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Autore: Walpurgisnacht    25/06/2013    0 recensioni
Terza parte dell'epopea di Secrets. Perché non è vero che le cose belle durano poco. E noi, senza falsa modestia, siamo bbravi e bbelli e ci diamo da fare per voi.
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Non c'è ombra di maretta sulla nuova Nerima. Tizio con Caia, Sempronio con Asdrubala e Bertoldo con Cacasenna. Tutti felici e contenti, tutti accoppiati, tutti soddisfatti.
Sì, certo. Come no.
[Seguito di Secret of the Heart Split in Two e Two-Part Secret Heart, di Subutai Khan e Mana Sputachu]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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E fu di nuovo notte.
Come la sera precedente la vecchia Obaba se ne tornò al ristorante per i suoi ormai notori problemi logistici con un letto che non fosse il suo, ma al contrario della sera prima la sua assenza non aveva meravigliato nessuno. Akane aveva fatto fuoco e fiamme per ottenere il primo turno di guardia. Non fosse mai che si faceva mettere da parte due volte consecutive.
A ben guardare i loro effettivi erano molto ridotti. Senza Ranma, Shan-Pu e sua nonna rimanevano solo in quattro. Si spartirono i turni senza fare troppi problemi. Tra l'altro casualità volle che tre dei quattro "superstiti" avessero ancora il loro ostacolo da affrontare e superare, o nel caso di Mousse ri-affrontarlo.
"Andate pure a dormire tranquilli" proclamò Akane mentre i futon venivano stesi "che ci penso io a proteggervi e a farvi riposare come meritate".
Ukyo la guardò storta, anche se stava sorridendo sotto i baffi che non aveva, mentre le rispondeva "Akane, non serve calarsi nei panni di Emeraldas fino a questo punto. Ti conosciamo a sufficienza, oramai".
Bastò l'innocente soprannome a farle avere un piccolo sussulto. Non era un epiteto per offendere, lo sapeva benissimo, ma il solo fatto che le ricordassero quella cosa sulla sua faccia... beh, era poco carino. Ma non posso neanche privare la mia migliore amica della sua facoltà di scherzare e cercare di smorzare un po' di tensione, che male di certo non fa.
Pertanto ricambiò il sorriso rispondendole: "Tu non ti preoccupare di come mi atteggio. Anzi, preoccupati di non... fare altro invece di dormire". Una fugace occhiata a Ryoga fece capire alla cuoca a cosa si stava riferendo e quest'ultima non potè impedirsi di arrossire e di troncare il discorso.
La notte trascorse tranquilla, al contrario di ogni previsione. Niente agguati, niente disturbi nella Forza, nulla di nulla.
Fecero colazione con calma e riuscirono persino a non litigarsi il bagno - sicuramente l’assenza di Ranma con cui contendersi la doccia rendeva Ryoga meno competitivo.
Kasumi si prodigò a preparare cibo e bevande a sufficienza per un esercito, e miracolosamente il dottor Tofu riuscì a rimanere calmo... per i suoi standard.
E fu lui ad accorgersi della novità, di cui informò subito gli altri.
“Cosa? Shan-Pu si è ripresa?!”
“Credo sia presto per dirlo, Akane” rispose il dottore “ma... sembra più tranquilla. E il fatto che tenesse Mousse in braccio quando sono entrato in camera a visitarla direi che è un buon segno.”
“M-ma come teneva in braccio Mousse?” balbettò Ryoga, che ricordando i piccanti racconti del cinese riguardo la sua vita privata stava già immaginando le situazioni più inverosimili.
“Era trasformato in anatra” rise il dottor Tofu, notando l’espressione imbarazzata del ragazzo, “Shan-Pu lo teneva stretto tra le braccia... non so cosa sia successo ma sembrava molto più calma.”
“Forse gli effetti di quanto accaduto cominciano a svanire...?” chiese Ukyo.
“È presto per dirlo, bambina. Ma sicuramente questa notizia non può che essere di buon auspicio per lei.. e tutti noi.”
Il gruppo si voltò verso la porta, dove Obaba li osservava.
“Nobile Obaba! Vuole... vuole andare a trovare sua nipote?”
