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Autore: gig_gig    21/06/2013    1 recensioni
La storia è ambientata dopo la fine della quarta stagione, Peter è stato scagionato e la Callway trasferita. Non ci sono veri e propri spoiler ma potranno esserci riferimenti alla quarta stagione.
Un altro tassello del puzzle della vita di Neal. Ecco come la vedo io.
Genere: Azione, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Chi sono io veramente?'
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Erano passati quindi giorni da quando Neal era uscito dall'ospedale. Da qualche giorno era senza tutore e poteva muovere il braccio, certo gli faceva ancora male e non riusciva ancora ad avere la piena funzionalità delle articolazioni ma era sulla buona strada. Faceva regolarmente gli esercizi che il fisioterapista gli aveva assegnato senza lamentarsi, voleva tornare a posto nel più breve tempo possibile.
Aveva anche provato a disegnare, voleva, doveva farlo. E alla fine il risultato era risultato abbastanza buono.
Oggi era una giornata speciale, era il giorno delle gare di qualificazione di Karl. Neal aveva chiesto a Peter il permesso di andarci, era fuori dal suo raggio, Peter ovviamente aveva detto subito di sì a patto che due agenti lo portassero fino agli impianti sportivi e poi lo riportassero a casa. Peter non aveva paura che Neal facesse chissà cosa, ma temeva ancora che Rooster volesse fare del male a Neal.
"Ma non potrò avere la scorta a vita… e neanche la voglio…".
"Sì! Se ce ne sarà bisogno avrai la scorta a vita!".
"Ma Peter…".
"No, niente ma Peter, se vuoi andare a vedere le gare è così, altrimenti stai a casa!".
"Cos'è… fai le prove con me per quando avrai un figlio… Va bene, non mi piace la cosa, ma va bene! Farò come vuoi tu!".
"Perfetto, vedi che quando sei ragionevole andiamo d'accordo!".
La discussione finì con Neal che accettava la scorta.
Ora era seduto sugli spalti a bordo vasca, le gare erano incominciate già da un po' batterie 100, 200, stile, rana, dorso. Neal, da dove era seduto, poteva vedere i genitori di Karl, erano seduti vicini, e si tenevano la mano, erano felici e sereni. Era tutto quello che a Neal importava, che sua madre fosse felice e serena. Ad un certo punto la vide alzarsi e dirigersi verso l'uscita, si alzò e la seguì. La vide entrare nei bagni delle signore, aspettò quindi fuori, che uscisse. Lo fece dopo cinque minuti. Appena uscita si bloccò subito vedendo Neal. Rimase in silenzio. Neal invece parlò.
"Grazie per le margherite".
Aspettò che lei accennasse qualcosa ma non parlò. Allora Neal continuò.
"Mi dispiace per come ti ho trattata negli uffici della White Collar. Sono stato sgarbato ma ero un po' frastornato, non mi aspettavo di rivederti e questa cosa mi ha un po' destabilizzato. Volevo solo dirti che non ho mai smesso di volerti bene e vederti insieme ad Eric, vederti felice, questo mi basta".
"Oh! Neal, non sono mai stata una buona madre per te! Io… è giusto che tu sia arrabbiato con me e non mi voglia parlare… ti ho abbandonato… e non era giusto… tu non te lo meritavi…".
Neal non la lasciò continuare. Le si avvicinò e la abbracciò forte sussurrandole "Io non ti incolpo di niente, io ti voglio bene lo so che con Eric e Karl sei felice, loro sono la tua famiglia e io non voglio rovinarla, non è giusto che io mi intrometta tra di voi".
Poi la lasciò andare, gli occhi erano lucidi. "Ora è meglio che tu vada, non devi perderti la gara di Karl, penso ormai manchi poco". Poi prese dalla tasca un biglietto, sopra c'era disegnata un margherita, e dietro vi era scritta una poesia di Charles Baudelaire.

Tristezze della luna

Nei suoi sogni la luna è più pigra, stasera:
come una bella donna su guanciali profondi,
che carezzi con mano disattenta e leggera
prima d'addormentarsi i suoi seni rotondi,

lei su un serico dorso di molli aeree nevi
moribonda s'estenua in perduti languori,
con gli occhi seguitando la apparizioni lievi
che sbocciano nel cielo come candidi fiori.

