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Autore: La Kurapikina    23/06/2013    0 recensioni
Flika è una ragazza che si è sempre nascosta dietro un'illusione... cosa sucedesse se questa menzogne venisse spezzata?
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Flika correva come mai aveva fatto in vita sua, ignorando gli sguardi curiosi e stupiti che si posavano su di lei.

Scappava. Ma da cosa? Da se stessa e dal proprio dolore.

Si muoveva con il disperato bisogno dell’azione perché fermandosi tutto sarebbe diventato troppo reale persino per lei, capace di essere un’eterna stronza.

Ma Flika conosceva il proprio cuore: dolce, delicato e contemporaneamente forte, era in grado di provare emozioni con un’intensità fuori dal comune; lui, il suo migliore amico, la definiva “dolcemente stronzetta” perché aveva sempre la risposta pronta e la battutina ironica in costante agguato.

Per i suoi amici avrebbe dato la vita senza esitazioni e con chi la criticava, o peggio, la odiava, sapeva essere perfida.

Sì, Flika sapeva che molti la disprezzavano per ciò che era e sapeva anche di essere terribile con quelle persone, ma non era mai la prima ad attaccare.

Non capiva cosa le mancasse: era simpatica, ironica, dispettosa, intelligente e con lei tutti ridevano, sempre, ma ciò non le impediva di saper affrontare con fierezza e serietà ogni difficoltà che le si parava davanti.

Aveva superato il tradimento della madre, che era svanita nel nulla dicendosi stanca di faticare e, nemmeno lei sapeva come, aveva trovato la forza di reagire alla morte della sorella maggiore, Unika, uccisa due anni prima da un pirata della strada.

Era sola con un padre che faceva il doppio lavoro eppure non guadagnava abbastanza; lui aveva scelto i nomi per le figlie, nomi stravaganti che però racchiudevano un destino: Unika, nei suoi vent’anni di vita, aveva ampiamente dimostrato di essere speciale ed irripetibile, mentre il suo nome, Flika, in svedese significava “bella ragazza”.

E lei, con il suo fisico aggraziato, il viso affilato e dolce incorniciato da una cascata di liscissimi capelli nero pece e gli occhi indaco intensi e furbi, era dannatamente bella; quello era uno dei motivi per cui alcune ragazze che seguivano il suo stesso corso all’Accademia delle Belle Arti capitanate da Ginevra, una stangona tutte curve, la odiavano: gelosia.

In diciannove anni Flika aveva sempre incontrato persone gelose, poi c’era che la criticava perché sapeva fare battutine cattive, chi diceva che era troppo dispettosa e chi non la sopportava per mille altri motivi che non le importavano.

Non si era infatti mai curata del disprezzo altrui; credeva di star bene, di essere felice. Fino a quel giorno.

Sfinita, la ragazza si lasciò cadere contro un albero del parco in cui si era rifugiata: le sembrava che ogni cellula del suo corpo stesse urlando mentre il dolore ai muscoli diventava sempre più intenso fino a quando sentì i polmoni contrarsi in uno spasmo terribile e il fiato morirle in gola. Svenne.

 

***

“Non sei mai stata brava a correre.” Disse una voce lontana e distorta: “Così impari a voler battere il record mondiale.”

“Cosa vuoi?” sussurrò Flika sedendosi e cercando di mettere a fuoco chi aveva seduto di fronte.

“Ben tornata fra noi, bella ragazza.” Sorriso dolce. Occhi più neri della notte. Capelli che erano una perfetta fusione di ciocche biondissime e ciocche rossissime.

“Write…” mormorò lei riconoscendo nel ragazzo che le parlava il proprio migliore amico: “Cosa vuoi?” ripeté.