“No, non credo sia il caso” sospirò la vecchia, “i traumi subiti sono troppo profondi, e l’aver di nuovo accettato la vicinanza di Mousse non implica che accetterebbe anche la mia... meglio darle tempo.”
Il dottor Tofu non fece pressione, ben sapendo che l’amazzone aveva ragione. Meglio andarci cauti ancora un po’, con Shan-Pu.
E a proposito di degenti...
“Credo andrò a vedere come sta Ranma” annunciò il giovane medico “vuole venire con me?”
“Sì, credo sia ora di constatare se il mio lavoro su di lui ha fatto effetto.”

Quanto ci mettono? Quanto?!
“Akane, continuare a camminare avanti e indietro non li farà finire prima” sbottò Ukyo al ventesimo giro attorno al tavolo della cucina “ma farà solo uscire me fuori dai gangheri.”
“Scusa, è che sono agitata!” sbuffò Akane, accasciandosi su uno sgabello. “Voglio vedere Ranma, voglio sapere se si è svegliato, come sta...”
“Se ha ancora bisogno di pugni...” ridacchiò Ukyo, ricevendo una pernacchia come risposta.
“Akane, capisco la tua ansia” proseguì la cuoca “ma se continui così farai venire un ulcera a entrambe!”
“Perché ti metti in mezzo? Mica sei tu quella preoccupata!”
“No ma mi metti ansia di riflesso! Quindi calma!”
“Suvvia signorine, non c’è bisogno di agitarsi” si intromise Kasumi, che stava sfornando l’ennesima teglia di biscotti, “siamo tutti preoccupati per Ranma, ma è in buone mani. Piuttosto sorellina, perché non vai di sopra a portare del tè al dottor Tofu e alla nobile Obaba?” proseguì, mettendo un vassoio colmo di cibo in mano ad Akane “E sono anche sicura che Ranma avrà molta fame quando si sveglierà... vorrai mica lasciarlo a bocca asciutta?”
“V-vado subito!” sorrise, per poi fuggire verso le scale.
“Bel colpo Kasumi” sorrise Ukyo, stupita dall’acume della maggiore delle Tendo, “non ti facevo così subdola.”
Kasumi si limitò a ricambiare il sorriso, per poi tornare alle sue faccende.

“Scusate? Posso entrare?”
Akane aprì la porta della camera di Ranma e sbirciò dentro, trannenendo a fatica la curiosità. Non avendo ricevuto rispsta stava per rassegnarsi e chiuderla, quando qualcuno la spalancò al posto suo.
“Entra pure bambina, c’è qualcuno che ha molta voglia di vederti.”
Akane osservò la vecchia Obaba andare via ridacchiando, seguita dal dottor Tofu.
Impaziente, entrò in camera.
“Era ora che mi venissi a trovare, maschiaccio.”
Rannicchiato sotto le coperte, Ranma era sveglio e la fissava con il suo solito sorrisetto sbruffone... quello che lei tanto amava e che certe volte avrebbe volentieri cancellato a suon di schaffi.
Posò lentamente il vassoio vicino al futon... per poi lanciarsi addosso al ragazzo.
“Ouch! Sei pesante!”
“Zitto, baka! Mi hai fatta preoccupare!” rise lei, felice di sentire di nuovo la voce di Ranma - e non quel tono gutturale del giorno prima, e lo abbracciò più forte che potè.
“Non farmi più certi scherzi, baka...”
"Ci proverò. Se ti può consolare non è stato il quarto d'ora più piacevole della mia vita e non ci tengo particolarmente a riviverlo".
Quando lei alzò la testa verso la sua per rispondergli...
"Akane... la tua...".
"La mia?".
"La tua... cicatrice...".
"Che cos'ha che non va, la mia cicatrice?".
"Nulla. Anzi, è molto più... cavolo, che brutto non trovare la parola adatta".
"Di' pure, tanto non sei il primo e probabilmente non sarai l'unico".
"Non picchiarmi, per favore... ma io la trovo... quasi carina...".
"C-Carina?".
"Senza i punti è molto meno orribile. Cosa mi sono perso?".
Prima di proseguire Akane gli si accoccolò ancora di più addosso e lui ne approfittò per tracciargliela con un dito.
"Assurdo...".
