Come la sera precedente la vecchia Obaba se ne tornò al ristorante per i suoi ormai notori problemi logistici con un letto che non fosse il suo, ma al contrario della sera prima la sua assenza non aveva meravigliato nessuno. Akane aveva fatto fuoco e fiamme per ottenere il primo turno di guardia. Non fosse mai che si faceva mettere da parte due volte consecutive.
A ben guardare i loro effettivi erano molto ridotti. Senza Ranma, Shan-Pu e sua nonna rimanevano solo in quattro. Si spartirono i turni senza fare troppi problemi. Tra l'altro casualità volle che tre dei quattro "superstiti" avessero ancora il loro ostacolo da affrontare e superare, o nel caso di Mousse ri-affrontarlo.
"Andate pure a dormire tranquilli" proclamò Akane mentre i futon venivano stesi "che ci penso io a proteggervi e a farvi riposare come meritate".
Ukyo la guardò storta, anche se stava sorridendo sotto i baffi che non aveva, mentre le rispondeva "Akane, non serve calarsi nei panni di Emeraldas fino a questo punto. Ti conosciamo a sufficienza, oramai".
Bastò l'innocente soprannome a farle avere un piccolo sussulto. Non era un epiteto per offendere, lo sapeva benissimo, ma il solo fatto che le ricordassero quella cosa sulla sua faccia... beh, era poco carino. Ma non posso neanche privare la mia migliore amica della sua facoltà di scherzare e cercare di smorzare un po' di tensione, che male di certo non fa.
Pertanto ricambiò il sorriso rispondendole: "Tu non ti preoccupare di come mi atteggio. Anzi, preoccupati di non... fare altro invece di dormire". Una fugace occhiata a Ryoga fece capire alla cuoca a cosa si stava riferendo e quest'ultima non potè impedirsi di arrossire e di troncare il discorso.
La notte trascorse tranquilla, al contrario di ogni previsione. Niente agguati, niente disturbi nella Forza, nulla di nulla.
Fecero colazione con calma e riuscirono persino a non litigarsi il bagno - sicuramente l’assenza di Ranma con cui contendersi la doccia rendeva Ryoga meno competitivo.
Kasumi si prodigò a preparare cibo e bevande a sufficienza per un esercito, e miracolosamente il dottor Tofu riuscì a rimanere calmo... per i suoi standard.
E fu lui ad accorgersi della novità, di cui informò subito gli altri.
“Cosa? Shan-Pu si è ripresa?!”
“Credo sia presto per dirlo, Akane” rispose il dottore “ma... sembra più tranquilla. E il fatto che tenesse Mousse in braccio quando sono entrato in camera a visitarla direi che è un buon segno.”
“M-ma come teneva in braccio Mousse?” balbettò Ryoga, che ricordando i piccanti racconti del cinese riguardo la sua vita privata stava già immaginando le situazioni più inverosimili.
“Era trasformato in anatra” rise il dottor Tofu, notando l’espressione imbarazzata del ragazzo, “Shan-Pu lo teneva stretto tra le braccia... non so cosa sia successo ma sembrava molto più calma.”
“Forse gli effetti di quanto accaduto cominciano a svanire...?” chiese Ukyo.
“È presto per dirlo, bambina. Ma sicuramente questa notizia non può che essere di buon auspicio per lei.. e tutti noi.”
Il gruppo si voltò verso la porta, dove Obaba li osservava.
“Nobile Obaba! Vuole... vuole andare a trovare sua nipote?”
“No, non credo sia il caso” sospirò la vecchia, “i traumi subiti sono troppo profondi, e l’aver di nuovo accettato la vicinanza di Mousse non implica che accetterebbe anche la mia... meglio darle tempo.”
Il dottor Tofu non fece pressione, ben sapendo che l’amazzone aveva ragione. Meglio andarci cauti ancora un po’, con Shan-Pu.
E a proposito di degenti...
“Credo andrò a vedere come sta Ranma” annunciò il giovane medico “vuole venire con me?”
“Sì, credo sia ora di constatare se il mio lavoro su di lui ha fatto effetto.”
Quanto ci mettono? Quanto?!
“Akane, continuare a camminare avanti e indietro non li farà finire prima” sbottò Ukyo al ventesimo giro attorno al tavolo della cucina “ma farà solo uscire me fuori dai gangheri.”
