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Autore: Stria93    27/06/2013    6 recensioni
E se Rumpelstiltskin si trovasse a dover prendersi cura di una Belle malata, affetta da una febbre che può essere curata solo con una pianta molto rara che cresce solo nella lontana e misteriosa terra di Agrabah?
Il Signore Oscuro non si è più preso cura di nessuno dopo la perdita di Bae, ma ora Belle ha bisogno di lui, ed egli giura che farà di tutto per farla guarire.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Belle dormì malissimo.
Il suo corpo minuto era scosso da brividi incontrollabili, nonostante il letto e la stanza fossero abbastanza caldi; si sentiva ardere in fronte e sudava in continuazione.
Le coperte erano pesanti ma sembravano totalmente incapaci di lenire la sensazione di gelo che la attanagliava.
Il mattino dopo si svegliò con la sensazione di essere stata presa a bastonate per tutta la notte: le doleva ogni singola parte del corpo e le girava tremendamente la testa.
Fuori dalle finestre la neve continuava a turbinare vorticosamente, sospinta dal vento che ancora imprigionava il Castello Oscuro nella morsa del gelo.
Per un attimo la ragazza prese in considerazione l'idea di restare a letto, ma non aveva intenzione di dare ulteriori grattacapi al suo padrone, che in quei giorni sembrava già particolarmente irritabile senza che ci si mettesse anche una domestica malata.
Si alzò, si diede una rapida rinfrescata e indossò il semplice abito celeste che il Signore Oscuro le aveva donato nei suoi primi giorni al castello per sostituire l'assai più vistoso abito dorato da principessa, decisamente poco adatto ai lavori domestici.
Impiegò molto più tempo del solito a vestirsi e non si curò nemmeno di rifare il letto: si sentiva frastornata e anche i gesti più semplici le risultavano incredibilmente faticosi.

Quando raggiunse Rumpelstiltskin al piano di sotto, lo trovò che stava già lavorando all'arcolaio con la solita espressione assorta che lo caratterizzava ogni volta che si dedicava a quell'occupazione.
Quando la vide, lui capì immediatamente che qualcosa non andava: la ragazza infatti teneva molto al suo aspetto e le piaceva presentarsi a lui sempre in ordine; quella mattina invece i capelli erano scarmigliati e acconciati in una sbrigativa e maldestra coda che le ricadeva floscia sulla spalla, anche il corsetto del vestito sembrava essere stato allacciato ad occhi chiusi e la gonna era spiegazzata.
- Sei in ritardo, dearie. - La rimproverò lievemente, quasi volesse testare la sua reazione.
Belle abbozzò distrattamente qualche parola di scuse, poi prese uno straccio e si mise a spolverare la superficie di vetro di una cristalliera.
Il folletto aggrottò le sopracciglia: la risposta della ragazza era stata fin troppo arrendevole e laconica, non era da lei.

 Rumpelstiltskin la teneva d'occhio mentre filava: c'era decisamente qualcosa di strano.
Quel giorno la sua domestica era molto diversa dalla persona allegra e pimpante alla quale era abituato.
All'inizio temette che potesse avercela con lui per i suoi modi un po' freddi e bruschi della sera prima: in effetti, forse era stato un po' troppo duro con lei; ma Belle non era proprio il tipo da tenere il broncio per certe sciocchezze.
No, doveva esserci un altro motivo per quel suo comportamento assente e apatico.