"Non c'è niente di assurdo, Ranma. Solo una poltiglia d'erba cinese che mi ha portato la nobile Obaba e che ha avuto questo effetto miracoloso. Da qualche ora non è più una tortura a fuoco lento specchiarsi, per me. Fa ancora male e dubito smetterà di farlo tanto presto, ma se non altro non sembro più un gangster vissuto. Anche se so che meglio di così non potrà mai andare...".
Ranma percepì istantaneamente il malessere della sua fidanzata e non esitò a stringerla più forte a sé, prendendola un pochino in contropiede.
"Troverò il modo di fargliela pagare a quelle bastarde. Dovessi andare in Cina a piedi e bruciare quel loro maledetto villaggio".
"Ehi! Non ti permetto di rovinarmi la vendetta. Solo io posso andare a fare quanto hai appena detto. Non mi vorrai togliere lo sfizio di vedere quelle mummie ardere come delle pire funerarie con le gambe, spero".
"Oh... ricordami di non farti arrabbiare mai e poi mai più".
"Non sei l'unico che me l'ha detto recentemente e devo ancora capire se ne sono lusingata o infastidita".
"Dieci a uno che è la prima. Un po' ti piace spaventare a morte la gente".
"Ranma, screanzato che non sei altro!".
"Ma è la verità...".
Si guardarono sorridendosi. Era bello, davvero bello poter di nuovo farsi battutine sceme.
Il loro idillio fu spezzato da un urlo animalesco proveniente dal piano inferiore.
"UKYOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!".
Tutti gli abitanti della casa corsero in soggiorno, dove videro una terrorizzata Kasumi accasciata contro la parete e Ryoga che fissava inebetito il giardino dalla veranda. Il dottor Tofu si avvicinò prontamente al ragazzo, afferrandolo per le spalle.
“Ryoga! Cos’è successo? Dov’è Ukyo?!”
“Lei... lei è...” balbettò il ragazzo, voltandosi verso il dottore “lei era qui un attimo fa... stavamo parlando e... Kasumi ci ha portato il tè e poi... poi...”
“Poi cosa?” lo esortò il dottore.
“Poi è sparita... è sparita nel nulla. Prima era qui e dopo...”
Ryoga non riuscì nemmeno a finire la frase tale era lo shock.
Fu chiaro a tutti che era il turno di Ukyo.

“Tocca a qualcun’altro...”
Shan-Pu voltò la testa verso la porta socchiusa. L’urlo aveva attirato la sua attenzione e quella di Mousse, ma la sua apatia le aveva impedito di muovere un muscolo. L’anatra non si mosse dalla sua posizione, ma anzi si accoccolò ancora di più contro il petto della ragazza.
“Quando toccherà di nuovo a noi?” sussurrò. “Perché loro non ci lasceranno mai in pace... mai... “
Mousse tremò leggermente: Shan-Pu non immaginava nemmeno quanto fosse vicina alla verità.

Kami, la mia testa...
Ukyo si rimise in piedi, lentamente.
Cosa diamine è successo? Sono svenuta senza neanche un motivo?
Si guardò attorno: era vicina al laghetto delle carpe di casa Tendo. Il giardino era intatto, la veranda idem... però Ryoga e Kasumi erano spariti: fino a pochi istanti prima erano lì, e ora si erano volatilizzati.
Ukyo non perse tempo e rientrò in casa, decisa a cercare il ragazzo.
“Ehi, maialino! Dove sei finito?”
Niente.
Proseguì verso la cucina, vuota; tornò in corridoio sbirciando in ogni stanza, senza risutlati.
“Ryoga... dove sei?” chiamò, “Lo sai che se gironzoli da solo ti perdi...”
Nessuna risposta.
Quello strano silenzio cominciò a preoccupare la ragazza... preoccupazione che poi sfociò in una logica deduzione.
Tocca a me.
Come aveva fatto a non capirlo prima? Era ovvio.
Bene nanerottole cinesi, a noi. Ho giusto un po’ di conti da saldare con voi...
Si incamminò al piano di sopra, continuando a sbirciare nelle camere alla ricerca di qualche indizio o presenza, quando sentì la porta della camera in fondo aprirsi e poi richiudersi.
“Akane! Cosa ci fai qui?”