“Scusa, è che sono agitata!” sbuffò Akane, accasciandosi su uno sgabello. “Voglio vedere Ranma, voglio sapere se si è svegliato, come sta...”
“Se ha ancora bisogno di pugni...” ridacchiò Ukyo, ricevendo una pernacchia come risposta.
“Akane, capisco la tua ansia” proseguì la cuoca “ma se continui così farai venire un ulcera a entrambe!”
“Perché ti metti in mezzo? Mica sei tu quella preoccupata!”
“No ma mi metti ansia di riflesso! Quindi calma!”
“Suvvia signorine, non c’è bisogno di agitarsi” si intromise Kasumi, che stava sfornando l’ennesima teglia di biscotti, “siamo tutti preoccupati per Ranma, ma è in buone mani. Piuttosto sorellina, perché non vai di sopra a portare del tè al dottor Tofu e alla nobile Obaba?” proseguì, mettendo un vassoio colmo di cibo in mano ad Akane “E sono anche sicura che Ranma avrà molta fame quando si sveglierà... vorrai mica lasciarlo a bocca asciutta?”
“V-vado subito!” sorrise, per poi fuggire verso le scale.
“Bel colpo Kasumi” sorrise Ukyo, stupita dall’acume della maggiore delle Tendo, “non ti facevo così subdola.”
Kasumi si limitò a ricambiare il sorriso, per poi tornare alle sue faccende.
Akane aprì la porta della camera di
Ranma e sbirciò dentro, trannenendo a fatica la
curiosità. Non avendo ricevuto
rispsta stava per rassegnarsi e chiuderla, quando qualcuno la
spalancò al posto
suo.
“Entra pure bambina, c’è qualcuno
che ha molta voglia di vederti.”
Akane osservò la vecchia Obaba
andare via ridacchiando, seguita dal dottor Tofu.
Impaziente, entrò in camera.
“Era ora che mi venissi a trovare,
maschiaccio.”
Rannicchiato sotto le coperte, Ranma
era sveglio e la fissava con il suo solito sorrisetto sbruffone...
quello che
lei tanto amava e che certe volte avrebbe volentieri cancellato a suon
di
schaffi.
Posò lentamente il vassoio vicino al
futon... per poi lanciarsi addosso al ragazzo.
“Ouch! Sei pesante!”
“Zitto, baka! Mi hai fatta
preoccupare!” rise lei, felice di sentire di nuovo la voce di
Ranma - e non
quel tono gutturale del giorno prima, e lo abbracciò
più forte che potè.
“Non farmi più certi scherzi,
baka...”
"Ci proverò. Se ti può
consolare non è stato il quarto d'ora più
piacevole della mia vita e non ci
tengo particolarmente a riviverlo".
Quando lei alzò la testa verso la
sua per rispondergli...
"Akane... la tua...".
"La mia?".
"La tua... cicatrice...".
"Che cos'ha che non va, la mia
cicatrice?".
"Nulla. Anzi, è molto più...
cavolo, che brutto non trovare la parola adatta".
"Di' pure, tanto non sei il
primo e probabilmente non sarai l'unico".
"Non picchiarmi, per favore...
ma io la trovo... quasi carina...".
"C-Carina?".
"Senza i punti è molto meno
orribile. Cosa mi sono perso?".
Prima di proseguire Akane gli si accoccolò
ancora di più addosso e lui ne approfittò per
tracciargliela con un dito.
"Assurdo...".
"Non c'è niente di assurdo,
Ranma. Solo una poltiglia d'erba cinese che mi ha portato la nobile
Obaba e che
ha avuto questo effetto miracoloso. Da qualche ora non è
più una tortura a
fuoco lento specchiarsi, per me. Fa ancora male e dubito
smetterà di farlo
tanto presto, ma se non altro non sembro più un gangster
vissuto. Anche se so
che meglio di così non potrà mai andare...".
Ranma percepì istantaneamente il
malessere della sua fidanzata e non esitò a stringerla
più forte a sé,
prendendola un pochino in contropiede.
"Troverò il modo di fargliela
pagare a quelle bastarde. Dovessi andare in Cina a piedi e bruciare
quel loro
maledetto villaggio".
