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Autore: Pippi91    23/06/2013    1 recensioni
Mi accorsi che l'auto stava letteralmente girando su se stessa. Due, tre, cinque volte. Vetri in frantumi, tanto rumore e per una frazione di secondo pensai alla Sagoma che sicuramente stava assistendo a quello spettacolo atroce di cui ero protagonista. Sorrisi in quel carico di rumori, sicura di aver evitato l'omicidio di qualcuno perchè nuotando nel mio pessimismo cronico, riuscii a trovare l'unico motivo per cui stare bene: era finita.
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeremy Renner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutto era oscuro, perso e dimenticato. Non avevo idea di come mi chiamavo, ne del perchè ero in ospedale. E poi c'era questo Sconosciuto, che abitava proprio sul letto accanto al mio.
«Seriamente, qual'è il tuo nome?», continuava a chiedermi, usando ogni volta un tono più serio e preoccupato. Ed ogni volta mi sentivo più irritata.
«Se hai tutta questa voglia di saperlo perchè non leggi sulla cartella ai piedi del letto?», e dentro di me speravo lo facesse davvero. Così anche io avrei conosciuto il mio nome. Dai, che morivo di curiosità.
«L'idea è buona, ma speravo me lo dicessi tu. Sai dove ti trovi?». Mi guardava fisso negli occhi , impertinente e ostinato, rendendomi sempre più imbarazzata e irritata. Mi morsi le labbra, sentendo una piccola fitta più intensa della solita e blanda stretta dei denti su un labbro sano. Dovevo avere, forse, qualche piccola ferita oppure un livido. «Sai che giorno è oggi?» non la smetteva con quelle domande, nonostante non ricevesse alcuna risposta, rendendo quella voce simpatica, grave e preoccupata «Sai chi sono io? Quanti anni hai? Dove sei nata? Non hai dei parenti?», continuava e continuava.
«Oh, ma che cavolo?! Sono forse finita in un quiz alla tv? La smetti con queste domande? E poi chi diavolo sei? Perchè da come sei vestito, non mi sembri un medico» provai anche a gesticolare, ma i movimenti non erano così fluidi e decisi come credevo. Le mie mani si agivano a rallentatore e ad ogni movimento, qualche parte del mio corpo urlava dal dolore, obbligandomi a delle smorfie. Alla fine mi arresi e lasciai cadere le braccia sulle lenzuola chiare. Anche sulle mie mani c'erano degli aghi collegati ad un paio di flebo. Nulla di simpatico, ma nemmeno tragico, ecco. Lo vidi schiudere nuovamente le labbra ma non riuscì ad emettere suono perchè una porta, sul fondo della stanza, si aprì lasciando entrare una donna bassa, dai capelli ricci e scuri, così come la sua carnagione. Si avvicinò a me senza indugio e mi beai, per qualche secondo, di quella serena sicurezza e di quel sorriso che l'infermiera mi aveva mostrato. Ma soprattutto del silenzio dello Straniero.
«Ciao! Sei sveglia. Io sono Amber» asserì semplicemente girando il viso verso il monitor dove c'erano alcune linee frastagliate. Pigiò qualche tasto e venne fuori una striscia di carta simile ad uno scontrino, ma più grande. Ero curiosa di quei movimenti perchè, in quel momento, mi sembrava di essere davvero finita in un film. «Il medico di turno arriverà tra poco a visitarti, nel frattempo posso farti qualche domanda?» Quel tono gentile mi avrebbe fatto annuire a qualsiasi richiesta, ma non ebbi modo di rispondere.
«Ha un'amnesia.» borbottò quella voce e d'istinto ridussi gli occhi a due fessure guardando un punto indistinto davanti a me. Avrei voluto incrociare le braccia al petto e mettere il broncio, ma la possibilità di rompere uno degli aghi che avevo sottopelle, non mi rilassava molto. L'infermiera guardò l'uomo dall'aria imbronciata e per un attimo arrossì. Non mi sfuggì quella reazione ma non mi fermai a ragionarci troppo sopra. In quel momento ero leggermente più preoccupata di capire come diavolo ero finita in quel letto d'ospedale senza memoria.
«Ha un'amnesia», ripetè a pappagallo l'infermiera sorridendo allo Sconosciuto che, portando con se l'asta porta flebo, fece dei passi indietro appoggiando il sedere sull'angolo del letto affianco al mio, quello che probabilmente apparteneva a lui.
«No, non è vero. Calunnia e maldicenza!» mi lamentai e a quel punto sentii quella risata riempire la stanza. La risata dello Sconosciuto che sovrastava perfino l'incessante bep dell'eco del mio cuore, che improvvisamente accelerò appena, direttamente proporziole alla sua risata.
«Jack Sparrow sopravvive, meritatamente, anche alle amnesie» concluse così quella risata alzando anche le sopracciglia, fissando per qualche secondo il soffitto. Poco dopo anche l'infermiera si accodò a quella risata. Jack Sparrow. Si di lui mi ricordavo. Pirati, dee pagane e piovre giganti. Non so per quale ragione ma quel piccolo tassello della mia memoria funzionava bene. Era tutto il resto ad essere scomparso, compresa me stessa.

  
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