La ragazza non si mosse, ma si limitò a risponderle.
“Cosa ci fai tu qui, piuttosto. Non sarebbe ora di andartene?”
Ukyo non capì. Perché Akane sembrava così... irritata?
Aspetta aspetta aspetta. Se tocca a me... quella non è Akane. Forse. Non lo so.
"Andarmene? Dove dovrei andare? Tornare al mio semidistrutto ristorante... da sola? Non ci penso nemmeno".
"Eggià. Sia mai che santa Kuonji da Nerima non anteponga qualcun altro a se stessa. Sarebbe deplorevole" sibilò Akane avvicinandosi a lei. Emanava un'aria decisamente bellicosa e pareva aver una gran voglia di far volare parole grosse. O direttamente i pugni.
"Uh? Che cosa stai dicendo, si può sapere?". Fece un passo indietro.
"Ti sei atteggiata a salvatrice della patria da sin troppo tempo, ormai. Correvi di qua e di là come la peggiore attivista di Medici senza Frontiere, con la tua bandana sporca di terriccio e la fronte sudata ma il sorriso di chi sa di star facendo del bene disinteressato. E sotto quello sguardo da crocerossina nascondevi tutto il tuo egoismo e la tua ipocrisia".
Ah davvero? Akane pensa davvero questo di me?
"G-Guarda che...". Un altro passo indietro.
"Perché in realtà fingevi in maniera spregevole. Ci hai usati per lavarti la coscienza. Mi hai usata. Hai cercato di mascherarti in qualcosa che non sei mai stata. Non sei senza peccato, Ukyo Kuonji, e dovresti smetterla di comportarti come tale. Ad esempio non hai mai dimenticato Ranma e stai usando Ryoga come paravento, come scusa, come zimbello con cui sfogare le tue repressioni, sessuali e non solo. Lo sfrutti per sentirti donna. Lo maltratti per sentirti superiore, più intelligente, più arguta. E fai lo stesso con me e con tutti gli altri".
Una sequela di passi indietro. Pur consapevole del fatto che quella davanti a lei non era Akane, nozione corroborata dall'assenza dell'ormai familiare cicatrice sulla guancia, faceva un male del diavolo sentirsi vomitare addosso quella immensa mole di insulti e rinfacciamenti.
Devo dire che adesso capisco perché Shan-Pu ha la fobia di Mousse e di sua nonna.
Sapeva anche come contrattaccare in maniera corretta, si ricordava perfettamente della prima frase dei loro alleati cinesi e della spiegazione di Ranma. Eppure le risultava tremendamente difficile lasciarsi andare perché le accuse rivoltele erano veramente, veramente pesanti. Accettarle significava scoperchiare una parte di sé davvero oscura e che la spaventava terribilmente, oltre a rappresentare una serie di comportamenti che di sicuro non la rendevano fiera di se stessa.
Il suo retrocedere venne interrotto quando incocciò contro qualcosa. Qualcosa di morbido.
"Devo proprio dare ragione ad Akane, stavolta". Era la voce di Ryoga.
R-Ryoga?!
“Ciao piccola Ucchan... sorpresa di vedermi?”
Ukyo si scostò velocemente, come si fosse scottata.
No, non anche lui... così è troppo...
“Fa male affrontare la verità, vero? Dimmi Ukyo... quanto stai soffrendo in questo momento?”
Ogni singola parola di quella frase venne letteralmente sputata da Ryoga quasi fosse veleno, mentre avanzava verso di lei con una strana espressione sul volto... un sorriso beffardo, manipolatore. Lo stesso che gli vide sul volto più di un anno fa, quando tornò a Nerima e scoprì che quel piccolo universo era cambiato. Quando la mise con le spalle al muro proponendole di uscire con lei.
Ryoga... perché tu?
Le era sembrata una pessima idea, allora... senza immaginare nemmeno come le cose si sarebbero evolute tra di loro. Non aveva previsto come quell’idea bizzarra li avrebbe avvicinati, aiutandoli a superare il dolore di una delusione e cominciare insieme qualcosa di nuovo.
“Dimmi quanto fa male, perché ti assicuro che sarà sempre meno del malessere mio e di Akane!”