"Ehi! Non ti permetto di
rovinarmi la vendetta. Solo io posso andare a fare quanto hai appena
detto. Non
mi vorrai togliere lo sfizio di vedere quelle mummie ardere come delle
pire
funerarie con le gambe, spero".
"Oh... ricordami di non farti
arrabbiare mai e poi mai più".
"Non sei l'unico che me l'ha
detto recentemente e devo ancora capire se ne sono lusingata o
infastidita".
"Dieci a uno che è la prima. Un
po' ti piace spaventare a morte la gente".
"Ranma, screanzato che non sei
altro!".
"Ma è la verità...".
Si guardarono sorridendosi. Era
bello, davvero bello poter di nuovo farsi battutine sceme.
Il loro idillio fu spezzato da un
urlo animalesco proveniente dal piano inferiore.
"UKYOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!".
Tutti gli abitanti della casa
corsero in soggiorno, dove videro una terrorizzata Kasumi accasciata
contro la
parete e Ryoga che fissava inebetito il giardino dalla veranda. Il
dottor Tofu
si avvicinò prontamente al ragazzo, afferrandolo per le
spalle.
“Ryoga! Cos’è successo?
Dov’è
Ukyo?!”
“Lei... lei è...” balbettò il
ragazzo, voltandosi verso il dottore “lei era qui un attimo
fa... stavamo
parlando e... Kasumi ci ha portato il tè e poi...
poi...”
“Poi cosa?” lo esortò il dottore.
“Poi è sparita... è sparita nel
nulla. Prima era qui e dopo...”
Ryoga non riuscì nemmeno a finire la
frase tale era lo shock.
Fu chiaro a tutti che era il turno
di Ukyo.
Shan-Pu voltò la testa verso la
porta socchiusa. L’urlo aveva attirato la sua attenzione e
quella di Mousse, ma
la sua apatia le aveva impedito di muovere un muscolo.
L’anatra non si mosse
dalla sua posizione, ma anzi si accoccolò ancora di
più contro il petto della
ragazza.
“Quando
toccherà di nuovo a noi?”
sussurrò. “Perché
loro non ci lasceranno mai in pace... mai... “
Mousse tremò leggermente: Shan-Pu
non immaginava nemmeno quanto fosse vicina alla verità.
Ukyo si rimise in piedi, lentamente.
Cosa diamine è successo? Sono
svenuta senza neanche un motivo?
Si guardò attorno: era vicina al
laghetto delle carpe di casa Tendo. Il giardino era intatto, la veranda
idem...
però Ryoga e Kasumi erano spariti: fino a pochi istanti
prima erano lì, e ora
si erano volatilizzati.
Ukyo non perse tempo e rientrò in
casa, decisa a cercare il ragazzo.
“Ehi, maialino! Dove sei finito?”
Niente.
Proseguì verso la cucina, vuota;
tornò in corridoio sbirciando in ogni stanza, senza
risutlati.
“Ryoga... dove sei?” chiamò,
“Lo sai
che se gironzoli da solo ti perdi...”
Nessuna risposta.
Quello strano silenzio cominciò a
preoccupare la ragazza... preoccupazione che poi sfociò in
una logica
deduzione.
Tocca a me.
Come aveva fatto a non capirlo
prima? Era ovvio.
Bene nanerottole cinesi, a noi. Ho
giusto un po’ di conti da saldare con voi...
Si incamminò al piano di sopra,
continuando a sbirciare nelle camere alla ricerca di qualche indizio o
presenza, quando sentì la porta della camera in fondo
aprirsi e poi
richiudersi.
“Akane! Cosa ci fai qui?”
La ragazza non si mosse, ma si
limitò a risponderle.
“Cosa ci fai tu qui, piuttosto. Non
sarebbe ora di andartene?”
Ukyo non capì. Perché Akane sembrava
così... irritata?
Aspetta aspetta aspetta. Se tocca a
me... quella non è Akane. Forse. Non lo so.
"Andarmene? Dove dovrei andare?
Tornare al mio semidistrutto ristorante... da sola? Non ci penso
nemmeno".