“Mm… non so, vedi tu: arrivo a scuola e quella piovra di Ginevra mi si avvicina facendo le fusa e dicendo di aver finalmente eliminato l’unico ostacolo al nostro amore. Ora, sapendo che quella cosa che si spaccia per persona e che mi ha decisamente rotto ti odia perché sei troppo bella e sei la mia migliore amica da una vita, ho fatto due conti, mi sono guardato intorno e, non vedendoti, sono venuto a cercarti, salutando la piovra con qualcosa di molto simile ad un insulto.” Write sorrise con un lampo di divertimento negli occhi e rimase in silenzio fissando il vuoto dopo essersi seduto al fianco dell’amica, ma le parole di Flika gli fecero perdere un battito al cuore.

“Potrei odiarti, sai?” aveva infatti detto lei scostandosi la frangetta dagli occhi: “Forse ti odio già.”

La mancanza di una particolare intonazione era ciò che più di tutto spaventava il ragazzo, che aveva spalancato gli occhi in tutta la loro grandezza e fissava l’amica con l’espressione di chi sta solo aspettando la pugnalata finale.

“E’ tutta colpa tua.” Riprese lei con una calma innaturale che strideva in confronto alle sue parole: “Sei tu quello troppo bello, non io; sei tu quello che Ginevra vuole e sei sempre tu il motivo per ora io sono qui, per cui lei mi ha fatto fuggire fin qui.” Flika sospirò voltandosi ed incrociando lo sguardo terrorizzato dell’altro: “Ma non ti odio. Non posso odiarti perché sei da sempre il mio migliore amico.” Sorrise mentre Write tornava finalmente a respirare ed esclamava: “Dio, Flika, vuoi farmi morire d’infarto?!”

Lei ridacchiò prima di rabbuiarsi nuovamente e chiudere gli occhi privando il mondo della loro intensità: “Ginevra mi ha ricordato chi sono: un’artista mal riuscita con ambizioni troppo alte, con una madre che molto probabilmente fa la bella vita da qualche parte fregandosene di me, una sorella morta e un padre che si ammazza di lavoro per pagarmi gli studi. E ha detto tutte queste belle cose perché pensa che io ti impedisca di amarla…” si bloccò per non dare il via libera alle lacrime: odiava piangere. Non lo avrebbe mai fatto.

“Flika, ora ascoltami bene.” Intervenne Write con tono stranamente serio dopo un attimo di esitazione: “Siamo amici da quando abbiamo quattro anni e ti conosco meglio di quanto conosca me stesso: ti ho vista crescere, fare le tue scelte, combattere contro i tuoi demoni e persino sbagliare. Tu non sei una ragazza semplice.” Fece una pausa per permettere a quelle parole di fare bene presa nella mente dell’amica: “Il dolore del tuo passato e il tuo stesso carattere feriscono il tuo cuore: non c’è una vera spiegazione ma sembra che tu sia tormentata di natura. Hai una personalità troppo intensa per lasciare molta scelta alle persone: o ti si odia o ti si ama. Sei chi sei e non devi pentirtene mai perché sei straordinaria; sì, è vero, Ginevra ed altri non ti sopportano, ma cosa t’importa di loro quando hai persone mille volte migliori che ti adorano?”

“Non mi ero mai curata del loro disprezzo, fino ad ora: oggi le sue parole mi hanno colpita troppo duramente. E’ l’anniversario della morte di Unika… ha pensato bene a quando attaccarmi. Ricordandomi tutti i dolori della mia vita in un giorno simile ha spezzato con semplicità la mia illusione.”

Write sospirò chiudendo a sua volta gli occhi e stringendo i pugni: in quel momento avrebbe solo voluto far annegare Ginevra in un mare di insulti, ma doveva stare calmo per poter aiutare Flika.

Era arrivato il momento: sapeva che alla fine sarebbe arrivato fin da quando aveva conosciuto l’animo tormentato di quella ragazza.

“Quale illusione?” chiese comunque, fingendo di non capire, e: “Quella di essere felice.” Rispose Flika fissandosi le scarpe bianche senza rendersi conto di star solo confermando ciò che Write già sapeva.