Ormai aveva dimenticato la sfida, l’illusione, le amazzoni. Riusciva a pensare solo a quelle accuse così pesanti e cattive... eppure vere. Una parte di lei, quella vocina fastidiosa che usciva fuori nei momenti meno adatti, non aveva fatto che ricordarle quanto in fondo non ci fosse nulla di santo in lei; che la saggezza di cui tanto si vantava non era che una facciata dietro la quale celava gli errori commessi in passato e che ancora la tormentavano.
“Mi... mi dispiace” balbetto, accasciandosi contro una parete “mi dispiace davvero... io non volevo...”
“Non volevi cosa, Ukyo?” ringhiò Ryoga, “Non volevi usarmi per dimenticare Ranma? Non volevi fare di me il tuo ripiego?”
“Non è vero! Non sei un ripiego, te lo giuro!” urlò lei, disperata. “Akane almeno tu credimi, ti prego!”
“E a cosa dovrei credere? Alla tua finta amicizia?”
“Non è finta, e lo sai!”
“No, non lo so. Io so soltanto che non hai fatto altro che correre dietro al mio fidanzato urlando ai quattro venti di essere... la findanzata carina” rispose Akane, intingendo quella frase nel veleno. Ukyo sgranò gli occhi, ricordando le mille e più occasioni in cui aveva usato quell’espressione: quante volte si era pavoneggiata autoproclamandosi la fidanzata carina di Ranma, quante volte aveva deriso Akane chiamandola maschiaccio... in fondo non si era comportata poi tanto meglio del codinato.
“Era facile prendermi di mira, non è vero? Io ero la fidanzata imposta, quella goffa e senza sex appeal che Ranma prendeva in giro... e tu, come le altre, ti sentivi in diritto di infierire. Tanto Akane è stupida, rincariamo un po’ la dose!”
Ti prego... ti prego, basta...
“Eri cattiva e infida, non ho mai capito perché Ranma continuasse a tenerti vicina come amica... come potesse fidarsi di te, soprattutto! Di trucchetti squallidi e poco ortodossi ne hai tirati fuori anche tu, non credere che me li dimentichi! Le okonomiyaki esplosive al matrimonio erano opera tua, no?”
“Per non parlare del Tunnel del Perduto Amore” infierì Ryoga, “sono stato così scemo da cascarci ed allearmi con te... com’ero caduto in basso...”
Ukyo non riuscì più a trattenere le lacrime, lasciandosi travolgere dal peso di quelle accuse.
“Mi... mi dispiace...” sussurrò “sono... sono una persona orribile... mi dispiace...”
Si lasciò scivolare ancora più giù fino a ritrovarsi pratcamente in ginocchio. Era un singhiozzo unico e quando provava a parlare le uscivano solo striminziti soffi d'aria.
Provò un'ultima volta a controbattere qualcosa e il suo patetico tentativo venne seppellito da una nuova ondata di male parole che la schiacciarono definitivamente.
Con la testa contro il pavimento, Ukyo Kuonji si ritrovò nel luogo da cui era stata portata via. Riapparve nello stesso identico punto da cui era svanita qualche minuto prima.
"Vi prego, smettetela di... tormentarmi... anche se me lo merito... vi prego... mi uccidete così... anche i vermi come me... meritano di vivere...".
Quelle parole, dette a voce bassa, bastarono ad atterrire i presenti. Ryoga le si avvicinò e cercò di rimetterla in posizione eretta, ma appena lei si avvide della sua presenza...
"No! Non toccarmi! Devi starmi lontano! Tutti dovete starmi lontani! Non voglio sporcare ulteriormente le vostre vite con la mia sudicia presenza!". Si divincolò dalle gentili mani del suo ragazzo che, esattamente come tutti gli altri, non stava capendo una beata mazza di quel che passava in quella povera, martoriata mente.
Con le guance rigate dalle lacrime si guardò attorno, vedendo solo sguardi pietosi e desiderosi di aiutarla. Ma lei non poteva accettare, non voleva arrecar loro ulteriore dolore e disprezzo nei suoi confronti.
Akane tentò la stessa cosa di Ryoga, aggiungendoci le rassicurazioni più dolci di cui era capace. Ottenne solo di appiattirla contro il muro, come se fosse un animale feroce braccato dai cacciatori che si ritrovava con le spalle al muro e montava la sua ultima, disperata difesa.