"Eggià. Sia mai che santa
Kuonji da Nerima non anteponga qualcun altro a se stessa. Sarebbe
deplorevole" sibilò Akane avvicinandosi a lei. Emanava
un'aria decisamente
bellicosa e pareva aver una gran voglia di far volare parole grosse. O
direttamente i pugni.
"Uh? Che cosa stai dicendo, si
può sapere?". Fece un passo indietro.
"Ti sei atteggiata a salvatrice
della patria da sin troppo tempo, ormai. Correvi di qua e di
là come la
peggiore attivista di Medici senza Frontiere, con la tua bandana sporca
di
terriccio e la fronte sudata ma il sorriso di chi sa di star facendo
del bene
disinteressato. E sotto quello sguardo da crocerossina nascondevi tutto
il tuo
egoismo e la tua ipocrisia".
Ah davvero? Akane pensa davvero
questo di me?
"G-Guarda che...". Un
altro passo indietro.
"Perché in realtà fingevi in
maniera spregevole. Ci hai usati per lavarti la coscienza. Mi hai
usata. Hai
cercato di mascherarti in qualcosa che non sei mai stata. Non sei senza
peccato, Ukyo Kuonji, e dovresti smetterla di comportarti come tale. Ad
esempio
non hai mai dimenticato Ranma e stai usando Ryoga come paravento, come
scusa,
come zimbello con cui sfogare le tue repressioni, sessuali e non solo.
Lo
sfrutti per sentirti donna. Lo maltratti per sentirti superiore,
più
intelligente, più arguta. E fai lo stesso con me e con tutti
gli altri".
Una sequela di passi indietro. Pur
consapevole del fatto che quella davanti a lei non era Akane, nozione
corroborata dall'assenza dell'ormai familiare cicatrice sulla guancia,
faceva
un male del diavolo sentirsi vomitare addosso quella immensa mole di
insulti e
rinfacciamenti.
Devo dire che adesso capisco perché
Shan-Pu ha la fobia di Mousse e di sua nonna.
Sapeva anche come contrattaccare in
maniera corretta, si ricordava perfettamente della prima frase dei loro
alleati
cinesi e della spiegazione di Ranma. Eppure le risultava tremendamente
difficile lasciarsi andare perché le accuse rivoltele erano
veramente,
veramente pesanti. Accettarle significava scoperchiare una parte di
sé davvero
oscura e che la spaventava terribilmente, oltre a rappresentare una
serie di
comportamenti che di sicuro non la rendevano fiera di se stessa.
Il suo retrocedere venne interrotto
quando incocciò contro qualcosa. Qualcosa di morbido.
"Devo proprio dare ragione ad
Akane, stavolta". Era la voce di Ryoga.
R-Ryoga?!
“Ciao piccola Ucchan... sorpresa di
vedermi?”
Ukyo si scostò velocemente, come si
fosse scottata.
No, non anche lui... così è
troppo...
“Fa male affrontare la verità, vero?
Dimmi Ukyo... quanto stai soffrendo in questo momento?”
Ogni singola parola di quella frase
venne letteralmente sputata da Ryoga quasi fosse veleno, mentre
avanzava verso
di lei con una strana espressione sul volto... un sorriso beffardo,
manipolatore. Lo stesso che gli vide sul volto più di un
anno fa, quando tornò
a Nerima e scoprì che quel piccolo universo era cambiato.
Quando la mise con le
spalle al muro proponendole di uscire con lei.
Ryoga... perché tu?
Le era sembrata una pessima idea,
allora... senza immaginare nemmeno come le cose si sarebbero evolute
tra di
loro. Non aveva previsto come quell’idea bizzarra li avrebbe
avvicinati,
aiutandoli a superare il dolore di una delusione e cominciare insieme
qualcosa
di nuovo.
“Dimmi quanto fa male, perché ti
assicuro che sarà sempre meno del malessere mio e di
Akane!”
Ormai aveva dimenticato la sfida,
l’illusione, le amazzoni. Riusciva a pensare solo a quelle
accuse così pesanti
e cattive... eppure vere. Una parte di lei, quella vocina fastidiosa
che usciva
fuori nei momenti meno adatti, non aveva fatto che ricordarle quanto in
fondo
non ci fosse nulla di santo in lei; che la saggezza di cui tanto si
vantava non
era che una facciata dietro la quale celava gli errori commessi in
passato e
che ancora la tormentavano.