 La giovane stava spolverando una piccola teca ormai da mezz'ora, pareva isolata da tutto ciò che la circondava, così Rumpelstiltskin interruppe il suo lavoro, si alzò lentamente e la raggiunse alle spalle.
- Belle? - La chiamò piano.
Lei non diede segno di averlo sentito, così la prese delicatamente per le spalle e la fece voltare verso di lui.
Notò subito che il suo viso era molto pallido e aveva ombre scure sotto gli occhi azzurri, particolarmente lucidi quella mattina.
- Mi fa piacere che tu sia tanto ligia nello svolgere le tue faccende, dearie, ma di questo passo ci metterai un secolo a pulire tutto il castello. - Disse il folletto con un ghigno, cercando di mascherare la sua preoccupazione dietro l'atteggiamento ironico.
Lei sembrò riscuotersi: - Oh che stupida! Sono mortificata...-
- Sicura di sentirti bene, dearie? Hai una pessima cera. -
Rumpelstiltskin iniziava a preoccuparsi sul serio: la soppesava attentamente con lo sguardo, come se la ragazza avesse potuto sgretolarsi tra le sue mani da un momento all'altro.
- Sì, io...sto bene...davvero. - Tentò di rassicurarlo lei, senza molto successo.
Il folletto assunse un'espressione scettica, poi le posò delicatamente una mano sulla fronte.
Alla giovane parve la sensazione più gradevole del mondo: la pelle ruvida e squamosa di Rumpelstiltskin risultava infatti incredibilmente fresca sulla sua fronte ardente e la fece sospirare di sollievo. Avrebbe voluto che quel contatto non s'interrompesse mai.
Quando lui ritrasse la mano, la guardò severamente: - Hai la febbre alta, dearie; torna subito a letto. -
Il suo tono era gentile ma fermo.
Belle tentò comunque di replicare: - No, davvero...sto bene...non c'è bisogno di.... -
Ma non riuscì a terminare la frase che la stanza prese a girarle intorno vorticosamente e le sue gambe cedettero.
Rumpelstiltskin la sostenne appena in tempo, impedendole di cadere, scosse la testa e la sollevò tra le sue braccia; lei, troppo debole per opporsi, si abbandonò con il capo contro la sua spalla, socchiudendo gli occhi per cercare di placare i capogiri e la forte sensazione di nausea che le opprimeva lo stomaco.
Benchè di corporatura abbastanza minuta, il Signore Oscuro era davvero forte: l'aveva sollevata senza alcuna fatica e le sue mani ruvide dalle dita affusolate la tenevano saldamente; probabilmente anche quell'inusuale forza fisica era frutto della magia che scorreva in lui.
Improvvisamente la ragazza si sentì al sicuro come non mai, sentiva che nulla avrebbe potuto farle del male finchè fosse rimasta tra le braccia di Rumpelstiltskin.
Inspirò profondamente e l'odore della pelle del folletto le riempì le narici: era un profumo strano, speziato e seducente con una punta di amaro; a Belle sembrò l'aroma più gradevole che avesse mai sentito.
Completamente ignaro di questi suoi pensieri, lui avanzava velocemente e con sicurezza tra i corridoi del castello, scoccandole qualche sguardo preoccupato di tanto in tanto.
Nonostante fosse sul punto di svenire, la ragazza capì che si stavano dirigendo verso la sua stanza.
Infatti in pochi minuti raggiunsero la porta di legno, che si spalancò immediatamente davanti a loro.
Il folletto entrò e l'adagiò delicatamente sul letto, ancora sfatto, avvolgendola con cura nelle coperte.
Lei lo vide aggirarsi per la camera in cerca di qualcosa, poi non riuscì più a resistere: chiuse gli occhi e perse conoscenza.

 Rumpelstiltskin aprì l'armadio, prese un panno di stoffa morbida e una bacinella, che riempì con dell'acqua fresca, dopodichè afferrò una sedia e si sedette accanto al letto.
Immerse il panno nella bacinella e lo passò sulla fronte e sul viso tremendamente pallido della giovane che dormiva un sonno agitato, respirando affannosamente.
Il Signore Oscuro si sentì stringere il cuore nel vederla così debole e sofferente: una sensazione che non gli era affatto famigliare.
Continuò a detergerle il viso e la fronte fin quando l'espressione sul suo viso si fece più distesa e rilassata e il respiro più regolare; allora si alzò e, prima di uscire dalla camera, andò alla finestra e chiuse le tende di velluto, schermando la luce del giorno che, forte del riflesso della neve, penetrava prepotentemente nella stanza.
Rumpelstiltskin si stupì di se stesso: quei gesti premurosi, quelle attenzioni speciali che riservava a Belle non erano da lui. Cosa lo spingeva a comportarsi in quel modo?
Da un po' di tempo si sentiva strano, come se un altro se stesso, che da molti anni riposava sopito nel profondo del suo animo, si fosse improvvisamente risvegliato e stesse lottando con tutte le sue forze per riemergere dall'abisso di oscurità.
Lanciò un'ultima occhiata alla ragazza distesa nel letto e chiuse la porta della camera.

 Rumpelstiltskin filava ormai da più di mezz'ora, cercando di concentrarsi sul lento girare della ruota, ma i suoi pensieri continuavano irrimediabilmente a correre alla stanza al piano di sopra, in cui si trovava Belle.
Il folletto sospirò rassegnato e abbandonò l'arcolaio; in ogni caso non sarebbe riuscito a lavorare bene in quelle condizioni.
L'unica cosa a cui riusciva a pensare era lei: in quel momento non c'era spazio per nient'altro nella sua mente tormentata.
All'improvviso, si sentì animato da una volontà ferrea e nuova, forte quanto la sua determinazione a ritrovare suo figlio: Belle aveva bisogno di lui in quel momento, e lui si sarebbe preso cura di lei così come quella ragazza aveva fatto da quando era entrata nella sua vita.
Te lo prometto, Belle: ti farò guarire, ti farò stare bene.