Poi anche quella crollò e scappò via, sempre urlando di quanto fosse una persona schifosa e che non meritasse la loro amicizia e vicinanza.
La vecchia sbuffò internamente. Le sue compaesane stavano giocando veramente, ma veramente, ma veramente pesante e anche i migliori di loro avevano riportato grossi danni. Le bastava guardare in faccia Akane o ricordarsi di com'era ridotto Ranma fino a poche ore prima per averne la conferma.
"Vecchia!" tuonò il succitato Ranma girandosi nella sua direzione "qui c'è qualcosa che non va. E qualcosa di molto grave".
"Che cosa intendi, giovanotto?".
"Intendo che Ukyo non può aver vinto. Hai visto in che condizioni è tornata, santo cielo".
"Io invece credo che ce l'abbia fatta. Naturalmente non lo posso dire con certezza, ma...".
"Se davvero ce l'ha fatta è ancora peggio! Si può sapere a che razza di massacro stiamo partecipando? Se perdiamo finiamo come Shan-Pu, se vinciamo finiamo ugualmente come Shan-Pu. Queste non sono sfide leali, sono torture psicologiche senza possibilità di fuga".
I volti dei presenti si rabbuiarono. Se Ranma aveva ragione...
se aveva ragione, ne sarebbero usciti vittoriosi ma con traumi psicologici non indifferenti. Shan-Pu ne era stata la prova più lampante, ma ognuno di loro aveva riportato ferite morali che non se ne sarebbero mai andate.
Ranma si morse il labbro, inquieto. E un pensiero orribile cominciò a farsi largo nella sua mente: anche fossero sopravvissuti a quel massacro, la vittoria sarebbe comunque andata alle amazzoni. A loro non importava vincere, o che lui e gli altri morissero in battaglia. A loro interessava lasciarli vivi e devastati nell’anima, piccole larve umane che avrebbero passato il resto della loro esistenza implorando pietà.
E a lui non andava bene.
Lasciò Obaba e gli altri, intenti a discutere, e si defilò.

Voleva stare sola.
Non meritava l’affetto o la compassione di nessuno.
Aveva vinto? Forse aveva perso. Non importava. In ogni caso avrebbe meritato la sconfitta.
Ukyo si raggomitolò su se stessa, ben nascosta tra gli attrezzi: il capanno accanto al dojo, dove i Tendo tenevano il materiale per la palestra, era il miglior rifugio che potesse trovare. Aveva deciso che sarebbe rimasta lì finché non si fosse addormentata, o finché non fossero andati a letto gli altri e lei allora sarebbe fuggita di nascosto.
“Finalmente ti ho trovata.”
Alzò lo sguardo verso la porta e alzò una mano a proteggersi gli occhi dalla luce che entrava da lì. Si era velocemente abituata al buio del magazzino, non voleva più vedere la luce.
“Co-cosa vuoi Ranma? Lasciami in pace, ti prego...”
“No che non ti lascio in pace, scema!” rispose lui, intrufolandosi in quello spazio angusto e cercando di avvicinarsi ad Ukyo, che invece cercava di allontanarsi il più possibile.
“Va via ti prego! Anche tu vuoi infierire come hanno fatto loro?!” pigolò, rannicchiandosi nel suo angolino, “So di meritarmelo, ma ti prego non adesso...”
“Chi ha infierito? Cosa ti hanno fatto?!”
“Akane e... Ryoga...”
Ranma sgranò gli occhi, incerto su cosa dire: dopo il primo attacco a Shan-Pu non aveva potuto fare a meno di riflettere su che tipo di avversari si sarebbero trovati davanti, quali prove avrebbero affrontato... qual era la peggior paura di ognuno di loro, quella che avrebbe cercato di metterli in ginocchio. E per qualche motivo aveva creduto che Ucchan si sarebbe trovata davanti un Ranma che l’avrebbe illusa, o l’avrebbe trattata male... non questo.
“Ucchan... cosa ti hanno detto?” chiese, in tono più dolce.
“Io... io sono una persona orribile... loro mi hanno mostrato quanto sia un essere spregevole...”