“Mi... mi dispiace” balbetto,
accasciandosi contro una parete “mi dispiace davvero... io
non volevo...”
“Non volevi cosa, Ukyo?” ringhiò
Ryoga, “Non volevi usarmi per dimenticare Ranma? Non volevi
fare di me il tuo
ripiego?”
“Non è vero! Non sei un ripiego, te
lo giuro!” urlò lei, disperata. “Akane
almeno tu credimi, ti prego!”
“E a cosa dovrei credere? Alla tua
finta amicizia?”
“Non è finta, e lo sai!”
“No, non lo so. Io so soltanto che
non hai fatto altro che correre dietro al mio fidanzato urlando ai
quattro
venti di essere... la findanzata carina” rispose Akane,
intingendo quella frase
nel veleno. Ukyo sgranò gli occhi, ricordando le mille e
più occasioni in cui
aveva usato quell’espressione: quante volte si era
pavoneggiata
autoproclamandosi la fidanzata carina di Ranma, quante volte aveva
deriso Akane
chiamandola maschiaccio... in fondo
non
si era comportata poi tanto meglio del codinato.
“Era facile prendermi di mira, non è
vero? Io ero la fidanzata imposta, quella goffa e senza sex appeal che
Ranma
prendeva in giro... e tu, come le altre, ti sentivi in diritto di
infierire.
Tanto Akane è stupida, rincariamo un po’ la
dose!”
Ti prego... ti prego, basta...
“Eri cattiva e infida, non ho mai
capito perché Ranma continuasse a tenerti vicina come
amica... come potesse
fidarsi di te, soprattutto! Di trucchetti squallidi e poco ortodossi ne
hai tirati
fuori anche tu, non credere che me li dimentichi! Le okonomiyaki
esplosive al
matrimonio erano opera tua, no?”
“Per non parlare del Tunnel del
Perduto Amore” infierì Ryoga, “sono
stato così scemo da cascarci ed allearmi
con te... com’ero caduto in basso...”
Ukyo non riuscì più a trattenere le
lacrime, lasciandosi travolgere dal peso di quelle accuse.
“Mi... mi dispiace...” sussurrò
“sono... sono una persona orribile... mi
dispiace...”
Si lasciò scivolare ancora più giù
fino a ritrovarsi pratcamente in ginocchio. Era un singhiozzo unico e
quando provava a parlare le uscivano solo striminziti soffi d'aria.
Provò un'ultima volta a
controbattere qualcosa e il suo patetico tentativo venne seppellito da
una
nuova ondata di male parole che la schiacciarono definitivamente.
Con la testa contro il pavimento,
Ukyo Kuonji si ritrovò nel luogo da cui era stata portata
via. Riapparve nello
stesso identico punto da cui era svanita qualche minuto prima.
"Vi prego, smettetela di...
tormentarmi... anche se me lo merito... vi prego... mi uccidete
così... anche i
vermi come me... meritano di vivere...".
Quelle parole, dette a voce bassa,
bastarono ad atterrire i presenti. Ryoga le si avvicinò e
cercò di rimetterla
in posizione eretta, ma appena lei si avvide della sua presenza...
"No! Non toccarmi! Devi starmi
lontano! Tutti dovete starmi lontani! Non voglio sporcare ulteriormente
le
vostre vite con la mia sudicia presenza!". Si divincolò
dalle gentili mani
del suo ragazzo che, esattamente come tutti gli altri, non stava
capendo una
beata mazza di quel che passava in quella povera, martoriata mente.
Con le guance rigate dalle lacrime
si guardò attorno, vedendo solo sguardi pietosi e desiderosi
di aiutarla. Ma
lei non poteva accettare, non voleva arrecar loro ulteriore dolore e
disprezzo
nei suoi confronti.
Akane tentò la stessa cosa di Ryoga,
aggiungendoci le rassicurazioni più dolci di cui era capace.
Ottenne solo di
appiattirla contro il muro, come se fosse un animale feroce braccato
dai
cacciatori che si ritrovava con le spalle al muro e montava la sua
ultima,
disperata difesa.
Poi anche quella crollò e scappò
via, sempre urlando di quanto fosse una persona schifosa e che non
meritasse la
loro amicizia e vicinanza.
