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Autore: Amor31    26/06/2013    5 recensioni
Eccola lì, davanti a lui.
Una donna che si era lasciata alle spalle la debolezza dell'infanzia.
Ma no, non avrebbe avuto pietà.
Perché Jellal la odiava. Più di ogni altra cosa al mondo.
***
Primo esperimento in questo Fandom. Spero che la fiction sia di vostro gradimento.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erza Scarlet, Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Odio rosso

C’era silenzio, attorno a lui.
Il salone ampio e vuoto gli trasmetteva un senso di calma solo apparente.
Sotto i suoi piedi infuriava la battaglia, che di tanto in tanto faceva tremare il pavimento.
Sorrise nel suo cappuccio. Un ghigno di soddisfazione e trionfo gli deformò i lineamenti regolari del viso, facendogli assumere un aspetto inquietante e demoniaco.
“Sì”, si disse, “tutto procede secondo i piani”.
Stava per cambiare la storia. Stava per controllare un potere che nessun mago avrebbe potuto mai neanche immaginare.
-Vieni avanti, Erza-, sussurrò tra sé e sé, accorgendosi della presenza della ragazza che era appena entrata dal portone alle sue spalle.
Si voltò, muovendosi così piano da sembrare sotto l’influsso di un Incanto Paralizzante. Teneva gli occhi chiusi, come a non volersi rovinare la sorpresa.
Jellal ricordava bene la sofferenza della propria infanzia. Mai, mai aveva scordato i volti dei suoi nakama.
Le cose erano cambiate, sì, ma le antiche immagini dei tempi andati se ne stavano sempre lì, a fluttuare nella sua testa.
Ed Erza era tra le memorie che lo facevano ancora tendere verso la Luce.
La piccola che aveva sofferto insieme a lui, scavando nella roccia pur di aprirsi un passaggio verso la libertà.
La debole che aveva nascosto le lacrime nell’incavo della sua spalla.
Quella stessa bambina che aveva guidato la rivolta all’interno di quella maledetta Torre ed ora era ritornata per mettere fine alla storia che le lacerava l’anima fin dalla fanciullezza.
“Eri fragile e fragile resterai”, pensò Jellal, con gli occhi ancora chiusi. “Non potrai competere con il mio potere”.
E finalmente la guardò.
Un sussulto.
Un impercettibile tuffo al cuore.
“Davvero… è lei?”.
Il mago cercò di contenersi, di non far trasparire il vortice di emozioni che lo stava travolgendo.
Come poteva, quella, essere Erza?
Non c’era traccia della bambina spaventata che aveva conosciuto.
Non percepiva timore o disagio nei suoi occhi.
Davanti a lui c’era una bellissima donna. Una guerriera dallo sguardo fiero ed impassibile, che non contrasse un muscolo al solo riconoscere l’amico d’infanzia.
 
Jellal non poteva sapere che qualcosa in lei si era smosso. E non era stato un muscolo qualsiasi, ma il suo cuore.
 
Non c’era tempo per concedersi una chiacchierata.
Anche se avessero avuto tutta la vita, il ragazzo non avrebbe parlato con lei.
La odiava.
Odiava il suo viso.
Odiava il suo corpo, malgrado non fosse poi così spiacevole alla vista.
Odiava che in quel momento fosse a torso nudo davanti a lui, coperta di una sola fascia.
Con quale coraggio si presentava da lui così, priva di difesa? O forse il suo non era coraggio, ma soltanto imprudenza?
In ogni caso, l’avrebbe sacrificata a Zeref.
Doveva farlo.
Non aveva sprecato otto anni della sua vita in quel posto sperduto nel nulla per non ricavarne niente.
Senza pensarci un secondo di più, le scagliò un forte incantesimo, che la fece precipitare giù dalla torre. Ma non si illuse di aver avuto una così facile vittoria.
Con uno scatto portentoso, Erza tornò nella sala e lo aggredì con la propria spada, costringendolo a ricorrere ad un nuovo incanto di cui si liberò in meno di un attimo.
“No, non può essere! Questa non è Scarlet! Come fa a stare al passo e a rispondere a tutti i miei attacchi?!”.
Stupito e profondamente colpito dalle straordinarie abilità della ragazza, Jellal si ritrovò disteso sul duro pavimento di pietra. Il suo torace si alzava ed abbassava ad un ritmo strepitoso, cercando di riprendere il fiato che Erza gli aveva strappato. Ansimava, ma mai quanto la giovane che in quel momento si trovava a cavalcioni su di lui, bloccandogli il polso destro e facendogli pressione con la punta della spada esattamente sotto il collo.
-Che cosa stai davvero cercando, qui?-, gli chiese la guerriera con risolutezza.
La guardò dal basso verso l’alto, facendo scorrere lo sguardo su ogni centimetro della sua figura e lasciandolo posare sulle sue mani, sulle sue braccia, sul seno ora nascosto da quei lunghi capelli rossi che si spostavano appena ad ogni millimetrico movimento del suo viso.
 
Otto anni.
 