“Ma non è vero! Sei sempre stata l’unica saggia del gruppo, la coscienza di tutti e...”
“Non è vero!” strillò lei, “Non sono così e lo sai! Io non sono la santa che credete, non sono saggia e non sono una brava persona! Ti sei forse dimenticato chi sono, Ranma? Ti sei dimenticato di tutti i trucchi più meschini che ho tirato fuori per farti cadere tra le mie braccia? O tutte le volte che mi sono definita la tua fidanzata carina, ferendo Akane?!”
Ukyo era un fiume in piena: stava tirando fuori tante cose, alcune ormai così lontane nel tempo e seppellite, che Ranma nemmeno le ricordava più.
“Akane mi crede una falsa amica... e ha ragione! Come può fidarsi di me? Come può farlo Ryoga, che pensa che io lo stia usando per dimenticarti?! Hanno ragione, io faccio schifo...”
“No che non hanno ragione!” sbottò Ranma, esausto, afferrandola per le spalle. “Non hanno ragione perché non lo pensano! Quelli non erano i veri Akane e Ryoga! Quelli veri sono là fuori che aspettano di riabbracciarti e sapere come stai!”
“Ma non posso andare da loro! Loro... loro mi odiano!” strillò lei, cercando di divincolarsi dalla stretta del ragazzo. “Io non... non li merito!”
“Davvero? Se la mettiamo così allora nemmeno io merito l’amore di Akane.”
Ukyo si voltò lentamente a guardarlo, non capendo dove volesse andare a parare.
“Se vogliamo seguire il tuo ragionamento, allora anche io dovrei scappare via da qui perché ho passato più tempo a ricoprire Akane di stupidi insulti perché ero troppo idiota per dirle cosa provavo! E non parliamo di tutte le volte che ho finto interesse per una di voi spasimanti solo per farla ingelosire... se tu fai schifo io allora merito l’inferno a vita.”
La ragazza era stupefatta da ciò che Ranma le stava dicendo.
“E sempre dando retta a te” proseguì lui “Shan-Pu non dovrebbe nemmeno avere il permesso di guardare Mousse, visto come lei e sua nonna l’hanno sempre trattato.”
Ukyo non sapeva come rispondere. Quel discorso non faceva una grinza.
“Quello che voglio dire è che nessuno di noi è perfetto” continuò Ranma, addolcendo il tono “abbiamo tutti dei caratteri impossibili, e nascondiamo scheletri nell’armadio che sarebbe meglio non vedessero mai la luce. Hai commesso un sacco di sbagli all’epoca, così come li ho fatti io, Shan-Pu, Ryoga... ognuno di noi convive con diversi errori sulla coscienza che preferirebbe cancellare. Ma non si può, e quindi possiamo solo buttarceli alle spalle e accettarci per come siamo.”
“Chi... chi sei, che ne hai fatto di Ranchan...” balbettò lei “sei troppo intelligente per essere lui...”
“Ecco, vedo che cominci a riprenderti?” rise lui, sollevato.
E Ukyo si concesse lo spettro di un sorriso. Quel che Ranma aveva appena detto suonava tremendamente... giusto.
"Ora... ora che me lo fai notare... credo tu possa aver ragione...".
"Non posso. Ho ragione. Ammetto che non mi capita spesso di essere così gradasso con le parole perché sono troppo tonto, ma questa volta è diverso. È importante ribadire le cose come realmente stanno e non come quelle viscide amazzoni hanno cercato di farti credere. Tanto per rinforzare il punto: credi che quell'ottuso di Ryoga, con il suo treno merci di difetti, sarebbe disposto a mettersi assieme a qualcuno che disprezza così profondamente? Io non lo credo proprio, no. Tu?".
"No, in effetti... no... non dopo quel che mi ha detto...".
"Perché, cosa ti ha detto?".
"Ranma, mi ha detto... che mi ama".
E per la prima volta in vita sua il codinato capì perché lei e Akane ogni tanto si acquattavano e si mettevano a strillare come due scimmiette. Per sua fortuna lui aveva ancora una dignità e trattenne qualsiasi possibile rumore molesto.
"Oh, ma davvero? Io e il tuo maiale avremo da parlare, allora".

   
 
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