Quando a volte dai torpidi suoi ozi una segreta
lacrima sfugge e cade sulla terra, un poeta
nottambulo raccatta con mistico fervore

nel cavo della mano quella pallida lacrima
iridescente come scheggia d'opale.
e, per sottrarla al sole, se la nasconde in cuore.


"Me la leggevi sempre quando vivevamo insieme" disse Eveline.
"Lo so, me lo ricordo, era una delle tue preferite. Ora vado… ciao… mamma".
Detto questo Neal si girò e tornò a sedersi sugli spalti.
Guardò Eric che era seduto nello stesso posto. Dopo poco arrivò anche Eveline.
Solo più due batterie e poi sarebbe stato il turno di Karl.

Karl era agitato ma concentrato. Sapeva di potercela fare, di raggiungere la qualificazione nei 100 farfalla. Era ancora negli spogliatoi ma doveva andare, erano passati a chiamare la sua batteria, dieci minuti e sarebbe stato il suo turno. Decise di alzarsi e di dirigersi all'uscita del corridoio atleti, quello da cui accedono alla vasca. Di lì poteva vedere gli spalti. Trovò subito i suoi genitori. Erano lì, come sempre, a fare il tifo per lui. Da quando aveva iniziato a nuotare non avevano mai perso una sua gara. Il suo sguardo vagò nel pubblico, trovò alcuni suoi compagni di corso dell'università che, anche loro, erano venuti per tifarlo. Poi vide Neal. Era venuto, non sapeva perché gli importasse che Neal Caffrey ci fosse, eppure era così. Si accorse che, improvvisamente, era rilassato, tutta la tensione era svanita vedendo che Neal era venuto. Perché questa cosa? Ora però non era il momento di pensarci. Doveva concentrarsi sulla gara.
Finalmente era il suo turno, chiamarono la sua batteria, da quel momento la sua mente entrò nel loop della gara, mentalmente ripassava tutti i movimenti che avrebbe fatto in vasca. La prima parte in apnea, sott'acqua, poi il ritmo di bracciata, uno due tre … nove dieci … al quindici doveva essere abbastanza vicino alla fine vasca per effettuare la virata e poi il ritorno e lì doveva dare tutto, accelerare il ritmo fino all'arrivo.
La preparazione…
La chiamata dei giudici…
Il fischio per salire sui blocchi…
Il silenzio…
E finalmente il segnale di partenza…
In un attimo era tutto finito…
Il tabellone dava i tempi…
Karl Woods primo con 51:45. Era qualificato. Nelle batterie precedenti non erano scesi sotto il 51:50. Non solo era primo della sua batteria, ma era primo di tutte e tre le batterie dei 100 farfalla. Era qualificato, avrebbe disputato i mondiali junior. Ce l'aveva fatta. Quando uscì dalla vasca andò ad abbracciare l'allenatore, poco importava che fosse tutto bagnato, l'allenatore era al settimo cielo e lui anche. Poi si girò verso i genitori, che stavano esultando, per salutarli. Dopo cercò Neal… ma non lo vide più. Chissà se aveva visto il risultato! Certo che lo aveva visto… era venuto apposta… ma poi perché se ne era andato… e soprattutto perché a lui dispiaceva?
Poi si accorse che i suoi amici erano scesi al bordo delle gradinate e lo stavano chiamando così smise di pensare a Neal e andò a godersi i festeggiamenti.
"Grande!".
"Ce l'hai fatta!".
"Ora si va tutti a festeggiare!".
"Sì, faccio la doccia e vi raggiungo!".
Karl si diresse agli spogliatoi, prese il suo borsone e notò qualcosa di strano. Dentro c'era un biglietto che lui non aveva messa. Lo tirò fuori e vide che davanti erano disegnati a matita un bambino ed un ragazzo. Quel bambino assomigliava un sacco a lui e il ragazzo… ma si assomigliava a Danny, suo fratello. Non lo vedeva da anni ma era sicuro, il ragazzo disegnato era Danny. Dietro c'era una frase.
"Sempre con me! Sempre con te! D."
  
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