Molto probabilmente la ragazza si era ammalata il giorno prima, quando era andata nel bosco a far legna ed era stata sorpresa dalla tormenta di neve.
Di nuovo avvertì la morsa del senso di colpa, ma tentò di non badarci: aveva cose molto più importanti a cui pensare in quel momento piuttosto che rimuginare sulle sue azioni.
Quasi senza pensarci, salì le scale di pietra ogni tre gradini e ad un suo gesto la porta di legno nero e lucido, che conduceva al suo laboratorio, in cima alla torre più alta del Castello Oscuro, si aprì di scatto.
La stanza era perfettamente circolare, dalla finestra filtrava un unico cono di luce che illuminava un tavolo di legno cosparso di fogli di pergamena, e scaffali, sui quali erano sistemate ampolle di diverse dimensioni: ciascuna di esse conteneva liquidi e fluidi più o meno luminescenti e di diversi colori, e ognuna era etichettata con un simbolo che serviva al Signore Oscuro per riconoscerle immediatamente e non fare confusione.
Rumpelstiltskin passò in rassegna tutte le miscele ma, incredibilmente, non trovò nulla che potesse fare al caso suo.
C'erano pozioni in grado di sterminare un'intera armata in pochi secondi, altre che avrebbero potuto far cadere un intero regno in meno di tre giorni, altre ancora potevano corrompere il più puro dei cuori e trasformare anche la persona più mite in uno spietato assassino.
Ma di tutti i filtri che aveva creato e riposto in quella stanza, non ce n'era neppure uno che servisse a curare una semplice febbre.
In tutti quegli anni era stato troppo impegnato ad accrescere il suo potere per preoccuparsi di faccende umane di così poco conto.
Inoltre non gli piaceva per niente l'idea di usare la magia su Belle, infatti nessuno meglio di lui sapeva che essa porta sempre con sè un prezzo, e non voleva che questo gravasse sulla giovane.
Una volta che la magia invadeva la vita di una persona, questa vi sarebbe rimasta legata per sempre, nel bene o, molto più spesso, nel male: non voleva assolutamente che questo capitasse anche a Belle, non se lo meritava.
No, avrebbe dovuto guarirla alla vecchia maniera...senza magia.
All'improvviso si ricordò di una volta in cui Baelfire, all'età di dieci anni, era stato costretto a letto per giorni da un brutto malanno; allora lui era solo un povero filatore e non possedeva poteri magici, ma era riuscito comunque a guarire suo figlio grazie ad un infuso di erbe medicinali che gli erano state vendute da un vecchio ambulante di passaggio in cambio di qualche provvista e un po' di lana.
Non aveva mai più rivisto quell'uomo e, in ogni caso, erano trascorsi due secoli da allora quindi le possibilità che egli fosse ancora in vita erano decisamente nulle.
Fortunatamente però, Rumpelstiltskin aveva trascritto su una pergamena i nomi e le dosi delle erbe, con le fasi di preparazione dell’infuso.
Doveva recuperarla al più presto, anche se ciò avrebbe significato rimettere piede là dentro.

 Scese le scale fino ad arrivare nei sotterranei del castello, poi imboccò un lungo corridoio fiocamente illuminato da alcune torce che gettavano una luce tremolante tutto intorno, creando ombre spettrali sui muri di pietra e conferendo al luogo un aspetto ancora più cupo di quanto non fosse in realtà.
Non andava mai laggiù: i ragni avevano ormai tessuto le loro tele argentate ovunque e uno spesso strato di polvere ricopriva il pavimento, sollevandosi in nuvolette compatte al suo passaggio, mentre il rumore dei suoi passi veloci risuonava in modo sinistro.
In men che non si dica, Rumpelstiltskin si ritrovò davanti all'ultima porta.
Rimase ad osservare l'uscio per un attimo, poi sospirò, si fece coraggio e fece scattare la serratura con un gesto secco della mano.
La stanza era esattamente come se la ricordava, a parte il forte odore di muffa che impregnava l'aria: era una cella piccola, senza finestre, piena di oggetti accatastati in disordine.
Accese una torcia, la cui luce tremula illuminò un paio di mantelli, piccoli monili, vecchie bisacce, sacche da viaggio, un bastone di legno, che un tempo egli utilizzava come appoggio per camminare, umili abiti da donna, e vesti di taglia più piccola: vesti da bambino, le vesti di suo figlio Bae.
In quella stanza il Signore Oscuro aveva relegato tutto ciò che apparteneva alla sua vita passata, quando la magia non aveva ancora corrotto la sua anima.
Era accaduto poco dopo che suo figlio se n'era andato: non poteva più vivere nella sua vecchia casa, avrebbe cercato un luogo tranquillo ed isolato per potersi dedicare interamente alla sua missione e al suo piano per ritrovarlo.
Quando si era trasferito in quel castello, che aveva poi ribattezzato il Castello Oscuro, aveva deciso di lasciarsi definitivamente alle spalle il passato e la sua vita prima di diventare il Signore Oscuro, tuttavia non era riuscito a disfarsi di quegli oggetti e così li aveva rinchiusi in quella cella, con la promessa di non varcarne mai più la soglia.
Ma si trattava di Belle, si trattava di farla guarire, e quella era l'unica cosa importante in quel momento, molto più di qualunque promessa egli potesse aver fatto in passato.
Sapeva dove cercare la pergamena con la ricetta dell’infuso: l’aveva riposta in una delle sacche di cuoio insieme ad altri appunti sulla tosatura, sulla cura delle pecore e su come trattare la lana.
Frugò nella sacca, cercando di non soffermarsi sugli oggetti che lo circondavano: ciascuno di essi gli riportava alla mente pensieri spiacevoli, ciascuno gli ricordava le persone che amava e che aveva perso.
Suo figlio, il suo adorato Bae, era finito solo e perso in un altro mondo perchè lui non aveva avuto il fegato di seguirlo, scegliendo il potere anziché la persona più importante della sua vita e che amava più di chiunque altro; sua moglie Milah l'aveva lasciato per fuggire con un giovane pirata, abbandonando il suo stesso figlio ancora bambino.
All'improvviso avvertì una tremenda sensazione di soffocamento: doveva uscire da quella maledetta stanza il prima possibile.
Finalmente trovò la vecchia pergamena ormai rovinata dal tempo e dall’umidità, fortunatamente però le parole si leggevano ancora.
Tirò un sospiro di sollievo, poi si affrettò a richiudere la porta e ad allontanarsi il più possibile da quel luogo saturo di ricordi troppo dolorosi da sopportare.