La vecchia sbuffò internamente. Le
sue compaesane stavano giocando veramente, ma veramente, ma veramente
pesante e
anche i migliori di loro avevano riportato grossi danni. Le bastava
guardare in
faccia Akane o ricordarsi di com'era ridotto Ranma fino a poche ore
prima per
averne la conferma.
"Vecchia!" tuonò il
succitato Ranma girandosi nella sua direzione "qui c'è
qualcosa che non
va. E qualcosa di molto grave".
"Che cosa intendi,
giovanotto?".
"Intendo che Ukyo non può aver
vinto. Hai visto in che condizioni è tornata, santo cielo".
"Io invece credo che ce l'abbia
fatta. Naturalmente non lo posso dire con certezza, ma...".
"Se davvero ce l'ha fatta è
ancora peggio! Si può sapere a che razza di massacro stiamo
partecipando? Se
perdiamo finiamo come Shan-Pu, se vinciamo finiamo ugualmente come
Shan-Pu.
Queste non sono sfide leali, sono torture psicologiche senza
possibilità di
fuga".
I volti dei presenti si rabbuiarono.
Se Ranma aveva ragione... se aveva
ragione, ne sarebbero usciti vittoriosi
ma con traumi psicologici non indifferenti. Shan-Pu ne era stata la
prova più
lampante, ma ognuno di
loro aveva riportato ferite morali che non se ne sarebbero mai andate.
Ranma si morse il labbro, inquieto.
E un pensiero orribile cominciò a farsi largo nella sua
mente: anche fossero
sopravvissuti a quel massacro, la vittoria sarebbe comunque andata alle
amazzoni. A loro non importava vincere, o che lui e gli altri morissero
in
battaglia. A loro interessava lasciarli vivi e devastati
nell’anima, piccole
larve umane che avrebbero passato il resto della loro esistenza
implorando
pietà.
E a lui non andava bene.
Lasciò Obaba e gli altri, intenti a
discutere, e si defilò.
Non meritava l’affetto o la
compassione di nessuno.
Aveva vinto? Forse aveva perso. Non
importava. In ogni caso avrebbe meritato la sconfitta.
Ukyo si raggomitolò su se stessa,
ben nascosta tra gli attrezzi: il capanno accanto al dojo, dove i Tendo
tenevano il materiale per la palestra, era il miglior rifugio che
potesse
trovare. Aveva deciso che sarebbe rimasta lì
finché non si fosse addormentata,
o finché non fossero andati a letto gli altri e lei allora
sarebbe fuggita di
nascosto.
“Finalmente ti ho trovata.”
Alzò lo sguardo verso la porta e
alzò una mano a proteggersi gli occhi dalla luce che entrava
da lì. Si era
velocemente abituata al buio del magazzino, non voleva più
vedere la luce.
“Co-cosa vuoi Ranma? Lasciami in
pace, ti prego...”
“No che non ti lascio in pace,
scema!” rispose lui, intrufolandosi in quello spazio angusto
e cercando di
avvicinarsi ad Ukyo, che invece cercava di allontanarsi il
più possibile.
“Va via ti prego! Anche tu vuoi
infierire come hanno fatto loro?!” pigolò,
rannicchiandosi nel suo angolino,
“So di meritarmelo, ma ti prego non adesso...”
“Chi ha infierito? Cosa ti hanno
fatto?!”
“Akane e... Ryoga...”
Ranma sgranò gli occhi, incerto su
cosa dire: dopo il primo attacco a Shan-Pu non aveva potuto fare a meno
di
riflettere su che tipo di avversari si sarebbero trovati davanti, quali
prove
avrebbero affrontato... qual era la peggior paura di ognuno di loro,
quella che
avrebbe cercato di metterli in ginocchio. E per qualche motivo aveva
creduto
che Ucchan si sarebbe trovata davanti un Ranma che l’avrebbe
illusa, o
l’avrebbe trattata male... non questo.
“Ucchan... cosa ti hanno detto?”
chiese, in tono più dolce.
“Io... io sono una persona
orribile... loro mi hanno mostrato quanto sia un essere
spregevole...”
“Ma non è vero! Sei sempre stata
l’unica saggia del gruppo, la coscienza di tutti
e...”