“Per diciannove anni mi sono autoconvinta di star bene, sapendo dentro di me che in realtà non era vero. Ora non riesco più a fingere e… e io…”

Primo singhiozzo. Flika spalancò gli occhi portandosi una mano tremante alla bocca, poi prese un respiro profondo ripetendosi mentalmente che non doveva assolutamente piangere.

“Sei truccata?”

“Sei scemo?” sbottò la ragazza lanciando un’occhiataccia all’amico, senza capire dove volesse andare a parare: “E poi dicono che la fuga di cervelli è un’invenzione…”

“Bella ragazza, rispondimi.” Write era più serio che mai e sostenne senza fatica lo sguardo indaco e confuso dell’atro, esortandola a parlare.

Flika, non sapendo bene come reagire a quella dura fermezza, si limitò ad accontentarlo annuendo e dicendo che sì, un po’ lo era.

“Bene.” Commentò Write senza cambiare espressione: “Deduco che sia per questo che sembra preferiresti mangiarti le mani piuttosto che versare una sola lacrima. Sai, non è che ti corrodi se piangi.”

La mora lo squadrò a metà fra il sospettoso e l’irritato, cercando di indovinare i pensieri del proprio migliore amico, ma per la prima volta non riuscì a leggere oltre il nero scudo che erano i suoi occhi: “Non mi sembra che tu abbia mai speso più lacrime di me.”

“Ma io nemmeno soffro come te.”

Flika sbuffò infastidita dalla piega che stava prendendo quel discorso, quindi si alzò spolverandosi velocemente il retro dei pantaloni e, dopo aver recuperato da terra la borsa dei libri che si era portata dietro nella sua fuga, si allontanò velocemente.

“Dove vai? Flika fermati!” Write si alzò a sua volta raggiungendola in pochi passi.

“Piangere è da deboli…” fece lei, fredda, senza guardarlo.

“Bella ragazza…”

“… e io non sono debole.”

“Flika.”

“Quindi non piangerò e tu devi…”

“Flika!” finalmente riuscì a farla fermare: “Stai scappando da te stessa. Di nuovo.”

“Non ho bisogno del tuo aiuto.” Ringhiò lei tornando a camminare.

Per qualche istante Write non si mosse, fissando la schiena della ragazza allontanarsi sempre più, quindi chiuse gli occhi per schiarirsi le idee: doveva pensare in fretta per impedire a Flika di sfuggirgli definitivamente.

Si riscoprì a ridacchiare: pensare? Con lei? Era inutile: doveva solo seguire l’istinto.

“Flika! Parla con me per favore!” Fermati… fermati… fermati…

Lei si voltò e il cuore di Write perse nuovamente un battito difronte al suo sguardo furioso e determinato.

“Mi sono rotta, Write, mi sono rotta di parlarti. Oggi ti ho detto fin troppo quindi lasciami andare via! Non puoi fare niente per me.” Fece una pausa per riprendere fiato, ma le parole “parla con me” rimbombavano ancora nella sua mente e sembravano ostinate a costringerla a continuare.

Aveva sempre detto tutto a Write, tranne quello che aveva nascosto anche a se stessa: la propria infelicità.

Lei ci aveva provato, aveva lottato ogni singolo istante per cercare di essere veramente felice, ma aveva solo finito col farsi male: ogni volta che pensava di avercela fatta e poi quel traguardo le sfumava davanti agli occhi, sentiva un pezzo del proprio cuore spegnersi e lei moriva sempre un po’ di più.

Aveva cercato la felicità in sua madre e lei se ne era andata, quindi aveva provato a trovarla negli amici, ma le calunnie erano sempre dietro l’angolo, poi aveva tentato con l’arte ottenendo solo di incontrare Ginevra.

Quando poi Unika era morta qualcosa si era definitivamente rotto in Flika, che si era rassegnata ad assecondare il desiderio che da anni la tormentava: fingere di essere felice anche con se stessa. Era stata talmente brava a farlo che si era davvero autoconvinta, ma ormai anche quell’illusione se ne era andata.