 Prima di dedicarsi alla preparazione dell'infuso, volle passare a verificare le condizioni di Belle.
Socchiuse delicatamente la porta della camera e sbirciò dentro, trovando la ragazza profondamente addormentata nel letto: il suo petto si alzava e si abbassava lentamente, ad un ritmo regolare.
Sembrava tranquilla, così decise di lasciarla riposare e di tornare più tardi.
Presto starai bene, Belle. pensò mentre richiudeva piano l'uscio dietro di sé.

Tornò al laboratorio e lesse attentamente la pergamena.
Non era una ricetta complicata, inoltre le sue abilità di pozionista erano notevolmente migliorate da quando era divenuto il Signore Oscuro: preparare un semplice infuso di erbe medicinali sarebbe stato un gioco da ragazzi per lui.
Occorrevano quattro varietà di foglie: verbena, assenzio selvatico, nocciolo e....ortica di Agrabah.
Le prime tre erano piante abbastanza comuni e Rumpelstiltskin era certo di averne una discreta quantità al castello, ma per l'ortica di Agrabah era tutta un'altra storia.
Si trattava infatti di una varietà di ortica molto rara che cresceva solo in quella lontana terra; per procurarsela avrebbe dovuto stare via tutto il giorno come minimo: non poteva perdere tempo, si sarebbe messo subito in viaggio.

Rumpelstiltskin tornò nella camera di Belle con un calice d'acqua fresca, un piatto d'oro vuoto e un paio di libri presi dalla biblioteca del castello, e si sedette accanto al letto.
La ragazza giaceva sulla schiena, respirando piano.
- Belle... - Chiamò il suo nome dolcemente, quasi sussurrandolo.
Lei socchiuse appena gli occhi, e gli sorrise debolmente quando lo vide accanto a sè.
Il folletto appoggiò il piatto e i libri sul comodino e le porse il calice; la ragazza si puntellò a fatica sui gomiti e bevve qualche sorso, ringraziandolo con voce flebile.
- Belle, devo allontanarmi per un po'. So come preparare un rimedio che ti farà stare bene ma mi occorre un ingrediente particolare che non si trova nelle vicinanze, devo andare a procurarmelo. Non starò via molto, te lo prometto. - Le parlò con dolcezza, poi proseguì, - Se ti viene fame, basta che tu dica a questo piatto incantato cosa vuoi mangiare, e lui farà il resto. Ti ho portato anche dei libri. -
Belle annuì: - Va bene, vi ringrazio....ma tornate presto, vi prego. -
Si sentì incredibilmente infantile nel pronunciare quelle parole, ma non voleva che lui se ne andasse, non ora.
Rumpelstiltskin sogghignò: - Sarò di ritorno prima di quanto immagini dearie. Chissà come ridurresti il mio castello se ti lasciassi qui da sola per troppo tempo. -
Cercò di suonare spavaldo, ma in realtà non gli piaceva affatto l’idea di lasciare la ragazza da sola in quelle condizioni; eppure non aveva scelta, perchè se voleva farla guarire aveva bisogno di quella pianta e ne aveva bisogno subito.


 

  
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