“Non è vero!” strillò lei,
“Non sono
così e lo sai! Io non sono la santa che credete, non sono
saggia e non sono una
brava persona! Ti sei forse dimenticato chi sono, Ranma? Ti sei
dimenticato di
tutti i trucchi più meschini che ho tirato fuori per farti
cadere tra le mie
braccia? O tutte le volte che mi sono definita la tua fidanzata carina,
ferendo
Akane?!”
Ukyo era un fiume in piena: stava
tirando fuori tante cose, alcune ormai così lontane nel
tempo e seppellite, che
Ranma nemmeno le ricordava più.
“Akane mi crede una falsa amica... e
ha ragione! Come può fidarsi di me? Come può
farlo Ryoga, che pensa che io lo
stia usando per dimenticarti?! Hanno ragione, io faccio
schifo...”
“No che non hanno ragione!” sbottò
Ranma, esausto, afferrandola per le spalle. “Non hanno
ragione perché non lo
pensano! Quelli non erano i veri Akane e Ryoga! Quelli veri sono
là fuori che
aspettano di riabbracciarti e sapere come stai!”
“Ma non posso andare da loro!
Loro... loro mi odiano!” strillò lei, cercando di
divincolarsi dalla stretta
del ragazzo. “Io non... non li merito!”
“Davvero? Se la mettiamo così allora
nemmeno io merito l’amore di Akane.”
Ukyo si voltò lentamente a
guardarlo, non capendo dove volesse andare a parare.
“Se vogliamo seguire il tuo
ragionamento, allora anche io dovrei scappare via da qui
perché ho passato più
tempo a ricoprire Akane di stupidi insulti perché ero troppo
idiota per dirle
cosa provavo! E non parliamo di tutte le volte che ho finto interesse
per una
di voi spasimanti solo per farla ingelosire... se tu fai schifo io
allora
merito l’inferno a vita.”
La ragazza era stupefatta da ciò che
Ranma le stava dicendo.
“E sempre dando retta a te” proseguì
lui “Shan-Pu non dovrebbe nemmeno avere il permesso di
guardare Mousse, visto
come lei e sua nonna l’hanno sempre trattato.”
Ukyo non sapeva come rispondere.
Quel discorso non faceva una grinza.
“Quello che voglio dire è che
nessuno di noi è perfetto” continuò
Ranma, addolcendo il tono “abbiamo tutti
dei caratteri impossibili, e nascondiamo scheletri
nell’armadio che sarebbe
meglio non vedessero mai la luce. Hai commesso un sacco di sbagli
all’epoca,
così come li ho fatti io, Shan-Pu, Ryoga... ognuno di noi
convive con diversi
errori sulla coscienza che preferirebbe cancellare. Ma non si
può, e quindi
possiamo solo buttarceli alle spalle e accettarci per come
siamo.”
“Chi... chi sei, che ne hai fatto di
Ranchan...” balbettò lei “sei troppo
intelligente per essere lui...”
“Ecco, vedo che cominci a
riprenderti?” rise lui, sollevato.
E Ukyo si concesse lo spettro di un
sorriso. Quel che Ranma aveva appena detto suonava tremendamente...
giusto.
"Ora... ora che me lo fai
notare... credo tu possa aver ragione...".
"Non posso.
Ho ragione.
Ammetto
che non mi capita spesso di essere così gradasso con le
parole perché sono
troppo tonto, ma questa volta è diverso. È
importante ribadire le cose come
realmente stanno e non come quelle viscide amazzoni hanno cercato di
farti
credere. Tanto per rinforzare il punto: credi che quell'ottuso di
Ryoga, con il
suo treno merci di difetti, sarebbe disposto a mettersi assieme a
qualcuno che
disprezza così profondamente? Io non lo credo proprio, no.
Tu?".
"No, in effetti... no... non
dopo quel che mi ha detto...".
"Perché, cosa ti ha
detto?".
"Ranma, mi ha detto... che mi
ama".
E per la prima volta in vita sua il
codinato capì perché lei e Akane ogni tanto si
acquattavano e si mettevano a
strillare come due scimmiette. Per sua fortuna lui aveva ancora una
dignità e
trattenne qualsiasi possibile rumore molesto.
"Oh, ma davvero? Io e il tuo
maiale avremo da parlare, allora".