Quell’arco di tempo era bastato a trasformarla in un demonio dalle sembianze angeliche.
O forse in un angelo dall’aspetto demoniaco.
Jellal si sentì improvvisamente impotente. Nonostante la sua testa gli stesse urlando di scrollarsi di dosso quella ragazza che non sembrava interessata a lasciarlo andare, il cuore – o quello che gliene rimaneva – gli suggeriva di rimanere fermo.
Restare immobile e continuare a guardarla.
Ma no, era sbagliato.
Erano nemici.
Lei sarebbe stata sacrificata e lui avrebbe trionfato, disseminando il terrore nel mondo magico.  
“Vale davvero la pena ucciderla?”.
Quel pensiero gli trapassò il cervello come un’improvvisa scarica elettrica.
“È Erza. Non ti farà mai del male. Non ne sarebbe capace”.
La osservò ancora, fremendo. Gli occhi della ragazza catturarono irrimediabilmente i suoi.
Il cuore perse un battito, per la seconda volta da quando Scarlet era arrivata.
Inspirò il suo profumo, accorgendosi di quanto l’essenza floreale fosse mescolata a quella del sangue che lentamente sgorgava dalle ferite riportate nella lotta contro Ikaruga, e si chiese come fosse possibile pensare di poter portare via la bellezza di Erza.
-Jellal, che cosa stai cercando? Rispondimi!-.
La voce della guerriera risuonò nella sala, rimbalzando contro le possenti mura e riecheggiando fino a svanire pian piano, ma il mago non proferì parola.
Avrebbe guadagnato tempo, restandosene zitto.
L’Etherion sarebbe giunto a momenti e finalmente Zeref sarebbe risorto.
La Torre del Paradiso aveva dato un senso alla sua esistenza, fino ad allora.
 
Paradiso…
 
Eccolo lì, di fronte a sé. Su di lui c’era un angelo armato e minaccioso che ancora non aveva osato ucciderlo. Un angelo rosso che sembrava emanare luce e rischiarare la sala immersa nella penombra.
-Ti terrò qui fermo fin quando non arriverà la fine!-, urlò di nuovo Erza, cercando di provocare una sua reazione.
Ma sì, non sarebbe stato male morire lì, insieme. Per tutto quel tempo avevano perso l’uno le tracce dell’altra ed ora che finalmente si erano ricongiunti a Jellal non dispiaceva molto l’idea di restare immobile, bloccato dal peso di quella ragazza.
Dopotutto, un tempo l’aveva amata.
L’aveva amata così tanto da immolarsi al suo posto, pur di non vederla più soffrire.
E anche in quel momento sentiva la vecchia passione solleticargli lo stomaco, ingigantirgli il cuore e annebbiargli il cervello.
 
Che diamine stava pensando?!
 
No, no, no.
Jellal non era più in grado di provare amore.
Il suo animo era impregnato dall’odio che con gli anni era aumentato, stratificandosi proprio lì dove un tempo albergavano tutti i suoi buoni sentimenti.
C’era Oscurità, in lui. L’Oscurità che gli avrebbe conferito il Potere a cui ambiva.
Addio all’innocenza dell’infanzia. Il giovane mago non sapeva più nemmeno cosa fosse la purezza.
Per lui era solo una parola astratta, vuota.
Tutti i discorsi che da bambino lo avevano reso amabile, leale e sincero ora gli apparivano inutili e sterili.
A cosa serviva la bontà, se il mondo era spietato?
A cosa serviva la gentilezza, se ad una carezza rispondeva un pugno ben assestato?
E perché mai ai piccoli venivano insegnati questi valori, se poi gli adulti li calpestavano?
Jellal era stato prigioniero di quella Torre e delle guardie che sorvegliavano il lavoro di centinaia, di migliaia di schiavi. Nessuno aveva mai avuto pietà di lui, nonostante fosse un bambino.
Non gli erano stati risparmiati i calci, gli schiaffi, le frustate sulla schiena; non c’era stato qualcuno che si era privato del piacere di insultarlo o deriderlo.
Non poteva esistere il perdono.
L’odio era l’unica risposta che sortisse qualche effetto.
Per questo aveva imparato a detestare Erza: come poteva quella ragazza lasciarsi alle spalle i dolori sofferti in passato? Come riusciva a stringere la mano al nemico, nonostante le pene che le erano state inflitte?
Per questa serie di motivi Jellal doveva ucciderla.
Un cuore puro, ecco cosa serviva per risvegliare la furia di Zeref. E l’unica persona che lo possedeva era proprio Scarlet.
La fissò ancora e sentì un impeto di ira investirlo.
Lei era tutto ciò che ancora lo separava dall’invincibilità.
Lei era l’unica in grado di condannarlo di nuovo ad un’esistenza fatta di Luce.
 
Basta! È accecante guardarla!
 
