioriamo la situazione!
Castiel: ma l’hai scritto tu il copione e… perché mi guardate tutti così?
Dean: ti lascio. Giuro che ti lascio, come hai potuto?!
Cas: ma Dean…
Dean: ERA IL MIO SANDWITCH, FOTTUTISSIMO CULO PIUMATO!!!
Tutti: sandwitch?
Dean: be’? per cosa dovevo incazzarmi, altrimenti?
Gabe: tipo perché Cassie ha quasi fatto a pezzi il paradiso e se la spassa in giro con Leitsac?
Cass: cosa? Ma è un copione, io seguo solo gli ordini! L’autrice ha sequestrato tutti i dvd contenenti quegli strani video sulla baby-sitter e il pizzaiolo…
Tutti: O_________________o
Cass: che c’è? Era una storia appassionante! E poi perché sul copione è scritto che nel prossimo capitolo avrò gli abiti simili a quelli di Leitsac?
Esigenze di copione, le lettrici vogliono più sex-appeal. E poi, Dean mi ha pagato.
Tutti: ma tu domani non hai un esame?
Be’?
Gab: be’ fa la pecora.
Penso alle priorità, e ora torna a finire la mia tesina, che ti ho pagato per questo!

kimi o aishiteru: dai, piano piano rimetterò tutte le coppie al loro posto… o almeno, ci spero. Suvvia, Leitsac è una vittima come tutti, anche se… no, quella tanica di benzina non l’ho comprata io e no, quello non è Leitsac legato a un palo addetto ai roghi di streghe… eheh, scommettiamo che riesco a farti cambiare idea su Belial? Dagli un attimo, e vedi il ragazzo come si sveglia! Diamine, è pur sempre Lucifero, anche se adesso, di Lucifero ce ne saranno due… dio mio, non so come farò a gestirli tutti, è un’impresa titanica. Al momento Castiel è un po’ instabile, ma credo che Dean saprà come farlo rinsavire… no, Dean, posa quell’olio santo. ADESSO. In ogni caso, ti ringrazio sentitamente per i bellissimi commenti che lasci e ancora una volta mi scuso per non aver risposto ai precedenti. Ah, e un saluto anche alla tua bellissima, traumatizzatissima sorella per la quale mi sento ancora in colpa XD a presto!
xena89: Castiel è un pazzo, lo sanno tutti. Chi accidenti manderebbe a quel paese uno come Dean, quando c’è una fila di ragazze e ragazzi che venderebbero l’anima a Crowley per essere al suo posto? Da qui si capisce quanto sia fuori di testa l’arcangelo in questione. Sì, Belial è un po’ sfigato, ma saprà come riprendersi. Dopotutto, lo aspetta un gran bel confronto con la sua controparte pazza, io stessa ho paura di scrivere quella scena XD in ogni caso, grazie mille per la recensione e no, non smetterò di scrivere soprattutto grazie ad angioletti recensori come te! Grazie!
HowlingFang: ehehehehe, in quanto a sadismo, non ho ancora trovato qualcuno più cattivo di me XD qui c’è gente che chiede un aumento per continuare a far parte della mia storia, ma che ci posso fare? Sono esigenze di copione, qualche pena i nostri amici la dovranno pur soffrire (qualche? QUALCHE?! Nd Gabriel). Riprenditi, si avvicina la tua scena preferita con Lucifero che grida GOOD MORNING VIETNAM!!! Non l’ho mica dimenticato, sai? Ho il pc pieno di post-it! Suvvia, Belial è vicino a capire cosa prova veramente per Balthazar, nonostante si faccia ancora delle domande dopo che il nostro biondino l’ha pure baciato davanti a tutti! BELIAL, SVEGLIA!!! Grazie per la recensione, a prestissimo, angioletto recensore!
Sherlocked: no, cambia la fase in: “UNA-COSA-E’-SCRITTA-IN-MODO-SADICO-QUANDO-GLI-ANGELI-CERCANO-DI-INCENDIARTI-IL-COPIONE-PUR-DI-NON-RECITARE (non era mia intenzione! Miravo a Crowley! Nd Gabriel)( Crowley si trovava dall’altra parte del mondo, imbecille!)(E tu come lo sai? Nd tutti)(mi ha mandato una cartolina di lui con addosso il gonnellino hawaiano e un paio di noci di cocco sul petto *mostra foto*)(I MIEI OCCHI!!! I MIEI OCCHI!!!! Nd tutti). Suvvia, non sono così cattiva, dopotutto, anche se un po’ massacrato, Belial è tornato, no? e ci metterà un secolo a capire perché Balthazar l’ha baciato, e di certo non lo dico perché il suddetto imbecille siede al mio fianco con la faccia sepolta dietro un libro intitolato: “il significato del bacio”. In effetti, intravedo altri libri di dubbia provenienza, e sono quasi certa che glieli abbia forniti Gabriel… povero Belial, non sa a cosa va in contro. Comunque, grazie mille per l’incoraggiamento, e grazie per la pazienza che porti alle mie mancate risposte ai commenti e a scrivere ogni volta una recensione bellissima. A presto, angioletto recensore!
Tomi Dark Angel
  
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