“So che ti fa male.” La voce di Write la riscosse dai propri brutti

ricordi: “Perché per te ogni tentativo di essere veramente felice è strettamente legato al dolore. Lo so Flika, ma…”

“Smettila!” strillò lei, spaventata: non voleva sentirsi dire ciò che per diciannove anni si era nascosta: “Tu non sai niente! Sta zitto! Vattene! Non voglio vederti mai più! Vattene, va via per sempre!”

“Sì, Flika, ora me ne vado, ma prima devi ascoltarmi!” era deciso a giocare il tutto per tutto: “Ogni volta che ti vedevo fallire nella tua ricerca parte di me moriva: odio quando soffri. Odio quando non riesco ad aiutarti. Ma ora basta: ho sempre saputo che la tua felicità era un’illusione e per questo non ti ho mai abbandonata, neanche quando avrei voluto, neanche quando te lo saresti meritata. Sei la mia migliore amica…” si fermò per prendere fiato e si passò una mano sugli occhi lucidi ed arrossati: anche per lui faceva male affrontare qual discorso.

“Sei la mia migliore amica e io sono felice grazie a te. Avrei voluto che anche per te fosse lo stesso, che io potessi renderti veramente felice, ma così non è stato. Flika, se prima non ti riappacifichi con te stessa non potrai mai stare bene con gli altri: prima di tutto devo trovare la via in te e poi negli altri. Forse ti farà male, forse soffrirai, ma non devi smettere di cercare altrimenti ogni volta che qualcuno spezzerà la tua illusione di felicità sarà sempre peggio, fino a quando diventerà insopportabile. Ognuno ha un proprio punto di rottura e non voglio che tu raggiunga il tuo, perché allora sarebbe troppo tardi: ricomincia, Flika, ricomincia a cercare e non mollare, perché io ti conosco e so che puoi farcela. Lasciati tutto alle spalle, dimentica, anche me se può aiutarti, se ricordarmi ti ricorda il dolore. Non ho paura di farmi da parte. Per te lo faccio volentieri e se ora vuoi che me ne vada lo farò, ma per favore non dimenticare ciò che ho appena detto: combatti per trovare la vera felicità e non lasciare che nessuno te lo impedisca. Tu lo puoi fare bella ragazza, ora ne sono più sicuro che mai: sei forte e puoi affrontare ogni cosa. Prima cerca in te stessa…” Write chiuse gli occhi per calmarsi: era pronto ad andarsene per sempre dalla vita della sua migliore amica, come lei aveva chiesto.

Si voltò, e, senza parlare, senza incrociare quello sguardo che aveva l’intensità di due colori, si allontanò da quella che per quindici anni era stata il suo centro.

Sapeva che era tutto finito, ma almeno lei, forse, avrebbe ricominciato, senza di lui. Ricominciato veramente.

“Ehi stronzo!” la voce di Flika non esprimeva più rabbia e paura, ma solo gratitudine e voglia di seguire la strada che Write gli aveva riaperto difronte nonostante le sue proteste: “Forse non sarai il mio arrivo, ma di sicuro sei la mia partenza. Hai ragione, posso farcela, ma non sola: resta con me.”

Il ragazzo non parlò, ma non serviva: i suoi occhi, il suo sorriso, ogni parte di lui esprimeva la gioia di poter continuare a vivere a fianco di Flika.

“Torniamo a scuola.” Riprese lei con una luce furba ad illuminarle gli

occhi: “Voglio salutare la piovra con qualcosa di molto simile ad un insulto.”

E mentre, ridendo, prendeva la mano tesa di Write, Flika Mayor capì due cose: non avrebbe mai smesso di cercare la felicità e non avrebbe mai più sofferto come quel giorno.

L’incubo era finito. L’illusione si era spezzata.

E Flika, finalmente, si era svegliata su una strada nuova. Con lei? Un ragazzo biondo e tanta voglia di essere felice.            

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non ricordo nemmeno perché l’ho scritta… l’ho ritrovata forse dopo anni e mi è venuta vogli di pubblicarla tutto qui… le recensioni sono sempre gradite! Grazie a
  
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