Se fosse rimasto ancora lì, su quel dannato pavimento, la sua Oscurità sarebbe svanita e avrebbe potuto dire definitivamente addio ai sogni di gloria e vendetta che per otto anni lo avevano fatto andare avanti, imperterrito.
Erza, la Luce del Bene.
Jellal, l’Ombra del Male.
Destinati a combattersi finché morte non li avrebbe separati.
Ma ecco, un boato fece sussultare entrambi.
-L’Etherion…-, sussurrò il ragazzo.
Un lampo bianco si avvicinava sempre di più alla cime della Torre del Paradiso. Avrebbe travolto ogni cosa, mettendo fine anche alla lotta tra i due maghi.
-Uccidimi, Erza. Fallo-, la incoraggiò Jellal con un sorriso ironico.
“Avanti! Dimostrami che sei cambiata fino in fondo! Fammi vedere che non hai paura di stroncare la vita di un nemico”.
Ma la guerriera non fece nulla. Si scostò, lasciandolo finalmente libero di muoversi, ed abbassò la testa, in segno di resa.
 
“Ha avuto pietà”.
 
Jellal trattenne una risata. Quell’atteggiamento era allo stesso tempo ridicolo e snervante.
L’ira continuò a crescere e con essa l’odio verso Erza.
Stupida, dannata ragazza!
Non gli avrebbe fatto cambiare idea, no.
Aveva deciso di consacrarsi al Male e così sarebbe andata.
Ma quegli occhi…
Perché quello sguardo riusciva a trafiggerlo?
Perché soffriva più così, che trapassato dalla lama di una spada?
“Si è fidata di me ed ha firmato la sua condanna a morte. Io non sarò clemente. Non sono uno sciocco come te, Erza!”.
La ragazza si scostò una ciocca di capelli dal viso e la fermò dietro l’orecchio con un gesto delicato che tante volte Jellal le aveva visto fare da bambina.
Ecco, avrebbe dovuto colpirla con un nuovo incantesimo! Avrebbe dovuto lasciarla stramazzare al suolo e lasciarla soffrire ancora un po’.
Eppure le sue mani si rifiutavano di obbedire al comando impartito dalla testa; avrebbero preferito accarezzare la chioma scarlatta della giovane inginocchiata lì accanto, stremata, ma improvvisamente calma.
Era quel rosso a bloccarlo.
Un colore così assurdo, così… intenso.
Se il suo spirito fosse stato puro, avrebbe potuto rivedere la tonalità di un papavero.
Se il suo animo non si fosse sporcato di gravi colpe, avrebbe associato quella sfumatura ad una mela, ad una ciliegia, ad una fragola. Improvvisamente ricordò che una volta Erza gli aveva confidato che fosse proprio quello il suo frutto preferito.
L’odio che provava avrebbe dovuto spingerlo a pensare al sangue, alle ferite di battaglia.
Invece l’unica cosa che si faceva strada nella sua testa era una bella immagine del viso della ragazza e dei suoi lunghi, splendidi capelli.
“Ti odio. E odio questo maledetto rosso!”, pensò Jellal, distogliendo lo sguardo e puntandolo verso l’alto.
Intanto l’Etherion li sovrastava. La collisione era imminente.
-Mi dispiace di non essere riuscita a salvarti-, mormorò Erza.
“Non parlare. Non aggiungere una singola sillaba!”.
-Non avrei dovuto abbandonarti in questa Torre-.
Era troppo. Perfino un ragazzo come lui, ormai privo di sentimenti, non poteva resistere ancora a quella tortura verbale.
-È la fine-.
Si guardò attorno e poi rivolse un’occhiata alla maga. In una frazione di secondo Jellal decise cosa fare.
L’abbracciò come mai aveva fatto. La strinse a sé e accolse il suo viso nell’incavo della spalla, esattamente come se nulla fosse mai cambiato. Per un attimo tornarono entrambi bambini in balia di una sorte incerta.
Sorpresa, ma felice per quel gesto, Erza cinse il ragazzo buttandogli al collo le proprie braccia nude. E davvero credette che le cose, nell’aldilà, sarebbero state diverse.
Non aveva idea che il piano di Jellal era solo alla fase iniziale, che l’Etherion avrebbe sancito il ritorno di Zeref.
Ma anche il mago, pur detestandola, per un momento dimenticò ciò che avrebbe dovuto fare. Semplicemente visse quell’attimo con il cuore pronto ad esplodergli, perché il calore di Erza sarebbe stato veramente in grado di sciogliere il patto che lo legava all’Oscurità. E mentre la luce apocalittica scendeva su di loro, l’odio lasciò il posto a quel briciolo di umanità che ancora risiedeva nelle membra di Jellal, in fondo ancora capace di provare amore.
 
 
 


Angolo dell’Autrice
Salve a tutti coloro che si sono spinti fin qui nella lettura ^^
Come detto nell’introduzione, questa è la prima fiction che pubblico su Fairy Tail; seguo da poco il manga e ieri sera sono finalmente giunta allo scontro tra Erza e Jellal, quindi il minimo che potessi fare era dedicare loro questa One-Shot.
Che altro aggiungere? Spero che la storia vi sia piaciuta e vi ringrazio di averla letta. È un onore pubblicare qualcosa in questo Fandom.
Una menzione speciale va a Mokona_, grande fan della Jerza in tutte le sue forme. Se non mi avesse “iniziato” a questo splendido manga, oggi non sarei qui a scrivere.
Eh… Fatemi sapere che ne pensate, ricordando che sono alle prime armi ^^
   
 
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